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Antonio Ferrara:"Ai bambini bisogna parlare della morte usando il pensiero magico

Emiliaromagnamamma.it - 12 febbraio 2020

“Gianni Rodari diceva che ai bambini si può parlare di tutto: delle cose belle e di quelle brutte. L’importante è usare il tono giusto”. Antonio Ferrara, scrittore per bambini e per ragazzi, è tornato al suo primo amore, l’illustrazione, nel libro “In cielo, ma dove?” pubblicato da Uovo Nero e scritto da Antonella Ossorio. Un libro che parla ai bambini di un tema che, ai più piccoli, anche nel mondo della letteratura viene proposto poco: quello della morte e dell’elaborazione del lutto.

Ci sono due fratelli a fare da protagonisti: Andrea, il più grande, con la morte non ha ancora fatto i conti mentre Luca, il più piccino, una sua mitologia di che cosa significhi non esserci più ce l’ha eccome. Merito, come ci spiega Ferrara, di quel pensiero magico che, crescendo, purtroppo si atrofizza: “La fantasia aiuta senza dubbio ad affrontare il dolore, ad attrezzarsi per gestirlo. Ho un amico psicologo che lavora a Milano con i bambini e gli adolescenti oncologici, Carlo Alfredo Clerici: nel tempo è diventato un illusionista perché ha scoperto quanto le potenzialità del fantastico agiscano sulla malattia e la capacità di reagire”.

Ma a non voler parlare della morte sono, soprattutto, gli adulti: “I bambini, invece, hanno spesso bisogno di buttare fuori. Penso a una ragazzina di seconda media conosciuta a Lugo durante un laboratorio di scrittura in biblioteca. L’esercizio era scrivere qualcosa sulla base dello stimolo “Tutti pensano che…soltanto io so che…”. Bene, prima di cominciare a leggere il proprio testo, la ragazzina è scoppiata in lacrime, dicendo che si sentiva in colpa, non sapeva nemmeno lei di cosa. Il fatto è che aveva perso un fratello quando lei aveva due anni ma i genitori, pensando fosse troppo piccola per capire, avevano cancellato ogni traccia di lui, raccontandole la verità solo dopo dieci anni. Una rimozione totale che non le aveva certo fatto bene”.

Un episodio che secondo Ferrara spinge ancora di più a credere nell’utilità di abbattere il tabù: “Il libro che abbiamo appena pubblicato, almeno nel testo, esisteva da dieci anni. Corredato dalle foto di mia moglie Marianna Cappelli, aveva vinto un importante premio per gli albi illustrati in Friuli. Ma poi, visto che nessuno in Italia lo avrebbe pubblicato, Antonella Ossorio ci aveva rinunciato nonostante mia moglie fosse disposta a rinunciare alla propria parte fotografica. Fino che Marianna mi ha spinto a proporlo di nuovo, senza foto ma con l’idea di illustrarlo. E quel compito è stato affidato a me”.

Nonostante gli anni, per Ferrara è ancora un testo validissimo: “C’è un momento in cui Luca gioca a fare finta di essere morto e il fratello maggiore non gradisce e va in crisi. Ce n’è un altro in cui si chiede se quando si muore è per sempre, una domanda che ci racconta la bellezza di essere bambini. Quando, poi, si domanda se anche il pollo fritto che ha mangiato la sera prima va in cielo, ecco raggiunto il piccolo di tenerezza e ironia”.

Ma è giusto evocare il cielo, quando si deve dire a un bambino che qualcuno non c’è più? “Secondo me va bene tutto – conclude lo scrittore -. L’importante è non esimersi dall’affrontare l’argomento. Per quanto mi riguarda, da scrittore voglio essere un testimone ma anche un visionario, parlare di un tema concreto, in questo caso il dolore, inserendo gli elementi magici dell’elaborazione creativa. Questa è la speranza che in un libro per ragazzi non deve mai mancare, anche se non c’è un lieto fine”.

di Silvia Manzani

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