Letteratura per l'infanzia e per l'adolescenza a cura di AngelaArticoni - 27 gennaio 2020
La letteratura per l’infanzia, sin dai primordi, dalle fiabe classiche, quella della tradizione popolare, ha tra i protagonisti di rilievo, la morte: 'Cenerentola' (Perrault, 1697) e 'Biancaneve' (Grimm, 1812) iniziano con la morte della madre, in 'Cappuccetto Rosso' (Perrault, 1697) è il lupo che soccombe, come in 'Hansel e Gretel' (Grimm, 1812) la strega.
Motivo ricorrente anche nei racconti scritti successivamente: in 'Oliver Twist' (1838) o 'David Copperfield' (1850) di Charles Dickens protagonista è la loro orfanezza, di entrambi o uno soltanto dei genitori, 'La Piccola Fiammiferaia' (1845) di Andersen, anch’essa orfana, morirà assiderata l’ultima notte dell’anno, e ancora, Mary de 'Il giardino segreto' (Burnett, 1910), rinascerà a nuova vita dopo la dipartita dei suoi genitori e della madre del cugino Colin.
E che dire di Pinocchio (Collodi, 1883) e della scena dei «quattro conigli neri come l’inchiostro» che entrano nella sua camera portando sulle spalle una piccola bara? La morte insegue il burattino dall’inizio alla fine: Mangiafuoco lo vuole bruciare, viene gettato in acqua come ciuchino con un sasso al collo, viene impiccato, e la sua trasformazione finale da pupazzo di legno a bambino, lascia comunque il corpo-burattino inanimato su una seggiola.
La morte, bandita dalla cultura e dagli argomenti di conversazione, tema da aggirare, da eludere, è in realtà una delle domande più ricorrenti e più difficili dei bambini a cui bisogna rispondere. E la letteratura, di ieri e di oggi ci viene in aiuto.
Esce in questi giorni un albo illustrato imperdibile, IN CIELO, MA DOVE?, per i tipi di uovonero, scritto da Antonella Ossorio, con le tavole di Antonio Ferrara.
Due fratelli giocano a pallone e, sotto un cespuglio, il piccolo Luca trova un passerotto morto.
«Perchè non si muove?»
«Senti, e fino a quando è morto?»
«Senti, ma morto stecchito è uguale ad andato in cielo?»
«Che cos'è il cimitero?»
Il dialogo tra Andrea e Luca è leggero, come lo può essere tra due fratelli di 14 e 4 anni, anzi Andrea è piuttosto scocciato di quel fratellino che non capisce nulla e deve spiegargli tutto, E cerca, a modo suo, di svelargli il grande mistero della morte, in un dialogo che a tratti diventa addirittura divertente.
Antonella Ossorio sa sicuramente che raccontare ai bambini la verità è possibile narrando storie, fare uso anche di metafore e immagini, o elementi di con cui i bambini hanno molta confidenza. In questo albo vi è un’immediatezza nel proporre il tema della finitudine - attraverso un piccolo animale - che non può produrre nè sconcerto nè timore perché la morte fa parte della vita, e possiamo incontrarla in qualsiasi momento.
E le immagini, polverose, oniriche, essenziali, in spazi a tratti vuoti, hanno una grande profondità, potenza, ma nel contempo delicatezza. Un Antonio Ferrara un po' uguale, un po' inedito, con una ricerca nuova di espressività nel segno e nel colore.
di Angela Articoni