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Shoah/1. Quel che i ragazzi devono conoscere

Avvenire - 20 gennaio 2022

Noah è un bambino tristemente silenzioso. Mai una parola, un’espressione che mostri un’emozione. Nessun medico ha saputo dire perché. In lui però c’è posto per una sola grande ossessiva passione: il suo aquilone a colori sgargianti che appena può fa volare affidandolo al vento. Siamo a Cracovia, in Polonia, è il 1939 e i nazisti sono già i padroni occupanti del Paese. La guerra è cosa fatta e l’odio per gli ebrei pronto a mettere in moto la macchina della distruzione. Figlio più piccolo dei Baumann, famiglia ebrea dal cuore inaridito, disgregata e annientata anche dai tempi orribili che incombono, Noah è un peso per i genitori che non lo amano né se ne prendono cura. L’unico a occuparsene con lo slancio spontaneo dell’affetto fraterno, come il bene più grande, è suo fratello maggiore Joel, un ragazzone grande e grosso che cerca di proteggerlo con tutte le sue forze.

Ma fino a quando potrà farlo? Per gli ebrei è un crescendo di disprezzo, minacce, umiliazioni e violenze efferate. Dopo il trasferimento nel ghetto, dove i Baumann dividono una stanza con un’altra famiglia, gli Iller, che al contrario sono gente di una umanità rara, il programma nazista di annientamento arriva alla fase finale. E Noah tra tutti è il più fragile, anche se il destino ha per lui un percorso speciale. La Storia segue il corso che sappiamo, attraversata da orrori che il pudore consiglierebbe di tacere e che invece vanno raccontati perché sapere ciò che è successo è il solo mezzo per conservarne la memoria. L’aquilone di Noah (uovonero; 15 euro) gode della capacità dello scrittore spagnolo Rafael Salmerón di raccontare ai ragazzi la tragedia della persecuzione fino allo sterminio, attraverso una storia piena di durezze e di violenza ma anche di sentimenti alti e nobili che aprono alla speranza un’umanità che ha perduto completamente se stessa. Vivamente consigliato a ragazze e ragazzi dai 14 anni in su.

Quando il primo settembre 1939 con la dichiarazione di guerra della Germania alla Polonia, i nazisti bombardano Varsavia e pochi immaginano il tragico destino degli ebrei, Uri ha quattro anni. Sua mamma gli infila un paio di stivaletti nuovi perché, gli dice, dovranno camminare molto. Di lui sappiamo che ha già il pallino del disegno, una passione smodata che esercita sui muri o anche sui margini dei giornali, ovunque ci sia uno spazio bianco. Ma quando la guerra scoppia l’unica preoccupazione è sopravvivere. Suo padre, anche lui con l’estro del disegno, è già riuscito a lasciare la Polonia e a sconfinare in Unione Sovietica, a Bialystok, dove moglie e figlio cercano di raggiungerlo. Comincia così la lunga odissea di Uri e della sua famiglia, ebrei in fuga dai nazisti ma in un Paese che non solo nega loro la cittadinanza ma li considera nemici, di nuovo vittime di altrettante esclusioni e privazioni, da deportare in un campo di lavoro nel grande Nord, dove le condizioni climatiche sono proibitive.

di Rossana Sisti

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