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Recensione di Thornhill su Le Galline Volanti

Le Galline Volanti - 31/10/2017

Siamo abituate a maneggiare leggeri albi illustrati dal formato importante o corposi libri di narrativa, ma raramente invece ci è capitato di sfogliare qualcosa che sta a metà fra l’uno e l’altro; un “tomo” che a primo acchito parrebbe, per peso e dimensioni , un saggio ma che appena aperto si rivela essere un po’ albo illustrato un po’ romanzo.

Thornhill di Pam Smy edito in Italia da Uovonero è un libro “consistente” nella forma e dimensione quasi a voler portare con sè la fatica della storia che racconta, una storia di solitudini, di adulti che perdono opportunità di essere guida e salvezza per i bambini e ragazzi, di abbandono.
L’autrice, nota come illustratrice di libri come il Riscatto di Dond, si cimenta per la prima volta nella costruzione di un testo che accompagni le immagini. Ma, come ci si accorge fin dall’inizio, fa in realtà molto di più, costruendo e raccontando due storie che scorrono parallele, l’una attraverso le immagini e l’altra attraverso le parole del racconto.

Sono immagini in bianco e nero, potenti, a tratti inquietanti e angosciose quelle che raccontano la vita di Ella, ragazzina tredicenne dei giorni nostri appena trasferitasi con il padre in una nuova casa: ci sono ancora scatoloni dappertutto nella stanza di Ella, che abita quel luogo senza sentirlo casa, con una madre che non c’è più e della cui immagine si nutre quotidianamente. Il padre sta sullo sfondo, il primo adulto assente della storia, il primo adulto che fugge il dolore e la fatica della propria figlia. Ella guarda fuori dalla finestra quella casa sinistra, mezza diroccata e circondata da un giardino incolto.

E’ capitato anche a me, da piccola, di sentire forte e potente l’attrazione per un luogo che doveva invece semplicemente allontanare, un luogo dove la vita pare essersi fermata. E’ capitato anche a me di intrufolarmi in un giardino giungla e in una pericolante casa contadina alla ricerca di un mistero nei sotterranei. Io però ero con un piccolo e sparuto gruppo di avventurieri alla ricerca di emozioni forti, Ella era da sola alla ricerca di qualcosa che le illuminasse la vita. E qualcosa di illuminato lo vedeva durante la notte, una figura di ragazza alla finestra dell’ultimo piano della casa di fronte.

Comincia un viaggio nella vita di un’altra ragazza sola, Mary, che questa volta l’autrice ci racconta con le parole, affidandole a quelle del diario della ragazza. Era il 1982. Frasi semplici e parole dirette quelle che usa Mary per raccontare la sua vita a Thornhill, un istituto per ragazze senza famiglia, dove la famiglia diviene il gruppo: per tutte tranne che per Mary. E’ strana lei. Passa la maggior parte del tempo chiusa in camera sua a costruire pupazzi di stoffa e creta. Parla poco. Dicono soffra di mutismo selettivo, ma il suo diario racconta storie diverse. Racconta di persecuzioni da parte di una compagna di istituto, di una vera e propria azione quotidiana di bulismo che diviene ossessione da parte della vittima e della carnefice.

E’ dura essere senza una famiglia. Ma essere anche senza amici? E’ davvero colpa mia? Sembra che non importi nemmeno all’assistente che è pagata per assistere.

Non lascerò che niente di quello che dicono o fanno mi faccia piangere. Mai. Ma mi fa male dentro. Forse è così che ci si sente quando si muore di crepacuore.
Ci porta ad esplorare i meandri più scuri e faticosi dell’animo umano la Smy e, a rimarcare ciò che le parole raccontano, ecco intere pagine del libro che divengono completamente nere, una tenebra e un abisso in cui si rischia di cadere se ci si immedesima troppo in Mary.

Le solitudini di Ella e Mary pian piano si fondono in un unico senso di disperazione e sfiducia, in una incapacità di trovare un appiglio per uscire dal senso di impotenza e dall’infelicità. E il libro con le immagini e il testo si chiude in un finale amaro ma profondamente vero.

La Smy racconta in modo così vero e realistico il senso di straniamento e di abbandono, il senso di incuria e delega degli adulti che stanno intorno alle due ragazze, doppiamente abbandonate a loro stesse. Racconta di come sarebbe bastato poco per poterle riconoscere e avviare ad un futuro. Racconta di opportunità mancate della comunità educante. Racconta di come oggi vivono, lasciati a se stessi, numerosi bambini e ragazzi, non necessariamente e non solo negli istituti ma anche nelle rispettive famiglie.

“Come ti vanno le cose?” oppure “Va tutto bene?”. Ho il sospetto che abbiano paura di ricevere una vera risposta, e allora sarebbero costretti a fare qualcosa, resterebbero coinvolti. O forse semplicemente non riescono a immaginare niente di spiacevole o di grave. Forse non vogliono pensare che alle persone che conoscono possa succedere qualcosa di orribile.
Le atmosfere gotiche del testo accompagnano la trasformazione di Mary e la ricerca di Ella. Piano piano, quasi senza accorgercene, perdiamo l’orientamento e il lume della ragione, viviamo situazioni allucinogene e di sdoppiamento, una vera e propria esperienza di devianza psichiatrica cui Mary arriva pian piano, lasciata completamente sola a gestire un dolore dilaniante.

Un libro potentissimo questo della Smy che intreccia saperi importanti e riferimenti culturali ad altre figure femminili della storia della letteratura, richiamando in più punti del libro sia Il Giardino Segreto, cui accosta quello di Thornhill che Mary e Ella vivono come elemento salvifico e oasi di pace, sia il personaggio di Jane Eyre con la sua casa di Thornfield.

Un libro da proporre con attenzione ai ragazzi perché può scoperchiare fatiche, aprire baratri da cui non sempre è semplice uscire.

 

 

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