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Vivere con la paura, i libri di Siobhan Dowd

Libri calzelunghe - 7/12/2017

Ogni singola parola scritta da Siobahn Dowd è talmente preziosa che i suoi soggetti anche dopo la sua prematura morte hanno trovato casa e sono diventati libri.

La scrittrice britannica di famiglia irlandese, infatti, ha scritto in vita solo quattro romanzi (premiatissimi, acclamati, amati, letti), e due suoi soggetti hanno generato altri due libri: Sette minuti dopo la mezzanotte e Il mistero del Guggenheim.

Siobhan Dowd

La Dowd nasce a Londra nel 1960 da genitori irlandesi. Dopo aver completato gli studi letterari si dedica alla scrittura di genere ed è una fervente attivista contro la censura nei libri nei Paesi a regime dittatoriale. Solo nel 2006 viene pubblicato il suo primo romanzo per ragazzi, Le rose di Shell, subito finalista per la Carnegie Medal (il più prestigioso premio inglese dedicato alla narrativa per bambini e ragazzi).
La morte nel 2007 della scrittrice per un cancro al seno non ferma la pubblicazione dei suoi romanzi: nel 2007 stesso viene pubblicato Il mistero del London Eye, subito seguito da La bambina dimenticata dal tempo, un libro che riscuote un successo immediato e prorompente, tanto da ricevere la Carnegie Medal (mai assegnata prima post mortem). Nel 2009 esce infine il suo quarto romanzo, Crystal della strada. Ma gli editori di Siobahn Dowd avevano per le mani un soggetto che poteva generare un altro capolavoro. Patrick Ness accetta di portare a termine il lavoro della Dowd: nasce così Sette minuti dopo la mezzanotte, con le illustrazioni (incredibili) di Jim Kay. Infine, ed è una novità del 2017, Robin Stevens, scrittrice già nota per i suoi libri gialli per bambini, scrive Il mistero del Gugghenheim (Uovonero edizioni), il seguito de Il mistero del London Eye.
Per volontà della stessa Dowd, nello stesso 2007, nasce il Siobhan Dowd Trust, fondazione a scopo benefico a cui sono ceduti i diritti dei libri della scrittrice e che si propone di avvicinare alla gioia della lettura i bambini in condizioni svantaggiate.

[I libri della Dowd sono tutti pubblicati in Italia da Uovonero, il cui editore, Sante Bandirali, ne è anche il traduttore. Sette minuti dopo la mezzanotte è pubblicato da Mondadori.]

Colpisce un aspetto, nei libri di questa decisa e convinta scrittrice inglese: leggendoli si ha un’impressione di eternità. Sono convinta che non passeranno di moda, ma che manterranno un loro posto negli scaffali di ogni libreria. Sono libri profondi, onesti, veri, anche crudeli, necessari. Ogni personaggio emerge nella sua complessità, sia esso un ragazzo, sia esso un adulto. Non si ha paura di parlare di morte, omicidi, sesso: la vita esplode, rimbalza, urta contro le nostre ipocrisie e i nostri buonismi.

I ragazzi, i bambini, fanno parte del mondo: inutile proteggerli dalla guerra, dalla sporcizia umana, meglio è dare loro degli antidoti, indicare una strada alternativa, come in Bog Child (La bambina dimenticata dal tempo).
La paura, in questo romanzo, è la grande protagonista sotterranea. La paura appiccicosa di sudore di Fergus, per esempio, che in quella tarda primavera del 1981 studia per la maturità. La madre, pur nella sua angosciosa attesa, lo incita: è bravo a scuola, potrà andare via da quel paese disperato, potrà andare a studiare in Scozia o dove vorrà. Ma il fratello è in galera, è un attivista, perché nell’Irlanda del nord non ci si può arrendere agli invasori britannici. Siamo negli anni bui delle domeniche di sangue e degli scioperi della fame. Gli attivisti dell’IRA non vogliono essere considerati dei semplici criminali e da ormai quattro anni scioperano, lottano, protestano in carcere, senza ottenere dal governo centrale della Thatcher nulla di fatto. Joe è orgogliosamente in galera e negli incontri con i genitori è spavaldo, coraggioso: inizierà anche lui lo sciopero della fame, avanti fino alla morte! La paura solca la fronte di Fergus mentre corre all’alba e pensa. Non si è mai sentito attratto dall’IRA, è un ragazzo premuroso, attento, generoso. Certo, quello che fanno gli inglesi è terribile, ma anche le bombe contro i protestanti sono ingiuste. E poi c’è quella bambina sepolta nella torba, scoperta per caso mentre con lo zio Tally raccoglieva la torba da rivendere. Una bambina piccola o comunque dalle dimensioni piccole assai con quel bracciale di fattura pregiata e risalente all’epoca del ferro. E ci sono i sogni, in cui Fergus rivive la storia della bambina…
Vivere con la paura addosso, soprattutto ora che il migliore amico di Joe lo ha costretto a fare da corriere tra Irlanda del nord e del sud, trasportando misteriosi pacchettini. La paura paralizza, confonde, annebbia. Fergus corre, piange, pensa. La vita va avanti, nonostante tutto, nonostante i giorni senza cibo di Joe, nonostante le bombe che esplodono davanti alle chiese protestanti, va avanti anche l’inchiesta per sapere chi era quella bambina sepolta, che poi bambina forse non lo era…

Cambiamo libro: la paura non può trattenere la vita, la può abbracciare strettamente, le può succhiare energia, metterla a tacere, soffocarne la voce, ma non può uccidere la vita. Nemmeno se a morire è tua madre e tu sei a un passo dalla più nera disperazione.
Sette minuti dopo la mezzanotte è un capolavoro.
Fa male, eccome se fa male.
La Dowd scrive il soggetto quando sta combattendo contro il cancro che poi la ucciderà. E offre una mano a chi le sta intorno.
Conor vive con la madre, il padre è andato in America, la nonna è antipatica. Conor alla mattina si alza, si veste, fa colazione, socchiude piano la porta della camera della madre e, vedendo che lei dorme finalmente, dopo una nottataccia, le invia un saluto solo con la mente, poi va a scuola. Passano i giorni, la madre scende raramente in cucina, Conor cucina, pulisce, fa i compiti, lava i vestiti. Conor non si arrende. Mai. E scompare: a scuola ormai non lo interrogano nemmeno più, potrebbe fare quello che vuole, lo sguardo degli adulti è di addolorato sgomento. A casa è solo. Di notte, però, lo va a trovare il mostro, quell’agglomerato di paura e ricordi, di decisioni mai prese, di rimandi, di speranze a cui fortissimamente aggrapparsi. Ma soprattutto è il silenzio che circonda Conor: le parole farebbero davvero troppo male. Quella parola che solo il mostro lo aiuterà a dire: morte. Perché il bambino sa che la madre sta per morire ed è troppo doloroso anche solo pensarlo. Ma se lui farà il bravo, se farà tutte le faccende di casa, se, soprattutto, tacerà, allora lei non morirà. Il pensiero magico di Conor, alimentato da un terrore che prende forma in incubi spaventosi, si infrange quando finalmente la nonna prende in mano la situazione.

In questi due romanzi, due ragazzi vivono costantemente con la paura, nera e immonda compagna: li costringe al silenzio, li bracca egoista, li ha in pugno con sguardo cinico.

Antagonista della paura è in Dowd la parola, che si nutre di ascolto e di luce. Sono le parole dure della nonna, portatrice di quella dolorosa e salvifica verità che Conor non vorrebbe mai sentirsi dire, sono le parole della mamma di Fergus che convince i dottori a salvare il figlio Joe, in coma, da morte certa.
Uno dei temi importanti tra gli autori di libri per bambini e ragazzi è la speranza, che non deve mai venir meno. In Sette minuti dopo la mezzanotte, la madre di Conor muore. È un finale inevitabile, la morte fa parte della vita, ma il bambino è riuscito a dire alla madre tutto il suo amore, ha un nuovo canale di comunicazione con la nonna, ha ritrovato la luce, pur nel dolore più assurdo che esista.
Fergus riesce, d’altra parte, a dire il suo netto e fermo no agli attivisti dell’Ira, a stare dalla parte della vita, sempre e comunque.

La Dowd è dalla parte dei suoi giovani lettori, la sua voce è forte e chiara, mai ambigua.

La paura è egoista, gelosa, invalidante, cupa e noiosa. La paura priva della speranza.

E se un libro serve a parlare della paura, e a ridurla a un piccolo grumo nero, a una macchia d’inchiostro, ecco: quel libro ha fatto il suo lavoro, ha fatto un buon lavoro. Ha ridato la parola.

Angela Catrani

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