LiBeR 117 - gennaio/marzo 2018
Evidenti sono le fonti di ispirazione di questo intenso romanzo per immagini: i libri di Brian Selznick, nei quali al racconto con le parole si affianca quello con i disegni, e l’intramontabile classico di Frances H. Burnett, Il giardino segreto.
La cupa tensione della storia è ben resa dalla costruzione grafica del libro, dove il nero e le diverse gradazioni di grigio delle immagini restituiscono il clima emotivo della narrazione.
La vicenda si snoda su due differenti piani temporali. Da una parte c’è il diario di Mary, che inizia l’8 febbraio 1982, attraverso il quale cogliamo tutta l’angoscia della giovane autrice, ospite di Thornhill, un istituto per orfani, in attesa di adozione. Dalla finestra dell’ultimo piano di questo infelice edificio, Mary vede scorrere con struggimento la vita delle persone normali, chiusa in un isolamento volontario nel tentativo di sfuggire alle angherie di un’altra ospite dell’istituto. Unico conforto e compagnia, i pupazzi di creta da lei creati che affollano gli scaffali della sua stanza, e il romanzo della Burnett, nella cui protagonista, che porta il suo stesso nome, si identifica.
C’è poi la storia, raccontata attraverso i disegni, di Ella, una ragazzina che vive nel 2017 e che si è appena trasferita in una nuova casa davanti a Thornhill. Abbandonata a sé stessa, da poco orfana di madre e con un padre spesso assente per lavoro, Ella osserva con curiosità il vecchio e misterioso edificio che si erge di fronte alla finestra della sua camera, cercando di decifrarne il mistero: chi è quella ragazzina di cui intravvede l’ombra dietro la finestra, e che talvolta scorge aggirarsi nell’ampio giardino della casa? Mentre gli adulti sembrano incapaci di vedere nell’animo di queste ragazzine, di coglierne la solitudine e la sofferenza, Mary e Ella finiranno per incontrarsi in uno spazio al di fuori del tempo, il giardino segreto di Thornhill, dove finalmente riescono a stringere una amicizia indissolubile chiudendo fuori il mondo intero, i suoi soprusi e la sua indifferenza.
Una narrazione cupa, a tratti quasi ossessiva, che avvolge il lettore fino alla fine, attraverso la quale si realizza un incontro del tutto inaspettato tra due solitudini, unica luce che traspare dall’angosciante atmosfera di quella che ha tutto il sapore di una ghost story.
di Gabriela Zucchini