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cartadocente

Essere, non avere

Lettura candita - 18 giugno 2021
 
"'La storia che il signor Patterson stava raccontando mi faceva... era difficile da ascoltare. Quindi avevo bisogno di autostimolazione, ma siccome sapevo che non potevo farlo... mi sono fatta prendere dal panico.' Audrey annuisce, ma so che ancora non lo capisce del tutto. Penso che per le persone neurotipiche debba essere difficile immaginare un modo completamente diverso di pensare e di sentire. Un modo potenziato dove tutto è più forte, più luminoso. Migliore. Peggiore."
 
Audrey, la sua nuova compagna di classe, ha appena assistito a qualcosa che non sa spiegarsi: un forte malessere di Addie durante il racconto del signor Patterson su alcune donne che molti anni prima erano state condannate per stregoneria a Juniper. Per come è fatta Audrey, non ha senso elucubrarci sopra, ma piuttosto chiedere ad Addie una spiegazione di tutto ciò.
La spiegazione è lì sotto i suoi occhi: Addie è una ragazzina autistica che ha una sensibilità differente dai neurotipici e che, nel sentire i dettagli della storia di queste donne accusate ingiustamente di stregoneria solo sulla base di presunte loro diversità nel modo di comportarsi, fa immediatamente sue le loro sofferenze: si immedesima in quella condizione che riconosce un po' come sua. E' un po' come se riuscisse a vederle, a sentirle, con una sensibilità molto più forte di chiunque altro.
Addie, in ogni minuto della sua esistenza, si misura con l'esterno e ne verifica la capacità di essere più o meno compresa, nella sua diversità. Ovviamente in famiglia lei è e si sente capita - con la sorella maggiore Keedie ha un feeling tutto particolare, essendo anche lei autistica.
Nella sua vita sociale le cose però non sono affatto semplici e tranquille: un'insegnante ottusa e gretta le rende la vita scolastica semplicemente insopportabile, i compagni di classe la bersagliano spesso e volentieri, la sua ex migliore amica Jenna, in coppia con la perfida Emily che l'ha soppiantata, la prendono di mira e la vessano con una crudeltà. Al contrario, il bibliotecario e l'insegnante di teatro sanno entrare in sintonia con lei e con loro è una bellezza parlare e aprire il proprio cuore.
Questo è il racconto in prima persona di Addie, della sua vita di relazione all'interno di una piccola comunità, il villaggio di Juniper, alla periferia di Edimburgo, dove cercare di essere se stessi non sembra così facile. Ma è anche la storia di una sua personale battaglia, che combatte al fianco della sua amica Audrey e della sua famiglia, perché a tutte quelle donne, che la società condannò come streghe solo sulla base del fatto che erano diverse, sia riconosciuta giustizia e onore.
 
Questo è un libro che cresce con lentezza, ma che dimostra di avere una sua forza interna in grado di 'spostare' il lettore, ovvero di creare in lui una differenza tra il prima e il dopo. E questo, per un libro, è un buon risultato.
Si fa fatica per tutte le centottanta pagine a digerire alcuni personaggi e, alle volte, risulta difficile dare loro una parvenza di autenticità perché sono davvero nauseanti nel loro modo di fare. Tuttavia, tutto questo sembra avere una sua ragion d'essere in una prospettiva di maggiore respiro in cui la voce di Addie abbia modo di esprimersi in tutte le sue sfumature. Insomma, occorre un termine di paragone che sia immediatamente leggibile come in contraddizione e oppositivo al personaggio di Addie. Ed è esattamente quello che accade. Il racconto assume spessore proprio in questo continuo stridere tra chi si reputa normale, e su questa normalità costruisce il proprio potere, e chi invece sa riconoscere la propria unicità, e sulla consapevolezza di sé, costruisce la propria sicurezza.
Attraverso il suo sguardo che è differente, camminandole dietro lungo strade mai percorse finora, si riescono a palpare luci, colori ed elettricità nell'aria, si riescono a percepire le sensazioni, si impara un codice interpretativo e comunicativo 'altro', si riescono a seguire quelli che sono i modi di interpretare la realtà di chi è autistico.
L'esperienza non può lasciare indifferenti, per due ragioni che si compenetrano. La prima ha a che fare con l'apprendimento: stiamo di fatto imparando una nuova lingua, ma forse sarebbe più corretto dire una nuova cultura, in tutte le sue sfaccettature; la seconda ha a che fare con l'immedesimazione. In questo caso, il fatto che Elle McNicoll sia effettivamente una 'neurodivergente' produce in chi legge una tale onda di autenticità che risulterebbe davvero complicato non arrivare a 'sentire' in modo empatico quello che prova Addie. E questo non vuole dire solo che il lettore prende le sue parti di fronte alle ingiustizie cui viene di continuo esposta, ma molto più profondamente il lettore si irrigidisce con lei, quando qualcuno la abbraccia troppo a lungo, si preoccupa con lei quando qualcuno alza troppo il tono della voce, socchiude gli occhi con lei quando c'è una luce che sfarfalla...
Bella e utile esperienza.
 
di Carla Ghisalberti
 

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