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Recensione di La più bella nuotata della mia vita su Lettura Candita

Lettura Candita - 5 settembre 2022

"La gallina ha lanciato un acutissimo coccodè e si è messa a correre per tutto il giardino agitando le ali. E in quel momento ho visto Flo per la prima volta. A voler essere precisi non l'ho vista proprio tutta, anzi, ho scorto a malapena un piede e le unghie smaltate, una gamba ricoperta da almeno un migliaio di lentiggini e... be'... il sedere. Il resto era impigliato nella siepe." 

 
Jan ha appena traslocato con la sua famiglia: padre, madre, fratellino piccolo e sorella maggiore. 
Non è affatto contento. Diciamo che a tredici anni i cambiamenti - tutti - scombussolano sempre un po'. A Jan, un vero talento nel nuoto, ragazzino dislessico 'non dichiarato', lo aspettano una nuova scuola, dei nuovi compagni, una nuova piscina in cui allenarsi, un nuovo allenatore, nuovi amici (e nuovi rivali), una nuova casa e dei nuovi vicini. E Flo (che secondo il fratellino potrebbe essere il diminutivo di Flotta, Floscia, Flora) è proprio la sua nuova vicina di casa: coetanea, senza peli sulla lingua, ma con una grande testa di capelli rossi, una madre molto assente, un padre che fa quel che può, e - come animali da compagnia - due galline, di cui una spesso fuggiasca. 
Inseguire la suddetta gallina, placcarla e quindi tenerla in braccio non sono cose che a Jan riescono bene - almeno all'inizio, e l'effetto che ne sortisce è un volo sull'erba a pelle di leone. Per uno che vorrebbe non essere notato o, ancora di più, non essere bollato come imbranato, è proprio un bell'esordio, non c'è che dire. 
Ma da qui, si può solo migliorare... 
Se leggere e acchiappare galline non sono cose che a Jan riescano naturali, al contrario tuffarsi nel lago dal pontile gli viene molto bene. Talmente bene che nel diario di Flo (un quaderno pieno solo di grafici, ma lei è un drago in matematica), oltre ad annotare le cose che non vanno proprio come lei vorrebbe, Jan, i suoi ricci e i suoi tuffi sembrano essere il lato positivo delle sue giornate. 
Questo è tenero il racconto di un pezzetto della loro vita in comune, della loro fine dell'estate, dei loro primi giorni di scuola, dei loro primi no, dei loro primi sì, delle loro prime prove di innamoramento. 
Tra galline, amici leali, lavagnette illeggibili, bulletti, corse in bici e bagni notturni. 
 
Così come l'esordio di Jan nel suo nuovo mondo è segnato da una prevedibile insicurezza, altrettanto dimostra l'esordio di Anne Becker nella scrittura di un romanzo, che, almeno nelle prime pagine stenta a decollare. Ma come accade anche a Jan, che piano piano riesce a trovare in sé una propria sicurezza, una propria coerenza, altrettanto accade alla Becker che, con lo scorrere della narrazione, smette di appoggiarsi a una scrittura in cui tutto viene detto e apre invece una serie di varchi in cui il lettore possa entrare e ambientarsi nella storia. 
I suoi personaggi smettono di essere troppo 'canonici' e prevedibili e cominciano a muoversi con disinvoltura, assumendo così sempre maggiore spessore.
I suoi studi, la sua formazione e la sua professione sono la solida base su cui felicemente l'intero romanzo appoggia: in sostanza quando lei costruisce gli aspetti della dislessia di Jan sa molto bene di cosa racconta, visto che si occupa di didattica per allievi con bisogni speciali e visto che è li l'autrice di un libro che si intitola: Schreiben und Lesen kann jedes Kind: wenn man seinem Lerntyp berücksichtigt! E non credo di andare lontano se penso che dietro la simpatica e 'accogliente' nuova psicoterapeuta di Jan, la dottoressa Papendick con i suoi trucchetti, si nasconda il suo ideale di psicoterapeuta con un approccio alla dislessia che nella sua carriera ha probabilmente lei stessa elaborato, sperimentato e condiviso. Tutti dovrebbero poter contare su una Papendick accanto. 
Detto questo, sono due i principali meriti di questo romanzo di esordio. 
Il primo: essere riuscito a raccontare quanto sia facile poter nascondere, o sottovalutare o mal gestire un disturbo come la dislessia che, peraltro è molto più diffuso di quanto si possa pensare. 
E con questo non mi riferisco solo a chi la dislessia la vive in prima persona, ma anche a tutti quegli adulti con i quali i dislessici hanno a che fare quotidianamente che, per motivi anche tra loro molto diversi, stentano a coglierla e a volerne prendere atto. 
Quindi non si tratta solo del disagio di chi questa condizione la vive sulla propria pelle, come è il caso di Jan, che è abilissimo nel mantenere il segreto - peraltro è poi altrettanto bravo e pieno di coraggio e forza nel dichiararlo expressis verbis davanti alla sua classe, che ammutolisce; ma si tratta anche di quelle persone adulte che la condividono, come per esempio la sua insegnante di tedesco o la madre stessa, che in più di un caso sembra non saper essere all'altezza della situazione. 
Il secondo: l'autenticità, qui davvero poco didascalica, di alcune situazioni e relazioni interpersonali che sono spesso il motore, la forza propulsiva, che fa andare avanti la storia: quei famosi varchi cui si alludeva all'inizio. Sto pensando al rapporto che lega Jan alla sorella oppure al padre, che sa essere sempre affettuoso e comprensivo nei suoi confronti o alla madre, con le sue insicurezze. 
O ancora alla bella amicizia tra Jan e Fabi, vicino e discreto, sempre. 
E, naturalmente, penso anche alla burrascosa e spesso altalenante complicità e intesa che matura tra una maga della matematica e uno che a dorso non lo batte nessuno. 
 
di Carla Ghisalberti
 

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