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Recensione de Il mistero del London Eye

Libri e Marmellata, martedì 3 luglio 2012

"Il mistero del London Eye" di Siobhan Dowd, Uovonero Edizioni  (dai 13 anni)

 

Impossibile interromperne la lettura: “Il mistero del London Eye” di Siobhan Dowd, autrice inglese prematuramente scomparsa, inchioda il lettore alle pagine con una trama avvincente e una prosa accattivante e scorrevole.
Come classificare questo romanzo recentissimo vincitore del Premio Andersen nella categoria Miglior libro oltre i 12 anni? Prende come un thriller, ma ha insieme delicatezza e humor leggero ed è arricchito da personaggi che si fanno voler bene dopo pochissime pagine.
Ted e Kat vivono con i genitori a Londra. Kat è un’adolescente esuberante e un po’ ribelle, Ted è affetto dalla sindrome di Asperger e sogna di diventare un meteorologo. 
L’atmosfera familiare è comunque serena, con i normali contrasti e battibecchi che ci sono in tutte le famiglie. Ted convive con il suo disturbo che fa sì che nella sua testa “giri un sistema operativo diverso da tutti gli altri”, ha difficoltà ad interpretare la mimica facciale e il linguaggio del corpo, le espressioni figurate, non ama il contatto fisico ed è un genio in tutto ciò che concerne la logica e la scienza.
Ma nonostante tutto ciò è profondamente legato alla sua famiglia, perfino alla sorella, nonostante lei non sempre lo tratti nel migliore dei modi.
Finché un giorno non arriva da Manchester la zia Gloria, sorella della madre di Ted, con il figlio Salim al seguito. 
I due chiedono ospitalità per un paio di notti dato che sono in procinto di partire per New York, dove inizieranno una nuova vita, lontano dall’Inghilterra e dal padre di Salim, Rashid.
Invitato dai cugini per un giro turistico di Londra, Salim esprime il desiderio di fare un giro sul London Eye, la ruota panoramica della città. Ma mentre i tre sono in fila per i biglietti un uomo si avvicina loro offrendo il proprio e raccontando di soffrire di vertigini e di non poter salire sulla ruota. Il biglietto è uno, i ragazzi sono tre ma Ted e Kat offrono volentieri al cugino la possibilità di fare il desiderato giro e lo aspettano al ritorno. 
Il giro intero dura mezz’ora precisa, Kat e Ted seguono con lo sguardo la capsula di Salim fino al compimento della rotazione. Ma quando finalmente le cabine di aprono e i passeggeri scendono, del ragazzo non c’è più traccia. 
Salim pare svanito nel nulla…
Inizia a questo punto un vortice di indagini, drammi familiari, polizia, stampa, tutti alla ricerca del ragazzo scomparso. 
Nella confusione, Ted e Kat decidono di seguire le loro piste e, tra l’intraprendenza della ragazza, e il cervello del fratello, arriveranno per primi alla soluzione del mistero…
La storia è narrata in prima persona da Ted, dal suo punto di vista allo stesso tempo leggero e profondo, attento a particolari diversi, logico e insieme divertente.
Con un personaggio che ricorda un po’ il protagonista de “Lo strano caso del cane ucciso e mezzanotte”, l’autrice ci offre una visione della sindrome autistica assolutamente rivalutante e integrante. 
Ted non è “meno degli altri”, nella sua diversità risiede un grande valore. Ted non è in grado di comprendere i messaggi del corpo che esprimono i sentimenti ma è perfettamente in grado di provare i sentimenti e di sentirsi investito da quelli altrui. In questo romanzo il ragazzo autistico non è un “problema” ma una risorsa e arricchisce tutti coloro che sono in grado di entrare in relazione con lui.
Inoltre la storia non è affatto incentrata sulla sindrome di Ted, è una bella storia e basta dove ogni personaggio trova la sua giusta collocazione per regalare al lettore il piacere di aver tra le mani un libro dal quale è difficile staccarsi.
Consigliatissimo per i ragazzi ma anche per gli adulti, un romanzo che scavalca tranquillamente le barriere dell’età e che è piacevole a 13 come a 99 anni.

 

Federica Pizzi

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