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Recensione di La fisica degli abbracci su Alir

Alir - 7 marzo 2022


Ognuno di noi ha dei canali di comunicazione con il mondo. Non sono necessariamente gli stessi, anzi potremmo dire che spesso sono molto diversi. E molte delle incomprensioni in cui inciampiamo sono conseguenza di una comunicazione “non-allineata”, al di fuori del nostro linguaggio.

Will è un ragazzo iper-dotato, con un quoziente intellettivo che lo rende emarginato, ai bordi della normalità.

Una vita inquadrata, schematica e calcolata che si rivela pesante, soprattutto per un ragazzo di quattordici anni alle soglie del mondo.

Quando il gioco-vita è così temibile, la scelta di abbandonare il campo sembra a Will la più sensata. E lo fa in grande stile, inscenando la sua morte, per sparire, per sottrarsi alle regole del gioco.

Dora è una signora rumena sulla cinquantina, povera ma solo di denaro. Della riserva di umanità ne ha invece una buona scorta. Ama le storie, quelle che provengono dal passato, quelle che trova nei suoi libri, quelle che legge facilmente osservando la città e la gente intorno a sè. Insomma… meglio del presente, che non è così roseo.

Succede che due persone che non potrebbero essere più lontane di così, si trovano a stringere un rapporto che cambierà per sempre le loro esistenze.

Succede che Will, analfabeta di relazioni, impara un nuovo alfabeto, nell’unico modo in cui si può ammorbidire qualcosa di rigido: con il calore dell’affetto e della cura.

Succede che Dora scopre che della sua storia non è ancora stata scritta l’ultima pagina, e la vita è ancora tutta da vivere.

Anna Vivarelli è laureata in filosofia. Scrittrice e autrice teatrale, ha insegnato storia del teatro in scuole di recitazione. Nelle sue parole percepiamo in filigrana le grandi domande che attraversano il tempo dell’adolescenza, e nel contempo gustiamo una forte presenza di gesti, movimenti che sono quasi tangibili e che permeano il romanzo dell’animo teatrale. Meraviglia.

Un po’ giallo, un po’ romanzo di formazione, un po’ cronaca dell’incontro tra due libertà e del loro difficile avvicinamento: come di una stanza nuova che si esplora piano piano, a tentoni, cercando un nuovo linguaggio che raggiunga entrambi i protagonisti. Anna rende questi avvicinamenti fluidi e rispettosi dell’identità di ciascuno e ci invita a fare posto all’altro, che è e sarà sempre “altro-da-me”.

Francesca Valerio, Il piccolo giardinere, Mantova

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