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Recensione di In cielo, ma dove? su Liber

Liber 127 - luglio/settembre 2020

Tutto ci chiama da quella doppia pagina.
Da due paia di sneaker viste dall’alto, due piccole e due un po’ più grandi – il tratto ampio e travagliato di un disegno a matita, una carta di colore antico e le tinte melanconiche dell’autunno - il nostro sguardo scende tra i cespugli a scoprire il corpo di un uccellino con le zampette in aria. Racchiuso tra questi due poli della visione, scorgiamo, pulsante, il testo: “Perché non si muove?” domanda Luca. “Stupido, non vedi che è morto stecchito?” risponde Andrea.
Luca si accovaccia a guardare il passero da vicino: “Senti, ma perché è morto stecchito?”
È un acme di compenetrazione di immagini e racconto, di quello che è sotto i nostri occhi e di ciò che non vediamo, del portato palese delle parole e dell’inafferrabile
esistenziale “oltre” che da queste si emana.
In cielo, ma dove?, perfetta attuazione delle potenzialità del picturebook, fila la densa materia narrativa di Antonella Ossorio, la visionarietà dolente di Antonio Ferrara e la sensibilità editoriale di Uovonero.
Assaporandolo, sentivo accompagnarmi alcune tra le mie letture preferite sull’argomento (perché se si può discutere a iosa sulla rimozione della morte nella società occidentale, non si può dire altrettanto rispetto alla letteratura per l’infanzia, anzi, lo spettro è ricchissimo per ogni età): da Lo stralisco di Piumini, a Mina di Almond, La gita di mezzanotte di Doyle, L’anatra, la morte e il tulipano di Elbruch, Io e niente di Crowther… fino ad Aldabra di Silvana Gandolfi, per me il più amato.
Qui, insieme al sottotesto vibrante che dilata l’interazione tra i protagonisti (4 e 12 anni), le domande di Luca martellano imperterrite il fratello più grande, come solo a quell’età,
aliena alle prime corazze di Andrea, si ha la temerarietà di fare: perché l’uccellino è morto? Fino a quando? È uguale a andato in cielo? Come mai lo zio che era giovane è morto e il nonno no? E che significa è Dio che lo ha voluto? Domande che in questi giorni di nuove interrogazioni atroci sulla morte, suonano ancor più necessarie a grandi e piccoli. Così come il ricordo agrodolce dello zio morto giovane, nonché il rito della sepoltura dell’uccellino. Come ci ha insegnato Antigone, sacro.

di Maria Grosso

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