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cartadocente

Scomparire per essere.

Storie Girandole - 21 luglio 2021

 

Nel momento in cui mi sono messa al PC per scrivere qualcosa intorno a La fisica degli abbracci di Anna Vivarelli edito da Uovonero, mi sono bloccata. Le mani sollevate sulla tastiera. Gli occhi fissi allo schermo.

Ho scritto e archiviato centinaia di parole. Non butto mai (ho imparato) ciò che scrivo, chissà che non serva per riflessioni future! Ho gironzolato per casa in cerca delle parole giuste. Letto e riletto gli appunti. Ascoltato le parole del libro, ancora e ancora.

Perché La fisica degli abbracci è un romanzo indefinibile e difficile da raccontare. Nella sua trama sfaccettata si intrecciano vite e ognuna è una storia. È come un arazzo che se lo guardi da vicino vedi che ci sono persone, animali, villaggi e montagne.

C’è Will, “il protagonista”, al secolo Guglielmo Malvasi, che a un anno e mezzo leggeva in inglese e in italiano, a 7 anni si diplomava, a 9 è entrato a Cambridge, a 11 si è laureato e da quando ne ha 12 tiene un corso al Trinity College, intanto scrive  e pubblica articoli su argomenti, a me ignoti, come “Lo spazio di Hilbert” e impara altre sei lingue tra cui l’Hindi e il tamil.  Tuttavia Will non è in grado di dialogare con nessuno, tranne che con i plusdodati come lui ed esclusivamente sui temi di cui sopra. Ha un quoziente intellettivo di 180 ed è immerso nella solitudine. I genitori sono distanti forse perché egoisti ma  anche perché probabilmente non sanno proprio come trattare con questo bambino che è impermeabile alle loro carezze e li inquieta con la sua intelligenza.

C’è Dora una donna di cinquant’anni rumena, venuta in Italia per lavorare, che fa la badante a un’anziana incattivita e astiosa. Dora che ha una bella intelligenza emotiva, ma la nasconde perché pensa che non serva; come tutti crede che intelligente voglia dire solo risolvere complessi problemi matematici o scrivere poesie e leggere i libri “giusti”. Lei invece legge romanzi “rosa” e capisce (solo) le persone.

C’è il prof. Anantram Vikram, anche lui un genio plusdotato. Ha vinto il Nobel per la fisica prima dei trent’anni ed è consapevole del peso che questi bambini e ragazzi si portano dentro. Nato prima dell’avvento del web ha vissuto isolato, pagando l’amore e cercando un riscatto.

<< Bisognava esserci nati con quei cervelli che bruciavano le tappe a ritmi vertiginosi, lasciando indietro emozioni, infanzia, adolescenza e qualsiasi altro passaggio inutile per l’accesso ad accademie, università…Quelle menti erano fenomeni nati in famiglie per lo più normali…che presto diventavano strane escrescenze. Dopo un po’ i punti di contatto si assottigliavano e i ragazzi si staccavano come corpi estranei>>.

Vikram sa cosa vuol dire. Un giorno, guardando uno di quei bambini geni e incapaci di vivere nella realtà, ha l’idea di creare una rete segreta e capillare che permetta a questi individui di “sparire” continuando a lavorare da posti che spesso anche lui ignora. 

C’è la professoressa Chiari, anche lei plusdotata. Un personaggio quasi di passaggio, eppure ti resta dentro. Vive sola da sempre, laureata a quindici anni, l’amore non le interessa sotto nessuna forma. Ormai anziana accetterà di aiutare Will e Dora, le uniche persone con le quali, probabilmente ha avuto una relazione che possa definirsi affettiva.

Tutte queste vite s’intrecciano e s’incontrano nel romanzo di Vivarelli che ci racconta, sì il dramma dei plusdotati, dei quali non si parla quasi mai, ma soprattutto ci racconta delle tante intelligenze che una società a rotaia unica, tende a ignorare. Il personaggio più sorprendente di tutti è, forse, Dora che attraversa la vita di questi geni con la sua forte intelligenza emotiva e li aggancia costringendoli a parlarsi e a raccontarsi, cambiandone per sempre i destini. E lo fa, tra le altre cose, cucinando. Donando odori , sapori e cura <<…e quel sapore in bocca gli fece venire da piangere>>, racconta l’autrice di Will.

Il romanzo inizia nel momento in cui l’Università di Cambridge comunica ai parenti di Will che il ragazzo è scomparso, forse morto.

Poi incontriamo Will (quanto tempo è passato? Giorni o mesi? Non lo sappiamo) che è alla fermata di un bus (uno qualsiasi, non deve andare da nessuna parte) e incontra Dora. Dora che viene dall’est, che fa una vita difficile, ha i piedi stanchi e vive in un monolocale. La donna nota il ragazzo, perché tossisce e pensa che dovrebbe curarsela quella tosse secca. Non ha nulla, Dora; spesso mangia gli avanzi della vecchia signora cui fa da badante, ma vede il ragazzo e se ne prende cura. Non lo capisce, così taciturno e strano. Non lo capisce con i suoi strani discorsi su l’essere <<per certi versi orfano>> e quelle strane teorie su i tanti modi di uccidere e farla franca, la inquieta tuttavia, lo vede in difficoltà e lo ospita.

Inizia così una storia che porta lontano, dentro le menti dei plusdotati e nelle solitudini di Will, di Dora, ma anche della vecchia signora. Solitudini che pongono domande pungenti come spilloni.  Ed io sono qui a pensare che questo libro parla anche molto di famiglie; famiglie fatte da persone che si incontrano e si prendono cura l’una dell’altra, buffamente, imperfettamente e con un qualche tipo d’amore.

Un libro straordinario, da donare ai ragazzi mettendolo nelle biblioteche di classe, e da leggere. Per tutti.

 

di Carla Colussi

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