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Recensione di Le rose di Shell su L'indice dei libri del mese

L'indice dei libri del mese, n.4, anno XXXIII - Aprile 2016

L’autrice Siobhan Dowd è morta nel 2007 a 47 anni. Il primo libro che ha pub-blicato, Le rose di Shell, è uscito in Italia alcuni anni fa per Salani ma viene oggi ripubblicato da uovonero (che ha in ca-talogo tutte le sue opere) con una nuova traduzione di Sante Bandirali. Conoscia-mo questa notevolissima scrittrice inglese come esploratrice lucida di temi estremi: la malattia, la morte, il sacrifcio, il mistero. Il suo precedente lavoro uscito in Italia con uovonero era Il riscatto di Dond (2014), la storia di una tredicenne destinata al sacri-fcio da una religione crudele, sull’isola di Inniscaul. La narrazione, lì, iniziava alla vigilia del compleanno, in un’atmosfera crepuscolare, e sposava il punto di vista della giovanissima Darra. Una notte di rivelazione, un breve e intenso lasso di tempo in cui la protagonista esplorava sen-timenti e situazioni che lei non aveva mai avuto modo di sperimentare: l’amore e l’o-dio. Era una storia intessuta di un sapore antico, di strutture arcaiche, di fgure ar-chetipe a elevato valore simbolico; pensata per lettori molto giovani, era anche una lettura soddisfacente e infnitamente stra-tifcata per i più grandi e gli adulti. Le rose di Shell affanca a questi temi il gusto per l’intrigo, sfumandolo in un giallo ovattato dai toni della vita piatta e pettegola della provincia irlandese. La vicenda si svolge appunto in Irlanda, nella contea di Cork, nell’anno 1984, come precisa il testo, an-che se potrebbe essere un qualsiasi altro momento sospeso nel passato inesistente della narrazione. Shell Talent ha perso la madre Moira poco più di un anno prima dei fatti narrati ed è sopraffatta dalle in-combenze domestiche e dalla cura di cui hanno bisogno il fratello minore Jimmy e la sorellina Trix. Il padre, sconvolto dalla vedovanza, ha abbandonato il lavoro e, all’inizio del racconto, si è trasformato in un ardente devoto; tuttavia il suo esagera-to slancio religioso deborderà lentamente nella foschia di un dolore che non trova al-tra soluzione se non l’alcol. Shell si dibat-te tra l’indigenza, l’inadeguatezza sociale (che diventa disagio scolastico e relaziona-le) e i dubbi di fede. A far da debole argine alla sua graduale deriva verso il margine della visibilità è solo l’amica Bridie, ma il barcollante legame tra le due s’infrange in via defnitiva contro lo scoglio di Declan, scanzonato giovanotto dal presente bril-lante e dal futuro ancor più luminoso, che – forse per gioco, forse per sincera curiosi-tà – seduce Shell. Attorno al nodo centrale della gravidanza indesiderata di Shell e alla sua risoluzione si svolge una trama lucida che con estrema abilità cita e annulla tutte le questioni che sfora: dalla violenza do-mestica alla solitudine del lutto, dal ruolo delle fgure genitoriali alle maligne insinua-zioni dei malpensanti che pesano più delle prove certe. Le rose di Shell, come tutti i libri di Dowd, è rimarchevole per qualità della narrazione (abilmente resa nella tra-duzione di Bandirali), per la trama non prevedibile e per la resa d’insieme, che riassume i tratti di un mondo spietato e li riscatta obliquamente in un lavacro di do-lore e delusione che però rende più chiari gli obiettivi di vita. Tutti i proventi dei libri scritti da Siobhan Dowd sono devoluti alla fondazione voluta dall’autrice per favori-re l’avvicinamento alla lettura dei ragazzi svantaggiati. Da 11 anni

Annalisa Strada

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