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Rassegna stampa

Quella casa che fu rifugio, che fu vita, che fu tragedia

Nuvole in scatola - 27 gennaio 2024

"Se i muri potessero parlare...", si dice.

Ecco: certi muri parlano, in effetti, a volte perché portano i segni di qualche evento passato, altre volte perché qualcuno li ha resi testimonianza materiale della vita  – o della tragedia – che hanno vissuto. 

La vecchia casa sul canale di Thomas Harding e Britta Teckentrup (quella di L'albero dei ricordi, ma anche di L'altalena, pubblicato da Uovonero, come l'albo di cui vi parlo oggi) fa parlare i muri di una casa molto speciale, quella che fu il nascondiglio di Anne Frank, prima di essere catturata dai nazisti.
 
La prospettiva di quest'albo è molto originale: la storia della shoah viene approcciata in modo marginale, pur senza farle perdere di intensità, inserita in una più generale storia dell'umanità o, se vogliamo, del mondo.
La prima scena dell'albo ci riporta infatti a un'epoca in cui, nel luogo dove oggi sorge la casa, l'uomo non era ancora arrivato: nelle incantevoli illustrazioni di Britta Teckentrup non vediamo che una palude, con due aironi, un paio di mucche al pascolo, uccelli che punteggiano il cielo sereno.
 
Qui arriva il lavoro dell'uomo, che bonifica, costruisce un canale. La storia della casa diventa anche storia di Amsterdam stessa.

Nell'angolo in alto a destra, le date ci mostrano lo scorrere del tempo. La costruzione della casa, il passaggio da un proprietario all'altro, ma anche da una funzione all'altra: da dimora di un ricco mercante, a stalla, a bottega. Finché la casa non diventa nascondiglio.
Alla tragedia della deportazione di Anne viene dedicata appena qualche pagina in più. Ne vediamo i fatti, con qualche sfumatura di emozione, ma il punto di vista resta quello della casa e di ciò che può testimoniare.

La vecchia casa sul canale non è un libro pensato per raccontare la storia di Anne Frank, né la shoah: è certamente destinato a chi quel contesto già lo conosce. Potrebbe piuttosto essere trattato come una "guida turistica" prima di un viaggio ad Amsterdam, per leggere la vita e la storia di quella casa prima di visitarla.

Ma credo ci si possa leggere molto di più.

Nel raccontare la casa negli anni, ci sembra di avvertire l'indifferenza dello scorrere del tempo, di quel campanile che continua a battere le ore allo stesso modo, come se non ci fosse differenza tra un prima e un dopo. Il destino di Anne è un punto nella storia di un edificio che ignora la portata del fatto storico che ha contenuto. Questa impossibilità di entrare davvero nella vita di Anne genera nel lettore un senso di incompiutezza e di ingiustizia che forse raccontano il senso della giornata della memoria molto più di quanto non facciano le storie più dettagliate.

La vecchia casa sul canale è anche la dimostrazione di come quella memoria spetti a noi mantenerla viva, perché è solo grazie all'insistenza del padre di Anne che la casa, ormai quasi in rovina, è divenuta museo e testimonianza degli eventi tragici che ha vissuto.

Solo grazie a un uomo, al suo dolore, alla sua testarda volontà, la tragedia ha cabiato il corso delle cose, spezzando il susseguirsi di propietari e di destinazioni e rendendo quella casa una testimonianza.

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Recensione di La vecchia casa sul canale su La Svolta

La Svolta - 27 gennaio 2024

La storia di un edificio che nell’arco dei secoli ha vissuto molto vite: è stato costruito, abitato, danneggiato dalle intemperie, dalle guerre e riparato di nuovo. Tra le sue mura, è rimasto nascosto, perfettamente custodito, il diario di una ragazzina che tutti conosciamo. La piccola Anne Frank, che vi si era rifugiata con la famiglia durante la persecuzione nazista degli ebrei.

Oggi quel palazzo sul canale di Amsterdam è un museo, un centro educativo e la sede della Fondazione Anne Frank, ed è visitato ogni anno da oltre un milione di persone.

Un albo firmato da Thomas Harding e Britta Teckentrup che offre un punto di vista del tutto originale per riflettere sulla Shoah e sul valore della memoria.

di Caterina Tarquini

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Recensione di La vecchia casa sul canale su Sololibri

sololibri.net - 27 gennaio 2024

Thomas Harding, famoso autore di best seller inglese, e Britta Teckentrup, illustratrice di libri per bambini, firmano insieme La vecchia casa sul canale, appena pubblicato con traduzione italiana di Sante Bandirali da uovonero.

Protagonista del bell’albo formato quadrato grande è una casa la cui storia viene ricostruita dal 1580, in un luogo deserto che diverrà poi il centro di Amsterdam. Nelle pagine del volume seguiamo la storia di questo edificio che sorgerà nei pressi di un canale nel 1635, quando un tagliapietre ne comincerà la costruzione; verrà circondata da altre case, alcune con tetto piatto altre con tetto a punta. La nostra casa avrà una porta verde, un soffitta, una dependance. Nei pressi sorgerà una chiesa che fa sentire i rintocchi del campanile quattro volte al girono. Verrà abitata da una donna con dodici figli, ma all’inizio del ’700 arriva la peste, la donna rimase sola e alla sua morte la casa restò disabitata e cominciò a deperire. Alla fine del secolo riprese vita, quando fu abitata da un ricco mercante, ma poi, nello scorrere del tempo, fu adibita a stalla, a fabbrica.

Nel 1885 andò a fuoco e fu abitata da un fabbro e dalla sua famiglia, fino a quando i nazisti occuparono l’Olanda: era il 1940. Mentre un castagno cresceva ombreggiando la casa, questa fu occupata dall’azienda di un distinto signore che vendeva e impacchettava spezie. Sua figlia Anne visitava il padre, ma ormai gli ebrei erano nel mirino delle truppe tedesche d’occupazione, e alla famiglia Frank non restò che nascondersi nella soffitta, in una specie di rifugio segreto, mentre al piano terra continuava l’attività delle aziende Opekta e Pectacon di proprietà di Otto Frank. I Frank, la madre Edit, il padre Otto e le due sorelle Margot e Anne, dividevano lo spazio angusto con un’altra famiglia, i Pels. Ma il 4 agosto 1944 il nascondiglio fu scoperto, tutti gli abitanti arrestati e deportati, nessuno di loro sopravvisse, tranne il padre. Nel 1945 tornato nella casa sul canale, gli fu consegnato il diario che la figlia aveva scritto nei due anni di segregazione. Negli anni ’50 la casa rischiò di andare in rovina, i pavimenti di legno marcivano come la porta verde. Otto Frank ottenne che la casa non fosse venduta e collaborò al suo restauro, con l’apporto della intera comunità: una nuova porta verde fu messa all’ingresso.

Oggi, al numero civico 263, la casa di Anne Frank viene visitata da persone che arrivano da ogni parte della terra: il suo diario è stato letto e tradotto in tutte le lingue, la campana torna a suonare quattro volte ogni ora. La ragazza dagli occhi lucenti che sognava un futuro dorato continua a vivere nel ricordo di chi visita la sua casa. Tra i tanti libri che hanno per protagonista una casa, questo appare particolarmente efficace, forse per la straordinaria qualità delle illustrazioni che ci fanno attraversare la storia, nel corso di quattro secoli, ricordando quanto le mura di una casa riescano a conservare la memoria delle persone che ci hanno vissuto, la loro gioia, le loro disavventure, la felicità di una festa da ballo, ma anche l’orrore di chi, innocente, è stato portato al macello in un tempo molto vicino al nostro. Anne Frank Haus è un luogo fortemente evocativo che molti ragazzi non conoscono, un libro di storia e memoria particolarmente efficace, per non dimenticare, ancora una volta.

di Elisabetta Bolondi

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Recensione di La vecchia casa sul canale su Il Rosicchialibri

Il Rosicchialibri - 27 gennaio 2024

“Nel centro di Amsterdam, accanto a un canale, c’è una casa alta e stretta. Fu costruita quasi 400 anni fa ed è stata utilizzata come casa, magazzino, stalla e nascondiglio.”

Dal 1600 fino ai giorni nostri la casa/nascondiglio che ospitò la famiglia Frank durante la Seconda Guerra Mondiale apre le sue porte (anzi, la sua porta verde) per raccontare una storia lunga quattro secoli.

Dal 1960 la casa dove si nascose la famiglia Frank è un museo che accoglie più di un milione di visitatori all’anno, ma dall’inizio del 1600, cioè da quando è cominciata la costruzione del Prinsengracht (il Canale del Principe), ha cambiato tante volte proprietari e destinazione d’uso.

Quella sul canale è’ una casa ben costruita, fatta di robusti mattoni rossi, pavimenti di pino, una soffitta e un’accogliente porta verde.

La casa fu costruita da un tagliapietre nell’età d’Oro dei Paesi Bassi quando venne bonificata la palude intorno al canale, poi piano piano spuntarono altre costruzioni e infine un intero quartiere.

Gli anni passarono e la casa ebbe nuovi proprietari, accolse una donna con dodici figli durante la peste del 1700, poi ospitò un mercante che organizzava molte feste, fino a diventare una stalla cento anni dopo nel 1800.

Anche un incendio lasciò il segno sulle pareti della vecchia casa sul canale poi, nel 1940 un uomo alto con un bel vi trasferì la sua azienda. L’uomo alto aveva due figlie, una delle due possedeva un diario e un sorriso gentile.

Da questo momento la casa diventa uno scrigno che per un breve periodo protegge dal rastrellamento nazista otto persone, prima che vengano scoperte dai nazisti (forse a causa di un tradimento) e deportate nei campi di concentramento: la famiglia Frank, la famiglia Pels e Fritz Pfeffer.

Oggi conosciamo tutti i dettagli di quella fetta di mondo attraverso le pagine del diario di Anna Frank (pubblicato nel 1947) che descrivono minuziosamente la vita silenziosa nella piccola stanza alla quale si accedeva da una scala dietro una libreria.

Un ambiente che nella sua “pancia” ha accolto tante storie mentre i suoi muri si impregnavano di risate e di lacrime.

Un punto di vista diverso per raccontare una tragedia, anche attraverso gli ambienti che hanno fatto da sfondo a quello che stava succedendo. Così qualcosa di semplice come una casa su un canale in un quartiere di Amsterdam, diventa un testimone silenzioso dell’espandersi di una città, dei suoi cittadini, degli accadimenti e (purtroppo) dell’ultima guerra.

I disegni straordinari di Britta Teckentrup accompagnano come cartoline d’epoca il testo di Thomas Hardinge e, in questo modo, i due autori non solo ci regalano solo un viaggio nel tempo, ma ci dicono che la storia può essere raccontata in tanti modi, anche da un oggetto inanimato.

di Haider Bucar


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Recensione di La vecchia casa sul canale su Zebuk

Zebuk - 25 gennaio 2024

All’inizio c’è un terreno dove uccelli e altri animali grandi e piccoli vivono sereni. Pescano, nuotano, volano.
Poi arrivano gli operai e iniziano a urbanizzare quel tratto di terra. Costruiscono case, magazzini, una chiesa con un alto campanile. Erigono anche una casa con una dependance sul retro. Una casa fatta di mattoni con una grande porta verde, solidi muri, pavimenti massicci e ampie finestre da cui far entrare il sole.

Vite e persone si avvicenderanno in quelle stanze: il vociare dei bambini, la vita di società di una coppia agiata, nitriti di cavalli. E poi botteghe, artigiani, piccole industrie.

Fino ad arrivare all’ultimo proprietario, un uomo chiamato Otto Frank, che sceglie la casa sul canale come sede della sua ditta.

La mia opinione su La vecchia casa sul canale di Thomas Harding, Britta Teckentrup

Raccontare la Shoah attraverso un edificio è quello che fa il bellissimo libro scritto da Thomas Harding e illustrato dalla sempre eccellente Britta Teckentrup.

Il volume è un susseguirsi di immagini, sembrano tanti piccoli quadri, scatti minuti di un passato operoso, che ricordano un po’ le scenografie di teatro. Seguiamo la storia della casa, immaginiamo chi ci ha vissuto e ripercorriamo con passo leggero i terribili accadimenti della seconda guerra mondiale e del destino della famiglia Frank.

La vecchia casa sul canale è un libro che stupisce perché riesce a coniugare perfettamente l’orrore della Shoah con la semplicità necessaria per parlarne ai più piccoli. Il risultato è un libro straordinariamente luminoso che si chiude con la riproduzione della casa com’è oggi, un museo e un centro ricreativo che tiene sempre vivo il ricordo di Anne e del suo coraggio.

Buona lettura.

di SIBY

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Di corvi e cornacchie, tra zoologia, arte e mito

Sapereambiente - 23 gennaio 2024

Il libro dell’artista e illustratrice Britta Teckentrup ci porta, con disegni e testi originali, suggestivi e coinvolgenti, alla scoperta del variegato universo dei corvidi, uccelli totemici spesso bistrattati ma dalle grandi abilità e virtù

Betty e Abel sono proprio una coppia ingegnosa e lungimirante: per procacciarsi un po’ di cibo si sono costruiti un amo da pesca usando del semplice fil di ferro. Sorprendente, vero? Soprattutto se consideriamo che i due prodigi in questione sono cornacchie. Ed è appunto Di corvi e cornacchie che parla il godibilissimo libro dell’illustratrice e autrice tedesca Britta Teckentrup, edito in Italia da uovonero. Prima ancora di leggerlo, questo albo speciale va sfogliato pagina dopo pagina con lo stupore del bambino. Sorridendo estasiati alle sagome cariche di vita che ci vengono incontro e colorano un mondo che, magari, credevamo fosse fatto soltanto di grigio e di nero.

La carta d’identità dei corvidi

La prima parte del libro ci avvicina con parole semplici e schiette agli aspetti zoologici di questi pennuti dalla fama controversa. Scopriamo così che corvi e cornacchie, taccole e gazze, gracchi e ghiandaie sono tutti riuniti nella grande famiglia dei corvidi (Corvidae) e sono considerati a tutti gli effetti degli uccelli canori. Scopriamo anche che i corvidi, di cui fanno parte 129 specie suddivise in 23 generi, sono i passeriformi più vicini agli uccelli del paradiso. E che li troviamo negli habitat più diversi e in tutti gli angoli del mondo, salvo che nella punta più a sud del Sudamerica e in Antartide. Partendo dall’iconico corvo imperiale, il libro tratteggia la carta d’identità di alcune delle specie di corvidi più note e diffuse. Offrendoci aneddoti e curiosità sulle abitudini di vita e il comportamento di un gruppo di volatili tanto intelligenti da essere stati paragonati, per le loro abilità, alle scimmie antropomorfe.

Cupi e oscuri? Creatori di mondi!

“In principio era la notte buia. A un certo punto, però, da questa oscurità emerse un corvo nero come la pece e presto si rese conto che uscendo dalla notte polare aveva creato il mondo”. Nella cosmogonia degli Inuit, il corvo rappresenta la massima forza creatrice, altro che uccellaccio del malaugurio. Anche nei miti di molte altre culture il corvo è tenuto in grande rispetto e considerazione. Per gli antichi Greci, i corvi della Pallade Atena rappresentavano la saggezza, nei miti germanici il dio Odino era sempre accompagnato dai fidi consiglieri Huginn, corvo della preveggenza, e Muninn, corvo della memoria, mentre secondo gli antichi Romani dal volo dei corvi si potevano trarre presagi e auspici. Non in tutte le culture, però, il corvo gode di buona fama e reputazione, come ci ricorda con tratti lievi ma incisivi Teckentrup.

Straordinarie abilità

Dalla sfera magica del mito, il racconto in parole e disegni passa di nuovo alla vita reale, altrettanto affascinante, delle nostre corvine creature. Scopriamo così che i corvi sono genitori premurosi e formano coppie inossidabili, hanno un linguaggio tanto elaborato da usare richiami diversi per gli umani, i gatti e i falchi, sono dotati di un’intelligenza e una capacità di apprendimento tali da arrivare a riconoscersi allo specchio e a costruire utensili, possiedono una vita sociale tanto complessa da celebrare persino riti funebri. Le prodigiose abilità dei corvi sono illustrate anche dalle peculiarità delle colonie che vivono in quattro città iconiche – Berlino, Londra, New York e Tokio.

I corvi letterari e quelli cinematografici

Di chicche sui corvi in questo libro ce ne sono davvero tante e, tra queste, non potevano mancare i richiami artistici e culturali. Teckentrup evoca l’intero olimpo corvino della letteratura e del cinema e, in punta di becco, ci offre una raccolta di scritti dedicati a questi gotici amici, troppo spesso ingiustamente bistrattati. Dalle poesie di Edgard Allan Poe e di Rose Ausländer, alle fiabe di Esopo e dei fratelli Grimm e fino alle leggende cinesi e polacche, tutte illustrate con tratto suggestivo e vibrante, completiamo così il nostro volo nel mondo dei corvidi. Con la voglia di riaprire ogni giorno il libro a una pagina diversa per scoprire una nuova angolatura del caleidoscopico universo corvino.

di Mara Marchesan

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Recensione di La vecchia casa sul canale su Filastrocche.it

Filastrocche.it - 19 gennaio 2024

Raccontare la Shoah con un libro illustrato: la storia di un edificio straordinario che Anne Frank chiamava “la vecchia casa sul canale”

“Nel centro di Amsterdam, accanto a un canale, c’è una casa alta e stretta. Fu costruita quasi 400 anni fa ed è stata utilizzata come casa, magazzino, stalla e nascondiglio […] e ha rappresentato un rifugio sicuro per un gruppo di ebrei, tra cui Anne Frank e la sua famiglia”

In occasione del Giorno della Memoria, esce in libreria un albo illustrato firmato da Thomas Harding e Britta Teckentrup, edito in Italia da uovonero, che offre una riflessione sulla Shoah con un linguaggio adatto anche ai bambini.

Una pubblicazione affascinante, inconsueta e un po’ lontana dalla narrazione classica, che offre diversi livelli di lettura e permette di accostare anche i più piccoli ad una delle pagine più atroci e nere della nostra storia: le persecuzioni razziali e il genocidio degli ebrei avvenuti durante la Seconda Guerra Mondiale ad opera dei nazisti.

Al centro della narrazione c’è la casa di Amsterdam dove per due anni trovò rifugio Anna Frank e la sua famiglia: un edificio pieno di storia, che nell’arco dei secoli ha vissuto molte vite ed è stata l’abitazione di persone ricche e povere – una giovane donna coi suoi dodici figli, un ricco mercante e sua moglie -, e anche di cinque grandi cavalli. Non solo abitazione, ma anche laboratorio e luogo di lavoro, fino a diventare la speranza di vita per persone in fuga.

Fra queste mura il padre di Anna Frank rinvenne il famoso diario della figlia, decidendo dopo averlo letto con le lacrime agli occhi di condividerlo con la famiglia, gli amici e poi con il mondo intero.

Gli autori offrono i riferimenti cronologici degli eventi – ogni illustrazione li riporta in alto a destra – in una cavalcata storica puntuale che ricostruisce aspetto e funzione della casa nelle diverse epoche: costruita, vissuta, abbandonata e vuota, danneggiata e riparata.

Attraverso la narrazione, chiara, sintetica e piacevole, la storia dell’edificio diventa il tramite per raccontare le vicende tristemente note, che ogni anno il 27 gennaio ricordiamo e non vogliamo dimenticare: il Giorno della Memoria. Con delicatezza, quasi in punta di piedi, come lo è l’entrata in scena di Anna Frank e appena prima di suo padre. Era il 1941.

Non molto tempo dopo, un uomo alto con un bel
vestito trasferì nella casa la sua azienda. Al piano terra
mescolavano e impacchettavano erbe e spezie.
L’aria era piena di profumi di terre lontane.
In certi giorni l’uomo alto riceveva la visita di una giovane
ragazza con un sorriso dolce. Aveva un luccichio negli
occhi e in tasca teneva una penna e un taccuino.
Era sua figlia.

Con le illustrazioni di Britta Teckentrup fortemente realistiche e particolareggiate, dal taglio cinematografico, che fanno rivivere oggetti ed eventi, partendo dalle piccole cose quotidiane, per arrivare a trattare la tragedia della Shoah, con un linguaggio e un registro vicino ai giovani lettori.

Oggi la Casa di Anna Frank è un museo, un centro educativo e sede della Fondazione Anna Frank, visitata ogni anno da oltre un milione di persone.

Dopo la guerra, la casa venne acquistata dalla NV Berghaus, un’azienda che voleva demolirla per costruire un grande magazzino. Ma Otto Frank, il papà di Anna, riuscì a convincere NV Berghaus a donare l’edificio alla città e nel 1960, dopo un intenso programma di ristrutturazione, la casa venne aperta al pubblico.

Per non dimenticare. Mai.

 

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Recensione di Rumple Buttercup su Tuttolibri

Tuttolibri, La Stampa - 20 gennaio 2024

« In una piccola città, nascosto sotto terra, in un tombino accanto a un cestino dell’immondizia » si aggirano, sospettosi e inquieti, i cinque denti sbilenchi, i tre capelli in croce che gli veleggiano sul cranio e il piede sinistro dell’11 per cento più grande del destro di Rumple Buttercup. È il mostro verde, protagonista del racconto di immagini annodate da un filo di parole dello spassoso e stregante Matthew Gray Gubler che, un mattino, con avanzi di dolcetti raccattati in quel cestino, modella Candy. Corn Carl. Un personaggio immaginario, che gli sta vicino mentre compie piccole escursioni alla luce del sole, nascosto sotto una buccia di banana. Quando viene a sapere della parata annuale delle frittelle Pigia Pigiama, Rumple non vuole prendersela. Cerca affannosamente una buccia di banana. Quando viene a sapere della parata annuale delle frittelle Pigia Pigiama, Rumple non vuole prendersela. Cerca affannosamente una buccia di banana, per esserci senza farsi vedere, ma ben presto si accorge che tutti lo vedono e che, per giunta, la sua stranezza non infastidisce nessuno.Massi: ciascuno è strano a modo suo ed è divertente intrecciare le diversità per godersi appieno un profumo imprevedibile, il profumo della vita

di Ferdinando Albertazzi

“La vecchia casa sul canale” accompagna nello studio della storia e della Shoah

Vita Trentina - 18 gennaio 2024

La storia si può affrontare partendo dai più diversi punti di vista. Si possono ripercorrere le vicende di una nazione, di un territorio, di una persona, di una famiglia. Ma si può ricostruire la storia raccontando anche dove e come è nata una casa e delle persone che ci hanno vissuto e lavorato.

E’ questa l’idea di base di Thomas Harding, autore di La vecchia casa sul canale (Uovonero; età 8+) che racconta la movimentata storia della casa in cui Anna Frank si nascose con la famiglia e altri per sfuggire ai nazisti.

Una casa alta e stretta nel centro di Amsterdam in via Prinsengracht 261, nata e cresciuta con il quartiere che la ospita, e che nel corso dei secoli è stata abitazione, magazzino, scuderia, fabbrica e, infine, nascondiglio segreto. La casa adesso è un museo molto visitato e sede della Fondazione Anna Frank: un luogo pieno di storia, che ha attraversato la rapida crescita di Amsterdam durante il “Secolo d’oro” olandese, la schiavitù, la peste, il Grande gelo, le guerre napoleoniche, la Prima guerra mondiale, l’occupazione tedesca durante la Seconda guerra mondiale e la liberazione da parte degli Alleati. Questa storia si intreccia con il periodo lì trascorso dal 1942 al 1944, da Anna Frank, e il rimando è ovviamente ai suoi rapporti con i genitori e la sorella, alla sua cotta per Peter, alla stesura del suo diario, al trattamento degli ebrei da parte dei nazisti e all’arresto.

Il libro inizia con un tranquillo appezzamento di terreno agricolo appena fuori dalla città di Amsterdam, per passare alla costruzione del canale Prinsengracht e alla costruzione della casa lì accanto. Vengono poi descritte le storie personali dei vari occupanti dell’edificio, tra cui un esploratore e un mercante che trasse profitto dalla schiavitù.

La narrazione è lineare, scorrevole e leggera, non appesantita da date e nomi, cosicché il libro si può leggere facilmente come un racconto. La storicità, però, di ciò che si legge è garantita dalle date inserite nelle illustrazioni e da una tavola riassuntiva finale con tutti i riferimenti alle persone e alle attività che sono passate per quei muri.

Perfette sono le immagini di Britta Teckentrup, illustratrice tedesca di fama mondiale, caratterizzate dalla tecnica a collage realizzata in digitale. Questo suo stile perfettamente riconoscibile catapulta i lettori dentro gli ambienti rarefatti rappresentati sulle pagine. Sono illustrazioni che sanno essere allo stesso tempo realistiche e magiche. Il testo e le immagini sono in perfetto equilibrio per rendere il libro storicamente obiettivo, ma capace pure di coinvolgere emotivamente.

Un libro interessante anche per accompagnare i ragazzini più grandi nello studio della storia e nelle riflessioni sulla Shoah.

di Elisabetta Vanzetta

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La vecchia casa (di Anne Frank) sul canale

Quotidiano il T, La giostra - 17 gennaio 2024

In occasione del Giorno della Memoria esce in Italia un albo scritto da Thomas Harding e illustrato da Britta Teckentrup che introduce una riflessione sulla Shoah e sulle persecuzioni razziali.

La movimentata storia di un edificio straordinario, la casa che diede rifugio ad Anne Frank e alla sua famiglia durante la persecuzione nazista. In occasione del Giorno della Memoria, Uovonero edizioni porta in Italia un albo scritto da Thomas Harding e illustrato da Britta Teckentrup che introduce una riflessione sulla Shoah e sulle persecuzioni razziali in un linguaggio adatto anche ai bambini e alle bambine, a partire dagli otto anni. Si tratta de «La vecchia casa sul canale», traduzione di Sante Bandirali, albo illustrato con copertina cartonata (56 pagine, 20 euro). Un titolo nel solco di una casa editrice di libri inclusivi, ad alta leggibilità, che promuovono una cultura della diversità per rendere la lettura un diritto di tutti.

Il racconto di un edificio pieno di storia, che nell’arco dei secoli ha vissuto molte vite: è stato costruito, vissuto, danneggiato dalle intemperie e riparato di nuovo; ci hanno abitato persone ricche e persone povere ed è stato un nascondiglio per coloro che vi si sono rifugiati durante la persecuzione degli ebrei in Europa, come la famiglia di Anne Frank, che lì ha trovato protezione per due anni. La secolare abitazione ha conservato, come una gemma preziosa, il diario scritto dalla ragazzina, che suo padre ha letto con il cuore spezzato e le lacrime agli occhi per poi condividerlo con la sua famiglia, con gli amici e infine con il mondo intero.

Spiegare la Shoah e il significato della Giornata della Memoria può non essere semplice quando il nostro interlocutore è un bambino o una bambina, ma i pluripremiati Thomas Harding (1968, pluripremiato autore di bestseller, come giornalista ha scritto per «The Guardian» e lavora come presentatore radiofonico e televisivo) e Britta Teckentrup (nata ad Amburgo, ha studiato illustrazione e ora vive a Berlino, ha pubblicato più di 100 titoli tradotti in diversi Paesi) si accostano al tema attraverso un’opera innovativa, che si allontana dalla narrazione più classica offrendo diversi livelli di lettura. Se i lettori più giovani si lasceranno coinvolgere dall’evocativa atmosfera del racconto, in cui la casa diventa il centro della narrazione, i lettori adulti troveranno contrassegni cronologici estremamente puntuali grazie ai quali potranno ricostruire aspetto e funzione dell’abitazione nelle varie epoche.

Attraverso una scrittura chiara, sintetica e allo stesso tempo narrativa, Harding racconta con tatto e delicatezza anche gli avvenimenti più cruenti, come la morte degli abitanti della casa o i rastrellamenti nazisti, mentre le illustrazioni di Teckentrup, tra gli inaspettati contrasti di luce, l’espressività del tratto e le scenografiche aperture di campo, rendono la casa viva davanti agli occhi del lettore.

Lo sguardo meticoloso e il taglio cinematografico delle illustrazioni donano profondità alle tavole, accompagnandoci, una pagina dopo l’altra, in un viaggio di scoperta. Dunque un libro poetico e inconsueto che, riconducendo la tragedia della Shoah «dall’universale» a un «particolare» più vicino alla conoscenza del mondo dei giovani lettori, porta sotto i riflettori l’importanza della trasmissione della Storia e della conservazione del patrimonio culturale, tra memoria e futuro. Pensate che la casa di Anne Frank dopo la guerra venne acquistata dalla NV Berghaus, un’azienda che voleva demolire l’edificio per costruire un grande magazzino. Otto Frank, padre di Anne, e altri riuscirono a convincere NV Berghaus a donare l’edificio alla città di Amsterdam e nel 1960, dopo un intenso programma di ristrutturazione, la casa venne aperta al pubblico. Oggi, la casa di Anne Frank è un museo, un centro educativo e sede della Fondazione Anna Frank, ed è visitata ogni anno da oltre un milione di persone.

di Carlo Martinelli

Recensione di Rumple Buttercup su La Vallée

La Vallée - 6 gennaio 2024

Una storia che parla di banane, appartenenza ed essere sé stessi. Un personaggio un po’ strano scopre cosa significa non sentirsi più soli e « diversi » in un albo illustrato dai disegni unici e altrettanto strani. Rumple Buttercup ha cinque denti storti, tre fili di capelli, la pelle verde e il suo piede sinistro è leggermente più grande del destro. Rumple Buttercup è strano. Unisciti a lui e Candy Corn Carl (il suo amico immaginario fatto di spazzatura) mentre scoprono la meraviglia dell’unicità e la magia del senso di appartenenza.

 

Recensione di L'altalena su Mangaforever

Manga Forever - 10 gennaio 2024

Un albo illustrato in cui la poesia si espande sia nel testo che nelle immagini. Un’altalena come fulcro centrale di tante emozioni altalenanti e coinvolgenti. Assolutamente consigliato ai bambini, ma anche ai grandi, per apprezzare ogni singolo attimo che si condivide in un luogo del cuore.

Da bambini, tutti almeno una volta hanno avuto l’occasione di giocare con un’altalena. Farsi spingere da un genitore, un nonno o un amico è sicuramente rimasto tra i nostri ricordi più divertenti e gioiosi dell’infanzia. Ma può essere capitato anche di essercisi messi a dondolare in età più adulta. Magari in compagnia di qualcuno. Oppure, che proprio noi abbiamo spinto qualcuno seduto su un’altalena. Un figlio, un nipote o un altro aduto. L’oggetto protagonista del libro di cui andremo a parlare oggi è proprio l’altalena. L’altalena, è un albo illustrato scritto e illustrato da Britta Teckentrup, tradotto da Sante Bandirali e pubblicato da Uovonero nell’ottobre 2023. Il titolo originale è Die Schaukel pubblicato con la casa editrice tedesca Prestel Verlag nel febbraio 2023.

La storia di questo libro ruota, o forse è meglio dire dondola, intorno ad una altalena. L’altalena è un posto speciale che ti fa volare in alto rimamendo ancorato alla terra. Intorno a questo semplice gioco si può fare di tutto. Anche stare semplicemente seduti immobili. Da soli, con degli amici, con dei parenti. Un’altalena in cima ad una scogliera affacciata sul mare ha molto da raccontare. Su di lei e intorno a lei sono passate molte persone. Vite intere. Queste vite scorrono intorno all’altalena che spesso viene dimenticata e resta sola per lungo tempo avvolta dalla vegetazione. Torna a nuova vita grazie all’azione dell’uomo che ricomincia ad utilizzarla e viverla. Ci sono nuovi bambini che crescono giocandoci. Amicizie che nascono, si mettono in discussione ed evolvono. C’è gente che seduta su quel seggiolino dondolante sogna il futuro, rimpiange in passato e racconta storie alle nuove generazioni.

Testi, illustrazioni e cura editoriale

Britta Teckentrup realizza un’opera dal fortissimo impatto emotivo. L’altalena si configura come fosse un album fotografico dove si trova ritratto sempre lo stesso soggetto. Un’altalena, per l’appunto. Ma la forza di queste immagini arriva da tutta la vita che pullula intorno al gioco. Una scenografia fissa come fosse un teatro in cui gli attori si rincorrono, interagiscono, si amano, riflettono, si alternano e ritornano. Una serie di tanti piccoli frammenti di vita uno dietro l’altro che mostrano storie non raccontate. Spunti di riflessione per interrogarsi sull’essenza profonda della vita e delle sue fasi. L’altalena rosso fuoco è il punto di congiunzione tra l’acqua, l’aria, la terra con l’essere umano.

Le illustrazioni non mostrano mai i volti dei protagonisti. Sono sagome di personaggi che potrebbero essere chiunque. Nomi di persone che potrebbero essere un nostro fratello, nostra madre, il nostro miglior amico, oppure noi stessi. Il testo utilizzato da Britta Teckentrup a corredo delle sue meravigliose illustrazioni è didascalico. Come quelle annotazioni che si scrivevano un tempo sul bordo o dietro le vecchie foto. L’andamento narrativo quindi segue il ritmo scandito delle immagini. Non racconta, ma si interroga e ci interroga. L’altalena è un libro che sprigiona poesia come un soffio di vento caldo da una scogliera marina. Ci si ritrova a dondolare, a immaginare, fantasticare e riflettere su di noi e l’orizzonte futuro che ci troviamo di fronte. Non si guarda mai indietro, all’entroterra, al lettore. Sebbene si parli esclusivamente al passato.

Uovonero realizza un libro di altissimo valore estetico e narrativo. Confezionato in maniera impeccabile, sia per quanto riguarda il delizioso formato quadrato. Sia per quanto riguarda carta usata che si sposa perfettamente col tipo di illustrazione e l’atmosfera sprigionata dalle immagini. La resa di stampa è infatti eccellente, e rende ancor più avvolgente e impattante la lettura dell’albo stesso.

Conclusione – L’altalena

L’altalena è un libro illustrato, scritto e confezionato in maniera eccellente. Una lettura adatta a coloro che hanno un animo riflessivo, emotivo e anche nostalgico. Viene quasi voglia di andare a ricercarla, quella bella altalena rossa sulla cima di un’altura sul mare. Mentre lo si legge, il libro si trasforma in una piccola finestra aperta di una casetta costruita proprio lì dietro. Affacciati alla finestra si possono vedere le stagioni che si susseguono e le persone che vivono frammenti della loro esistenza intorno a quel semplice gioco, che, seppur nato per bambini, non ha una vera età d’utilizzo. In conclusione, L’altalena è uno di quegli albi illustrati che dovrebbe sempre trovare spazio nello scaffale di un amante di questo genere di libri. Un libro commovente, poetico e riflessivo, che è come una dolce carezza per gli animi più sensibili.

di Alfredo Paniconi

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Recensione di Autism works su Occhio sullo scaffale

Occhio sullo scaffale di Accaparlante - 12 novembre 2023

Il saggio indaga sulle possibilità che il mondo del lavoro può offrire a persone con disturbi dello spettro autistico: gli ostacoli sono molti, tanto che solo il 16% di loro trova occupazione a tempo pieno. L’autore propone molti casi di studio reali che esaminano la vita lavorativa quotidiana di persone  autistiche in una vasta gamma di impieghi e fornisce soluzioni costruttive sia per i datori di lavoro che vogliono migliorare il proprio ambiente di lavoro, sia per le persone autistiche che stanno valutando le loro possibilità̀di impiego. Mette anche in luce l’area trascurata delle differenze di genere sul posto di lavoro e i costi della capacità delle donne autistiche di “mascherare” la loro condizione.

di Annalisa Brunelli

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Recensione di L'altalena su Rai Radio Kids

I Libri di Rai Radio Kids - 1 gennaio 2024

L'altalena di Britta Teckentrup, trad. Sante Bandirali, Uovonero
Quante storie può raccontare un'altalena? In questo albo illustrato, pagina dopo pagina, tra un prato e il mare, vediamo scorrere il tempo e tanti frammenti di vita …

di Mara Pace

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Recensione di Autism works su Interzona news

Interzona news - 11 dicembre 2023

Un saggio di grande attualità, tradotto da Francesca Santochirico, ricco di casi di studio reali, che dimostra i vantaggi delle persone autistiche nel posto di lavoro e sottolinea quanto siano una risorsa sottoutilizzata, ancora tutta da scoprire.

“La competenza matematica, l’attenzione ai dettagli, il problem solving e l’abilità di guardare a un problema da diverse angolazioni indicano che una persona nello spettro si adatta perfettamente a molti ruoli emergenti” (Adam Feinstein).

Solo il 16% delle persone autistiche adulte ha un impiego a tempo pieno, eppure tutte potrebbero dare il loro contributo nel mondo del lavoro. Musicisti, giornalisti, informatici, oratori di successo, cuochi, panettieri, bibliotecari, cantanti, attori, fotografi, giardinieri, modelli: sono solo alcune delle professioni intraprese dalle persone autistiche raccontate in questo libro, come lavoratori autonomi o dipendenti, per associazioni, enti pubblici, piccole o grandi aziende. Gli imprenditori possono migliorare le loro aziende grazie ai talenti delle persone autistiche e, al tempo stesso, contribuire a realizzare una società più inclusiva e tollerante.

Un libro che sfata i miti e gli stereotipi sull’autismo, come quello secondo cui tutti gli autistici sono geni informatici, e illustra le opportunità di lavoro potenziali disponibili per tutto lo spettro, anche per le persone autistiche non verbali. Inoltre, mette in luce l’area trascurata delle differenze di genere sul posto di lavoro e i costi della capacità delle donne autistiche di “mascherare” la loro condizione.

di Cosimo Rodia

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Tra terra e cielo

Lettura candita - 4 gennaio 2024
 
"L'altalena era sempre stata lì. 
Se ne stava di fronte al mare e invitava tutti a sedersi. 
Era un posto dove incontrarsi... 
...e dove stare da soli. 
Un posto dove essere molto felici... 
...e un posto dove pensare e prendere decisioni importanti. 
Un posto dove tutto cominciava... 
...e finiva." 
 
Una semplice struttura di tubi in ferro da cui pendono quattro catenelle che tengono rispettivamente un'assicella che fa da sedile. Fissata al terreno che è un prato, sullo sfondo ha il mare. In mezzo, solo aria. Cielo. 
Ecco, da quell'altalena si poteva guardare il cielo confondersi con l'acqua e lei stessa era a metà tra terra e cielo, tra stare con i piedi assicurati al suolo e volare. 
Lì ferma, era accogliente e silenziosa. Vuota e piena.
Faceva il suo lavoro da altalena, ovvero su quelle due tavolette bambini si sedevano e si dondolavano a piacere: forte o piano. Gli animali di passaggio, veri o immaginati, non la degnavano di uno sguardo. Tranne le volpi, gli uccelli e gli scoiattoli.
Le persone, vere o immaginate, invece, non le resistevano: vecchiette pensose, bambini da soli, amiche per la pelle, ragazzetti spericolati. Tutti a loro modo si facevano il loro giro in altalena. 
 
Fosse d'estate, tra le lucine delle feste, al tramonto o al buio con gli innamorati. Fosse d'autunno, con il vento e la pioggia e magari qualche litigata tra amici. Era un posto dove ci si poteva sedere e coltivare le proprie malinconie, ma anche liberarsi la testa dai pensieri. 
E ci si poteva concentrare sui propri sogni: quello di Peter era diventare un gran nuotatore. 
A primavera, tra le margherite e i denti di leone, in inverno, coperta dalla neve. Ci si poteva dondolare piano o fortissimo, saltarci giù al volo verso le braccia di qualcuno, o dormirci sotto in una tenda, circondato dalle lucciole e da nonno. 
Fino alla grande tempesta di marzo. L'altalena da quel momento non fu più la stessa. Rotte le catene e le assi di legno perdute. Gli arbusti selvatici lentamente la ricoprirono e si ripresero lo spazio. Fino al giorno in cui un uomo, Peter, che in gioventù era stato un valente nuotatore, la riconobbe e con il proprio bambino in braccio cominciò a liberarla dalle erbacce. 
Dal giorno dopo non fu più il solo a prendersene cura. 
 
L'altalena è un luogo dell'immaginario. E' un pezzo di infanzia che non si dimentica. Oltre che essere un catalizzatore di ricordi. 
 
Fa bene Britta Teckentrup a mettere in una sorta di poetica lista e galleria di immagini quello che può accadere intorno a un'altalena. E lo fa, costruendo un altrettanto suggestivo scenario per i diversi e singoli momenti che l'hanno vista protagonista. Lei, come spesso accade, fa anche di più e la trasforma in testimone muta del tempo che passa, delle stagioni (e delle età) che si susseguono, della luce e del buio e degli intrecci umani che accadono intorno a lei. 
 
Non saprei dire se sia un luogo di gioco anche per i bambini e le bambine a latitudini diverse dalla nostra, ma parrebbe evidente che il suo potenziale di rampa di lancio per voli controllati ne abbia resa necessaria l'invenzione per l'umanità terreste tutta. Intendo dire che ogni bambino che ci sale sopra immagina di volare e quella sensazione gli si infila così tanto nell'anima che anche crescendo non si può dimenticarne la potenza. 
Il volo è interdetto a chi non è progettato per farlo... E quindi poterlo avvicinare con tanta immediatezza e semplicità non è roba da poco, che si scorda facilmente. Ragione per la quale, molto spesso ai giardini - spesso fuori orario - sulle altalene ci sono i ragazzetti che ne fanno usi 'sperimentali', oppure gli adulti che ci si dondolano per svuotare o riempirsi la testa e qualche nonna più ardimentosa di altre che, accennando con le gambette solo all'abbrivio del movimento, riesce a rievocare quanto fosse emozionante, all'epoca dondolarsi con tutta l'energia. 
Credo di non allontanarmi dalla verità sostenendo che la stragrande maggioranza delle persone ha un proprio personale immaginario sulle altalene. 
Il mio: da quella della scuola elementare nella pinetina di Monte Mario, ambitissima e occupata dal fidanzato muscoloso di turno e poi ceduta dallo stesso alla sua donzella con gesto cavalleresco. E noi lì a far la fila... 
Da quella privata, costruita nel giardino nella casa di campagna dei cugini piemontesi ricchissimi, fino ad arrivare all'amaca - versione di altalena da adulto godereccio che non dimentica la gioia di essere sospeso a mezz'aria - che appare lì su un terrazzo sempre a Monte Mario e che è tenuta su con due stop e che per il peso della donzella cede sul più bello. Nemesi celebrata nei confronti di quella donzella di allora, che -ora cresciuta- giace a terra, con il sedere dolorante... 
 
Britta Teckentrup tutto questo lo sa bene, magari non così nel dettaglio, ma è piuttosto sicura che il libro L'altalena diventi indimenticabile luogo di ricordi per i più 'vecchi', ma sia anche una gioia per gli occhi e per i pensieri dei più piccoli. 
Tutti, ma proprio tutti hanno da dire qualcosa al riguardo. 
Lei, con la stessa regolarità con cui dondola un'altalena, alterna le pagine di testo a quelle di immagini, ma così come fanno le altalene, è in grado di accelerare o rallentare, di muovere e far oscillare le immagini, dando un ritmo percepibile anche se recondito, alla lettura degli occhi. 
Ancora una volta si prende tutto il tempo di cui ha bisogno per raccontare con la giusta cadenza e con la necessaria aria intorno, spesso come se fosse dietro un obiettivo di una camera fissa. E per incanto anche questo libro diventa di 160 pagine. 
Ancora una volta lavora sulla creazione di uno spazio pieno di aria, luce, ombra vento, pioggia, oscurità e luminosità. 
Ancora una volta gioca d'immaginazione.
 
E ancora una volta è assoluta maestra nel farlo attraverso la sua tavolozza di mezzi toni. 
Ancora una volta è capace di lavorare sulla figura umana e sul suo movimento con un'abilità rara. 
 
Ancora una volta è maestra di trasparenze e di baluginii. 
Ancora una volta è capace di costruire intorno a un luogo un buon intreccio di singole e minuscole storie che ne determinano il senso e lo spessore. 
In sintesi, ancora una volta questa Britta Teckentrup è quella Britta Teckentrup che ci piace. 
 
di Carla Ghisalberti
 

Recensione di L'architetto e l'albero su megliounlibro

megliounlibro - dicembre 2023

L'architetto Eugenio è molto infastidito dalle forme disordinate della sua città. Le sue opere si attengono a rigorosi schemi perpen-dicolari, concetto che sarà costretto a rivedere quando in uno dei cantieri il vento fa crollare un grande albero, invadendo lo spazio in co-struzione. Con fantasia l'architetto scopre, nel disordine dei rami, linee sinuose e forme di proporzioni perfette, da integrare nel progetto mettendo da parte i soliti righelli.

Le illustrazioni sono lo specchio della trasformazione nell'animo di Eugenio: le tinte grigie cedono il passo a quelle colorate e da buie diventano luminose, mostrando come ora lui goda vedendo i cittadini contenti del suo nuovo stile, così rispettoso della natura. Non pensate che sia un albo per appassionati del settore, tutt altro: i simpatici personaggi e i disegni infantili realizzati a mano libera con penna a inchiostro e colorati ad acquarello, introducono il tema "architettura e natura" dove anche i piccoli devono essere formati.

Ayleen Pineda

C'è ancora speranza

Il Giornalino - 3 dicembre 2023

Le edizioni Uovonero propongono un libro illustrato che racconta con delicatezza una storia vera.
È quella della famiglia Wittgenstein, in particolare di Paul, uno dei figli più giovani.
Avviato alla carriera musicale di pianista, durante uno scontro nella Prima guerra mondiale, Paul perse il braccio destro.
Gli rimase una sola mano, la sinistra. È lei la voce protagonista di Per mano che narra la storia di un uomo capace di far risuonare la vita − una musica nuova − là dove sembrava non esserci più speranza.

 

Dondolarsi

Andersen 408 - dicembre 2023

Ho recentemente recensito da queste colonne un altro libro di Britta Teckentrup: Di corvi e cornacchie (2023), volume d’impianto divulgativo come L’uovo (2020) e La penna (2022).
Sottolineavo in quell’occasione come quello fosse però solo uno dei registri dell’autrice tedesca; altrettanto a proprio agio anche nei territori della fiction illustrata, tanto da meritare quest’anno l’inclusione tra i finalisti del Premio Andersen con Il mondo è rosso (2022), intenso albo sulla rabbia. Con questa nuova opera, L’altalena, Teckentrup torna alla lettrice e al lettore in lingua italiana, mediata dalla traduzione di Bandirali, per ragionare ancora di sentimenti e emozioni, presentando un ventaglio ampio di sensazioni che si possono incontrare nei diversi momenti e nelle diverse stagioni della vita. Per farlo l’autrice sceglie un luogo, simbolico, uno spazio definito: un’altalena vista mare, orizzonte ampio. In un protratto avvicendarsi di tempi, temi e esseri (umani, ma non solo) in transito - sorta di riflessivo e ponderato timelapse, senza però inquadratura fissa, mosso dalle scelte di prospettive, dettagli e zoom - accompagneremo la storia dell’altalena e di Lisa, Mia, Jill, Ella, Alex, Sami, Elias, Clara, Paula… e delle tante altre e dei tanti altri (anche quelli che potete immaginare) che a quell’altalena si accostano per ragioni differenti, con vari stati d’animo, in disparate occasioni e con gradi di immaginazione diversi. Si può andare lì per iniziare, per congedarsi, per amare, per litigare, per scoprire o rinsaldare amicizie, per pensare solitari, per immaginare luoghi fantastici o magari altrove concreti, per proiettarsi in voli di fantasia, per legare o rompere relazioni, oppure semplicemente per giocare, per godere del dondolo e dell’orizzonte naturale. Un piccolo grande catalogo di emozioni, in cui ciascuna e ciascuno potrà riconoscersi; un libro da leggere e guardare, ora leggeri e in azione ora meditabondi e in immobilità, che ha punto di forza ulteriore nella composizione delle immagini, sempre pertinenti e evocative, da guardare e riguardare in profondità, per scoprire dettagli essenziali per cogliere magari nuove chiavi interpretative o inseguire i cavalli farsi nuvola.

di Anselmo Roveda

 

Recensione di Una mamma svitata su pinoboero.com

pinoboero.com - dicembre 2023

Da un attore e autore islandese un romanzo imprevedibile e divertente scritto “dalla parte dei figli” (in questo caso la quasi tredicenne protagonista) che “correggono” madri esuberanti: poiché nei romanzi per adolescenti abbondano famiglie disgregate, incidenti vari, figli incompresi non posso che congratularmi per un romanzo che usa ironia e leggerezza anche per descrivere qualche situazione di crisi.

di Pino Boero

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Recensione di Di corvi e Cornacchie e L'altalena su pinoboero.com

pinoboero.com - dicembre 2023

Ritengo che Uovonero valorizzando i lavori della tedesca Britta Teckentrup faccia opera meritoria perché siamo davanti a un’illustratrice che alla straordinarietà di certe immagini sa unire la genialità creativa di chi costruisce situazioni narrative nuove. Originalissima la storia di “corvi e cornacchie” che volutamente ho sottratto allo spazio della divulgazione perché mi pare esemplare di come, anche fornendo indicazioni storiche e nozioni precise, si  possa far vincere la qualità. L’altalena, poi, è  un autentico poema visivo perché, anche se sono le parole (poche) a scandire la storia di un’altalena su una collina di fronte al mare (ha visto incrociarsi molti destini), è la “declinazione” delle immagini (molte) a colpire e sembra quasi che le figure umane e il paesaggio ricco di sfumature e spesso evanescente partecipino a quella sinfonia della vita che scorre e che lascia spesso – per fortuna –  una traccia nella dolcezza dei ricordi.

di Pino Boero

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Lo scaffale del benessere dicembre '23

Il font - 8 dicembre 2023

Un libro spiritoso ed esaustivo, al confine tra fumetto e divulgazione, per rispondere senza tentennamenti alla più classica delle domande: come nascono i bambini?

Un albo illustrato stimolante che consente di muovere i primi passi nell’educazione sessuale, per tutti i cuccioli umani curiosi di sapere come sono venuti al mondo e cosa si nasconde dietro al mistero della vita.

Il corpo umano è una grande macchina e per fabbricare dei bambini umani, i grandi hanno bisogno di attrezzature che sono diverse tra maschi e femmine. Ma non basta accendere i motori: il vero lavoro avviene dentro la pancia della mamma.

di Umberto Urbano Ferrero

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Storie dondolate

Nuvole in scatole - 11 dicembre 2023

Tutti o quasi, credo, abbiamo un parco giochi, "quel" parco giochi, che ci ha visti crescere.

Tutti o quasi, credo, ci siamo soffermati almeno una volta a pensare a quante persone aveva visto passare, a quante storie avrebbe potuto raccontare.

Nell'albo L'altalena, Britta Teckentrup (quella di L'albero dei ricordi) ritorna in quel luogo del passato di tutti. 

Non è un gioco scelto a caso, l'altalena: è quel gioco che ti accoglie anche quando sei troppo grande per  tutto il resto. Quello dove indugiano anche gli adolescenti, che si vergognerebbero a salire su uno scivolo. Quello su cui a volte si siedono perfino gli adulti, perché ognuno, l'altalena, può viverla a modo suo: ci si può dondolare fortissimo o la si può usare come un semplice sedia, un posto dove fermarsi a pensare o a chiacchierare, lasciandosi dondolare leggermente.

Dentro L'altalena, edito in Italia da Uovoneo, troviamo tutti questi modi di vivere quel posto.

In una serie lunghissima di tavole (l'abo ha 160 pagine!), accompagnate in genere solo da poche parole, vediamo amori che nascono, famiglie che si allargano, amici fraterni e amici immaginari, chiacchiere, giochi e notti in tenda, con una natura ricca e viva a fare da sfondo, e a volte anche da primo piano.

Non c'è un fluire lineare delle storie: alcune iniziano, poi si interrompono, solo alcune poi ritornano, qualche pagina più in là, quando le avevamo dimenticate: la narrazione segue un andamento incerto, come l'andirivieni dell'altalena stessa. Tutto si svolge lì, e per questo, di tutte queste vite che passano, noi possiamo cogliere soltanto alcuni frammenti, quelli vissuti nel passaggio in quel preciso luogo.

Ogni tavola, a ben guardare, è una poesia, uno scenario in cui immergersi, che porta con sé sensazioni ed emozioni sempre diverse. Alcune comunicano allegria e colore, altre, luminose ed eteree, una sorta di sospensione, altre ancora portano con sé il buio della notte, oppure giocano tra i limiti dell'illustrazione e quelli della pagina.

L'altalena stessa assume forme molto differenti: a volte le due sedute sono ferme, a volte intrecciate, oppure avviluppate su se stesse. In genere le vediamo frontalmente, ma non mancano le prospettive insolite, anche quelle che si soffermano sull'erba e gli insetti, tralasciando l'altalena stessa.

Ognuno troverà la propria storia e quella del proprio parco, dentro L'altalena, ma la storia principale, che si delinea poco per volta, è in realtà quella dell'altalena stessa, che dopo un cumulo di vicende vissute da spettatrice diventa nelle pagine finali co-protagonista, a fianco di un personaggio che abbiamo già incontrato e che, se siamo stati attenti, riconosciamo prima ancora che venga chiamato per nome.

Testimone di vita, l'altalena conserva una memoria che va oltre quella umana. Come quel posto speciale che ognuno di noi conosce bene.

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Recensione di Una mamma svitata su Ascoltando le figure

Ascoltando le figure - dicembre 2023

“Una mamma svitata di Gunnar Helgason è un libro bellissimo che ti tiene incollata alle pagine perché ha una prospettiva sbagliata. Capisci presto che cioè qualcosa di strano e pian piano gli indizi ti portano a trarre conclusioni, ma è solo in fondo al libro che l’autore conferma le tue ipotesi e il cerchio si chiude

(Agata 12 anni) 

Queste parole di Agata racchiudono benissimo tutto ciò che i ragazzi hanno raccontato di questo libro.

È un libro in cui gli adolescenti rivedono il rapporto altalenante e conflittuale con i genitori che li porta alcune volte ad essere persone molto strane e causa di imbarazzo ed altre a ritornare al loro vecchio ruolo di amici, riferimenti e persone molto amate

Abbiamo però corso troppo, facciamo un passo indietro e raccontiamo prima la storia

Una mamma svitata: trama

Stella ha dodici anni e ce la mette tutta per avere una vita normale ed inserirsi tra i compagni di scuola, ma la sua stana madre la mette spesso in imbarazzo: costruisce improbabili case sull’albero, canta a squarciagola brani d’opera al centro commerciale e si denuda nel bel mezzo della cena.

La situazione crolla del tutto però quando le sue amiche decidono di non invitarla al centro commerciale con loro e l’unico amico che le resta è Blaer con il quale lei non vuole uscire perché attira troppe attenzioni con la sua sedia a rotelle

L’unica soluzione possibile è quindi quella di coinvolgere tutta la famiglia nel piano per “cambiare la mamma”, ma sarà quella la soluzione ai suoi problemi?

Recensione

È un libro davvero molto piacevole da leggere perché tutto ciò che viene raccontato è assolutamente verosimile e la narrazione in prima persona aumenta l’empatia che si crea subito con la protagonista.

Il fatto di vedere però le cose con i suoi occhi ci fa intuire che qualcosa non sia esattamente come ci viene descritto e questo rende ancora più intrigante la lettura poiché ti spinge a saperne di più dapprima e poi a verificare il quadro narrativo che hai immaginato successivamente e così si arriva all’ultima pagina per chiudere il cerchio e il libro, Una struttura narrativa che mi ha ricordato la piacevole lettura di “Cuore a razzo, farfalle nello stomaco” ( che trovate qui) anche se il focus qui è la disabilità

È un testo consigliatissimo per ragazzi dagli 11 in poi che parla di relazioni famigliari, amicali e di accettazione di sé stessi in un modo per nulla scontato o addolcito.

Lo consiglio anche come lettura a genitori di figli adolescenti poiché vedere alcune situazioni con gli occhi di Stella ci aiuta ad avere una prospettiva diversa

Cosa ne dicono i ragazzi?

“Anche io a volte mi imbarazzo di mia madre perché fa cose da boomer, ma alla fine anche io come Stella le voglio bene” (Luca, 11 anni)

“Il libro mi è piaciuto tantissimo perché è reale. È vero che anche se vogliamo bene ad un amico sulla sedia a rotelle a volte portarlo con noi vuol dire poter fare meno cose e ci scoccia però leggerlo così nero su bianco mi ha fatto pensare che è proprio una cosa orrida e mi dispiace tanto” (Nicola, 11 anni)

“Stella non si accetta e non vede la realtà che la circonda perché si rifiuta. Questo è ciò che più mi ha colpito, Quanto anche noi in realtà non vogliamo vedere ciò che che siamo o ciò che ci circonda?” (Michela, 12 anni)

di Silvia Pighetti

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Recensione di Per mano su Azione

Azione - 16 ottobre 2023

«Uno sciame di libellule d’argento». Ecco cosa sembravano quelle mani sui tasti del pianoforte. Libellule «che risuonavano di gioia e di lutto, di tormento e di pace», così come la storia che ci viene raccontata. È la storia, vera, del pianista Paul Wittgenstein (1887-1961), fratello del filosofo Ludwig. Erano in otto, i fratelli Wittgenstein, e la loro era una delle famiglie industriali più ricche dell’Impero Austroungarico. Una famiglia frequentata, grazie alla sensibilità della madre Leopoldine, da musicisti come Brahms, Mahler, Clara Schumann, Bruno Walter, un milieu coltissimo, che non poteva che favorire il talento musicale dei ragazzi, pur con la strenua opposizione del padre, che voleva i figli maschi non nell’arte ma in acciaieria. Tre di loro finirono con il suicidarsi, e ciò rende ancora più sorprendente questa storia di resilienza, così permeata di passione per la vita. Se ce n’era uno che avrebbe potuto arrendersi era proprio Paul, dopo che nel 1914, in guerra, sul fronte orientale, venne colpito e si risvegliò in ospedale, prigioniero dei russi, con il braccio destro amputato. Senza il braccio destro. «E io ero rimasta da sola, a condividere con lui il gioioso ricordo dei passati trionfi e la disperazione di un futuro senza musica, di una carriera amputata, proprio come il suo braccio». Chi racconta questa storia è la mano sinistra di Paul, la quale si trova, grazie alla commovente forza vitale del pianista, a cercare in ogni modo di «riempire da sola il silenzio della mia perduta sorella». Prigioniero in un campo di internamento in Siberia, Paul trova una cassa di legno abbandonata, vi incide i tasti di un pianoforte, e comincia a esercitarsi. Con ciò che gli resta. Ogni giorno, esercita quella mano sinistra su quel ruvido asse, sempre tenendo accesi passione e desiderio, senza arrendersi, neanche quando sarà di nuovo a casa, in Austria, e potrà nuovamente sedersi a un pianoforte e affrontare il pubblico. Perché lo affronterà, il pubblico, con concerti adattati o scritti appositamente per la mano sinistra, come il celebre Concerto che Ravel scrisse per lui, e come tutte quelle meravigliose esecuzioni che facevano percepire non una mancanza ma «una ricca presenza». La scrittura elegante di Sante Bandirali riesce in poco testo (quello consentito da un albo illustrato) a darci immagini e squarci poetici, sempre filtrati attraverso (e anche questa scelta enunciativa è interessante) la prospettiva narrante della mano sinistra. Una prospettiva quasi tattile, luminosa e dinamica: «Saltando e danzando, sentivo sotto di me l’avorio levigato dei tasti e le schegge della cassa di legno».

di Letizia Bolzani

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Recensione di La grande fabbrica dei bambini su Il rosicchialibri

Il rosicchialibri - 30 novembre 2023

“Tu che leggi questo libro, tu sei un cucciolo umano.”

Tutti fanno dei cuccioli, è così che funziona: la gallina cova le uova per 21 giorni prima di vedere i suoi pulcini, alla mucca servono invece 280 giorni (un po’ più di 9 mesi) per dare alla luce un vitellino, l’elefante invece ha bisogno di 21 mesi per mettere al mondo un elefantino. C’è chi depone le uova (come il coccodrillo), chi si trasforma (come la farfalla) e chi mette al mondo un cucciolo che sa già fare tutto (come il cavallo) ma… come si “fabbrica” un bambino?

Fabbricare un bambino è meravigliosamente complicato!

Innanzitutto serve l’attrezzatura giusta: spermatozoi (maschili), ovociti (femminili) e un posto perfetto dove si possono incontrare: l’utero femminile. Poi nell’utero il grosso del lavoro lo devono fare le cellule che si dividono, si moltiplicano e si trasformano, ma il codice genetico del bambino esiste già.

Il periodo in cui le cellule mutano (e nel quale avvengono tutti i cambiamenti più importanti) si chiama gravidanza e dura nove mesi. In questi mesi il futuro bambino passa da essere un grumo di cellule ad essere uno zigote, poi un embrione e un feto. Ogni mese così avviene un cambiamento importante: ossa muscoli, sistema nervoso, peli, mani, piedi, occhi, organi sessuali si formano uno dopo l’altro.

E poi?

E poi è ora di nascere!

E la nascita è un vero e proprio lavoro di squadra che la mamma fa insieme alle ostetriche.

Un albo illustrato a con fumetti e vignette che racconta un viaggio straordinario, con tante informazioni, tantissime curiosità che sottolineano le tappe più importanti dal concepimento alla nascita, un percorso sempre uguale ma sempre diverso che ci unisce davvero tutti e che non smette mai di affascinare.

Quindi seguite le indicazioni dei pinguini sparsi qua e là (che come tanti piccoli professori vi illustrano ogni passaggio) e tuffatevi fra queste pagine per conoscere per la prima volta il mistero della vita oppure per scoprire qualcosa di nuovo!

Un ottimo libro che risponde alle domande:

Come nascono i bambini?

Come entra un bambino nella pancia della mamma?

Cosa fa un bambino nella pancia della mamma?

di Haider Bucar

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Recensione di I vestiti nuovi dell'imperatore su Interzona.News

Interzona.news - 29 novembre 2023

La celebre fiaba di Hans Christian Andersen in una nuova versione inclusiva e accessibile per tutte e con un tocco di modernità.

In un castello lontano vive un imperatore che ama avere sempre abiti bellissimi e nuovi da esibire davanti ai suoi sudditi. Un giorno, due sarti si presentano al suo cospetto dicendo di saper cucire dei vestiti speciali, che solo le persone intelligenti possono vedere.

L’imperatore non può certo farsi sfuggire quest’occasione e commissiona ai due strani personaggi un intero guardaroba, ma quando il sovrano indossa quei capi che crede di vedere, nessuno ha il coraggio di ammettere che non esistono! Nessuno, tranne un bambino, che in mezzo alla folla esclama: “L’imperatore è nudo!”.

Una fiaba classica di Hans Christian Andersen, metafora della stupidità di chi teme di dire ciò che pensa, viene riproposta in una versione semplificata adatta a essere letta anche attraverso i pittogrammi della CAA che accompagnano il testo, e con ironiche illustrazioni che calano la storia in un contesto moderno, tutto da esplorare.

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Recensione di L'altalena su La Svolta

La Svolta - 18 novembre 2023

Su una collina di fronte al mare c’è un’altalena rossa. Davanti a questo intramontabile gioco si intessono amicizie, nascono idee, avvengono incontri, scoppiano litigi, sbocciano amori, iniziano e finiscono storie e segreti. È lì che Lisa contemplava le nuvole che punteggiavano il cielo, che Ella e Alex chiacchieravano fino a notte tarda, che Elias sognava di pilotare un aereo e che Clara dondolava tanto da riuscire a non pensare più a nulla.

Un posto speciale, pieno di storie e di vite che si toccano o si sfiorano appena.

La pluripremiata autrice e illustratrice Britta Teckentrup compone un viaggio filosofico per immagini, un albo che è quasi un “cortometraggio illustrato” sugli alti e bassi della vita e sul modo di approcciarsi a essa: chi siamo? Cerchiamo l’ebbrezza del volo o la sicurezza della terraferma?

In una poetica riflessione sull’infanzia, la crescita, l’amicizia e la perdita, Teckentrup racconta tante storie diverse, che si intrecciano tra loro lungo lo scorrere delle stagioni e degli anni che passano.

La presenza dell’altalena, il suo movimento, i suoi dondolii dettano il tono e il ritmo della narrazione, in un vincente equilibrio tra parole e immagini. Le raffinate illustrazioni, realizzate con una tecnica mista di collage e digitale, ormai marchio di fabbrica dell’autrice tedesca, riescono a intrappolare e restituire scene dal significato e valore universali, in cui ciascun lettore, piccolo o grande che sia, potrà riconoscersi.

di Caterina Tarquini

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Recensione di L'altalena su Sololibri.net

Sololibri.net - 17 novembre 2023

Non sono numerate le pagine di questo bellissimo volume edito da uovonero, di cui è autrice l’illustratrice tedesca Britta Teckentrup. L’edizione italiana, con un solido formato quadrato, si avvale della traduzione di Sante Bandirali.
L’altalena, titolo del libro, appare come una metafora dell’esistenza degli esseri umani, piccoli, grandi, vecchi, un luogo mitico su cui incontrarsi da bambini, di ritrovarsi da genitori o nonni, da fratelli, amici, amanti, fidanzati, nelle varie fasi della vita.

Scorrendo lentamente le tavole che l’autrice traccia con un grande leggerezza, tanto del tratto quanto delle infinite sfumature di colore, ecco distendersi davanti al lettore, piccolo o adulto, non è importante, un testo sul lato sinistro, breve o brevissimo: poche frasi, pochissime parole, che lasciano spazio alla fantasia che si ritrova nella tavola accanto, o spesso in due pagine appaiate, come se fosse più utile suggerire attraverso le immagini e le pennellate lievi di colore, piuttosto che affermare o descrivere.

“L’altalena era sempre stata lì”

Non si dice in quale luogo preciso, in che tempo, in che stagione; ma la si descrive di fronte al mare, immersa nella natura, un luogo dove incontrarsi, sedersi, pensare, stare soli o in compagnia, di giorno, di notte, in inverno, in primavera, in piena estate, in mezzo gli animali, ai fiori, alle piante.
La storia segue vari bambini, Lisa, Jill, Paula, Clara, Ella e Alex, Peter, un’amica immaginaria, Martha, e poi una coppia di amici, uniti fin da piccoli, ora divenuti una solida coppia anziana, Max e Paul.
Le stagioni si susseguono, il tempo passa inesorabilmente, mesi, poi anni, e anche l’altalena subisce una trasformazione: eccola “invasa completamente dalla vegetazione e dimenticata”, e Peter, uno dei bambini di allora, ha in braccio suo figlio, e nel ricordo felice della altalena della sua infanzia, inizia a lavorare per ripulirla. Seguendo il suo esempio altri si uniscono nel liberare dalle erbacce quel luogo che era stato la libertà, la felicità, il mondo nel quale si poteva volare, guardarlo da sotto in su, immaginare notti stellate, un mondo senza confini tra mare e cielo, giochi e avventure, una luce bianca che non aveva fine, abbagliante, mentre un aereo solcava il cielo sempre alla stessa ora, quasi a confermare lo scandire del tempo.

Le tavole del libro sono davvero incantevoli, i notturni evocano pensieri profondi, i colori sfumati e i ritratti spesso colti da dietro, danno un senso di indeterminatezza, quella che la vita molto spesso propone. Una delle tavole più belle, due bambine sedute sull’altalena con ombrelli coloratissimi aperti, a sfidare la “pioggia e catinelle” e la furia degli elementi: ma, insieme, sull’altalena si sentono al sicuro.

di Elisabetta Bolondi

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Lilo, il cane che ha scoperto il segreto di Emi

Libri e Bambini - 21 novembre 2023

L’amicizia, quella vera, non ha confini né limiti. Sfida le regole e salva ogni speranza. Tanto da coinvolgere anche gli amici a quattro zampe. Forse più degli umani.

Lilo è il dolcissimo romanzo di Inés Garland, illustrato da Maite Mutuberria, tradotto da Francesco Ferrucci per Uovonero edizionifinalista Premio Strega ragazzi e ragazze categoria 8+. Una storia molto particolare, romantica, attuale e coinvolgente.

Chi è Lilo?

Lilo è il nome di un intelligente cane, voluto da Emi ma categoricamente rifiutato dalla sua mamma. Il cagnolino viene, così, accolto dai nonni di Emi – Héctor e Ava – e questa è la sua storia raccontata in prima persona da un punto di vista basso, molto basso, con odori canini pungenti ed emozioni travolgenti.

Lilo si definisce un cane brutto. Brutto perché ha le zampe corte, troppo corte. Non come i Pastori Tedeschi che vede al parco, così fieri e eleganti. No, lui è corto e per questo non vuole più andare al parco: c’è il rischio che la cagnolina Adele lo veda a figura intera, non potrebbe sopportarlo.

Anche Emi non vuole più andare al parco, ma le sue paure hanno odori strani e mentre gli adulti faticano a capirla il suo migliore amico a 4 zampe, corte, la osserva e indaga fino a risolvere l’incredibile mistero.

Una storia intensa

Questa storia parla di emozioni e cyberbullismo, di amicizie e parole che fanno male. Un romanzo attento e profondo, ma anche leggero grazie alla naturale leggerezza di Lilo, capace di scacciare la tristezza e continuare a donarci speranza.

Lilo non è solo in questa avventura, avventura che gli adulti umani non afferrano proprio per nulla! Assieme a lui alcuni amici del parco: Armando, un boxer; Lio un Pastore Tedesco bellissimo e Olivertwist un vecchio cane, pulcioso, randagio… ma studioso e amante dei libri, della poesia e delle biblioteche.

La paura odora di lievito. Noi cani lo sappiamo.
La paura ti fa credere che ciò che ti spaventa è enorme e tu sei piccolo, e il modo per non sentirti piccolo è arrabbiarti tanto, perché quando sei arrabbiato sembri più grande. Gli uccelli gonfiano le piume, i gatti (anche i gatti selvatici, le linci, i leoni, i leopardi, i puma, le pantere, le tigri) e noi cani (i lupi, i dingo, le volpi, i coyote, gli sciacalli, tutti) drizziamo il pelo. Cosa faranno i coccodrilli, i rinoceronti, gli elefanti, gli ippopotami? Mi piacerebbe sapere cosa fanno tutti gli animali quando hanno paura. Gli esseri umani stringono i pugni e si gonfiano come gli uccelli anche se non hanno le piume, e si drizzano come i gatti e si piantano a terra come noi cani. Quella paura si trasforma in calci, insulti e grida. Noi gli ringhiamo e digrigniamo i denti o li attacchiamo. Quando la loro paura si somma alla nostra accadono cose brutte.

Una lettura piacevole, che affrontare diverse tematiche attuali e porta giovani lettori e lettrici a riflettere, soprattutto a considerare che le parole possono fare male… per questo motivo dobbiamo pensare bene a come e quali usare.

di Anna Fogarolo

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Recensione di La grande fabbrica dei bambini su Filastrocche.it

Filastrocche.it - 21 novembre 2023

Mamma, come nascono i bambini?
Come sono nato?
Da dove sono uscito?

Ecco alcune delle classiche domande dei bambini, a cui sempre non è facile rispondere.

Questo bellissimo albo illustrato verrà in aiuto ai genitori alle prese con la curiosità dei bambini, per spiegare senza tentennamenti il mistero della nascita.

La GRANDE fabbrica dei BAMBINI è il primo albo edito da Uovonero e firmati da Nadja Belhadj e Philippe de Kemmeter di una trilogia di libri illustrati fuori dal comune, in cui un pinguino loquace spiega e racconta, in modo chiaro e spiritoso, la nascita dei bambini.

Dal concepimento alla gravidanza, fino al grande giorno in cui il piccolo viene alla luce, con accenni di anatomia e qualche paragone al mondo animale. Tutto rigorosamente scientifico.

Preciso, esaustivo, completo e dettagliato, al confine fra fumetto e divulgazione, catturerà l’attenzione dei bambini e sarà un’ottima occasione per muovere i passi nell’educazione sessuale, in modo leggero e divertente.

I bambini scopriranno che fare un bambino è un “lavoro” davvero impegnativo per i genitori, ma anche per la piccola cellula che lavorerà ininterrottamente 9 mesi nella pancia della mamma, dalla cellula allo zigote e poi dall’embrione al feto, e poi ancora la divisione cellulare, la costruzione della placenta, la formazione delle ossa, lo sviluppo dell’apparato respiratorio: un viaggio incredibile che lo farà approdare sicuro al grande giorno.

La GRANDE fabbrica dei BAMBINI potrà anche essere un ottimo alleato per accompagnare una nuova gravidanza in famiglia, per spiegare al fratellino o alla sorellina i cambiamenti del pancione della mamma che cresce mese dopo mese e tutto quello che succede prima di uscire dal grembo materno.

Un albo che si legge con piacere, in cui ogni nozione scientifica è accompagnata da dettagli umoristici, vignette, ballon, gag e citazioni. Bello e facile da comprendere.

Nadja Belhadj è una redattrice, traduttrice e scrittrice per giovani lettori. Attualmente vive a Parigi.

Philippe de Kemmeter è un fumettista e illustratore belga di libri per bambini, ragazzi e adulti. Gli piace variare le tecniche che utilizza nei suoi disegni, passando dalla china all’acrilico e riempiendo quaderni su quaderni di schizzi e ritratti. Ha vinto il premio belga Prix de la Gravure er de l’Image imprimée. Vive in Belgio.

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Recensione di L'architetto e l'albero su Indiepercui

Indiepercui - 27 settembre 2023

Poesia urbana di verde vestita che fa capolino all’interno di scatole ermetiche uscendo pian piano allo scoperto condensando pensieri e sogni realizzabili per i nostri futuri incerti.

L’albero simbolo di vita che fa parte di un territorio da riscoprire. La cementificazione che avanza e uno spiraglio di luce quotidiana ad intrecciare rapporti, elementi e sostanze che costruiscono e guardano oltre, lasciando il passato alle spalle e trovando, nella sperimentazione, l’essenza stessa del nostro esistere.

L’architetto e l’albero è un partire da una specie di catastrofe. Un grande arbusto caduto su di un palazzo in costruzione che diventa il fulcro, per il nostro protagonista, di pensieri che oltrepassano l’immaginazione, dipingendo l’impossibile e innalzando al cielo idee meravigliose di un nuovo condividere.

Lo splendido libro di Thibaut Rassat, architetto e illustratore francese, è un connubio di forme sinuose che aprono a nuove prospettive. Un cartonato d’autore che si spinge oltre, donando, nella fantasia rielaborata, quel senso di incredibile che profuma di immensità, di cieli aperti e di ossigeno oltre le crepe di una geografia antropica che ci vede esseri presenti e attivi di un nuovo migrare e di un nuovo edificare.

L’illustrato edito da Uovonero si muove attraverso molteplici piani interpretativi e a qualsiasi età si possono cogliere significati profondi che diventano introspettive visioni narrative di un qualcosa che deve essere compreso, sedimentato e opportunamente ripreso in un perpetuo ciclo vitale che ci pone in equilibrio con il paesaggio circostante.

Nella narrazione di Thibaut Rassat c’è spazio anche per la riflessione concentrando l’attenzione sul ruolo dell’architetto nella società contemporanea. Una sorta di fautore, quest’ultimo, di movimenti in divenire, capace di raccogliere bellezza e praticità, sostanza e onirica rappresentazione di universi possibili dove tutto ha un senso, una propria logica e un proprio fine.

L’architetto e l’albero è un albo illustrato elegante e meditativo che trova nei pensieri di un personaggio, pronto sempre a mettersi in gioco, i sentieri per creare nuove forme di comunicazione e di esistenza condivisa.

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Recensione di Dove sei, piccolo Giulio? su Senzalinea.it

 

Trama: La storia emozionante del piccolo Giulio, di una sorella che lo capisce e di una mamma che riesce a vederlo.

Dopo il successo di Che cos’è una sindrome?, Giovanni Colaneri torna a raccontare la diversità con un albo illustrato profondo e immediato.

Dov’è finito il piccolo Giulio?
È proprio qui?
Si nasconde?
Si è smarrito in un bosco?
Dovunque sia finito, il piccolo Giulio sarà sempre ritrovato.
Le difficoltà relazionali di Giulio vengono mostrate attraverso illustrazioni simboliche ed evocative di grande effetto. Giulio è piccolo, spaesato, evanescente, si perde in un’antica foresta, rimane incastrato nel traffico di macchinine giocattolo, si nasconde in una bottiglia come il messaggio di un naufrago. Fino a quando la sua strada intreccia quella di sua sorella e di sua madre; allora, come corpi celesti che intersecano per un attimo la stessa orbita, si scoprono parte del medesimo universo, sconfinato come un abbraccio.
Un albo illustrato che, in un’armoniosa sintonia di frasi brevi e immagini dettagliatissime, offre uno sguardo semplice e delicato sul mondo estremamente complesso dell’autismo.

Uovonero

Recensione:  Giulio non si trova, dove è finito? Si è smarrito? Si è nascosto? E’ lontano? Ma c’è il suo cappellino! Eccolo Giulio, è perfino arrivato in un angolo lontano dell’universo.

La sorellina sa dov’è, la sua mamma sa come vederlo.

Questo albo è incentrato sull’autismo, una sindrome che porta spesso i bambini ad essere lontani, trasparenti, ma bastano due occhi pieni di affetto per vederli, scoprirli ed includerli. Non è immediato riuscire ad entrare in questo mondo, ma neanche impossibile.

Il tema viene trattato in maniera fortemente evocativa e delicata: disegni sfumati, quasi eterei; pochissime parole, ma le immagini, simboliche, ci permettono di viaggiare nei posti dove questi bimbi speciali trovano rifugio o si perdono.

Un albo non semplicissimo per i piccoli lettori, i miei figli non hanno centrato il focus, non hanno capito perché non si trovasse Giulio. Non credo si tratti di poca sensibilità, ma vedo questo libro più adatto agli adulti, o comunque bisogna precedentemente spiegare quello che si sta per affrontare.

Un occhio sensibile e delicato rivolto all’inclusione e all’accoglienza.

di Cristina Abbate

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Recensione di Per mano su Senzalinea

Senzalinea.it - 21 settembre 2023

Trama: Una famiglia ricchissima e infelice, un giovane pianista mutilato dalla guerra, un atto d’amore per la musica e l’umanità che germoglia proprio lì, dove rischiavano di attecchire la disperazione e la vendetta.

L’incredibile vita di Paul Wittgenstein, talentuoso pianista e rampollo di una delle più ricche e tragiche famiglie dell’Impero Asburgico, diventa un albo in cui il testo crudo e al contempo poetico si fonde con le illustrazioni soffuse, capaci di tratteggiare le atmosfere raffinate e decadenti della fine della Belle Époque.
La storia è narrata dall’inusuale punto di vista della mano sinistra del pianista che, dopo aver perso la “sorella” in guerra, troverà il modo di accompagnare il suo Paul lungo la via accidentata e contromano che lo porterà a riabbracciare con successo la sua passione. Anche perché, come disse il fratello Ludwig, celebre filosofo, tra le tante certezze che possiamo avere c’è quella che un braccio tagliato a una persona non ricrescerà.

Le illustrazioni sono state realizzate per il progetto curato da uovonero nel corso di Ars in Fabula Master in illustrazione per l’editoria.

Uovonero

Recensione: La storia di Paul, narrata come si scoprirà a lettura avviata, dalla sua mano sinistra, è vera. Non essendo una habitué dell’universo dei pianisti, non ero al corrente di questo grande musicista.

La sua storia è talmente avvincente, dolorosa, sofferta ed importante da conoscere che sono felice si abbia pensato a crearne un albo illustrato. Un libro pensato perlopiù per i ragazzini, ma che farà commuovere anche gli adulti, regalando la conoscenza di un personaggio coraggioso e pieno di talento.

La famiglia di Paul è tutt’altro che felice: ricca sì, ma dominata da un padre contrario a determinate velleità, solido, determinato, ma le sue “leggi” non hanno fatto altro che portare scontenti e frustrazioni ad alcuni dei suoi figli, tanto da indurli al suicidio.

Paul è solo uno dei fratelli ed il suo destino è diverso. Pianista, perde la mano destra in guerra, ma la sua coscienza, sotto le spoglie della mano rimasta, gli suggerisce di non mollare, ma continuare a suonare ed adattare i brani per essere eseguiti con una sola mano.

Una storia che è importante conoscere, accompagnata da illustrazioni a piena pagina, sfumate, color seppia che tanto ricordano vecchie fotografie ingiallite e che aumentano la suggestione.

“La trovo una storia esemplare, che dimostra quanto molto spesso la disabilità sia creata dall’ambiente in cui vivi, dalle barriere che ti impediscono di esprimerti. Se l’ambiente invece è inclusivo, se è un concerto per la mano sinistra, allora la disabilità sparisce”
Sante Bandirali

“Sono entrata in profonda empatia con il vissuto di Paul, con il legame molto stretto che aveva con suo fratello Ludwig da bambino, con le sofferenze che ha vissuto, e ho cercato di trasmettere questa mia vicinanza emotiva. Mi sono inoltre documentata a lungo per riuscire a definire con precisione i luoghi, il contesto, i ricordi di famiglia. Nei risguardi ho scelto di inserire scene di vita vera, ambientazioni e fatti reali, per fornire qualche informazione in più ai lettori e lettrici nella reale cornice storica del racconto” Gloria Tundo

di Cristina Abbate

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Tutto quello che c'è da dire

Lettura candita - 20 settembre 2023

"Nelle città i corvi usano le automobili o i tram per rompere le noci. Proprio così. 
Quando un semaforo diventa rosso, i corvi si avvicinano all'incrocio con una noce nel becco e la depositano sulla strada. Quando scatta il verde, restano a guardare le auto che la schiacciano. 
Infine quando il semaforo è di nuovo rosso, possono raccogliere la noce che, essendo stata schiacciata, ora è a portata di becco." 
 
Grigi o neri, alcuni neri a tal punto da avere sfumature blu sulle penne. 
I corvi e le cornacchie sono uccelli magnifici. 
Belli, fieri di esserlo, intelligenti, affettuosi, socievoli e loquaci. In sostanza l'esatto contrario della cattiva fama che li circonda. 
Poche persone paiono amarli. Tra queste ci sono Britta Teckentrup, il marito Ian (che ha avuto la fortuna di avere sulla sua spalla appollaiata per un quarto d'ora una cornacchia addomesticata), Margherita e la sottoscritta. 
 
I corvidi, la famiglia più sviluppata tra gli uccelli, sono passeriformi e canterini e si dividono in 129 specie a loro volta suddivisi in 23 generi, tra cui ghiandaie, gazze, e naturalmente, corvi e cornacchie. Pur appartenendo alla stessa famiglia, si tende a distinguere la cornacchia - più piccola - dal corvo, per lo più nero "corvino". Il corvo imperiale e il corvo beccogrosso possono pesare fino a un chilo e mezzo. 
I corvi sono raffinati dialogatori. Hanno toni diversi: più alti se si tratta di estranei al loro gruppo e toni più bassi tra 'conoscenti'. Hanno lingue e dialetti. Celebrano in qualche modo la morte
Il nero, che normalmente è colore funesto, ai corvi invece porta bene perché li rende visivamente meno appetibili di altri uccelli colorati e per di più le penne piene di melanina, così scure, sono molto più resistenti di quelle chiare. Ciò nonostante fanno parte della stessa famiglia anche un sacco di altri corvidi coloratissimi: gazze e ghiandaie, con quei loro buffi ciuffetti sulla testa o crestine un po' punk. 
 
Queste informazioni sono solo un assaggio delle molte altre che si imparano in questo libro ibrido che Britta Teckentrup dedica ai suoi uccelli preferiti. 
Suddiviso in sette capitoli, più un'ode iniziale e una riflessione finale, questo libro di più di 150 pagine è il terzo che Britta Teckentrup dedica ad argomenti non esclusivamente letterari: il primo ragionava sull'uovo, il secondo sulle penne e adesso questo su corvi e cornacchie. 
Li tengono insieme due caratteri comuni e piuttosto interessanti. 
Il primo riguarda il tempo e lo spazio necessari che occorrono per dire tutto quello che c'è da dire: tutti e tre sono libri illustrati molto consistenti, con tante pagine e innumerevoli illustrazioni. Un po' come a dire, un albo illustrato 'gonfiato' in una estensione che non gli appartiene. Perché effettivamente il ritmo delle figure, il loro organizzarsi nella pagina, il loro dialogo serrato con i testi li assimilano a quelli che sono i criteri che governano l'albo. 
Mille soluzioni differenti per comporre testo e immagini: una gioia per gli occhi.
Ma le 32 pagine canoniche qui si sono quintuplicate. 
 
Questo significa che Britta Teckentrup decide di usare uno strumento nuovo, la forma dell'albo illustrato, per costruire un libro che le permetta di parlare tanto, che le consenta di andare in molte direzioni diverse. 
E così si arriva al secondo carattere comune che consiste in questa capacità che Teckentrup dimostra di avere, ossia quella di ibridare due generi che fino a un po' di tempo fa non si sfioravano nemmeno: la letteratura illustrata e quella di carattere divulgativo. 
 
In questo senso, lei ha sempre navigato in una direzione che le permettesse di dire il più possibile su una questione che la appassiona. Quale che sia. 
Quindi il tempo meteorologico, con Alle Wetter, oppure le grandi questioni che ci interrogano sul futuro, con Worauf wartest Du? a cui si aggiungono L'uovoLa penna e adesso Di corvi e cornacchie. 
Il tono discorsivo che si allontana dalla mera informazione e indaga verso altre direzioni - dalla tradizione letteraria con corvi come protagonisti, alla mitologia che li ha sempre circondati  - assume il tono più confidenziale della narrazione orale permette al lettore di bersi in un fiato tutti i suoi libri del genere, e quindi a lettura ultimata, di richiuderli soddisfatto per aver sentito molte storie e per aver imparato anche un bel po'. 
Questa particolare direzione che certa divulgazione ha preso pare davvero interessante e ricca di stimoli per riflettere e ragionare su quale sia la strada migliore da fare per imparare e far imparare. Affrontare un argomento e osservarlo girandogli intorno per coglierne la complessità e lo spessore, non può che essere efficace. Permettere a teste differenti di interessarsi ad aspetti differenti mi sembra una bella idea. E farlo attraverso linguaggi non convenzionali, esteticamente significativi, solletica l'interesse e la curiosità. Fermo restando che l'idea di suggerire di usare un albo per studiare gli aggettivi o la geometria non mi appartiene, mi pare invece cosa buona e giusta raccontare i corvi attraverso le tante storie che li riguardano, poesia ed etologia sullo stesso piano, sia quelle più strettamente scientifiche, sia quelle più decisamente legate all'immaginario. 
 
In questo senso Teckentrup non è l'unica e non è la prima ad averlo fatto, tuttavia l'aria rarefatta che si respira nei suoi libri e, diciamolo pure, l'altissima qualità del suo modo di concepire le immagini e il loro modo di dialogare con lo spazio finito di una pagina, la rendono unica, a mio avviso anche superiore in quel suo non voler essere per forza mimetica, ma invece evocativa attraverso il mezzo che sa usare meglio: il colore, si veda per esempio il lavoro fatto con Il mondo è rosso,  attraverso la luce, ma soprattutto l'ombra. 
 
Tutto questo fa la differenza. 
 
di Carla Ghisalberti

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Recensione di Una mamma svitata su La svolta

La svolta - 14 ottobre 2023

Stella ci si mette d’impegno per non essere considerata “strana” o “diversa”, ma non è facile con una madre come la sua. Quando, durante un ritrovo in famiglia, la donna annuncia ai parenti, di fronte a una imbarazzatissima Stella, l’arrivo del menarca della figlia, - una parola un po’ difficile che vuol dire ‘le prime mestruazioni di una ragazza’ - la ragazzina decide che è arrivato il momento di dire basta. Non vuole che la sua mamma le rovini l’imminente festa di compleanno con qualche idea strampalata. Prende così il via l’operazione segreta e di vitale importanza - a cui probabilmente tutti noi da adolescenti abbiamo pensato almeno una volta - “Trasformiamo la mamma”.

L’autore intesse una rete complessa e mai banale di rapporti tra Stella e i suoi familiari e amici, attraverso dialoghi rapidi e descrizioni sferzanti. Da una parte ci sono la vivace e irrefrenabile mamma, aspirante cantante lirica, il papà professore, il fratellino Siggi, il fratello maggiore Palli, l’elegantissima e vagamente snob nonna paterna e il vicino di casa tutto d’un pezzo. Dall’altra le amiche e l’amico del cuore in sedia a rotelle.

Una mamma svitata, vincitore del Premio di letteratura islandese nel 2015 e tradotto per la prima volta in italiano, racconta con leggerezza e humor i tormenti e le paure tutti adolescenziali della quasi tredicenne Stellaalle prese con una madre un po’ particolare. Lo scrittore Gunnar Helgason, molto conosciuto in patria come regista, attore e conduttore di programmi televisivi per bambini, ci regala un romanzo che riesce a raccontare i grandi temi legati alla fatidica età dell’adolescenza, in primis l’accettazione di sé, in tutta la loro complessità. Mantenendo un tono sempre spiritoso e scanzonato.

di Caterina Tarquini

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L'architetto e l'albero su Libri Manent

Libri Manent - 15 ottobre 2023

Maniacale, rigoroso e un poco svitato; Eugenio era proprio così, sia nella vita privata, sia in campo lavorativo. Il suo essere architetto, infatti, rispecchiava la sua ossessiva ricerca dell'ordine e della linearità. Nulla doveva apparire caotico o entropico. I suoi progetti dovevano trovare e promuovere la simmetria e la perfezione.

Un giorno, però, un grosso albero, cadendo proprio sul cantiere di un palazzo in costruzione, porta il climax espressivo verso una svolta, dando al nostro protagonista un nuovo orizzonte creativo-interpretativo, risvegliando così la bellezza di una natura troppo spesso soffocata dall'uomo.

Già vincitore del premio Prix du livre d’architecture pour la jeuness 2020, l’albo di Thibaut Rassat va ad impreziosire la collana Geodi di Uovonero. Un'opera metaforica, capace di intrecciare la natura e l'urbanistica in maniera ispirata, dando spazio a illustrazioni impeccabili, in cui la geometria e l'istinto definiscono una riuscita dicotomia narrativa.

L'albo, tradotto da Sante Bandirali, offre una deliziosa alternanza cromatica tra grigio e lineare rigore e morbidi cromatismi dai toni verdeggianti, spinti da citazioni architettoniche (Gordon Matta-Clark) che ci ricordano come l'uomo possa costruire senza devastare l'habitat, spesso ferito dai meri interessi.

di Loris Gualdi

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Incredibili corvi

Scaffale Basso - 23 ottobre 2023

Questo periodo che precede Halloween mi sembra perfetto per approfondire la conoscenza di uno dei personaggi che abita questo immaginario in modo totalmente inconsapevole: il corvo.

Britta Teckentrup torna a dedicarsi agli uccelli, dopo il volume dedicato alle uova e quello dedicato alle penne, ma, a differenza dei volumi precedenti, definiti da un’impronta maggiormente orientata alla divulgazione e all’approfondimento, Di corvi e cornacchie mostra un equilibrata partizione tra nozioni scientifiche e documentazione letteraria.

I 7 capitoli, infatti, alternano, riflessioni scientifiche e brani letterari e mitici che testimoniano come i corvidi siano entrati in modo unico nell’immaginario umano.

Il testo si apre con una necessaria distinzione lessicale tra corvi e cornacchie per poi passare alla descrizione delle singole specie.

I profili schizzati per ciascuno (corvo imperiale, gazza, cornacchia nera, cornacchia grigia, taccolo eurasiatica…) sono interessanti soprattutto per i tratti ricorrenti che accomunano le diverse specie e mostrano come i corvidi siano una famiglia con strategie di sopravvivenza molto simili e con un’intelligenza marcatissima in tutti i suoi esemplari.

Conclusa questa galleria di ritratti è facile dedurre che questi uccelli debbano la loro cattiva fama al loro aspetto (il colore nero, a seconda delle culture, è portatrice di diversi valori simbolici) e della loro alimentazione (si nutrono anche di carogne) che li rende spazzini della natura e che faceva sì che li si incontrasse in situazioni come i campi di battaglia, i cimiteri, i patiboli delle esecuzioni… tutti luoghi impregnati di morte.

Per questo i corvidi sono diventati nel tempo simbolo di morte e sventura in quelle culture dov’è il nero è associato alla morte. Tuttavia la loro figura è ambivalente, perché in altre culture questi uccelli sono considerati sacri e legati all’origine del mondo.

Aneddoti storici ed episodi mitologici si intrecciano creando un ideale storia dei corvi attraverso i racconti e la vita del mondo antico.

Coronide fu trasformata in un corvo per sfuggire a Poseidone che si era innamorato di lei.

I corvi erano utilizzati nell’antica Roma per predire il futuro durante gli auspici.

I corvi sono cari alla mitologia norrena e sempre presenti sulle spalle di Odino, grazie alla loro capacità di ricordare il passato e predire il futuro, mentre non sono così ben considerati nella Bibbia dove, all’interno dell’episodio di Noè, viene preferita la colomba, uccello bianco.

I corvi, poi, intrecciarono la loro storia a quella delle streghe e furono perseguitati quasi quanto le donne che venivano accusate di questo crimine, tanto che ancora oggi animano l’immaginario stregonesco.

Di seguito a questa sezione storica, la narrazione riprende il filo scientifico e approfondisce alcuni degli aspetti più affascinanti del comportamento di questi uccelli.

Vivono spesso in gruppo, comunicano tra di loro con gamme vastissime di vocalizzi (non a caso sono dentro la famiglia degli uccelli canori), giocano, sanno riconoscersi allo specchio, utilizzano strumenti per compiere azioni, sfruttano la dimensione comunitaria per difendersi ma anche per stare insieme e per apprendere. Seguono la prole in modo indefesso per anni, creando clan di mutuo aiuto, riconoscono i volti delle persone e sanno comunicare al loro gruppo di chi fidarsi, si fanno dei regali a vicenda e hanno bisogno di contatto… 

«Il fatto che i membri della stessa cerchia di parentela aiutino ad allevare la nidiata è un fenomeno estremamente raro nel mondo degli uccelli e dimostra la grande competenza sociale dei corvidi» p.76

Data la ricorrenza di tratti comuni a tutta la famiglia è evidente che ciò che spinge l’autrice stessa a dedicarsi a questi uccelli è proprio il fascino che si suscitano non appena hanno la possibilità di entrare in relazione con gli esseri umani.

Il loro saper essere empatici, il loro saper leggere gli umani, la loro capacità di comunicare intraspecie sono tutte caratteristiche che affascinano da sempre gli esseri umani.

Se chiedete in giro non mancheranno tra le vostre conoscenze persone che abbiano avuto cornacchie domestiche o che conoscano corvi che vengono regolarmente a richiedere cibo alla finestra o ancora taccole capaci di riprodurre il fischiettare di qualcuno a cui si sono affezionati.

Questa passione personale dell’autrice si rivela anche in ritratti molto belli di questi uccelli: la Teckentrup riesce a restituire il loro sguardo curioso e interlocutorio, le pose del capo che si concentra nella comprensione di ciò che guardano, le posizioni che assumono quando comunicano e anche quelle espressioni perse che hanno quando sono persi chissà in quali pensieri.

Chiude il volume una ricca antologia (50 pagine!) di brani tratti da fiabe, poesie, racconti soprattutto incentrati sulla cultura tedesca, ma che non disdegnano puntate nel mondo: da Esopo ai fratelli Grimm, da Edgar Allan Poe a Friedrich Nietzsche, da Nadja Küchenmeister a Li Tai-pe.

Un bel volume, ben scritto e ben raccontato che non potrà non farvi incuriosire di questi uccelli così alteri eppure così simili a noi.

 

di Maria Polita

 

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Fra madre e figlia

Lettura candita - 23 novembre 2023
 
Raccontare il rapporto fra una ragazzina, preadolescente, e sua madre può essere complicato e diventare lo sfondo di un dramma generazionale, fatto di reciproche incomprensioni, silenzi, litigate. Il romanzo ‘Una mamma svitata’, dell’islandese Gunnar Helgason, pubblicato da Uovonero con la traduzione a cura di Silvia Cosimini, prende tutta un’altra direzione, fra l’ironico e il comico.
La protagonista è Stella, una quasi tredicenne alle prese con una madre dai comportamenti un po’ sopra le righe: tutti sanno come i ragazzi e le ragazze si vergognino dei propri genitori anche quando sono assolutamente sobri e qui, la mamma di Stella, riesce a essere decisamente appariscente.
È una cantante lirica, che si prepara ogni giorno per la sua partecipazione alla Carmen, cantando a squarciagola, ma non è questo a far imbestialire Stella: il punto di svolta nel loro rapporto arriva quando la mamma dichiara ai quattro venti, con grande orgoglio, che la ragazzina ha avuto la sua prima mestruazione. L’affronto è intollerabile e Stella decide di trasformare sua madre, con ogni mezzo, in una persona normale.
I suoi stratagemmi sono destinati al fallimento, né i suoi fratelli Siggi, il più piccolo, e il sedicenne Palli sembrano aver voglia di seguirla nell’impresa; intanto, anche le sue amiche sembrano abbandonarla. Guðbjörg, Fatima e Judita sembrano volerla ignorare, soprattutto dopo l’esibizione della madre all’interno di un centro commerciale.
I giorni passano e si avvicina la data del compleanno: ci sono momenti in cui Stella apprezza la madre e altri in cui non vorrebbe nemmeno conoscerla; il timore più grande è di passare il compleanno da sola, senza il regalo della rigida nonna snob. Unica certezza, l’amicizia con Bær, un coetaneo che si muove in carrozzella.
Si susseguono situazioni esilaranti, con la mamma scatenata che decide di costruire la sua vasca idromassaggio in giardino, condiviso con Hannes, puntiglioso e attaccabrighe. Non contenta della vasca, la mamma decide di costruire una casa sull’albero che presto diventa, per mancanza di materiali, un sedile di automobile montato sui rami di un albero.
Stella è sempre più divisa fra l’ammirazione e la vergogna per le imprese materne; ma il colmo arriva quando la mamma si spoglia a tavola per costringere Palli a indossare una maglietta.
Tutto sembra perduto, ma il finale è pieno di sorprese, che non posso proprio svelare.
Il romanzo di Helgason, che ha ricevuto nel 2015, anno della sua pubblicazione , l’Icelandic Literature Prize, centra alcune questioni importanti: intanto il desiderio di ‘normalità’, espresso dai ragazzini e ragazzine nei confronti dei genitori; il desiderio di non essere giudicati ‘strani’ dai pari, di assimilarsi ai loro codici di comportamento. Poi, l’ambivalenza dei sentimenti nei confronti degli adulti, ammirazione, sconcerto, rabbia, come se convivessero, nella testa dei preadolescenti, il bambino e l’adolescente, il bisogno di appartenenza a un gruppo e il retaggio dell’infanzia. E, naturalmente, il tema delle diversità, che possono essere fisiche o comportamentali: la ‘evve’ di Palli, l’esuberanza della madre, le bizze del vicino Hannes, la diversa abilità di Bær; anche Stella è a suo modo speciale e il lettore e la lettrice attenti possono farsene un’idea man mano che il romanzo procede.
Non ultimo, mi sembra salutare, per gli adulti di scarsa memoria, far emergere lo sguardo impietoso dei più giovani nei confronti di genitori e parenti, uno sguardo che non fa sconti su debolezze, vezzi, difetti.
In questa storia spumeggiante, divertente, senza un pizzico di cattiveria si possono ritrovare in tanti e tante, dai dodici anni in poi; consiglio caldamente la lettura a chi prende la vita familiare con rabbia, perché trovi fra queste pagine il senso di un sorriso.
 
di Eleonora
 

Recensione radio di Per mano su Tutt'orecchi

TUTT'ORECCHI Podcast di letteratura per l'infanzia - novembre 2023 


Ascolta "TUTT'ORECCHI novembre 2023 - Podcast di letteratura per l'infanzia" su Spreaker.

Sasha torna a raccontare

Storie Girandole - 3 novembre 2023

Torna a parlarci e a raccontarci, Sasha, il protagonista di Una piccola cosa senza importanza, di Catherine Fradier; qui la mia recensione: https://storiegirandole.it/lo-sguardo-di-sacha/.

Sasha è un ragazzino neurodivergente che la madre, la dott.ssa Sourieau, ha ritirato da scuola dopo un grave episodio di bullismo; il ragazzo la segue nelle sue missioni. Infatti la donna non è <<un medico comune, che visita con lo stetoscopio e fornisce ricette…la dott.ssa Sourieau è un medio speciale. È un medico umanitario in un’organizzazione non governativa che permette ai bambini di recuperare una vita normale…>>. Così ci racconta Sacha.

Il suo sguardo di-verso serve all’autrice per raccontare gli orrori del mondo; se nel primo romanzo lo sguardo di Sasha si era posato sui bambini soldato e gli stupri di guerra, in Dacca Toxic, tradotto da

Ilaria Piperno e Sante Bandirali e pubblicato da Uovonero, lo scenario è quello delle condizioni di lavoro degli operai tessili nelle concerie a Dacca, capitale del Bangladesh. 

Fradier scrive un  romanzo di denuncia spietato, narrato dallo sguardo atterrito e sgomento eppure straniante – perché “non empatico” –  di Sasha;  un romanzo-pugno nello stomaco che descrive un Paese schiacciato dalla povertà, dalla corruzione e dalla sistematica violazione dei diritti umani in cui l’individuo non ha alcun valore. Eppure lo sguardo di Sasha, che registra impietoso tutto e racconta l’orrore, è uno sguardo capace di vedere anche la bellezza e crea un ponte verso la speranza.  Speranza rappresentata dall’amicizia con Sultana, una ragazzina orfana, sfigurata dall’acido delle concerie nelle quali lavora e con la quale Sasha instaura un rapporto, non immediatamente facile, ma sincero e puro. Anche con Dili, il fratello di Sultana, Sasha instaura un’amicizia ma non immediatamente. Dili è aggressivo perché arrabbiato e protettivo con la sorella; Sasha non riesce a entrarci in relazione.  Ma come in Una piccola cosa senza importanza, anche qui sarà la necessità di risolvere una questione a far legare i due e trascinerà il nostro “ragazzo bizzarro” in una convulsa e caotica avventura che lo metterà, insieme al lettore, di fronte agli orrori dei macelli e delle fabbriche in cui bambini vengono sfruttati.

di Carla Colussi

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LETTURE IN FAMIGLIA : LILO, Inés Garland

Ale87_Book_Funko - 15. settembre 2023
 
Questa è una storia raccontata da me ovvero Lilo. Sono un cane, un incrocio di pastore tedesco.
 
Diciamo che sono nero con la faccia dorata per non dire beige, anzi facciamo miele. Non sono molto bello ve lo dico subito...ho le zampe davvero corte e proprio non mi piacciono! Il muso ancora si ma il corpo...no no no! Non posso farmi vedere dalla bella Adele!
 
Ho dei padroni ovviamente...Ava ed Héctor che sono magnifici e sono i nonni della piccola Emi, di 15 anni.
 
Mi divertivo moltissimo con lei da cucciolo, mi faceva davvero tante coccole ma ultimamente mi trascura...per quella cosa che tiene sempre in mano...ah sì il cellulare.
 
La nonna spesso glielo toglie perché vada in giardino o al parco a divertirsi e lei si arrabbia terribilmente!
 
Io invece adoro andare al parco... lì incontro quelli che poi sono i miei amici dai anche se di Lio per esempio, ero geloso ed invidioso all'inizio...lui è un vero pastore tedesco! Più alto, più bello, più intelligente...più tutto insomma!
Poi c'è Armando...ecco di lui non sono tanto geloso perché sbava in continuazione.
 
Ma un giorno a questo quadretto si aggiunge un altro cane bruttino e, con quella che sembra rogna ma super intelligente a quanto pare, Olivertwist.
 
Ma poi al parco, ogni tanto meglio ogni mai, vi è anche un altra ragazzina che sembra avere l'età di Emi, anche lei sempre al cellulare.
 
Sanno entrambe di lievito e limone stantio...scusate non siete cani, non potete capire...intendo che entrambe sono tristi o arrabbiate.
 
Emi piange davvero spesso, io vorrei consolarla ma non apre la porta nemmeno a me se gratto.
Piange leggendo dei messaggi lo so...ma chi li manda? E cosa dicono per farla stare così male?
 
E se fosse quell'altra ragazzina a mandarli?
Occorre un piano... Olivertwist sicuramente saprà cosa fare! 
 
Ok devo imparare una poesia, dirla alla gatta Berenice che a quanto pare è della ragazzina, chiederle di aiutarmi a sapere che messaggi manda alla mia padroncina.
 
Per farlo però devo sgattaiolare via ed entrare nella casa abbandonata che però non è abbandonata...insomma sarà tosta!
 
E nel frattempo... Olivertwist rischia la vita e Ava lo prende in casa, poi è lei a stare male, poi il mio amico mi abbandona...insomma una tristezza e rabbia infinite anche per me!!!
 
Chissà se riuscirò alla fine a combinare qualcosa...e ad avvicinarmi a Kai, si...si chiama così l'altra ragazzina.
 
E se scoprissi che anche lei soffre? Che i messaggi che manda sono dettati da qualcosa che non riesce ad esprimere diversamente?
 
E alla fine...di nuovo a casa.
 
 
Un racconto davvero bello ed emozionante, che insegna tanto ai bambini che vorranno avventurarsi tra le sue pagine, soprattutto nell'età ove il cellulare ed in generale la tecnologia sembrano limitare di molto, troppo, le relazioni umane.
 
Un cagnolino dolce che non si accetta, non si piace e che dovrà scoprire come in realtà essere diversi sia un dono che ci rende unici.
 
Due ragazzine che dovranno capire come tornare a relazionarsi al mondo esterno con le parole dette guardandosi negli occhi.
 
Un'età difficile ove bisogna accrescere consapevolezza per il futuro, fare delle scelte da adulti, senza ancora esserlo del tutto....a volte, tante volte, senza voler chiedere aiuto a genitori, nonni, zii, amici.
 
Uno stile narrativo coinvolgente, adatto all'età a cui è predestinato senza per questo essere semplice o banale.
Un libro che è anche divertente e spassoso, ma è soprattutto profondo e ricco di tematiche attualissime.
 
Incantevoli illustrazioni dalle pennellate dolci intervalleranno di tanto in tanto le pagine. 
Un uso del colore delicato e non marcato le renderà ancora più eteree.
 
Non vi resta che donare questo testo a chi ne avrà più bisogno. 
 
Perché ricordate...C'è gente che c'è senza esserci.
 
 
COSA NE PENSA GRETA?
 
Quando la mamma mi ha mostrato questo libro, la copertina mi ha subito conquistata anche se mi sono detta...non sono troppe pagine per me?
 
Ed invece, quando la storia è bella, niente è troppo e, capitolo dopo capitolo, con mamma ho scoperto una storia bellissima che mi ha fatto fare tante domande, mi ha fatto ridere ma mi ha fatto anche sentirmi triste ogni tanto.
 
Per me Lilo è dolcissimo e super bello! Non c'è nulla che in lui non vada.
E leggendo di Emi e Kai sempre col cellulare in mano, mi sono resa conto che non c'è nulla di più bello che stare qui, vicino alla mia mamma, e leggere assieme.
 
PS: nella foto con me c'è la mia cagnolina Luna. Jack, il nostro amato Rottweiler non ha voluto mettersi in posa 😉
 
Come sempre per letture in famiglia, la mamma vi mette qui le mie pagine preferite.
 
Un bacio dalla vostra Greta.
 
 

Recensione di 30 giorni per capire i disturbi dell'apprendimento su Dire fare insegnare

Dire fare insegnare - 8 settembre 2023

Dislessia, disortografia, disgrafia, discalculia: anche se conosciamo queste parole, che rientrano tra i Disturbi Specifici dell’Apprendimento, capire e spiegare in cosa consistono non è sempre facile. Se è vero che siamo tutti diversi e nessuno è sbagliato, per comprendere davvero cosa deve affrontare ogni giorno chi deve fare i conti con questi disturbi, questi “folletti” invisibili ma fastidiosi, ragazzi e ragazze dovrebbero… provarlo in prima persona!

È questa l’idea da cui partono le autrici di 30 giorni per capire i disturbi dell’apprendimento, consigliato dai 10 anni e pubblicato da uovonero insieme ai volumi dedicati all’autismo e ai disturbi visivi e curati sempre da queste tre professioniste della comunicazione. Un libro che è in realtà una serie di challengeche, insieme ad alcune pagine di approfondimento e curiosità sul tema, è organizzato in modo da guidare per un mese nel mondo dei DSA, ma che si può usare come si vuole, da soli o in classe.

Si parte dalle basi: come funziona la scrittura e la lettura? Collegare segni, suoni e significati non è affatto scontato, e per alcune persone può essere più difficile che per altre. Questo è dovuto alla neurodiversità: le autrici sono attente a far capire che non si tratta di intelligenza o voglia di imparare, e nemmeno di una malattia. Semplicemente, il cervello funziona in modo diverso, e questo a volte porta delle difficoltà, altre volte opportunità per essere creativi.

Le sfide, accompagnate da testi e immagini divertenti, coinvolgono allora in una sperimentazione delle capacità messe alla prova davanti a testi, suoni, immagini e numeri. Un’esplorazione attiva e divertente, sempre completata da una spiegazione chiara e accurata e anche da un invito alla condivisione sui social di quanto scoperto: comprendere e diventare più empatici è infatti il primo passo per creare insieme una classe e una società più inclusive.

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Recensione di Tanto amore non può morire su Interzona.news

Interzona.news - 25 agosto 2023

Lea adora il calcio, i delfini e viaggiare con la famiglia, ma soprattutto stare con Noa, la sua migliore amica. Sono inseparabili fin da piccolissime, ma quando Noa le dice con schiettezza di aver visto la sua mamma dichiarare in tv di essere in fin di vita, comincia a odiarla. E si convince che se riesce a disprezzarla più di ogni altra cosa al mondo, sua madre, malata di cancro, non morirà veramente.

La rabbia di Lea per quello che le sta accadendo inizia a intaccare ogni aspetto della sua quotidianità: smette di andare a calcio, inizia a prendere a pugni i suoi amici e a voler passare le giornate da sola, o al massimo con l’anziana vicina Alma e il suo bassotto.

Nonostante tutto, però, deve andare avanti e sarà proprio sua madre a farle capire quanto sia importante trovare la forza di reagire e di amare, anche quando le cose non vanno come dovrebbero, e il primo passo potrebbe essere proprio fare pace con Noa.

Un romanzo delicato, tradotto da Samanta K. Milton Knowles, in cui Moni Nilsson rappresenta uno dei più forti dolori che si possano provare, quello della perdita prematura della mamma, in un romanzo coinvolgente, pieno di luce e di amore per la vita.

di Cosimo Rodia

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Recensione di Mike su stefaniaciocca.it

stefaniaciocca.it - 24 agosto 2023

Mike di Andrew Norriss è un perfetto esempio di come la letteratura che nasce per ragazzi, possa dare moltissimo anche agli adulti.

Se gli albi illustrati sono infatti una forma letteraria  a sé che, come altre forme artistiche ed espressive, possono incontrare una varietà di pubblico ampia, la narrativa per ragazzi vive una stratificazione particolare.

La buona narrativa per ragazzi, come più volte ricorda Aidan Chambers, favorisce un’attivazione di empatia e di riconoscimento, mettendo in gioco l’universo emotivo.

Questo è fondamentale in un lettore e in un essere umano in formazione.

Ma per me è altrettanto importante veicolare alcuni libri che nascono per ragazzi anche al pubblico adulto.

ATTIVAZIONE DELL’EMPATIA, RICONOSCIMENTO, UNIVERSO EMOTIVO SONO FONDAMENTALI ANCHE PER I PASSAGGI DI VITA DELL’ETÀ ADULTA.

Ampliamo il termine formazione ed estendiamolo, forse forzatamente, oltre i confini dell’adolescenza.

Estendiamolo al territorio dell’esperienza.

Esistono così libri per ragazzi che, se letti in momenti particolari della vita di un adulto, possono portare grandi benefici:

  • Riconoscimento
  • Conforto
  • Apertura alla speranza
  • Nuove prospettive

Ammetto che, dal punto di vista consolatorio (in fondo l’arte, la letteratura, la poesia, sanno fare soprattutto questo), nulla sa essere forte come i libri per ragazzi.

MIKE DI ANDREW NORRISS ENTRA A PIENO TITOLO NEL NOVERO DI QUEI LIBRI PER RAGAZZI CHE POSSONO DARE ENORME BENEFICIO AD UN ADULTO.

La trama di Mike di Andrew Norris è abbastanza semplice, eppure non ha nulla di prevedibile.

O almeno non più di quanto possa essere prevedibile la quotidianità:
Quella stessa quotidianità nella quale non siamo in grado di vedere oltre il nostro naso.

MIKE DI ANDREW NORRISS

Il protagonista di Mike…è Floyd.
Un quindicenne inglese dotato di un grande talento per il tennis.
Scoperto in giovane età dai genitori, costruttori di campi da tennis, da essi è stato allenato e sostenuto.
Lui ha sempre avuto spirito di sacrificio, attenzione, dedizione.
Il padre è stato un ottimo allenatore.

Ma un giorno, quando si stanno avvicinando i campionati in juniores e ormai il destino di Floyd è segnato (una carriera promettente come campione di tennis), il ragazzo inizia a vedere sugli spalti e poi direttamente in campo un giovane uomo con un cappotto nero e lo sguardo contrariato.

Non è un disturbatore qualunque: solo Floyd riesce a vedere Mike.

I genitori, consapevoli probabilmente di aver caricato troppo il ragazzo, lo portano dal dottor Pinner.

Il corpo subisce strappi, crampi, dolori muscolari.
Anche la mente, sotto pressione, subisce degli strappi.

QUI SI NOTA GIÀ UN GRANDE ELEMENTO DI FORZA DELLA NARRAZIONE: CIÒ CHE NOI LEGGIAMO TRA LE RIGHE, CIÒ CHE CI SEMBRA PALESE, PER FLOYD NON LO È AFFATTO.

Mike è una proiezione della mente di Floyd.
Una proiezione che sta cercando di portare a galla qualcosa di troppo difficile da esprimere, ma che se non espresso genera un malessere.

Eppure Floyd non riesce a “vedere”.
E questo è ciò che accade a tutti, è il motivo per cui ci blocchiamo e abbiamo bisogno di aiuto.

Questo ricalca proprio un meccanismo riconoscibile ai più, ed è reso magistralmente attraverso la narrazione.

UNA DELLE TEORIE DEL DOTTOR PINNER – NE AVEVA PARECCHIE – ERA CON CHE, CON MIKE, FLOYD AVESSE IN QUALCHE MODO APERTO UNA PORTA A UNA PARTE DELLA SUA MENTE CHE LA MAGGIOR PARTE DI NOI È RARAMENTE IN GRADO DI RAGGIUNGERE.

MIKE POTEVA ESSERE NATO COME UNA SEMPLICE PROIEZIONE DI UN DESIDERIO INCONSCIO, AFFERMÒ, MA DA ALLORA ERA DIVENTATO UN MEZZO TRAMITE IL QUALE FLOYD POTEVA ACCEDERE AD ALTRE PARTI DEL SUO INCONSCIO, COMPRESA QUELLA PARTE CHE CONTIENE LA PIÙ PROFONDA CONOSCENZA INTUITIVA DI CHI SIAMO E DI COSA DOVREMMO FARE.

Nel famoso discorso di Steve Jobs, c’è un punto in cui si parla del cuore che sa dove vuole andare, dell’intuizione che mai va sottovalutata.

MIKE DI ANDREW NORRISS RIPORTA L’ATTENZIONE SU UNA PARTE PIÙ PROFONDA DI NOI CHE LÀ IN FONDO SA ESATTAMENTE COSA È GIUSTO PER NOI.

Una parte alla quale dobbiamo riunirci, che dobbiamo imparare a vedere, ad ascoltare, a capire.

Mike vuole far capire a Floyd se davvero quello che sta facendo va bene per lui.
Floyd si domanda allora che ne sarà della sua vita.
Ma Mike è in grado di mostrargli piccoli segnali nascosti nel profondo del suo essere che sono in grado di indicare la strada.

MIKE DI ANDREW NORRIS È UN ROMANZO CHE INDICA UNA STRADA FATTA DI RICONNESSIONE AL SÉ E DI FIDUCIA.

Fiducia nella propria intuizione, che di suo è silenziosa  e che noi sovrastiamo con una miriade di parole e giudizi interiori.
E poi fiducia in ciò che può accadere e che è giusto che accada.

QUANDO SI SMETTE DI FORZARE E DI LOTTARE, LE COSE VANNO ESATTAMENTE COME DEVONO ANDARE.

Mike di Andrew Norris mostra esattamente questo: che se ci si mette in ascolto, le cose vanno come devono andare.

Tra difficoltà, smarrimento, incomprensione…e infine la sorpresa nel vedere come con naturalezza tutti i fili si sono annodati  nel modo giusto.

MIKE DI ANDREW NORRIS È UN ROMANZO CHE HA MOLTI PUNTI DI FORZA PER I LETTORI GIOVANI

  • Lo darei a partire dagli 11 anni perché è semplice, ma lo darei anche e soprattutto alle superiori, per via di quella stratificazione di cui sopra.
  • E’ adatto anche a lettori non forti, perché è un romanzo agile, breve, scorrevole
  • La presenza del tennis è insieme un gancio per chi ama lo sport (il tennis viene raccontato nei suoi aspetti psicologici con grande maestria), ma non è nemmeno così invadente da escludere il pubblico che non vuole romanzi sportivi. Ha una misura ammirevole in tutta la sua costruzione.
  • E’ un romanzo furbo: seguendo lo sviluppo della vicenda e la presenza di Mike, vogliamo andare avanti per capire da che parte ci porta la matassa di fili che sembrano ingarbugliati.
  • Mike parla di orientamento: di ciò che gli altri vogliono da noi, di ciò che noi davvero vogliamo, di come allineare questi due lati di una stessa medaglia.

E però, Mike di Andrew Norriss, è ancora più indicato per l’adulto che non sa riconnettersi alla propria intuizione.

Floyd, a un certo punto, smette di vedere Mike. E’ convinto di aver risolto il problema, ma in un momento topico, durante un torneo, Mike compare al suo fianco e gli trattiene un braccio.
Floyd non muove più il braccio (un crampo? uno stiramento).
Un blocco del corpo riflette un blocco della mente.

ECCO CHE UNA NARRAZIONE DI UN BLOCCO, SU UN BIVIO, SU UNA DIREZIONE DIFFICILE DA INDIVIDUARE E SOPRATTUTTO DA PRENDERE, SI FA UNIVERSALE.

Perché un altro punto fondamentale del romanzo è quello in cui Floyd, capita cosa non vuole fare, deve accettare una nuova immagine di sé stesso e, soprattutto, comunicarlo a chi gli sta intorno.

E’ o non è una difficoltà in cui è facile riconoscersi?

"E A UN CERTO PUNTO, MENTRE ERANO SEDUTI – FLOYD NON RIUSCÌ MAI A RICORDARSI QUANDO ESATTAMENTE ACCADDE – SCOPRÌ CHE QUALCOSA DENTRO DI LUI ERA CAMBIATO.
ERA, DISSE IN SEGUITO AL DOTTOR PINNER, COME SE AVESSE PORTATO SULLA SCHIENA UN CARICO MOLTO PESANTE, PORTANDOLO CON SÉ PER COSÌ TANTO TEMPO DA NON ESSERE PIÙ CONSAPEVOLE DELLA SUA ESISTENZA."

 

di Stefania Ciocca

 

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L'architettura della natura

G-baby - settembre 2023

Un albo poetico e coinvolgente sulla capacità di adattamento e sul saper trasformare in opportunità gli imprevisti più inattesi. Una storia in cui la natura è maestra e dove viene presentato il ruolo cruciale degli architetti nella nostra società. Il protagonista è Eugenio, un architetto pignolo, puntiglioso, quasi maniacale, di quelli che vedono la bellezza solo nel rigore del progetto. Come sarebbe bella la città se tutti i palazzi fossero dritti e ordinati come quelli che progetta lui! Un giorno, però, si ritrova davanti una “brutta” sorpresa: c’è un albero nel mezzo del salotto (squadratissimo) della casa che sta costruendo. Che fare? Tutto cambia, nella storia e nella testa di Eugenio. L’architetto e l’albero (Uovonero, € 16,00) è una suggestiva vicenda ideata da Thibaut Rassat.

Libri da leggere: quattro proposte green a misura di bambino

Repubblica - 23 agosto 2023

“Credo che avere la terra e non rovinarla sia la più bella forma d’arte che si possa desiderare” diceva Andy Warhol. Oltre alla precoce consapevolezza ecologica, poco sviluppata nella seconda metà del Novecento, l’artista evocava in una frase il rapporto secolare tra arte e natura. Rapporto che, sebbene complesso, ancora affascina i bambini fin da piccolissimi.

Per questo Repubblica sceglie per i suoi lettori quattro libri per l’infanzia, di diverse case editrici, che indagano e trattano il tema del verde, delle piante, degli alberi, e di come l'essere umano vi si interfaccia.

La geometria della natura

è invece edito da uovonero L'architetto e l'albero, scritto e illustrato da Thibaut Rassat, architetto e disegnatore francese. Nei suoi libri per ragazzi Rassat intreccia Natura e urbanità, mostrando quanto queste possano vivere in sintonia. In questa storia l'architetto Eugenio, ossessionato dall'ordine e il rigore, si trova improvvisamente a dover ripensare il progetto di un palazzo quando un albero vi cade sopra. Vedendo la pianta imponente, Eugenio ha un'epifania: la vera bellezza non sta nelle linee rette, ma nella perfezione caotica della natura! La domanda sorge quindi immediata: "Il mio lavoro distrugge la natura?".

Proprio come una pianta spontanea, Eugenio si adatta alla nuova situazione costruttiva, ramificando soluzioni abitative per la comunità a partire dalle radici del grande arbusto. Il palazzo che nasce, come indicato dall'autore, è liberamente ispirato a Conical Intersect, l'opera dell'architetto americano Gordon Matta-Clark, realizzata a parigi nel 1975 e celebre per i suoi tagli agli edifici. Le parole chiave di questa storia sono accoglienza, adattamento, perfezione dell'imperfetto. Rassat ci ricorda che una progettazione rispettosa e consapevole non dolo è sempre possibile, ma anzi è spesso migliore! A completare il quadro, la sindaca e capocantiere, ruoli solitamente associati ai maschi e quindi declinati al femminile. Il libro è inoltre vincitore del Prix du livre d'architectur pour jeunesse 2020, conferito dall'Accademia francese d'architettura ed è entrato nella selezione 2020-2021 del "Premio Nénphar de l'album jeunesse"

di Matilde Giuliani

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Recensione di Di corvi e cornacchie su Mangaforever

Mangaforever.net - 22 agosto 2023

In molti pensano che corvi e cornacchie siano lo stesso animale, ma chiamato in modo diverso. Invece c’è moltissima differenza tra i due. Non molti sanno infatti che i corvidi comprendono ben 129 specie a loro volta suddivise in 23 generi diversi. Oltre a questo, questa specie di uccello ha moltissime altre curiosità da conoscere. Sin dalla notte dei tempi il legame tra questi volatili e l’uomo è stato strettissimo, tanto che nell’antica Roma i corvi erano considerati in grado di predire il futuro. Sono senza dubbio degli animali fuori dal comune, tanto che, ad esempio, hanno una voce propria e usano dei dialetti. Di corvi e cornacchie è un libro illustrato di tipo divulgativo che ci aiuta a conoscere meglio questi affascinanti animali. Scritto e illustrato da Britta Teckentrup, tradotto da Maria Carla Dallavalle e pubblicato da Uovonero nel luglio 2023.

Come avrete capito, questo libro illustrato si presenta come un vero e proprio volume divulgativo in cui l’autrice ci spiega come riconoscere dall’aspetto e dal loro richiamo le varie tipologie di corvidi. Quindi impareremo a riconoscerli sulla base dei colori dei loro piumaggi e delle uova, dei loro richiami, dei loro habitat e delle abitudini che hanno. Ma non solo, si va ben oltre il semplice trattato di ornitologia.

Infatti si approfondisce anche il rapporto che questi animali hanno avuto con l’uomo. I miti e leggende che hanno ispirato sin dai tempi antichi e di come poi siano entrati anche nel nostro immaginario moderno attraverso il cinema e la letteratura. Si parte con un accenno ai miti e leggende che vedono protagonisti i corvidi sin dall’antichità. Dove erano accompagnatori delle anime dei morti per i persiani, oracoli per gli antichi romani che prevedevano il futuro interpretando il loro volo, messaggeri di Odino nella mitologia norrena e portatori di sventura nel Medioevo. Si passa poi alle favole di Esopo, a Il corvo di Edgar Allan Poe, alle poesie più raffinate che li riguardano, fino al grande successo cinematografico di Alfred Hitchcock che li vede protagonisti in Uccelli.

Testi, illustrazioni e cura editoriale

Il testo di questo libro è perfettamente adatto allo scopo divulgativo. Dà tutta le informazioni riguardanti i corvidi in maniera precisa e puntuale. In una struttura ben costruita in modo da intrattenere ma anche istruire in maniera semplice e fruibile. Le illustrazioni realizzate da Britta Teckentrup con una tecnica mista di collage e digitale è davvero accattivante. Riesce infatti a donare grande espressività e intensità anche a delle immagini che avrebbero potuto essere realizzate anche unicamente in modo didascalico. L’uso di una palette essenziale dona alle pagine del libro delle atmosfere generalmente cupe ma molto suggestive. In definitiva, le illustrazioni mostrano ogni dettaglio in stile naturalistico lasciando molto spazio anche all’aspetto artistico.

Uovonero realizza un libro davvero ben confezionato. Non solo perché è di grande valore divulgativo, ma perché è importante anche dal punto di vista artistico. Dopo aver pubblicato i bestseller L’uovo e La penna dell’autrice tedesca, mette a segno un altro gran colpo con questo volume. Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un libro che unisce il rigore scientifico all’illustrazione artistica. Non a caso è stato anche selezionato per la lista White Ravens 2022. Pregevole anche la confezione del volume con una bellissima copertina rossa su cui spicca un corvo, e un’ottima carta per valorizzare lo stile illustrativo.

Conclusione – Di corvi e cornacchie

Di corvi e cornacchie è un libro illustrato davvero prezioso sotto ogni punto di vista. Non troviamo una storia narrata, ma un racconto approfondito e appassionato di tutto ciò che riguarda questi affascinanti volatili. Il tutto è raccontato in maniera fruibile e scorrevole. Ogni pagina è impreziosita da descrizioni esaustive e illustrazioni dal gusto grafico ricercato e mani banale. L’autrice non si è limitata infatti alla mera descrizione e illustrazione di corvi e cornacchie per evidenziarne le loro caratteristiche. Ma li ha rappresentati in una forma quanto più vicina all’essenza artistica.

Le illustrazioni sono infatti meravigliose e non unicamente didascaliche, come ci si sarebbe potuto aspettare. Ovviamente ogni singola specie è rappresentata nel modo più corretto e dettagliato possibile. Ma, specie nella seconda parte del libro, l’illustrazione artistica prende maggiormente il sopravvento. Avendo l’autrice maggior libertà di rappresentare i corvidi nel modo più vicino al suo sentire. In conclusione, Di corvi e cornacchie è un libro consigliatissimo ad ogni età e interesse. Non solo agli amanti di ornitologia, ma anche a coloro che amano l’antropologia, la natura e in particolare il mondo animale. Un testo utile anche per gli adulti, in modo da approfondire la conoscenza di un animale tanto affascinante quanto strettamente legato all’essere umano.

di Alfredo Paniconi
 

Recensione di Di corvi e cornacchie su Prealpina.it

Prealpina.it - 17 agosto 2023

Un albo illustrato poetico e curioso che fonde arte e divulgazione per conoscere la grande famiglia dei corvi in tutte le sue sfaccettature. “Di corvi e cornacchie” (Uovonero) dell’autrice e illustratrice Britta Teckentrup è dedicato ai corvidi, famiglia di uccelli la cui esistenza si intreccia da secoli con quella dell’uomo, ma che spesso è ancora vista con diffidenza. Un libro per scoprire le differenze fisiche fra le varie specie, per riconoscere questi uccelli dall’aspetto e dal loro richiamo, ma anche per conoscere, con contenuti altrettanto precisi, leggende che hanno ispirato e come sono entrati nell’immaginario moderno attraverso cinema, letteratura e poesia.

di Sara Magnoli e Francesco Rossetti

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Recensione di Tanto amore non può morire su Andersen

Andrsen - agosto 2023

Recensione di Tanto amore non può morire su Pagine con le ali

Pagine con le ali - 9 agosto 2023

La prima cosa che colpisce di questo libro è la copertina. Ci vuole coraggio a mettere una bara, se pur tutta decorata, sulla copertina di un libro per ragazzi. Non sulla copertina di una storia di paura o un giallo, ma di una storia “seria”, una storia che potrebbe benissimo essere vera. Ci viene da pensare che solo gli autori che provengono dal profondo nord, di solito, hanno la capacità e la forza di affrontare di petto gli argomenti più difficili nei libri per i ragazzi e di farlo in modo quasi spiazzante per onestà e diretta concretezza. Sicuramente è il caso di questo libro che parla di morte, di distacco, di lutto. E sicuramente è un libro uscito dalla penna di una scrittrice nordica, svedese per la precisione. Però la copertina è un progetto grafico tedesco elaborato per la sua traduzione. La copertina originale dell’edizione svedese, invece, è quasi “anonima”, e comunque molto meno impattante di questa. Interessante, però, il lavoro tedesco, come se il coraggio di cui parlavo prima, in qualche modo cominciasse (giustamente) a diffondersi.Tutto questo preambolo per dire che un libro per i ragazzi dagli 11 anni può parlare anche di morte e della morte forse più dolorosa di tutte, quella della mamma. E, se vuole rendere questo evento ancora più doloroso, può raccontare passo passo come ci si avvia, passo dopo passo, ad accompagnare la mamma verso quello che sarà il suo ultimo viaggio. Ed è di ciò che ci racconta Lea, la ragazza al centro, con il padre e il fratello, di questa storia. Una storia che non risparmia nulla al lettore, come nulla risparmia ai suoi protagonisti, a partire dal modo in cui la ragazza viene a sapere che per la sua mamma non c’è più molto tempo: a scuola tutti lo sanno, tranne lei che lo sente durante la ricreazione mentre qualcuno ne parla ad alta voce.

Il resto della sinossi si trova facilmente in rete, per esempio sul sito web dell’editore Uovonero, qui mi preme di più fare alcune considerazioni da una parte sull’opportunità di libri diretti come questo per i ragazzini della secondaria di primo grado, dall’altra sul modo in cui questa storia è raccontata.

Una delle tante caratteristiche delle letture di qualità, è quella di contenere la vita, e quindi anche quelle situazioni difficili e particolari. Temi “sensibili” come morte e lutto possono (devono) essere raccontati nei libri per ragazzi. In quelli “buoni”, quelli ispirati, quelli veri, non in quelli di mestiere, scritti ad hoc su commissione. In ogni caso, mentre da una parte non si dovrebbero fare censure riguardo a temi e tipologie, dall’altra, però, è importante conoscere di prima persona ciò che si propone per la lettura per non farsi sorprendere e trovarsi a “Leggere l’inatteso” per usare l’espressione titolo del libro di Irene Greco su questi argomenti, o per non rischiare di proporlo in momenti forse non opportuni. Le tematiche, anche le più sensibili, possono (devono) entrare nei libri per i più giovani, ciò che, eventualmente, si può fare è valutare il momento in cui proporle e prepararsi ad affrontarle insieme con loro. Del resto, delle tematiche forti e sensibili, come la morte, appunto, tutti i lettori hanno bisogno e le cercano.

A questo punto subentra il secondo punto della mia riflessione: tanto più il tema è delicato, tanto più si deve prestare attenzione al modo in cui il libro è scritto e a come la tematica è veicolata.

Moni Nilsson riesce egregiamente a tener alta la qualità del suo scrivere per i ragazzini di questa età che hanno ancora tanto bisogno di essere educati alle emozioni, anche quelle più faticose da provare.

Tanto amore non può morire è un romanzo che racconta come una cronaca gli ultimi mesi di questa mamma e della sua famiglia, al contempo, però, tocca punte di alta poesia nel costeggiare con delicata attenzione gli alti e bassi emozionali che vivono i protagonisti.

La qualità di questo romanzo sta nella totale assenza di didascalismi, moralismi o artificiosità: è una storia che si sviluppa spontaneamente nel racconto in prima persona di Lea. Storia e personaggi sanno di autentico, tanto i dialoghi, quanto le descrizioni sono sobri e composti, privi di esagerazioni fittizie. Anche nei momenti più intensi, non compare mai la retorica, né vengono trovate soluzioni narrative scontate.

I personaggi vivono questi momenti, Lea li racconta e il lettore ne fa esperienza con loro, emozionandosi, e, al contempo, potendosi sentire dentro e fuori la storia, lasciandosi, cioè, coinvolgere tantissimo, ma prendendo anche le giuste distanze permesse dalla lettura. Al contrario, poi, può permettersi anche di immergersi in essa come in uno specchio parallelo di ciò che vive, e quindi di provare senza bisogno di nasconderle o di negarle, emozioni forti come la tristezza, la rabbia e il dolore.

Quella di Lea e della sua famiglia è una storia delicata e l’intuizione narrativa di Moni Nilsson ne esalta l’intensità, evidenziandone, come in un caleidoscopio, tutte le possibili reazioni, senza emettere nessuna sentenza, senza mai esprimere giudizi. La morte fa parte della vita e nulla, se non l’onestà del racconto, permette di presentarla ai ragazzi. Quello di Moni Nilsson è un approccio laico, ma che non esclude le voci diverse di tutti coloro che gravitano intorno a questa famigliaE’ una storia dolorosa che nulla nasconde del travaglio psicologico dei suoi protagonisti, di Lea in particolare, ma che sa mantenere pagina dopo pagina un importante equilibrio narrativo e che, alla fine, apre alla speranza, alla solidarietà, alla vicinanza, al ricordo, alla vita. Lea e la sua famiglia affrontano insieme e insieme a chi li circonda questo triste momento, consapevoli però che poi la vita, nonostante tutto, continua senza dimenticare.

di Elisabetta Vanzetta

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Recensione di Di corvi e cornacchie su Teste fiorite

Teste Fiorite - 17 agosto 2023

Incredibile quante cose si possano imparare da un libro.

Di corvi e cornacchie di  Britta Teckentrup edito da Uovonero è un libro illustrato di divulgazione bellissimo sotto diversi punti di vista: il primo, necessario, è la ricchezza e precisione dei contenuti scientifici e culturali riportati, il secondo, mai scontato ma che fa la differenza, è la bellezza estetica di questo libro che dà gioia solo a tenerlo tra le mani.

Di corvi e cornacchie è un libro che vi dirà tutto quello che volete sapere, o anche che non avreste mai immaginato di chiedere, su uno degli uccelli più presenti nei nostri parchi e sulla loro amplissima famiglia.

Corvi e cornacchie, appunto, in tutte le salse e non solo dal punto di vista naturalistico: insieme allo stupore della scoperta di quante specie di cornacchie esistono sulla Terra verrete anche avvolti da qualcosa di meno scientifico e più “umanistico” che riguarda la presenza di questi uccelli nel nostro immaginario collettivo, dalle favole di Esopo ai libri, ai film…

E scoprirete che tutte le informazioni si tengono perché se il corvo e i suoi parenti sono tanto presenti nelle narrazioni e non solo è proprio per via delle loro caratteristiche psicofisiche: la capacità di comunicare, il modo di camminare e chi più ne ha più ne metta, diciamo che la Britta Teckentrup le ha messe tutte le informazioni che si possono reperire su questi uccelli.

Inutile negare che il corvo sia un animale per molti versi perturbante o quanto meno che richiama la nostra attenzione di umani in una relazione che non può passare inosservata. Ricordo benissimo la sensazione strana di trovarmi in mezzo a tanti corvi nei parchi di Berlino e dunque mi sembra di sentire molto vicino quel sentimento che può aver spinto la Teckentrup a realizzare un libro come questo, curatissimo nei contenuti e meraviglioso nelle illustrazioni.

Britta Teckentrup è un’autrice che mi piace moltissimo, che mi sorprende sempre e che con Di corvi e cornacchie ci è riuscita ancora una volta.

Per chi è un libro come questo?

No, non credo serva essere appassionati di corvi o uccelli, credo che siano più che sufficienti un po’ di curiosità per il mondo animale e l’attrazione verso i libri belli. Come sempre davanti a libri come questo non posso fare a meno di notare quanto la sua importanza sia anche nel fare da esempio ad un metodo di lavoro, di come si possa lavorare intrecciando scienza e scrittura, curiosità e conoscenze naturalistiche e culturali, di come la bellezza possa creare un ponte eccezionale per avvicinarsi anche a testi di divulgazione.

di Roberta Favia

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Recensione di Divergente su Liber

Liber - luglio/settembre 2023

Fin dal principio è stato chiaro che il lavoro svolto dalla casa editrice Uovonero è prezioso, qualificato e coraggioso. Prezioso perché in rete con altre realtà editoriali rende possibile, attraverso il progetto I libri di Camilla, la scoperta e condivisione del piacere della lettura andando incontro ai lettori tutti. Qualificato per l’impegno, lo studio e la costante ricerca portata avanti con passione e determinazione. Infine coraggioso perché sfida i luoghi comuni, ribalta i punti di vista e si fida soprattutto dei lettori, e di chi ancora per i più vari motivi non lo è, ma ha tutto il diritto di diventarlo. Divergente, una delle ultime sue pubblicazioni, della scrittrice canadese Victoria Grondin, spiazzerà non pochi lettori. Guillaume è il giovane protagonista: la sua è la storia di un ragazzo che cerca uno spazio, cerca di adattarsi in quello spazio che è una vita quotidiana scandita da protocolli e segni distintivi, ma quello che più di ogni cosa vuole è soprattutto uno sguardo che sia relazione, riconoscimento e accettazione per come si è. Segue pedissequamente le tabelle che regolano il suo tempo, ma non smette di guardarsi attorno, osserva, annota, scappa, si oppone.

Victoria Grondin è stata abilissima a portare tutti i lettori da una parte, quasi fossero una curva pronta ad esultare per i piccoli successi raggiunti da Guillaume, a gioirne, senza in realtà aver compreso quanto si stava compiendo. È questo un libro che racconta una storia bella, ben scritta, con delle interessanti incursioni jazzistiche (un genere musicale scelto forse non a caso), che ha trovato in Sante Bandirali le parole esatte per i lettori italiani. Solo alla fine, quando si crede di essere dalla parte giusta, ci si rende conto che la Grondin ha condotto lo sguardo del lettore verso

Lo sguardo sulla diversità

se stesso, verso l’idea malsana di disabilità, di altro da sé, che abita nella nostra testa. Quello per cui facciamo il tifo è solo il nostro riflesso, o comunque qualcosa che gli si avvicini il più possibile, generando però un mondo che il più delle volte esclude.

È stata brava la Grondin a costruire una storia che ci fa scendere dagli spalti per riconoscere una realtà che si compie ogni giorno.

di Agata Diakoviez

Recensione di Tanto amore non può morire su Tuttolibri

Tuttolibri - 5 agosto 2023

Parlare di morte ai ragazzi è materia complicata. Parlare della morte di un genitore, di quanto essa sia ingiusta e inesorabile, di quanto tolga innocenza al quotidiano è un compito ancora più difficile. Con grande bellezza e sentimento ci riesce Tanto amore non può morire di mani Nilsson, famosa scrittrice svedese. La giovane Lea non può che accettare eventi dolorosissimi e colmi di affetto che la colgono impreparata. Ma quello che scoprirà è quanto valga la pena affrontare la vita senza paura e come l’amore di chi muore continui ad accompagnarci dappertutto nel nostro andare per il mondo.

di Antonella De Simone

Recensione di Di corvi e cornacchie su La Svolta

La Svolta - 5 agosto 2023

Uccelli dal piumaggio scuro e dal verso inconfondibile, i corvi sono associati spesso al malaugurio e alla superstizione. Per gli antichi romani erano considerati animali dalle capacità profetiche e, come raccontato in questo libro, fanno parte della famiglia dei corvidi che comprende ben 129 specie a loro volta suddivise in 23 generi diversi e ognuno di loro ha una voce propria e “parla” almeno 2 dialetti.

Questo albo illustrato riesce a coniugare efficacemente divulgazione scientifica, curiosità e cultura su un tema insolito per un libro dedicato all’infanzia.

Britta Teckentrup descrive questi uccelli ingegnosi a tutto tondo, spiega come riconoscerli dall’aspetto e dal loro richiamo, ma anche quali leggende hanno ispirato e come sono entrati nel nostro immaginario moderno attraverso cinema, letteratura e poesia. Le favole di Esopo, Il corvo di Edgar Allan Poe e Uccelli di Hitchcock sono solo alcune delle opere citate.

Una lettura imperdibile per gli amanti degli animali che verranno trascinati dall’entusiasmo dell’autrice per i suoi uccelli preferiti.

di Caterina Tarquini

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Recensione di Tanto amore non può morire su Libri&cultura

Libri&cultura - 5 agosto 2023
Lea ha dieci anni quando scopre che la mamma sta per morire di cancro. Non è però la mamma a dirglielo ma la sua migliore amica Noa. Sopraffatta dalla notizia inaspettata, Lea se la prende con Noa e decide di odiarla, convinta che in questo modo la mamma non morirà. Così, oltre a rinunciare alla sua migliore amica, Noa precipita in un vortice di rabbia e dolore che la porta a lasciare il calcio, fare spesso a pugni in classe e isolarsi da tutti. Ma mentre la mamma sembra peggiorare giorno dopo giorno, la bambina finisce per sentirsi sempre più triste e sola e vorrebbe tanto riavere la sua migliore amica, salvo poi essere incapace di sciogliere il voto fatto...
 
"Tanto amore non può morire" è un libro per ragazzi intenso ed emozionante che tratta una tematica molto delicata come l'accettazione della malattia da parte di un bambino. Se sugli scaffali troviamo diverse proposte letterarie sull'elaborazione del lutto, risulta più raro trovare libri con protagonisti bambini che si trovano a dover vivere il complesso percorso emotivo e psicologico della malattia. Moni Nilsson decide di dar voce ad una normalissima bambina di dieci anni la cui vita viene stravolta all'improvviso. Il lettore quindi, viene trascinato nei pensieri e nelle emozioni di Noa che si trova a vivere lo straziante percorso di separazione dall'adorata mamma, incapace di accettare quello che in fondo già sa. Un percorso in cui si susseguono odio, rabbia, dolore per finire con la necessaria accettazione, sostenuta dall'amore della famiglia e dalla vicinanza degli amici. "Tanto amore non può morire" è un libro che si lascia leggere, anche se spesso si procede lentamente con un groppo alla gola. Una storia tenera ed emozionante che mi sento di consigliare a chi ha vissuto o sta vivendo situazioni simili, ma anche agli adulti per conoscere più da vicino la complessità emotiva di un bambino nella fase preadolescenziale.

di Luigi Pizio
 

Recensione di Divergente su Interzona news

Interzona news - 3 agosto 2023

Victoria Grondin immagina un mondo rovesciato, dove nascere autistici è la norma mentre i neurotipici sono considerati disabili.

Un romanzo distopico che interroga il lettore sul concetto di “normalità” e di esclusione, sul desiderio, profondamente umano, di essere compresi, di essere amati. 

Guillaume è il protagonista, il paziente 009, il caso da studiare, l’estraneo, il complicato, il non omologato.

 È un continuo corto circuito cognitivo quello che avviene durante la lettura di Divergente: c’è una società perfettamente organizzata e capace di rispondere alle esigenze della popolazione nata con i disturbi dello spettro autistico. E c’è Guillaume, che quelle caratteristiche non le ha, che sa di essere un peso e di tirarsi addosso gli sguardi di riprovazione, che soffre il pregiudizio, presente negli occhi e nelle parole di tutti, a partire dai suoi stessi genitori.

Il corso della sua esistenza cambia quando conosce Grace, una ragazza amante del jazz che ha molto in comune con lui, di cui si innamora perdutamente. Finalmente può specchiarsi in qualcuno che è come lui. Che vibra come lui. Almeno apparentemente.

Un romanzo narrato in prima persona, sperimentale, che si dipana in un dialogo ininterrotto tra il dentro e il fuori, tra l’io e l’altro, con alcuni colpi di scena e un finale che evidenziano il senso di straniamento, compagno fedele di tutta la lettura. Una storia in cui l’autismo è descritto in un modo nuovo, positivo e incoraggiante, e dove vengono attraversati anche altri temi, il primo amore, il tradimento, l’incontro con la musica jazz, perfetta metafora della libertà del sentire, della creatività, dell’improvvisazione.

di Cosimo Rodia

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Recensione di Dove sei, piccolo Giulio? su pinoboero.com

pinoboero.com - 16 luglio 2023

Avrei potuto inserire fra gli albi questo libro con copertina cartonata perché sia l’essenzialità delle poche parole con cui è raccontata la storia sia l’evanescenza e la disposizione delle figure ne confermerebbero l’appartenenza, in questo caso, però, ho voluto considerare “libro” la delicatissima storia di una mamma che cerca il figlio autistico che si è allontanato: ovviamente il testo non usa la parola autismo ma accenna alle caratteristiche del bambino, non evidenzia disperazione ma solo affetto che trasuda da pagine leggere nel colore ma sempre in movimento… Siamo insomma davanti a un piccolo gioiello…

di Pino Boero

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Recensione di Tanto amore non può morire su pinoboero.com

pinoboero.com - 16 luglio 2023

Per quanto riguarda Tanto amore non può morire della svedese Moni Nilsson il discorso è diverso e vado subito alla domanda che mi sono posto dopo averne concluso la lettura: è giusto dare in mano all’adolescenza un romanzo tanto doloroso da farci assistere pagina dopo pagina al travaglio psicologico di Lea, dieci anni, che vive, insieme al padre e al fratello, momento per momento, la lunga agonia della madre colpita da tumore? Dopo un’iniziale perplessità ho risposto di sì non solo perché la scrittrice anche nei momenti più crudeli della definitiva separazione della madre dalla famiglia sa mantenere un equilibrio di scrittura, ma anche perché tutto il romanzo insieme al dolore apre alla speranza, alla solidarietà, all’amicizia, al ricordo… Quello di Lea è un duro percorso di crescita e di conquistata autonomia che non significa separazione dagli altri ma legame più forte nel nome di un amore famigliare che non c’è più….  Le pagine sempre essenziali di Nilsson sono riuscite a commuovermi e davvero a farmi ricordare – con Rodari – che non bisogna mai “lasciarsi spaventare dalla parola FINE”

di Pino Boero

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Recensione di Divergente su pinoboero.com

pinoboero.com - 16 luglio 2023

Immaginiamo un mondo capovolto dove – come nella favolistica popolare – la stupidità sia considerata normalità e l’intelligenza una “diversità” da emarginare e caliamo tutto in un universo ipertecnologico  dove ogni atto è programmato; la divergenza qui è data dal protagonista, il giovane Guillaume, la cui “normalità” risulta agli occhi di tutti “diversità” da emarginare.  La canadese Victoria Grondin costruisce su base antica un romanzo modernissimo, avvincente e senza raccontare “come andrà a finire” val la pena segnalare che la “morale” contro le convenzioni, l’acquiescenza, il perbenismo vien fuori da sola, da un contesto narrativo essenziale e avvincente.

di Pino Boero

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Recensione di Divergente su Coffee and Books

Coffee and Books - 7 luglio 2023
 
Se fossero i disabili la maggioranza? Se la normalità fosse rappresentata da quella che in questa dimensione è l'eccezione? Victoria Grondin non è certo la prima a chiederselo (ricordo il racconto di H.G. Wells, Nel paese dei ciechi, e più di recente un video che ipotizzava un mondo abitato in prevalenza da persone sorde in cui si aggirava, un'udente, incapace di comunicare), tuttavia l'idea di un mondo in cui l'autismo sia la condizione prevalente e la divergenza sia rappresentata da coloro che autistici non sono, è affascinante e incuriosisce moltissimo.
 
In questa realtà distopica il protagonista, Guillaume, è un Divergente, affetto dalla Sindrome di Wing: la sua mente non è come quella degli altri, non ha bisogno di logogrammi per ricordare la routine in bagno, non ha ipersensibilità particolari agli stimoli sensoriali, non ha bisogno del GPS (Guida ai Problemi e alle Soluzioni) per affrontare gli imprevisti. Guillame è ben consapevole della propria diversità, sin da bambino ha subito dolorosi confronti col fratello gemello William, il percorso diagnostico, terapeutico e tanti, inutili tentativi di cura a cui è stato sottoposto e che lo hanno traumatizzato e fatto crescere anzitempo. Sa molto bene di non poter essere come gli altri Convergenti e ha già, purtroppo, ben compreso quale sarà il suo destino. Quando a scuola arriva una nuova compagna che dimostra interesse per lui, sembra che il suo riscatto sia arrivato.
 
La fantascienza e il fantastico sono da sempre un modo per parlare del presente e Divergente, utilizzando le spoglie e i temi classici della narrativa per ragazzi e di formazione (la famiglia e la crescita, la musica, l’amore), parla dell’emarginazione che purtroppo accompagna quasi sempre la disabilità, fornendo un quadro asciutto e impietoso di come sia stata in passato e - in parte - tutt’ora sia, la vita di ragazzi autistici e disabili in generale.
 
Victoria Grondin, che conosce profondamente l'autismo, gioca a ribaltare alcuni capisaldi della storia scientifica e della diagnosi di questa condizione: così la teoria della mente e il DSM (manuale diagnostico) servono a stabilire a definire la divergenza dalla norma autistica; allo stesso modo la teoria delle Madri Frigorifero che vedeva l'origine dell’autismo in un atteggiamento poco empatico e affettuoso da parte della madre appunto, diventa il suo opposto, costringendo i genitori di Guillaume a bandirlo dalla vita familiare per cercare di guarirlo (non manca un accenno alla bufala dei vaccini*, oggi definitivamente confutata), in una ricerca ostinata e fallimentare sponsorizzata sopratutto dai medici, mossi talvolta da buone intenzioni ma incapaci di accettare il fatto che la Sindrome di Wing sia una condizione e non una malattia, e che i divergenti siano persone come tutte le altre anche se la loro mente funziona differentemente.
 
Con l'arrivo di Grace la struttura perde il suo carattere fantascientifico/distopico e inizia a ruotare attorno alla musica, jazz e rock sopratutto, ai nomi di dischi, a testi di canzoni in cui l'autrice trova parole ancora attuali per definire la vicenda del suo protagonista. Anche questa non è una novità (come pure la trama romantica), ma è attuata molto abilmente, rivelando una conoscenza non banale della musica di cui parla.
 
Guillaume è un personaggio dotato di dolcezza e rabbia, la stessa dei ragazzi disabili che s’incontrano nelle scuole e a cui non si dà quasi mai modo di esprimersi. Marginalizzati e umiliati da programmi scolastici troppo rigidi o troppo elementari e spesso da operatori non interessati a valorizzarli e a scoprire le loro qualità, destinati a occupazioni di bassa qualificazione e basso reddito (ammesso di trovare un lavoro), sono ancora considerati un peso in una società che li annichilisce. Lui, immerso in un mondo di Convergenti che eccellono in una o più discipline, produttivi e vincenti, rivendica anche il diritto di essere sé stesso senza cercare di somigliare agli altri, criticando implicitamente il sistema che vuole il disabile capace di gesti eccezionali per giustificare la propria esistenza, desideroso di superare la propria disabilità ammettendone di fatto l’inopportunità. Guillaume è disabile e non se ne vergogna, vorrebbe solo essere accettato così com'è.
 
Se proprio volessi trovare un difetto in questo racconto direi che nella seconda parte la pressione della società autistica si perde un po', ma è proprio l'unica piccola stonatura. Per il resto Divergente è originale (anche per il finale adulto), capace di raccontare il punto di vista di un disabile a ragazzi e adulti con intelligenza, senza pietismo ma, anzi, con disincanto e totale sincerità.
 
Un libro in grado di creare curiosità nei giovani e aiutare a superare gli stereotipi e la commiserazione che ancora affliggono la visione della disabilità.
 
di Ms Rosewater
 

Recensione di Di corvi e cornacchie su Il Rosicchialibri

28 luglio 2023 - Il rosicchialibri

“Corvi e cornacchie sono dei corvidi, una famiglia di uccelli dell’ordine dei passeriformi (Passeriformes) e del sottordine degli uccelli canori (Passeri). Già, forse stenterete a crederci, ma i corvidi in realtà sono uccelli canterini!”.

Comincia così il libro dell’artista tedesca Britta Teckentrup che, fra queste pagine splendidamente illustrate a metà fra l’arte e la divulgazione, esprime tutto il suo amore per i corvidi (tutte le 129 specie di corvidi!).

Un vero e proprio glossario dove trovare colori, piumaggi, uova, abitudini, rapporti con gli esseri umani, habitat, miti e leggende sulla famiglia si uccelli più estesa del mondo ornitologico.

Dal grande corvo imperiale fino alle piccole gazze tropicali, la prima parte del libro esplora i corvidi sparsi per il mondo, i luoghi dove vivono, i loro particolari richiami e i piumaggi che non sempre sono neri ma possono essere anche bizzarri e coloratissimi!

Poi non si può parlare di corvi senza accennare ai miti che li vedono protagonisti. Nell’antichità erano i messaggeri del dio Odino della mitologia norrena, portatori di sventura nel Medioevo, accompagnatori delle anime dei morti per i persiani e veri e propri oracoli per gli antichi romani che dal loro volo prevedevano il futuro.

Anche le fiabe, la letteratura e il cinema (attingendo dai miti) si sono spesso occupati di questi animali, in alcuni casi rendendoli delle vere e proprie star, nutrendo il loro aspetto legato al furto, alla superbia, alla morte e (di conseguenza) alla fugacità della vita.

Anche se il loro piumaggio nero li ha sempre accostati a qualcosa di oscuro, oggi sappiamo che i corvi sono animali intelligenti e genitori premurosi, si riconoscono fra di loro, sentono l’avvicinarsi dei temporali, sono in grado di usare piccoli utensili e scelgono un compagno per tutta la vita.

Per non parlare poi del rapporto con l’uomo: moltissime persone hanno aneddoti da raccontare legati ai corvidi e al rapporto intelligente che sono in grado di instaurare con noi!

Ase amate i corvi (ma anche se non li conoscete granché) non perdetevi questo straordinario libro illustrato che fa finalmente un po’ di chiarezza sulle diverse specie, sui colori dei piumaggi, gli habitat e i versi di questi animali. Tante curiosità storie, fiabe e poesie vi faranno venire voglia di approfondire la loro conoscenza.

Poi ci sono le illustrazioni che, come in un trattato di ornitologia, mettono a confronto le varie specie, pur mantenendo un’importante impronta artistica.

di Haider Bucar

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Recensione di Di corvi e cornacchie su Il cappuccino delle cinque

Il cappuccino delle cinque - 25 luglio 2023

La pluripremiata autrice e illustratrice Britta Teckentrup torna in libreria dal prossimo 28 luglio con ‘Di corvi e cornacchie’ (uovonero) un imponente albo illustrato ricco di poesia e curiosità. Oltre centosessanta pagine in cui arte e divulgazione si fondono, per conoscere la grande famiglia dei corvi in tutte le sue affascinanti sfaccettature.
«Se dovessi scegliere, direi che il mio uccello preferito è la cornacchia […] perché posso osservarla direttamente dalla finestra di casa. […] Ora, con questo libro, desidero condividere con voi il mio entusiasmo per questi uccelli straordinari e spesso incompresi.»

Di corvi e cornacchie, la storia, le curiosità, il fascino della scoperta

Corvi, cornacchie… che differenza fa? E se vi dicessimo che i corvidi comprendono ben 129 specie a loro volta suddivise in 23 generi diversi? E che ognuno di questi uccelli ha una voce propria e “parla” almeno due dialetti? Sapevate inoltre che nell’antica Roma i corvi erano considerati in grado di predire il futuro?
In un albo illustrato che unisce sapientemente divulgazione scientifica, curiosità, cultura e arte, Britta Teckentrup dedica oltre 160 pagine ai corvidi, famiglia di uccelli la cui esistenza si intreccia da secoli con quella dell’Uomo ma che spesso è ancora vista con diffidenza.

Scoprirete le differenze fisiche tra le varie specie di questi fieri e intelligentissimi uccelli, come riconoscerli dall’aspetto e dal loro richiamo, ma anche quali leggende hanno ispirato e come sono entrati nel nostro immaginario moderno attraverso cinema, letteratura e poesia.
Vi stupirà leggere dell’intelligenza della cornacchia assetata nella storia di Esopo, un brivido attraverserà la vostra schiena davanti alla poesia Il corvo di Edgar Allan Poe e vi precipiterete a guardare (o a riguardare) Gli uccelli di Hitchcock dopo aver ammirato l’illustrazione di Teckentrup ispirata al film. Attraverso capitoli tematici suddivisi in paragrafi chiari e sintetici, l’autrice condensa contenuti informativi precisi dai quali non mancano mai di risuonare note di entusiasmo per i suoi uccelli preferiti.

Tra rigore scientifico e divulgazione artistica

«I richiami dei corvi e delle cornacchie, per lo piú schiamazzanti o gracchianti, e il loro canto, simile a una conversazione, possono non risultare piacevoli e melodiosi, ma questi uccelli canori […] dispongono di un vasto repertorio di vocalizzazioni che include versi mono o polisillabici che ricordano stridii, grugniti, rutti, scricchiolii, crepitii, ronzii e persino il suono limpido di uno xilofono.»

Dopo i bestseller L’uovo e La penna, con ‘Di corvi e cornacchie’ continua la pubblicazione da parte di uovonero dei raffinati volumi di divulgazione dell’autrice tedesca, che uniscono il rigore scientifico con l’illustrazione artistica.
Attraverso una tecnica mista di collage e digitale, Teckentrup dà vita a pagine di grande espressività e intensità che trasmettono, grazie alla raffinatezza del tratto e a una palette pulita ed essenziale, atmosfere suggestive e sospese nel tempo, nelle quali sembra quasi di sentire i richiami dei corvi descritti nelle didascalie.
Un volume prezioso e ricco di contenuti che si rivela adatto a tutti i tipi di lettore: dal naturalista all’appassionato di illustrazione, da chi legge i libri tutti d’un fiato a chi ama assaporarne un capitolo al giorno.

Il libro è stato selezionato per la lista White Ravens 2022.«Le complesse e sfaccettate illustrazioni di Teckentrup da un lato mirano a catturare ogni dettaglio in pieno stile naturalistico, e dall’altro, con i loro forti contrasti, evocano una magia e una poesia tutta loro. Questo è un libro che invita il lettore a perdersi tra le sue pagine, è preciso nelle informazioni e ben costruito, e lascia finalmente anche a corvi e cornacchie la loro occasione di risplendere come stelle nel cielo.» White Ravens 2022

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Recensione di Di corvi e cornacchie su Interzona news

Interzona news - 26 luglio 2023

Corvi, cornacchie… che differenza fa? E se vi dicessimo che i corvidi comprendono ben 129 specie a loro volta suddivise in 23 generi diversi? E che ognuno di questi uccelli ha una voce propria e “parla” almeno due dialetti? Sapevate inoltre che nell’antica Roma i corvi erano considerati in grado di predire il futuro?

In un albo illustrato, tradotto da Maria Carla Dallavalle, che unisce sapientemente divulgazione scientifica, curiosità, cultura e arte, Britta Teckentrup dedica oltre 160 pagine ai corvidi, famiglia di uccelli la cui esistenza si intreccia da secoli con quella dell’Uomo. 

Vi stupirà leggere dell’intelligenza della cornacchia assetata nella storia di Esopo, un brivido attraverserà la vostra schiena davanti alla poesia “Il corvo” di Edgar Allan Poe e vi precipiterete a guardare (o a riguardare) “Gli uccelli” di Hitchcock dopo aver ammirato l’illustrazione di Teckentrup ispirata al film.

Attraverso una tecnica mista di collage e digitale, Teckentrup dà vita a pagine di grande espressività e intensità che trasmettono, grazie alla raffinatezza del tratto e a una palette pulita ed essenziale, atmosfere suggestive e sospese nel tempo, nelle quali sembra quasi di sentire i richiami dei corvi descritti nelle didascalie.

di Cosimo Rodia

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Recensione di Mio fratello è un custode

Uno sguardo al cielo - 7 luglio 2023

Nella letteratura indicata per l’infanzia e per l’adolescenza spesso le storie iniziano con la morte di uno, o entrambi, i genitori. Da un lato cesura di un vincolo necessario affinché il percorso di crescita, sradicamento e trasformazione avvenga. Dall’altro varco fisico e simbolico attraverso cui passare per una presa di coscienza della caducità della vita. A volte semplice artificio narrativo. Una scelta che ha differenti significati e sfumature non riassumibili in questa breve recensione. Un elemento interessante è come la morte di un familiare, ancora di più se un genitore, apra alla scoperta del passato. 

Mio fratello è un custode non è sicuramente quello che potremmo definire un libro sulla morte. Sicuramente si tratta di un romanzo che mischia sapientemente mistero, azione, ironia, scorci di vita quotidiana. Così come è altrettanto sicuro che ben racconta i lasciti familiari rimanendo, e questo è per me un pregio, nella letteratura di genere. Perché fa vivere, nonostante la cornice quasi irreale, tanto il piacere di far parte di una storia familiare più lunga di noi quanto il peso che questo comporta.

Alla morte del padre la famiglia Mars, composta ora da madre e i due figli Auguste, quattordici anni, e Césarine, più piccola, decide di trasferirsi nella meravigliosa tenuta dei nonni. 

Al dolore si unisce la paura del cambiamento.  Forse, soprattutto Auguste, più che altro spaventati dal cambiamento.

Effettivamente l’ingresso a scuola non è dei migliori e il ragazzino viene subito preso di mira dai soliti bulli letterari. Auguste però si sa difendere molto bene, ha studiato ju jitsu, per cui quello che lo lascia pensieroso è altro. E’ come se ci fosse qualcosa, un mistero, non chiaro che alcuni suoi compagni conoscono e lui no. Con l’unico problema che lui è l’oggetto di tutto questo.

Bastano poche, pochissime, pagine perché la storia raggiunga il suo primo bivio strutturale ed il varco è superato. 

Ecco così che Auguste e Césarine Mars scoprono che la propria famiglia fa parte di un’associazione millenaria che, proteggendo l’accesso alle conoscenze di ogni tipo, lotta perché gli esseri umani possano rimanere liberi di fare le proprie scelte. Al contrario di un’altra setta che si pone invece come obiettivo, banale a dirsi, di manipolare e controllare quelle conoscenze e scoperte utili a dominare il mondo. I primi si chiamano Lega degli Autodafé ed i secondi La confraternita. Grazie al genere narrativo ed alla scrittura Mio fratello è un custode ci fa scontrare, e ci permette di vivere, la scoperta di un dietro le quinte familiare totalmente inaspettato. C’è un passato che potremmo non sapere dietro i nostri genitori e che, senza neanche troppe difficoltà, potremmo non scoprire mai. Tanto Auguste che Cesarine si trovano a dover continuare le tradizioni della famiglia. Ad accettarne i valori, gli obiettivi e le responsabilità. Non sembra possibile scegliere, perché la mia famiglia ha sposato la causa giusta. Ma questo è anche il pensiero dei ragazzi che fanno parte dell’altra fazione. Tutte e tutti bloccati dentro un passato che diventa futuro. La morte del padre anziché liberare richiama all’adesione di questo passato. Limitando ed obbligando in una danza serrata la possibilità di essere altro. E’ un libro che porta a vivere il lascito, il passato familiare, attraverso le scelte concitate di Auguste e Cesarine. Non sono presenti particolari momenti di riflessione esplicitata in quanto questa è lasciata all’azione che attiva nella lettrice/ore domande ed interrogativi. 

Mio fratello è un custode, primo di una trilogia, si propone come un ottimo romanzo, con una scrittura ed una trama scorrevole e appassionante, capace di giocare con differenti generi di cui possiamo godere grazie alla traduzione 

Buona lettura.

di Emanuele Ortu

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Recensione di Divergente su Il salotto del gatto libraio

Il Salotto del Gatto Libraio - 21 luglio 2023

Appena ho preso tra le mani questo libro, nonostante ne avessi letto la trama, tutto mi aspettavo tranne che leggere questa bellissima storia riguardante i ragazzi neurodivergenti. Con ironia e delicatezza infatti l'autrice ha scelto di parlare attraverso un protagonista e la sua famiglia, dell'autismo, un disturbo dello sviluppo neurobiologico che spesso, ingenuamente, viene trattata come una malattia. 

Il protagonista di questa storia è Guillame, un ragazzo a cui è stata diagnosticata la Sindrome di Wing, e che tutti i giorni, è costretto a combattere contro l'ignoranza, l'ostilità, la diffidenza e la paura della gente. Perché sì, diciamocelo, quando qualcosa o qualcuno è diverso da noi, scatta subito quel meccanismo stupido e inutile di chiusura. Guillame ama chiacchierare del più e del meno ma soprattutto, ama parlare per metafore e questo è un altro motivo per cui spesso viene messo in disparte. Fortunatamente un incontro molto particolare, quello con Grace, una sua nuova compagna di scuola, riaccenderà quel pizzico di speranza nell'essere accettato dalla società.

Non voglio scendere in dettagli perché il libro, Divergente, è da leggere tutto d'un fiato ma Guillaume, è veramente un gran bel personaggio.
Autismo, Asperger, Autòs (stesso), tante sfaccettature di una diversità. Ma perché, non siamo tutti diversi gli uni dagli altri? Chi ha detto che i diversi sono loro e non noi? Difficile e complicato entrare in questo mondo che non è solo uno ma tanti e all'interno di questi tanti mondi altri pianeti. Poco ne sappiamo dell'autismo e a ogni spiraglio una scoperta nuova, cosa pensano, come ragionano, quali i meccanismi, che guidano ossessioni,compulsioni...

Sicuramente un tema enorme, complesso che spesso viene trattato anche male ma qui l'autrice con estrema delicatezza e complicità, ci parla di quel mondo e delle difficoltà con cui i famigliari si devono scontrare ogni giorno.

Victoria Grondin infatti con il suo stile accattivante e intrigante è riuscita a tenermi incollata al suo libro per tutta la durata della lettura. E anche se si intuisce il finale, sa come tenere il lettore con il fiato sospeso, passando, con abilità, dall’azione a momenti intensi e emozionanti.

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Recensione di L'architetto e l'albero su pinoboero.com

pinoboero.com - 16 luglio 2023

Geniale e controcorrente la figura dell’architetto protagonista di questo originalissimo albo: per salvare un albero che, senza sradicarsi, si è parzialmente rovesciato su un suo palazzo in costruzione, l’architetto riprogetta l’edificio con occhi nuovi, ne nasce una casa strana e contorta che segue e accompagna la vita dell’albero… c’è leggerezza nel pensiero e nei disegni che scandiscono la storia… un buon esempio di come contenuti seri (il rispetto della natura e non il suo asservimento all’urbanizzazione) possano essere veicolati a un giovane lettore.

di Pino Boero

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Non trovi le parole? Prova a dirlo in musica

Tuttolibri la Stampa - 8 luglio 2023

«  Non ho parole » è, spesso, il laconico commento al manifestarsi di accadimenti e comportamenti spiazzanti. Succede lo stesso con emozioni e sentimenti che, anziché allacciare vasi comunicanti, rimangono intrappolati sulla punta della lingua. Capita, però, che se non sgorgano le parole zampillino le note, a comporre le parole di musica per dirlo.
Vienna, primi del Novecento. La famiglia Wittgenstein è una delle più in vista e a papà Karl, affermato quanto autoritario industriale dell’acciaio, non va giù che alcuni dei suoi otto figli si lascino ammaliare dall’arte, anziché seguire le sue orme. Soprattutto Paul: lo dicono talentoso, ma che gusto ci prova a strimpellare quell’aggeggio con i tasti bianchi e neri? La determinazione di Paul a « fare musica », nonostante l’amputazione del braccio destro durante la prima guerra mondiale, lo racconta la sua mano sinistra « attraverso » la penna felice di Sante Bandirali. Che firma, per i bambini e non solo, Per mano, illustrato dalle splendide tavole di Gloria Tundo. E pro mano la sinistra prende idealmente la destra, nella palpitante esaltazione di un riscatto e di una rivincita vitalizzanti, durante l’ovazione per l’esecuzione del Concerto per mano sinistra che Maurice Ravel ha scritto proprio per Paul Wittgenstein. 

di Ferdinando Albertazzi

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Un tipo troppo preciso

La lettura - 2 luglio 2023

Eugenio è un tipo troppo preciso, maniacale, tira solo righe dritte, mette ogni cosa in ordine e costruisce edifici squadrati. Un giorno un colpo di vento fa cadere una grande pianta proprio in mezzo alla casa in costruzione. La sorprendente reazione del protagonista vale la pena scoprirla da soli sfogliando l'albo L'architetto e l'albero, scritto e illustrato da Thibaut Rassat.

di Severino Colombo

Storie di formazione e inaspettate amicizie

Alias - 24 giugno 2023

Finite le scuole anche le case editrici per giovani e giovanissimi si organizzano per la stagione estiva.

Per lettori e lettrici impegnati c'è Dacca toxic della francese pluripremiata Catherine Fradier. narra una nuova avventura dentro e fuori il Ricovero dove lavora la mamma di Sacha. Lei fa il medico in un'organizzazione umanitaria e gira il mondo, Sacha - che ha un disturbo dello spettro autistico - la segue nei suoi viaggi e incontra ogni volta nuovi amici.

Il volume segue il bellissimo Una piccola cosa senza importanza e si sposta dal Congo al Bangladesh. La storia è inventata ma le vicende sono vere: c'è sicuramente da qualche parte una Sultana che ha il volto sfregiato dall'acido delle concerie in cui lavora e forse ha anche un fratello che la vuole aiutare. Straziante la storia e straniato lo sguardo di una doppia differenza: quello di Sacha che racconta la vita con la sindrome di Asperger e quello di Sultana e suo fratello Dilip, lavoratori e sfruttati. Ma un'avventura che si rispetti ha comunque il lieto fine e l'amicizia trionfa, nonostante i poliziotti corrotti e un sindacato colluso.

di Lia Tagliacozzo

 

Le due vite di un concertista mancino

L'osservatore romano - 13 giugno 2023

Due braccia, due gambe, due occhi, due piedi, due reni. Il doppio ce lo portiamo dentro, strutturalmente presente nel corpo umano. Tutt’altro che mero doppione messo a punto in caso di necessità, cosa succede se uno dei due molla la presa?

Tratto da una storia vera, una possibile risposta a questa domanda è uno degli ul- timi libri usciti nella collana dell’editore Uovo Nero I Geodi (sassi tondeggianti apparentemente trascurabili che, se si sa come aprirli, nascondono al loro interno tesori di cristallo colorato). Nell’ambito di un progetto editoriale che presenta testi in grado di gettare uno sguardo diverso sul mondo, ecco Per mano (Crema, 2023, pagine 40, euro 16,50) di Sante Bandirali e Gloria Tundo. L’albo racconta la storia di Paul Wittgenstein (1887-1961), il pianista austriaco naturalizzato statunitense noto per le sue esibizioni con il solo braccio sinistro, avendo perso il destro dunque la Grande guerra.

Io narrante del libro è proprio la mano superstite, lei che, dopo aver smarrito il suo doppio a seguito dell’inevitabile amputazione, troverà comunque il modo di riportare il giovane alla musica: «Il mio Paul, a cui ero rimasta soltanto io, non era più nemmeno in grado di provvedere a se stesso. Ma era forte, il mio Paul, e a poco a poco cominciammo insieme a trovare il senso delle cose. Con me imparò a lavarsi. A radersi. A mangiare. A vestirsi. A tornare a poco a poco un uomo».

Conosciamo Paul bambino a Vienna nella casa in cui vive con la famiglia numerosa, ricchissima, infelice e talentuosa — ognuno dei 7 figli ha il suo talento (basti pensare a Ludwig, il futuro celebre filosofo). Anche la madre ha una grande sensibilità musicale, a differenza del padre duro e insofferente verso le velleità artistiche della prole.

È in questa casa che nasce l’amore di Paul per il pianoforte, ma è parimenti qui che questo amore rischierà di soffocare in un’infanzia molto tormentata. Il giovane protagonista ha, del resto, una caratteristica che lo mette in cattiva luce: è mancino. Siamo a fine Ottocento, all’interno di una cultura che considera ancora la sinistra la mano del diavolo, che vede nel non essere destrorso una disgrazia. E invece, sarà proprio questa la fortuna di Paul.

Musicista di talento già prima della guerra, è nel campo di prigionia in cui viene rinchiuso che Paul inizia a reimparare a suonare con una mano sola, dapprima su un pianoforte disegnato su una vecchia cassa lignea abbandonata, e poi su uno strumento sgangherato e scordato, ma comunque vero. La passione e il desiderio di esprimersi saranno tali da fargli compiere un altro grande passaggio: una volta liberato, infatti, Paul non si accontenterà di cercare di adattare al suo nuovo sé la musica scritta per due mani. Capendo che in questo modo l’assenza della mano destra si sarebbe percepita ancor di più, riuscirà a convincere alcuni dei più grandi compositori del suo tempo a ideare dei concerti su misura per lui. È l’inizio di un’incredibile carriera la cui forza risiederà proprio nel dare valore a quello che c’è, rifiutando di porre l’accento su ciò che manca. Seguendo questa strada, la musica di Paul Wittgene- stein sarà unica e perfetta.

Non che le cose siano state facili: scioccato dalla sua nuova condizione di persona con disabilità, a Paul servirà tempo, molto tempo per rimettersi in piedi. Ma la sua storia dimostra una verità incontrovertibile: è l’ambiente a creare la disabilità. Se l’ambiente si fa inclusivo, allora la disabilità da difetto di fabbrica, da mancanza, diventa una caratteristica.

Il rampollo di una delle più ricche e tragiche famiglie dell’impero asburgico è così al centro di questo albo crudo e poetico. Il doppio è anche questo: una mancanza, impossibile da dimenticare, in grado però di diventare un canto d’amore per la musica e la vita che germoglia proprio dove — a causa della frattura e della privazione — rischiavano di attecchire solo rabbia e odio.

di Silvia Gusmano

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La rabbia e il dolore

Lettura Candita - 24 maggio 2023

Lea, la protagonista di ‘Tanto amore non può morire’, di Moni Nilsson, è molto arrabbiata con l’amica del cuore Noa, che le ha parlato della partecipazione di sua madre al Galà del Cancro, un evento pubblico a sostegno della ricerca. In quell’occasione la mamma di Lea ha dichiarato di essere una malata terminale.
Lea sa bene che la mamma è in una fase della malattia senza speranza, ma non accetta l’idea che realmente possa morire e meno che mai può accettare che a ricordarglielo sia proprio l’amica del cuore. Per questo decide di odiarla con tutte le sue forze, perché finché odierà Noa, la mamma non morirà.
Lea spia dalla finestra l’amica che viene in visita con la madre, a sua volta amica della mamma. Tutte le volte che le vede arrivare, va a nascondersi dalla vicina; nonostante sia la sua migliore amica, praticamente una sorella, la evita in tutti i modi, lascia la amatissima squadra di calcio, si mette continuamente nei guai.
In tanti fanno fatica a sopportarla, tranne il timido Konrad, con cui si fidanza per qualche giorno.
Tutta la vita familiare è sconvolta dalla malattia: il padre trascura il lavoro e si fa crescere una folta barba, il fratello maggiore Lucas, talvolta permette a Lea di entrare nella sua privatissima stanza, dove suona con l’amico Abbe, di cui Noa e in parte anche Lea sono segretamente innamorate.
Col passare dei giorni, la parvenza di una vita normale si dissolve e cominciano a moltiplicarsi le ‘ultime volte’: l’ultimo ballo dei genitori, l’ultimo incontro di tutta la famiglia con le amiche del cuore della mamma, nominate madrine di Lucas e Lea, a sottolineare una continuità di amore che la morte non può interrompere.
La quotidianità di madre e figlia è fatta di confessioni, di silenzi complici, di consapevolezza che man mano cresce e di molte, inevitabili lacrime. Così come cambiano nel tempo i rapporti con gli altri familiari, perché poche cose uniscono le persone più di un lutto condiviso.
La mamma di Lea affronta l’avvicinarsi della morte con immenso dolore, per tutto quello che non potrà dare ai figli, che non potrà vivere con loro e cerca di lasciare quanti più ricordi è possibile, perché su quelli si fonderà quell’amore così grande che non può finire, lei mamma squalo che protegge le due bambine delfino.
Lea è una ragazzina forte, autonoma, determinata, come se ne incontrano spesso nella letteratura nordica; è un personaggio che alterna una visione infantile del mondo, in cui ancora resiste il pensiero magico, alla consapevolezza della perdita, fino alla capacità, davvero rara, di lasciare andare.
Questo romanzo di Moni Nilsson, tradotto con grande sensibilità da Samanta K. Milton Kowles, per i tipi di Uovonero, è a suo modo un romanzo esemplare nel saper trattare con delicatezza un tema tanto drammatico e spesso stigmatizzato nella letteratura per ragazzi. I personaggi sono destinati a restare nel cuore di lettrici e lettori proprio per la loro fragilità, incoerenza, rabbia. Nello stesso tempo si parla di morte senza eufemismi, senza inganni consolatori, parlando del dolore e del lutto per quello che sono realmente.
Moni Nilsson è una scrittrice svedese che ha ricevuto numerosi premi, fra cui l’Astrid Lindgren Prize. In Italia erano già usciti dei titoli della serie di ‘Tsatsiki e Ma’’, Pubblicati da Bohem Press.
Per il tema trattato, alcuni adulti esprimeranno perplessità, nonostante la letteratura per ragazzi sia costellata di orfani e di lutti, basti pensare ai bellissimi libri di Ulf Stark. Curiosamente, il lettore e la lettrice adulti oscillano fra richiedere improbabili libri ‘consolatori’, che li aiutino ad affrontare il tema del lutto con i bambini, al rifiuto totale di sfiorare l’argomento.
Ecco, questo secondo me, è un libro necessario proprio per rompere luoghi comuni e presunti tabù, anche se, probabilmente, non è un libro per tutti. Lo consiglio caldamente a ragazze e ragazzi a partire dagli undici anni.
 
di Eleonora
 

3 recensioni per piccoli lettori - Tanto amore non può morire

La svolta - 10 giugno 2023

Lea adora il calcio, i delfini e viaggiare con la famiglia, ma soprattutto stare con Noa, la sua migliore amica. Sono inseparabili fin da piccolissime, ma quando Noa le dice con schiettezza di aver visto la sua mamma dichiarare in tv di essere in fin di vita, comincia a odiarla. E si convince che se riesce a disprezzarla più di ogni altra cosa al mondo, sua madre, malata di cancro, non morirà veramente.

La rabbia di Lea per quello che le sta accadendo inizia a intaccare ogni aspetto della sua quotidianità: smette di andare a calcio, inizia a prendere a pugni i suoi amici e a voler passare le giornate da sola, o al massimo con l’anziana vicina Alma e il suo bassotto, che non le fa domande sui suoi sentimenti e sulle sue emozioni.

Nonostante tutto, però, deve andare avanti e sarà proprio sua madre a farle comprendere quanto sia importante trovare la forza di reagire e di amare, anche quando le cose non vanno come dovrebbero, e il primo passo potrebbe essere proprio fare pace con Noa.

Con un linguaggio diretto, istintivo e molto intimo, i sentimenti di Lea emergono in tutta la loro intensità dalle pagine scritte in prima persona, indagando tutte le varie fasi del lutto: la sofferenza, la gestione della rabbia, l’importanza dell’amicizia e della comunità nei momenti duri e della comprensione dell’altro, la voglia di essere normali e di non sentirsi compatiti.

Nella famiglia di Lea si scorgono tutti i possibili tipi di reazioni umane al dolore e all’elaborazione del lutto e Nilsson racconta ogni comportamento in maniera comprensiva e mai giudicante, usando le lenti di una ragazza che sta imparando a capire il mondo.

La morte, presentata come un elemento naturale della vita, per quanto difficile da comprendere, viene affrontata con un approccio laico e tanto spazio è riservato alle voci e all’affetto di tutti coloro che gravitano intorno alla mamma di Lea – le sue amiche più care, il marito, i figli, i vicini – rendendo il romanzo onesto, accessibile e utile per avvicinare i ragazzi alla delicata tematica del lutto.

di Caterina Tarquini

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Recensione di Tanto amore non può morire su Liberi leggendo

Liberi leggendo - 3 luglio 2023

Vivere una malattia non è mai facile specialmente quando ci sono figli e si cerca sempre di proteggerli dal dolore e dalla sofferenza. Ma la mamma di Lea sta per morire e nasconderlo non è più facile, il cancro non è più curabile, ma fino all'ultimo momento trasmette ai suoi figli tutto l'amore possibile.

Lea viene a sapere che la madre sta per morire dalla sua migliore amica Noa, sin da subito si arrabbia e la picchia, l'amicizia si inclina e comincia ad odiarla, perchè pensa che odiandola la madre non morirà.

Assurdo quella che pensa ma nella sua mente di bambina cerca di proteggersi da un dolore troppo grande da gestire per quell'età. Ha solo dieci anni e a casa sua si vive nella tristezza.

Eppure la mamma di Lea è una combattente, nei suoi momenti migliori viaggia con la sua famiglia, organizzano feste e cerca in tutti i modi di far sorridere i suoi familiari, specialmente la piccola Lea. 

In queste pagine si parla di morte ma anche di vita e soprattutto di tanto amore. Quello che vive Lea e il fratello maggiore Lucas, è quello che vivono molti bambini e ragazzi che si trovano ad affrontare la malattia di un genitore e poi anche la morte. Non è facile gestire un contesto del genere, la sofferenza a volte è troppa da sopportare, ma la dolce Lea ci fa capire quanto sia importante vivere l'amore della mamma sino all'ultimo ma anche oltre, perchè Tanto amore non può morire, perchè un sentimento così grande darà la forza, a chi resta, di continuare ad andare avanti, di avere forza e di non dimenticare, ma di ricordare i momenti belli con il sorriso.

Questo è un romanzo di resilienza e di coraggio, una storia che tocca il profondo cuore di chi lo legge. Mi sono commossa sin dalle prime pagine, non è stato facile leggerlo, ma sono queste le storie che lasciano tanto dentro. Lea si è tagliata la sua lunghissima treccia per donarla a chi fa parrucche per malati oncologici. Ecco un altro argomento importante del romanzo, Donare, quanto è importante poter dare qualcosa di se per gli altri, non si può descrivere. Donare arricchisce. 

di Rosalba Gervasi

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Recensione di Tanto amore non può morire su Hermes Magazine

Hermes magazine - 30 giugno 2023

In libreria dal 26 maggio e in anteprima al Salone Internazionale del Libro di Torino, Tanto amore non può morire di Moni Nilsson e tradotto da Samanta K. Milton Knowles. Con una scrittura semplice, d’impatto e venata di un quotidiano realismoMoni Nilsson scrive un romanzo sulla vita, sull’amicizia e su quell’amore che non può morire mai. La storia di Lea aiuta ragazze e ragazzi ad avvicinarsi a uno dei temi più difficili da affrontare, la perdita prematura di un genitore, usando il linguaggio delle loro emozioni.

“Le mamme degli altri sono al lavoro. La mia è quasi sempre a casa, da quando ero in prima. Dice che il suo lavoro è guarire. E amarmi dalla mattina alla sera.”

La trama

Lea adora il calcio, i delfini e viaggiare con la famiglia, ma soprattutto stare con Noa, la sua migliore amica. Sono inseparabili fin da piccolissime, ma quando Noa le dice con schiettezza di aver visto la sua mamma dichiarare in tv di essere in fin di vita, comincia a odiarla. E si convince che se riesce a disprezzarla più di ogni altra cosa al mondo, sua madre, malata di cancro, non morirà veramente.

La rabbia di Lea per quello che le sta accadendo inizia a intaccare ogni aspetto della sua quotidianità: smette di andare a calcio, inizia a prendere a pugni i suoi amici e a voler passare le giornate da sola, o al massimo con l’anziana vicina Alma e il suo bassotto, che non le fa domande sui suoi sentimenti e sulle sue emozioni.

Nonostante tutto, però, deve andare avanti e sarà proprio sua madre a farle capire quanto sia importante trovare la forza di reagire e di amare, anche quando le cose non vanno come dovrebbero, e il primo passo potrebbe essere proprio fare pace con Noa.

Un romanzo pieno di amore per la vita

Con grande delicatezza e intuizione, Moni Nilsson rappresenta uno dei più forti dolori che si possano provare, quello della perdita prematura della mamma, in un romanzo coinvolgente, pieno di luce e di amore per la vita. Con un linguaggio diretto, istintivo e molto intimo, i sentimenti di Lea emergono in tutta la loro intensità dalle pagine scritte in prima persona, indagando temi fondanti come la sofferenza, la gestione della rabbia, l’importanza dell’amicizia e della comunità nei momenti duri e della comprensione dell’altro, la voglia di essere normali e di non sentirsi compatiti.

Quando siamo tornati a casa, la mamma si è ammalata di nuovo e ha perso tutti i suoi capelli ricci. Sulla sua testa lucida ho disegnato una razza che non è venuta benissimo, un delfino e un pesce a righe azzurre. Volevo che pensasse più al nostro viaggio che alla malattia. E anch’io. È più bello pensare alla Polinesia francese che al cancro.

La famiglia di Lea è un caleidoscopio che riflette tutti i possibili tipi di reazioni umane al dolore e all’elaborazione del lutto e Nilsson racconta ogni comportamento in maniera comprensiva e mai giudicante, usando le lenti di una ragazza che sta imparando a capire il mondo.

La  morte come elemento naturale della vita

La morte, presentata come un elemento naturale della vita, per quanto difficile da comprendere, viene affrontata con un approccio laico e tanto spazio è riservato alle voci e all’affetto di tutti coloro che gravitano intorno alla mamma di Lea – le sue amiche più care, il marito, i figli, i vicini – rendendo il romanzo onesto, accessibile e utile per avvicinare i ragazzi alla delicata tematica del lutto.

“‘Posso darti una mano?’ Chiede Lucas mentre sto dipingendo la bara in soggiorno, dove stava il letto ospedaliero della mamma. ‘Sì’ rispondo. Dipingo squali, delfini e razze. Dipingo il grande castagno sulla collina nel parco […] Lucas e io dipingiamo. E dipingiamo. E ascoltiamo la sua musica preferita. Per giorni e giorni. Torniamo alla vita dipingendo. La mamma è dappertutto.”

 

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Recensione di 30 giorni per capire su Ascoltando le figure

30 giorni per capire … è una collana di te libri acquistabili anche insieme in cofanetto che aiuta i lettori, attraverso una challenge di trenta giorni a mettersi nei panni di chi ha la difficoltà di cui parla il libro.

I tre titoli sono:

30 giorni per capire l’autismo

30 giorni per capire i disturbi visivi

30 giorni per capire i disturbi d’apprendimento

Scopriamoli insieme…

La struttura dei libri

Ogni libro è composto da:

  • Una breve introduzione;
  • 24 sfide che vi metteranno alla prova in modo inaspettati;
  • 6 approfondimenti per capire come organizzazione e gentilezza possano attenuare le difficoltà

In totale questo è un viaggio di 30 giorni per entrare nei panni degli altri capendone specificità e ricchezze.

Le sfide sono tutte diverse tra loro e pur partendo da situazioni reali non le riproducono, ma le rivisitano in modo giocoso e creativo per stimolare la riflessione.

  Fai girare il criceto

Dopo ogni attività c’è la sezione “fai girare il criceto” che contiene domande stimolo per riflettere sull’attività della challenge e alla fine un piccolo test che aiuterà il lettore a capire, ed approfondire, quanto appreso in questo percorso.

Un esempio di attività per ogni libro

30 giorni per capire l’autismo

Da questo libro vi propongo il giorno 4 chiamato Antistress challenge. L’attività è strutturata così:

  • C’è il tutorial per creare una pallina antistress
  • Fai girare l criceto ci fa riflettere su cosa facciamo quando siamo sotto stress
  • L’apprendimento ci spiega con esempi pratici cos’è lo stimming

Alla fine di ogni attività ci sono hashtag con cui si possono condividere le attività svolte sui social in modo che anche chi svolge il libro da solo possa entrare in quello spirito comunitario che è alla base del libro

 

30 giorni per capire i disturbi visivi

Da questo libro ho scelto l’attività Emoji Challenge. L’attività è strutturata così:

  • Gioco a tempo in cui devo trovare l’intruso
  • Fai girare il criceto ci fa riflettere sull’esperienza focalizzandosi sulle sensazioni corporali, le difficoltà, …
  • Partendo dalla citazione del libro “Dov’è Wally? ”si spiega ai ragazzi cos’è il campo visivo

 

30 giorni per capire i disturbi dell’apprendimento

Da questo libro ho scelto l’attività Movie Challenge. L’attività è strutturata così:

  • Gioco in cui bisogna trovare i titoli dei film scritti con gli emoticon;
  • Fai girare il criceto invita a riflettere sui vantaggi e gli svantaggi di leggere per immagini;
  • L’approfondimento parla del linguaggio visuale

 

A chi lo consiglio?

Questo è un libro molto interessante se giocato insieme ad altre persone con cui condividere le riflessioni che nascono dalle esperienze.

Oltre alla challenge che si può proporre a ragazzi dai 10 anni in poi può essere un ottimo strumento per gli insegnanti che possono prendere le attività, mischiarle ed utilizzarle nel modo più utile per i ragazzi che hanno davanti. Alcune attività le ho proposte anche a bambini di 7- 8 anni per creare riflessioni che pur non entrando nella specificità del disturbo sono servite per riflettere su alcune caratteristiche umane e soprattutto sulle differenze che ci sono in tutti noi.

di Silvia Pighetti

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Anteprima di Tanto amore non può morire su Satisfaction

Satisfaction - Maggio 2023

La svedese Moni Nilsson è una di quelle narratrici che dimostra come si possano affrontare tematiche non proprio facili e riuscire a veicolarle verso un pubblico di lettrici e lettori. Un pubblico che, diciamo, ancora non ha sfiorato gli undici anni. Un pubblico che va educato ai sentimenti, anche quelli apparentemente ingestibili.

Accade per esempio in Tanto amore non può morire (pagg. 139, € 16), romanzo che esce oggi in libreria per la casa editrice Uovonero.

Tradotto da Samanta K. Milton Knowles, racconta di Lea e di sua madre, che si sta consumando a causa del cancro da cui è stata colpita.
Lea, che è il personaggio principale oltre che voce narrante della storia, lo scopre quando a parlargliene è la sua migliore amica fino a quel momento. Noa – che in realtà si chiamerebbe Nora, ma da piccola aveva difficoltà a pronunciare la erre – l’ha vista in televisione, mentre presenzia al Gala del cancro, e glielo dice per trasmetterle il suo dispiacere. Ma basta questo perché Lea inizi a odiare Noa e a sfuggirla.

La odia con la stessa intensità con cui odia i dottori che non riescono a dare a sua madre «la medicina giusta». La odia come odia chiunque altro tenti di consolarla, intromettendosi fra lei e il risentimento rabbioso, irrazionale che la avvolge. La odia però con maggiore trasporto, diciamo.

In effetti perdere la madre all’età di dieci anni sarebbe una realtà durissima da affrontare per chiunque. Lea cerca di tamponare un evento così estremo cercando un gancio, un corrimano cui aggrapparsi. Lo trova nel momento in cui decide che odiare Noa è l’unico strumento per mantenere in vita la madre. Una speranza proveniente dalla più acuta delle disperazioni.

Ma attorno a questo dolore la vita continua a scorrere.

La casa di Lea è animata anche da un padre e da un fratello maggiore, Lucas. Anche loro cercano di fare fronte all’idea di dover perdere un affetto così grande, ma senza rifiutarsi al mondo anzi, mantenendosi come in osmosi con esso.

E poi, isolarsi non è possibile, nemmeno per Lea. C’è la scuola, la serata in discoteca, impegni da onorare, il sogno di andare nel mare del Sud per fare snorkeling.

Ci sono insomma momenti in cui tutto è dolore che si alternano a momenti di relativa tranquillità, dove le cose sembrano andare per il meglio. È in questi spiragli che Lea riesce a parlare in modo diretto con la madre o sentirle dire che è giusto «Non avere mai paura di dire quello che pensi. Non avere mai paura di niente». Perché «Non c’è tempo», la vita è breve e «Ci sono tantissime cose che non ho avuto il coraggio di fare e che ora non avrò il tempo di fare».

Scritto in prima persona, Tanto amore non può morire può essere definito come una educazione al sentimento della perdita, che costeggia una famosa poesia di Elizabeth Bishop. Centrato però per un pubblico che non può ancora percepire l’inevitabile finitezza delle cose. Appare inoltre come una cronaca ben calibrata, in presa diretta, dell’altalena emozionale che chiunque può provare in situazioni del genere.

La Nilsson, dalla sua, riesce inoltre a offrire personaggi che sanno di autentico, grazie al nitore dei dialoghi e a una sobrietà del racconto, due costanti che non vengono mai meno nello scorrere delle pagine. Nemmeno nei momenti in cui sarebbe più facile cadere nella retorica dei sentimenti, lasciando briglie sciolte alle soluzioni narrative più facili e retrive. Sinteticamente, potremmo dire che l’autrice in parallelo lascia molto raccontare al suo personaggio eppure ugualmente mostra. 

Soprattutto, nelle pagine di questo suo romanzo riesce a costruire una storia che fa emozionare senza scegliere vie preconfezionate, rivolgendosi oltretutto ai lettori più difficili al mondo.

di Sergio Rotino

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Recensione di Divergente su Accaparlante

Accaparlante - occhio sullo scaffale - 9 maggio 2023

Hanno un effetto spiazzante le prime pagine di questo romanzo che ci presenta un mondo capovolto dove è Guillaume ad essere considerato diverso perché affetto dalla rarissima sindrome di Wing. Mentre proseguiamo la lettura, catturati dalle sue parole, ci rendiamo conto che la descrizione dei sintomi corrisponde alle caratteristiche di un qualsiasi adolescente neurotipico mentre la quasi totalità delle persone ha caratteristiche riconducibili allo spettro autistico e la realtà è a loro misura. Il ragazzino è isolato, confinato in una classe speciale, che raccoglie casi difficili su cui gli insegnanti non fanno alcun investimento. Quando incontra Grace che dice di avere la stessa sindrome, le cose sembrano cambiare. Ma in questo romanzo niente è scontato.

di Annalisa Brunelli

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Recensione di Lilo su Accaparlante

Accaparlante - occhio sullo scaffale - 9 maggio 2023

È un cane la voce narrante di questo romanzo in cui, mentre racconta che si vergogna moltissimo delle sue zampe cortissime e che si sente molto brutto, ci mostra la sua padroncina, una bambina spaventata da strani messaggi sul cellulare, e una coppia di nonni affettuosi che si troveranno alle prese con il suo disagio e un ictus improvviso. Il cagnolino, che percepisce le difficoltà della bimba, coinvolge altri cani e dà il via ad un’indagine serrata che permetterà di scoprire il mistero.

di Annalisa Brunelli

Recensione di Il mondo è rosso su Accaparlante

Accaparlante - occhio sullo scaffale - 9 maggio 2023

Un albo illustrato che riesce nella difficile impresa di raccontare la rabbia attraverso immagini potenti e un testo profondamente poetico. Un testo che racconta cosa può provare un bambino quando la rabbia lo travolge. Non ci sono sgridate, né inviti alla calma in questo albo, tutt’altro. L’autrice suggerisce di lasciar uscire tutto quello che in quel momento ci sta travolgendo perché solo così si può andare oltre e scoprire che “adesso è uscita tutta, che gran liberazione! Sospiro di sollievo, s’è spento il mio monsone, si sente aria pulita, il mondo è rischiarato. Il mostro è ormai svanito, il drago se n’è andato”.

di Annalisa Brunelli

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Recensione di Per mano su Accaparlante

Accaparlante - occhio sullo scaffale - 9 maggio 2023

“Quella sera qualcuno parlò di vendetta. Altri di rivincita. Altri ancora dissero che quella tragedia era stata la mia fortuna. Non fu niente di tutto questo. Fu semplicemente un atto d’amore”. È una mano che racconta, più precisamente la mano sinistra di Paul Wittgenstein, un eccellente pianista che aveva perduto la destra in guerra. Sullo sfondo delle ricche decadenti famiglie austriache e dei conflitti mondiali, l’albo ripercorre una storia di apparenti sconfitte e di rinascita. La storia vera di un uomo che seppe rialzare la testa e decise di continuare a suonare, ottenendo un enorme successo.

di Annalisa Brunelli

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Dove sei, piccolo Giulio? su Accaparlante

Accaparlante - occhio sullo scaffale - 9 maggio 2023

Poche parole e illustrazioni delicate ci guidano alla ricerca di un bambino che pare perdersi fra gli alberi, nel traffico, che pare nascondersi ma non sa dove fuggire. L’immagine di Giulio replicata più e più volte nelle pagine che scorrono ce lo mostra smarrito, spaventato, insicuro. Ma non è solo, la sorella e la mamma sanno dove trovarlo per portarlo al sicuro. Un racconto per immagini che prova a trasmettere le sensazioni che prova un bambino con autismo nel suo approccio con il mondo.

di Annalisa Brunelli

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Recensione di Per mano su Più in cielo che in terra

Più in cielo che in terra - 18 maggio 2023

“Tutti volevano vedere il pianista con un braccio solo”.

Questa è la storia di Paul, figlio di un ricchissimo industriale austriaco dalle rigide e limitate vedute, pronto ad osteggiare i desideri artistici del proprio figlio.

La narrazione, raccontata dalla mano sinistra del protagonista, ci trascina in un ampio lasso di tempo che parte dalla prima infanzia sino ad adultità, descrivendo la cupezza di una guerra alla quale Paul dovrà cedere un braccio, ma non certo la forza di essere, resistere e diventare.

Scritto con accortezze espressiva da Sante Bandirali, la nuova uscita di Uovonero si ispira alla vita di Paul Wittgeinstein che, nonostante l’amputazione del braccio destro, decide di continuare a suonare il proprio amato pianoforte, scrivendo riduzioni di brani per la sola mano sinistra e collaborando con famosi compositori per la realizzazione di brani ad hoc.

La storia, simbolo di resilienza, rivalsa e coraggio, porta a noi le illutrazioni di Gloria Tundo, definite da cromatismi cupi, dominati da grigi, beige, verdi e marroni, atti a rappresentare una storia emozionante, in cui il coraggio e la determinazione trascinano con sé la drammaticità di una vita ricca di ostacoli ed impedimenti.

Insomma una storia in grado di commuoverci e al medesimo tempo stimolarci a non arrenderci mai.

di Loris Gualdi

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Intervista a Letizia Anelli su Il posto delle parole

Il posto delle parole - 23 maggio 2023

a cura di Livio Partiti

Recensione di Dove sei, piccolo Giulio? su Librimanent

Librimanent - 18 maggio 2023

"In realtà non so dove sei per davvero”.

Giulio, talvolta si perde, si nasconde.. altre volte non si sa bene come raggiungerlo, perché non è sempre facile ritrovarlo, ma sua sorella sa come fare, proprio come sua mamma.

Giovanni Colaneri riesce a descrivere in maniera semplice e allegoria la complessità emozionale dell'autismo, attraverso semplici e brevi frasi, qui accompagnate da acquerelli definiti volutamente da pochi dettagli. Illustrazioni surreali, dominate dalla vacuità di un pattern neutro, simbologie e destabilizzanti deformazioni, specchio di una realtà difficile da accettare e percepire.

di Loris Gualdi

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Punti di vista

Lettura candita - 12 maggio 2023

Sappiamo bene come una storia possa essere raccontata in modi diversi, a seconda del personaggio che la racconta; in ‘Divergente’, firmato dalla canadese Victoria Grondin e tradotto da Sante Bandirali per i tipi di Uovonero, il punto di vista è radicalmente ribaltato rispetto alla consuetudine. Guillaume, il protagonista, è affetto da una rara sindrome neuropsichiatrica, la sindrome di Wing; già da piccolo dimostra la sua diversità rispetto al fratello gemello, esempio di perfezione, mostrando tutta la sua caoticità in un mondo prevedibile ed ordinato. Una volta cresciuto, è stato costretto, lui che usa le metafore, ha bisogno della calcolatrice per fare dei calcoli, ad indossare sette braccialetti verdi che indicano l’assenza di qualsiasi propensione verso una specifica disciplina. È un ‘divergente’, diverso da tutti gli altri che risultano ‘convergenti’ verso una determinata abilità, contraddistinta dai braccialetti rossi. È irrazionale e poco obiettivo e non ha interessi che assorbano tutta la sua attenzione, ma ama guardare negli occhi le persone e scoprire le loro storie.
La famiglia è costernata e prova tutte le possibili cure, gli accorgimenti che consentano al ragazzo di sopravvivere da divergente in un mondo di convergenti. Guillaume ci prova, anche se si sente carente; sa che nessuno crede che potrà mai fare qualcosa di significativo in futuro; l’unico segno di speranza è rappresentato dall’incontro con una ragazza, Grace, che sembra simile a lui e condivide in particolare la stessa passione per il jazz e il blues, che coltivano frequentando il negozio di vinili di Izayah. Può davvero un amore, ammesso che sia autentico, riscattare una vita da ‘disabile’?
Spero che a questo punto sia chiaro il punto di vista di Guillaume: è un soggetto divergente in una società in cui la normalità è rappresentata da soggetti con diverse forme di autismo; quello che per noi, lettrici e lettori, è normale, in questo romanzo breve diventa l’anormalità, la sindrome che va accettata e gestita, ma che rappresenta comunque uno stigma.
L’escamotage del ribaltamento di situazione consente all’autrice di metterci di fronte al nostro stesso pregiudizio, alla diffidenza che proviamo di fronte a persone che non consideriamo ‘normodotate’. E così non possiamo che immedesimarci nella solitudine del ‘diverso’, laddove, al di là delle prestazioni mentali più o meno eccezionali, siamo pronti a ghettizzare le persone autistiche senza nemmeno provare a comprendere come sia il mondo dal loro punto di vista.
Il punto di vista di una persona affetta da una delle manifestazioni dello spettro autistico l’abbiamo incontrato (e amato) ne ‘Il mistero del London Eye’, capolavoro di Siobhan Dowd: lì con Ted, indimenticabile protagonista del romanzo, abbiamo scoperto le difficoltà e le abilità di un ragazzino che non può essere considerato normodotato. Abbiamo, almeno parzialmente, imparato cosa significa dover gestire le proprie difficoltà in un mondo che non si pone nemmeno il problema di venirti incontro ed accoglierti.
In ‘Divergente’ il nostro protagonista scopre a sue spese quanto sia dura la condizione di chi non è come gli altri, al di là dell’affetto e delle buone, o presunte tali, intenzioni. Rispetto ad altri romanzi basati su questo meccanismo del ribaltamento, usato per esempio da Nicola Brunialti in ‘Saturnino’, qui non c’è proprio un finale consolatorio, quanto una fotografia nitida non solo dei pregiudizi, ma anche dell’intangibilità di un sistema sociale che i ‘diversi’, variamente declinati, li esclude.
L’autrice si è occupata a lungo di neuropsicologia e in particolare di autismo; si percepisce la competenza nel descrivere i protocolli, le terapie, le strategie comportamentali studiate per permettere alle persone autistiche, o almeno ad alcune di esse, di vivere degnamente in un mondo di normodotati.
La lettura, punteggiata da numerosi riferimenti alla musica jazz, è scorrevole e coinvolgente, ma non per questo può definirsi ‘facile’; può invitare a riflessioni più attente e consapevoli rispetto al mondo della ‘diversità’ . Consiglio caldamente la lettura a ragazze e ragazzi a partire dai tredici anni.
 
di Eleonora
 

Intervista a Giovanni Colaneri su “Dove sei, piccolo Giulio?” a Il posto delle parole

Il posto delle parole - 15 maggio 2023

La storia emozionante del piccolo Giulio, di una sorella che lo capisce e di una mamma che riesce a vederlo.
Dopo il successo di Che cos’è una sindrome?, Giovanni Colaneri torna a raccontare la diversità con un albo illustrato profondo e immediato.
Dov’è finito il piccolo Giulio?
È proprio qui?
Si nasconde?
Si è smarrito in un bosco?
Dovunque sia finito, il piccolo Giulio sarà sempre ritrovato.
Le difficoltà relazionali di Giulio vengono mostrate attraverso illustrazioni simboliche ed evocative di grande effetto. Giulio è piccolo, spaesato, evanescente, si perde in un’antica foresta, rimane incastrato nel traffico di macchinine giocattolo, si nasconde in una bottiglia come il messaggio di un naufrago. Fino a quando la sua strada intreccia quella di sua sorella e di sua madre; allora, come corpi celesti che intersecano per un attimo la stessa orbita, si scoprono parte del medesimo universo, sconfinato come un abbraccio.
Un albo illustrato che, in un’armoniosa sintonia di frasi brevi e immagini dettagliatissime, offre uno sguardo semplice e delicato sul mondo estremamente complesso dell’autismo.

Ascolta il podcast

Di meduse e di vacche

Lettura candita - 15 maggio 2023

"'Non voglio ferirti Sacha, ma in certi momenti sei così... bizzarro. È chiaro che sei molto intelligente, dipende da qualcos'altro...' 
'Da una neurodivergenza. Sono autistico. Un autistico di livello 1.' 
'Che roba è?' 
'È una forma di autismo senza deficit di intelligenza, né ritardo nel linguaggio. Significa avere difficoltà a comunicare, a comprendere i codici sociali, a decifrare le emozioni. Questa è anche la spiegazione del mio interesse e della mia tendenza ad appassionarmi esageratamente a temi molto specifici. E spiega molte altre cose...' 
Di colpo mi sento esausto, resto in silenzio. E mi alzo in piedi. 
'Vado a dormire, questa conversazione mi ha fatto stancare. Buona notte Sultana.'" 
 
Sultana è una ragazzina ricoverata nel Rifugio, il campo base in cui la madre di Sacha, medico, opera. Sacha segue sua madre in tutte le sue missioni all'estero, dal giorno in cui lei ha deciso di ritirarlo da scuola perché vittima di feroci atti di bullismo. 
A Parigi, madre e figlio, ci stanno ben poco: la maggior parte del tempo sono in giro per il mondo a cercare di portare aiuto dove ce ne sia bisogno. 
Ora sono Dacca, capitale del Bangladesh. Megalopoli inquinata e piena di contraddizioni sociali. Quella con cui madre e figlio Sourieau entrano in contatto è lo slum di Hazaribagh, in cui c'è la più grande conceria a cielo aperto del Bangladesh, ne raccoglie al suo interno almeno novanta. 
Condizioni di lavoro impensabili, inquinamento da prodotti tossici e bambini, soprattutto bambini sfruttati che ci lavorano almeno dodici ore al giorno per sette giorni la settimana. Bambini la cui pelle si brucia con gli acidi che maneggiano senza nessuna precauzione. Aria mefitica per i prodotti per la concia e per l'assoluta mancanza di una qualsiasi norma igienica della baraccopoli che è sorta intorno alle concerie. 
Un inferno. Che la madre cerca di risparmiare a Sacha il quale, nel centro, fa la sua vita di sempre, con la sua tenda Quechua, in cui rintanarsi, con Sophie che ne coltiva l'istruzione e ne riempie le giornate, quando sua madre è fuori per prestare il suo aiuto sul campo. 
Ma se Sacha viene prudentemente tenuto lontano da quell'orrore quotidiano, è proprio quello stesso orrore che gli si para davanti con l'arrivo di Anil prima e di Sultana poi. 
Sono entrambi reduci di incidenti alla conceria, entrambi arrivano in condizioni disastrose e senza più voglia di andare avanti: Anil ha perso le gambe e Sultana è stata colpita da uno schizzo di acido sul viso, che le ha fatto perdere un occhio e le ha sfigurato la parte alta del viso. 
Per scalfire il silenzio e la depressione di entrambi entra in gioco Sacha e il suo libro sulle meduse che ha il merito di 'riaccendere' Anil, che presto torna nel gruppo e lascia l'infermeria. 
Mentre il silenzio e la totale apatia di questa ragazzina si interrompe, per incanto e in modo del tutto inatteso, con un sorriso e una mano che si protende verso di lui, con una richiesta precisa nei suoi confronti: basta parlare di meduse... 
Questa è la storia piuttosto avventurosa di una neurotipica sfigurata dall'acido e un neurodivergente che si impegna parecchio perché lei in quella conceria non ci debba più tornare. 
 
Una bella conferma, dopo Una piccola cosa senza importanza che nel 2021 si era rivelato già molto convincente per diverse ragioni. 
Le stesse ragioni che rendono anche questo secondo titolo qualcosa di molto particolare, letterariamente parlando. 
Qui in modo ancora più evidente che nel primo romanzo, Catherine Fradier fotografa una realtà, anzi due, anzi tre con una lucidità che sa essere anche maledettamente dolorosa. 
Lo sguardo divergente di Sacha, che continua ad avere la sua tenda rifugio, che continua a non mangiare cose marroni, è lo sguardo dominante che attraversa la storia a cui Fradier - andando dritta per la sua strada - abitua i suoi lettori. 
A questa nuova prospettiva di visuale ci si conforma immediatamente, arrivando addirittura a convenire, al fianco di Sacha, che il nostro modo di ragionare da neurotipici non è sempre il migliore e il più efficace. 
Il valore benefico di questo sguardo non credo di doverlo spiegare. 
La seconda realtà consistente che qui viene messa in luce è la situazione dello sfruttamento del lavoro minorile e contemporaneamente le condizioni di inquinamento in cui questi piccoli schiavi si trovano costretti a vivere. Così il caso di Dacca diventa, con le sue crudezze, bandiera di molte altre tremende realtà in cui l'infanzia viene sfigurata. 
Ecco, se qualcuno fosse in cerca di letteratura d'evasione, questo non è il libro adatto. 
La terza realtà che Catherine Fradier mette sulla pagina, ci riguarda ancora più da vicino. Quella che all'inizio sembra essere una storia marginale, laterale rispetto alla situazione delle concerie di Hazaribagh e alla storia-guida di Sultana, irrompe nella seconda metà del libro e lasciando una forte traccia di sé. 
Il fratello di Sultana, Dilip, non lavora come la sorella in una conceria, ma in un mattatoio ed è intorno a questo luogo di sangue e dolore che ruota la parte avventurosa, cui Tradier non rinuncia mai. 
Nonostante la costruzione narrativa non lasci scampo al lettore che resta incollato alle pagine che corrono verso il finale, travolgendolo, ecco, nonostante questo, mentre si è lì che si corre sui risciò attraverso le strade notturne di Dacca, si attraversano incolumi fiumi di liquami e scarti chimici tossici, arriva - una mazzata alle spalle che ci atterra. 
 A tutti quelli che si aspettano che la letteratura sia palestra indolore in cui allenarsi alla vita, beh, sappiano che non è sempre così. 
Se se ne vuole uscire incolumi, in fondo basterebbe chiudere il libro e fare altro. 
Ecco, così come già mi era capitato con Safran Foer, Se niente importa, anche ora con Tradier - che peraltro proprio da Safran Foer si dice illuminata - se chiudo il libro, non riesco a fare altro. 
La mia coscienza è lì che mi guarda e allora faccio voto di non voler più avere una bistecca davanti. Mai più. 
Duro, crudo, impietoso (è forse l'unico modo per accendere l'attenzione di un popolo di 'distratti' e scuotere le loro coscienze?) è il racconto di una notte in quel mattatoio da parte di Sacha che ne attraversa i tremendi meccanismi di morte, guardandoli e raccontandoli con quella precisione matematica che caratterizza il suo modo di mettere in ordine i fatti. 
Talmente indicibili, che è meglio scriverli in uno dei suoi tanti Moleskine. 
Un libro necessario. 
 
 di Carla Ghisalberti
 

Recensione di Il germoglio su Il talento di Roma

Il talento di Roma - 27 aprile 2023

Il Germoglio che non voleva crescere, altro albo illustrato che porta la firma di Britta Teckentrup, autrice e illustratrice tedesca, è fra le sue piccole meraviglie pubblicate da Uovonero edizioni. Riconosciuta in tutto il mondo, viene tradotta attualmente in 20 paesi e riempie parte degli scaffali di molte librerie.

A tratti “superate”, le sue storie sono per gli adulti qualcosa di troppo semplice e ovvio, ma per i bambini sono uno splendido specchio sui loro mondi interiori.

Il Germoglio che non voleva crescere, Britta Teckentrup, Uovonero edizioni. Foto di Ylenia Del Giudice

La trama è semplice, un piccolo germoglio che impiega tempo e non cresce come e quando deve, tutti sono più avanti in questo grande campo, ma lui resta rintanato. Poi, all’improvviso, spunta dal terreno in cerca di uno spicchio di luce, quasi completamente divorata dalle altre piante.

Arriva in alto questo germoglio, arriva lì dove la coccinella e la formica non avrebbero mai immaginato. Tutto è incantevole e pieno di vita, fin quando si affaccia l’autunno che avvia le foglie gialle e poi rosse e poi morte; fin quando arriva l’inverno col suo vento e la sua neve che spegne quel trionfo di colori. La morte sembra avere la meglio, ma qui basta il vento a trasportare polline e altri semi, pronti per germogliare quando lo riterranno più opportuno.

Il Germoglio che non voleva crescere, estratto. Foto di Ylenia Del Giudice

Questione di tempo del germoglio

Una questione di tempo quella del germoglio, che riflette anche il nostro bisogno ma anche una capacità persa, il saper attendere. 

Il Germoglio che non voleva crescere, proposto da Uovonero su una carta spessa e opaca, rimarca la linea già sottile che distingue i libri per bambini da quelli per adulti. Gli interrogativi che nascono pagina dopo pagina sono attuali: perché se non nasce insieme agli altri, allora non vuole nascere? Perché ci si innamora di chi ha un suono diverso, sembra più piccolo e indifeso? Perché l’inverno, con le sue metafore, ci fa paura?

Un albo illustrato specchio di una società che vuole tutti sullo stesso livello sempre più alto, che non sa più attendere il passo dell’altro, che ha paura della fine.

di Ylenia Del Giudice

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Recensione di Divergente su Bookblister

Libri a Colazione (Bookblister e  Radio 105) - 29 aprile 2023

Ascolta il podcast!

“Quando la sveglia si mette a suonare, alle 7 del mattino, esco dal letto a fatica. Cammino mezzo addormentato fino alla tabella, all’ingresso della mia stanza, dove osservo i logogrammi che indicano il programma della mia giornata. Lo faccio più per abitudine che per un reale bisogno, visto che conosco a memoria la successione degli eventi. Questo venerdì sarà come tutti gli altri. Senza sorprese.”

Guillaume si muove in un mondo ordinato, governato da regole precise, in cui tutti paiono al proprio posto. Non ci sono sfumature, metafore ma solo informazioni. C’è il bianco e c’è il nero. E se capita un problema? Basta consultare la app della GPS cioè la “guida ai problemi e alle soluzioni” e sullo schermo comparirà il protocollo adeguato.

Tutti indossano al polso sette braccialetti, uno per ogni senso: gusto, olfatto, vista, tatto, udito, propriocettivo (che permette la percezione del corpo e delle membra) e vestibolare (il senso dell’equilibrio e il rapporto con lo spazio circostante). Tutti li indossano perché, tutti, hanno delle peculiarità sensoriali. Hai il braccialetto dell’udito rosso? Significa che non sopporti i rumori improvvisi, forti. Porti il braccialetto della vista rosso? Il tuo problema sono i colori, certi colori, la luce…

Guillaume indossa sette braccialetti verdi perché lui non ha difetti sensoriali. E questo è il primo indizio, evidente e sotto gli occhi di tutti, della sua diversità.

È stato infatti subito chiaro ai suoi genitori che fosse un bambino diverso e così dopo interminabili test, questionari, giochi, domande… Kessy Grandin, la neuropsicologa che lo ha preso in cura, ha emesso il verdetto: sindrome di Wing. Un disturbo davvero molto, molto raro visto che Guillaume è il paziente 009.

Il che vuol dire che lui non sarà mai un genio dell’informatica, non avrà mai una memoria eccezionale, né un talento smisurato per i numeri, camminerà in modo sciolto, senza rigidità alcuna, parlerà per tutta la vita con un accento curioso e lo farà in modo strambo. Riuscirà a sopravvivere ma sarà sempre diverso.

E così Guillaume studia in una classe minuscola, sono solo in dodici, dodici incapaci, i divergenti. Secondo i test scolastici non hanno alcun talento particolare da sfruttare. Scaldano quindi una sedia, fintantoché non si troveranno un lavoro che preveda compiti banali, perché quelli interessanti sono per i convergenti.

E quando tutto pare scritto e immutabile, ecco che nella vita di Guillaume entra una variabile eccezionale. Ama la musica, l’improvvisazione, parla e ascolta con cura ed è grazia pura, di nome e di fatto.

Come Saramago aveva fatto in Cecità Victoria Grondin immagina un mondo in cui ciò che consideriamo “normale” diviene l’eccezione, mettendo così a nudo l’imbarazzante perbenismo, l’inautenticità con cui tendiamo a trattare le differenze. Perché vogliamo guarirle non accoglierle, incapaci di comprendere che forse bisognerebbe cambiare il mondo e non le persone.

Il libro è indicato per 10+ ma è una di quelle preziose letture da condividere, altrimenti detto: fingi di prenderlo per i più piccoli, ma in realtà lo compri per te (imperdibile la discografia alla fine!).

di Chiara Beretta Mazzotta

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Recensione di Dove sei, piccolo Giulio? su Interzona news

Interzona news - 28 aprile 2023

Un albo illustrato che esplora il complesso mondo dell’autismo con uno sguardo semplice e delicato.

 Dov’è andato Giulio? Si nasconde, si smarrisce in un bosco o tra tante colorate macchinine, si fa piccolo piccolo, anche più piccolo di un pesce rosso, e poi diventa il centro di un universo lontano.

 Le difficoltà relazionali di Giulio vengono mostrate attraverso illustrazioni simboliche ed evocative di grande effetto. Giulio è piccolo, indifeso, spaesato, tormentato, si perde tra le macchine giocattolo, si nasconde in una bottiglia. Fino a quando sua sorella prima, e sua madre poi, riescono a entrare nel suo “universo”, come corpi celesti che intersecano, anche solo per un attimo, la sua orbita.

 Alle illustrazioni dettagliate che descrivono il mondo enigmatico di Giulio fa da controcanto un testo composto da frasi brevissime che rappresentano la prospettiva di chi il bambino lo osserva da fuori e cerca uno spiraglio per avvicinarsi.

 Nelle tavole dai toni pastello molto spazio è riservato al bianco, luogo delle possibilità ed elemento grafico che favorisce la riflessione: nel bianco spiccano le automobiline, i pianeti che diventano caramelle, il gelato in cui Giulio si immerge fino a scomparire, tanti oggetti della quotidianità tipici dell’infanzia che assumono qui dimensioni gigantesche e fungono da rifugio o nascondiglio.

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Parlare di diversità a bambini, ragazzi e non solo

ANAPIA nazionale - 28 aprile 2023

Come spiegare la diversità ai più piccoli? Ci hanno pensato case editrici come KiteUovoneroLavieri e altre con la pubblicazione di albi colorati e didascalici o con silent book che evocano, attraverso i disegni, emozioni e stati d’animo dei personaggi che ne costituiscono la storia. Sono grandi tavole impattanti per la loro creatività e per l’empatia che gli autori riescono a trasmettere sia ai più piccoli ma anche agli adulti, che possono utilizzarli per spiegare l’inclusione e la diversità non solo all’interno dei nuclei familiari, ma anche da un punto di vista sociale e didattico.

Albi per grandi e piccoli

Ad esempio, con “Dove sei, piccolo Giulio?”, edito da Uovonero Edizioni, Giovanni Colaneri ci porta ad accarezzare la complessa realtà del mondo dell’autismo. Ad accarezzare perché ogni pagina, con brevi didascalie, è delicata nei colori tenui e pastello su sfondo bianco, a creare illustrazioni simboliche ed evocative, attraverso linee decise che vanno a definire i tanti oggetti e i vari personaggi. Giulio si nasconde continuamente e si perde ora in un bosco e ora tra le macchinine colorate e, a volte, per nascondersi meglio diventa piccolo piccolo per infilarsi in una bottiglia o smarrirsi nell’universo o su una mongolfiera. Ma può perdersi cento e mille volte perché sua sorella saprà sempre dove trovarlo e la sua mamma sarà sempre pronta a vederlo e a proteggerlo con un abbraccio. Vediamo, sin dalle prime tavole, che Giovanni Colaneri si avvicina al mondo dell’autismo “da un punto di vista profondamente umano ed emotivo” e ci fa capire quanto siano importanti e necessarie la comprensione, la vicinanza e l’ambiente circostante che può diventare un rifugio accogliente e confortevole.

di Marianna Zito

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Recensione di Gabbie su Galline volanti

Galline volanti - 27 aprile 2023

Se avete letto La danza delle rane troverete in Gabbie aria di casa, non solo per la firma degli autori (Quarzo-Vivarelli), e non tanto nell’atmosfera, nel primo più rarefatta e nel secondo più misteriosa e dinamica, quanto nello stravolgimento di certezze assodate innescato dalle teorie dell’evoluzione di Charles Darwin.

Ebbene, in Gabbie, scritto in alta leggibilità e disponibile anche in audiolibro, siamo nel 1879 nella maestosa Torino dove all’Accademia delle Scienze, scenario di gran parte della narrazione, si accende il dibattito tra gli scienziati divisi sul conferire o meno un premio a Darwin. L’irruzione delle teorie di Darwin però, lo sappiamo, non sconvolge solo gli accademici ma anche tutto il mondo ecclesiastico e in parte civile.

Adatto dai 10/11 anni, il romanzo può rivelarsi facilmente gustoso per chi è attratto da storie a sfondo storico con sfumature di giallo-poliziesco. Scorrevole, avvincente il giusto e intrigante, presenta personaggi, trama e intreccio originali.

La coppia autorale è garanzia di qualità letteraria perché la loro scrittura è sempre curata, pulita e misurata, senza eccessi o inutili fronzoli.

Nel romanzo si entra in punta di piedi, quasi sbirciando da uno spioncino di un portone. Nella prima metà, gli autori danno forma e sostanza all’ambientazione storica e narrativa presentando i personaggi: noi lettori ci facciamo strada tra i fili rossi che, intuiamo, li collegano e iniziamo a collocarli in uno scenario storico-culturale più ampio.

Dalla seconda metà, con un doppio omicidio (quello di una scimmia rubata al circo vicino e quello di un professore dell’Accademia), il libro si tinge di mistero e indagini, intrecciando sempre più la rete di fili che si snoda tra vite, ambizioni e sogni personali, stravolgimenti e dibattiti collettivi.

Ecco dunque un libro dinamico che mette in scena molti e diversi personaggi, quasi come una pièce teatrale, tanto che non è semplice indicare un unico protagonista: forse Vittorio Bonaccorsi, il direttore dell’Accademia, uomo interamente dedito al lavoro in una fase però di grande cambiamento esistenziale? O forse Stefano, “il matto”, grande memorizzatore e osservatore di grande sensibilità, nipote del direttore, rifiutato dai genitori tanto da essere rinchiuso al Regio Manicomio? Se non fosse per Vittorio, lo zio, che deciderà di accoglierlo in Accademia per catalogare la Biblioteca… ma questo è già un pezzo di storia che mi trattengo dallo svelare. O forse Lisa, la giovane ragazza gentile e di mente aperta, che lavora nella trattoria?

La dinamicità si nutre anche di punti di vista multipli, poichè il nostro sguardo coglie punti di vista interni e variabili sui diversi personaggi ai quali sono dedicati singoli capitoli. Occorre affidarsi agli autori e darsi il tempo di costruire il mosaico di personaggi, scoprire le loro tridimensionalità, specificità ed evoluzione (niente paura: a inizio libro c’è un chiaro elenco e nei risguardi una mappa dei luoghi di Torino). Molti altri elementi, con mirabile discrezione e misura, si affacciano nelle pagine: la salute mentale nella sua dimensione sociale, il ruolo delle donne nella scienza, le dicerie e l’ignoranza, la Chiesa e il suo potere sul popolo.

Si conferma la capacità di Quarzo e Vivarelli di raccontare con una scrittura cristallina una storia frizzante e interessante dai plurimi riferimenti. Come dei piccoli deliziosi cammei, le illustrazioni di Peppo Bianchessi contribuiscono alla narrazione con lo stesso equilibrio e discrezione del testo scritto.

 

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Dove sei, piccolo Giulio? - I libri di Rai Radio Kids

Rai Radio Kids - 11 aprile 2023

Dove sei, piccolo Giulio? scritto e illustrato da G. Colaneri, Uovonero.

Un albo illustrato sulla complessità del mondo autistico.
Una armoniosa sintonia di frasi brevi e immagini dettagliate che offrono uno sguardo semplice e delicato sul complesso mondo dell'autismo.

Cura e regia di Isabella Carbone

Ascolta la presentazione di Dove sei, piccolo Giulio? su Rai Radio Kids

Recensione di Dacca Toxic su Milioni di particelle

Milioni di particelle - 7 aprile 2023

La storia ha inizio in un campo dove Sacha Sorieau vive con sua madre che lavora come medico per l’ONG. Si trovano entrambi a Dacca, capitale del Bangladesh e Sacha si trova a studiare con Sophie e a starsene quasi sempre rintanato al rifugio perché in passato ha ricevuto minacce di bullismo dai compagni di scuola ed è stato ritirato da questa visto anche il fatto che è autistico, con la sindrome di Asperger. Quando arriva Sultana e suo fratello Dilip, però, le cose per lui cambiano ed è costretto a mettere in dubbio tutto ciò in cui crede, tentando di aiutare degli amici.

Riuscirà Sacha ad aiutare la sua amica Sultana e cosa sta tentando di fare Dilip? Li troveranno? Sua madre glielo permetterà? Cosa subirà Sacha e cosa farà per proteggere i suoi amici e le cose a cui crede? Riuscirà a scendere a compromessi con se stesso, anche se è difficile?

Non prendo in giro Nirod, a differenza degli altri ospiti, nemmeno quando guarda un libro nel senso sbagliato o lecca la fotografia di un frutto sulla carta patinata di una rivista. E il motivo per cui non rido è che io stesso sono disabile. So cosa si prova quando gli altri ridono di te perché non si è data la risposta giusta o non ci si è comportati nel modo sbagliato.

La trama è lunga e particolarmente complessa, forse l’avrei abbreviata un pochino, vista comunque la lunghezza del volume non proprio esigua. E’ comunque esplicativa e di argomenti duri per dei bambini, quindi in ogni caso consiglio la lettura a ragazzini delle medie, visto l’argomento e le cose trattate, così che comprendano anche cosa significhino certe cose che sembrano scontate

La copertina è molto leggera, si vede il fiume che divide le due zone della città, di cui una molto più malfamata dell’altra e piena di pesticidi, acidi e spazzatura e in cui la gente muore molto più di frequente. Il colore predominante è il viola, che contrasta con il giallo del primo volume (di cui non ero a conoscenza ma che sarò ben felice di recuperare, visto questo volume – che in ogni caso può essere letto in maniera a se stante dal primo). Si vedono due omini stilizzati in lontananza fra le macerie e i rifiuti illustrati come dei pacchi colorati e delle immagini allegre, cosa che allegra non è, anzi. Si vede la barca e si vede la mucca, anch’essi stilizzati che fanno parte delle componenti di rilievo della storia stessa. Il titolo è un po’ lungo, almeno per quanto riguarda il sottotitolo. Il titolo principale mette il nome della città in cui la storia è ambientato e il Toxic che sta a rappresentare sia il tossico letterale in cui versa la città e le sue componenti, pericolose per l’uomo, sia in senso politico della società e della situazione del Bangladesh, visto che vige un sistema corrotto, in cui persino i bambini sono sfruttati, e tutti sono lasciati a se stessi. Il sottotitolo si sviluppa su una base che scoprirete una volta che deciderete di addentrarvi nel volume, non vi dirò altro. Trovo sia comunque carina come scelta generale.

L’ambientazione del volume, come ho detto già più volte è Dacca, la capitale del Bangladesh, mentre l’epoca che viene sviluppata sembra essere recente, contemporanea e abbastanza moderna. Non ci sono cose particolari che ce lo evidenziano, eppure così sembra.

La musica nelle cuffie si ferma nel bel mezzo del Libera me dal Requiem di Gabriel Fauré, diretto da Laurence Equilbey. Provo piacere ad ascoltare delle requiem, che siano di Liszt, Berlioz, Dvořák, Verdi, Gounod messe da o Brahms, anche se la mia preferita rimane senza ombra di dubbio quella di Mozart. Ma non le ascolto tutti i giorni perché finiscono per rendermi malinconico. Allora mi do alle sinfonie, con una predilezione particolare per quelle di Gustav Mahler, che mi trasportano in un altro mondo dove sono di volta in volta direttore, soprano, percussionista o violinista. Sophie ha provato in tutti i modi a farmi scoprire dei suoni che piacciono ai ragazzi della mia età, ma non è successo niente. Sono rimasti dei rumori. Semplici rumori.

personaggi di questa storia sono diversi, ma il protagonista narratore sé proprio il piccolo Sorieau, Sacha. I personaggi che si aggirano attorno a lui sono la dottoressa, ovvero sua madre che si occupa delle situazioni disagiate facendo parte delle ONG. C’è, molto importante per Sacha ma che vedremo poco, la figura di Sophie, l’insegnante che cerca di stimolarlo e aiutarlo nei momenti di maggiore difficoltà emotiva e quant’altro, e per questa storia subentrerà Sultana, una ragazza sfigurata al volto e alla vista per il lavoro con gli acidi all’interno delle strutture lavorative inadeguate, e suo fratello Dilip, robusto e forte che tenta di proteggere a tutti i costi sua sorella. Ma il personaggio principale è proprio Sacha, che si lascia amare con poco e del quale vi parlo subito:

Sacha è un ragazzino è intelligente, vivace e molto spigliato, conosce tantissime specie animali e sa intere tavole di numeri primi a memoria ma non riesce a comprendere l’ironia e fa difficoltà a scendere a compromessi davanti alle cose: non mangia cose troppo scure, si mette solo cose pulite e tanto tanto altro. Sacha è questo e tanto altro ma tutte le sue difficoltà o i suoi modi bizzarri di porsi con gli altri nascono dal fatto che ha uno spettro autistico.  Nonostante questo, è un ragazzino in gamba, non si lascia sopraffare troppo dalle cose seppur non gli piaccia l’improvvisazione ed è molto arguto, ha sempre la risposta pronta ed è un personaggio che vi sorprenderà.

Scoppio a ridere ma smetto subito, Dilip non ride affatto.  Spero di non averlo infastidito. Spesso offendo le persone perché dico le cose in modo diretto, esattamente come le penso. Mia madre sostiene che ho lo stesso tatto di un martello. Ma Dilip è arrabbiato per un altro motivo.

Il perno centrale del volume si concentra sulla vita a Dacca e sulle difficoltà che si hanno al suo interno sia come stile di vita che come tipo di società, oltre alla trama principale che si sviluppa su Sacha che tenta di aiutare un suo amico in difficoltà. E’ una storia che denuncia la mafia, la corruzione, il lavoro minorile, il lavoro in situazioni precarie, la stabilità economica, la povertà di un paese e come questo viene mantenuto, in cattività con persone che muoiono ai bordi della strada per l’aria che respirano e per i liquidi che ingeriscono. Un libro che non è solo un volume per ragazzi, ma è molto di più.

Lo stile utilizzato per questa storia è molto candido, fluido e piacevole. Il tutto sia per una questione di font di stampa che garantisce una lettura anche ai più piccoli, sia per il personaggio di Sacha che ci esprime in prima persone ciò che vede, ciò che si esprime e ci mostra come cambia, matura e si evolve. Una storia breve ma completamente intensa specialmente dal punto di vista emotivo e di ciò che si vive e vede all’interno di questa storia. Ve ne parlo:

Come vi dicevo prima, la storia è una denuncia di quanto accade in Bangladesh, in particolare a Dacca ma questo non è detto che non possa accadere anche in tante altre città. Infatti la storia tocca diverse tematiche: i rifiuti e la spazzatura con gli acidi e quindi l’inquinamento, il lavoro minorile, lo sfruttamento e la paga misera per i lavoratori medi, orari di lavoro indecenti e condizioni dei lavoratori fuori dal normale, morti giovanili per via di inquinamento e difficoltà di vita all’interno della città, corruzione e mafia che portano al potere e ai soldi solo i potenti mentre gli altri muoiono sotto gli occhi di tutti. Senza alcun diritto. E’ una storia che ci dice tanto, una storia che ci mostra tante cose e la scena delle mucche e del macello è una cosa terribile, descritta cruda, l’ho sentita davvero vicina e nessun bambino dovrebbe vivere una cosa del genere. A livello di temi è davvero incredibile e forte e non di certo una lettura per bambini. La consiglierei dalle medie in su.

Nonostante le tematiche forti e la storia che ad ogni modo sia ben scritta e interessante anche per via del suo protagonista e delle sue problematiche che lo rendono davvero speciale, trovo che non sia propriamente una storia per bambini, ma qualcosa in più. In un certo, senso la storia sembra in determinati momenti quasi un racconto giornalistico o qualcosa di realmente vissuto, che è ottimo dal punto di vista della scrittura e della struttura narrativa ma non dal punto di vista comunicativo ai più piccoli. Almeno è la sensazione che ha dato a me e nonostante lo trovi un bel libro da leggere, non riesco a dargli il pieno dei voti per questo motivo.

Con la mano sul cuore, finalmente posso riprendere fiato.

Un piccolo volume che vi consiglio di leggere. Non solo ai più piccoli ma da questa storia hanno qualcosa da ricavare e da imparare anche gli adulti. Il mondo lì fuori è difficile e duro e non sempre è facile o con una società tossica, come ad esempio avviene in Bangladesh. E’ una storia che tutti dovrebbero leggere. Ora sono solo che curiosa riguardo al volume precedente.

di Sara Fabian

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La Biblioteca dei ragazzi Dove sei, piccolo Giulio?

Radio InBlu 2000 - 22 aprile 2023

Intervista a Giovanni Colaneri che racconta “Dove sei, piccolo Giulio?” (Uovonero). Un albo illustrato che, in un’armoniosa sintonia di frasi brevi e immagini dettagliatissime, offre uno sguardo semplice e delicato sul mondo estremamente complesso dell’autismo.

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Recensione di In cielo, ma dove? su Fiabe in costruzione


In cielo, ma dove?” di Antonella Ossorio e Antonio Ferrara, editore uovonero. Età di lettura dai 5 anni.

Due fratelli, uno più piccolo e uno più grande, una passeggiata spensierata, poi l’incontro con un passero morto.

Questa è la premessa per un dialogo fra fratelli, espressione della curiosità infantile del più piccolo che indaga e cerca risposte soddisfacenti, a ciò che è misterioso, e trova nuove domande.

Il fuoco di fila di domande del più piccolo mette in difficoltà il più grande e fa affiorare in lui il dolore per la morte dello zio. Anche in questo libro, il piacere di condividere i ricordi belli è strumento di elaborazione del lutto.

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Recensione di Dove sei, piccolo Giulio? su Modulazioni temporali

Modulazioni temporali - 8 aprile 2023

Con “Dove sei, piccolo Giulio?” (Uovonero, pp. 60, euro 18), Giovanni Colaneri ci porta ad accarezzare la complessa realtà del mondo dell’autismo.

Ad accarezzare perché ogni pagina, con brevi didascalie, è delicata nei colori tenui e pastello su sfondo bianco, a creare illustrazioni simboliche ed evocative, attraverso linee decise che vanno a definire i tanti oggetti e i vari personaggi.

Giulio si nasconde continuamente e si perde ora in un bosco e ora tra le macchinine colorate e, a volte, per nascondersi meglio diventa piccolo piccolo per infilarsi in una bottiglia o smarrirsi nell’universo o su una mongolfiera.

Ma può perdersi cento e mille volte perché sua sorella saprà sempre dove trovarlo e la sua mamma sarà sempre pronta a vederlo e a proteggerlo con un abbraccio.

Giovanni Colaneri si avvicina al mondo dell’autismo “da un punto di vista profondamente umano ed emotivo”. Ci fa capire quanto siano importanti e necessarie la comprensione, la vicinanza e l’ambiente circostante che può diventare un rifugio accogliente e confortevole.

di Marianna Zito

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Recensione di Per mano su Area Onlus

Area Onlus - 5 aprile 2023

Per chi non bazzichi abitualmente il mondo dei tasti e delle note, il nome di Paul Wittgenstein può risultare poco o per nulla noto. La storia di questo pianista è, tuttavia, così straordinaria e avvincente che pare fatta apposta per finire in un libro. Così devono aver pensato anche Sante Bandirali e Gloria Tundo che le hanno dato rispettivamente parole e figure all’interno dell’albo illustrato Per mano, da poco uscito per i tipi di Uovonero.

Qui conosciamo Paul in tenera età, ritratto a Vienna all’interno della sua numerosa e ricca famiglia, con un padre dalle ristrette vedute, una madre dalla profonda sensibilità musicale e sette fratelli dai diversi talenti. Tra le mura domestiche, vediamo nascere ma anche rischiare di soffocare il suo amore per il pianoforte. Tra i banchi di scuola, invece, assistiamo ai primi confronti con una cultura che vede nell’essere mancini una sorta di disgrazia. Siamo alla fine dell’Ottocento e l’uso della mano sinistra – la “mano brutta” – che per Paul è predominante, è di fatto ancora osteggiato perché associato al demonio. Della mano sinistra di Paul, tuttavia, tutto si può dire tranne che sia sfortunata o spregevole: quando i combattimenti della prima guerra mondiale lo costringono a vedere amputato il braccio destro, infatti, Paul trova nell’altra la sua forza e la sua unicità.

Musicista di talento già prima dello scoppio delle ostilità, è nel campo di prigionia in cui viene rinchiuso che Paul inizia a esercitarsi a suonare con una mano sola dapprima su un pianoforte disegnato e poi su uno sgangherato. Ma la sua passione e il suo desiderio di esprimersi sono tali che, una volta liberato, quella musica sopita trova il modo di uscire per davvero. Paul convince, infatti, alcuni dei più grandi compositori a ideare dei concerti su misura per lui, dando avvio a un’incredibile carriera la cui forza risiede nel dare valore a quello che c’è in luogo che porre in rilievo ciò che semplicemente manca.

Sobrio nel racconto e accorato nelle figure, non a caso Per mano è narrato dal punto di vista della mano sinistra stessa, simbolo e testimone privilegiato non solo o non tanto delle discriminazioni subite quanto delle occasioni colte di farsi portatrice di bellezza e ricchezza. Tra queste pagine in cui in cui dominano i toni opachi bruni e beige, risuonano pagine dolorose della storia e si intrecciano guerra e musica, vita e pensiero, cultura e quotidianità, tracciando sentieri suggestivi da percorrere anche all’interno di un percorso squisitamente scolastico.

di Elena Corniglia

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Recensione di La più bella nuotata della mia vita su Pagine Giovani

 

Pagine Giovani - settembre/dicembre 2022

Finalmente una rappresentazione di ragazzi che vivono con passione l’impegno sportivo; in questo caso il nuoto. Addirittura la madre del protagonista lo minaccia di impedirgli

gli allenamenti se non raggiunge gli stessi obiettivi a scuola. Jan, dodicenne disles- sico, si trasferisce in una nuova città per motivi professionali del papà; dopo i primi momenti di disorientamento (nuova scuola, nuova ricerca di amici, nuovo allenatore sportivo ecc.) il ragazzo trova un suo equi- librio che però si incrina appena è interpel- lato per leggere in classe o con gli amici. Andare di nuovo in terapia, alla sua età, non sarà risolutivo, pertanto capisce che dovrà

comunicare il suo disagio agli altri. Come fare? In questa fase di ricerca di consape- volezza dei propri limiti, di superamento dei pregiudizi altrui, di accettazione della pro- pria diversità, Jan incontra Flo. La ragazza è un genio matematico, frequenta i suoi stessi corsi e vive in una villetta confinante con il suo giardino. Gradualmente i due si alleano, diventano amici e poi anche qualcosa di più. L’estate che Jan ha vissuto testimonia di una fase della crescita molto delicata, coronata da una nuotata perfetta perché affiancato da Flo, nel lago vicino casa.

Genere: narrativa Età: da 11 anni
C. Camicia

Recensione di La penna su Pagine Giovani

Pagine Giovani - settembre/dicembre 2022

L’A. e illustratrice presenta una straordinaria meraviglia della natura racchiusa in una pic- cola enciclopedia che è anche una raccolta d’arte per la preziosità delle illustrazioni dettagliate e la loro scientificità. Il libro è

un viaggio nella varietà del mondo animale in riferimento a tutti gli uccelli, unici per il loro librarsi nei cieli per mezzo delle loro penne (plumologia). L’A. presenta e spiega lo sviluppo e la struttura della penna, i tipi di penne e i loro colori spesso iridescenti, la loro lunghezza e la quantità (per esempio gli uccelli come il cigno minore possono aver fino a venticinquemila penne nel periodo invernale). Gli ornitologi conoscono almeno quaranta diverse funzioni della penna. L’A. descrive la tipologia delle ali adatte per il volo stazionario, planato, battuto e quello silenzioso del gufo il cui piumaggio fitto e vellutato gli permette di assorbire il suono del suo volo in modo da avvicinarsi improv- visamente alle prede. Inoltre, tra le funzioni delle penne, vengono riportate quelle che proteggono dal freddo, dal calore e dai raggi solari e altre sensazionali osserva- zioni. In molte culture ataviche le penne erano considerate cerimoniali, decorative, simboleggiando potere e saggezza e sono state variamente utilizzate nei millenni per l’uso quotidiano, emulativo e ispiratrici di conquiste nel campo dell’aerodinamica. Il testo è un valido supporto incentivante per innumerevoli esperimenti osservazionali per i piccoli desiderosi di conoscere.

Genere: divulgazione scientifica e artistica Età: dai 5 anni
G. Abbate

Anna e Anna su Pagine Giovani

Pagine Giovani - settembre/dicembre 2022

La timidezza non è, di per sé, né un difetto né una virtù, è una caratteristica della per- sonalità, dipende dal proprio temperamen- to, ma anche dalla mancanza di esperienze nell’interazione sociale e di conseguenza può comportare poca autostima. Tutto ciò causa difficoltà nel relazionarsi con l’altro da sé, preoccupandosi del giudizio degli altri, focalizzando l’attenzione sul proprio mondo interiore, sentendosi così inadeguati nel contesto sociale. La bambina protagonista del racconto, Anna, ha i suoi amici del cuo- re: un gattino, un peluche e un bambolotto. Ha molta immaginazione ma si sente sola, quasi invisibile, senza spessore, come se non esistesse. Un giorno viene attratta da una bambina con le stesse sue sembianze, vivace e amichevole ma, diversa: è la sua ombra, il suo alter ego che la convince ad uscire alla luce del sole, a divertirsi con i suoi coetanei, a sentirsi utile e ad aiutare gli altri. Anna con l’aiuto della sua ombra com- prende tutto quello che è capace di fare: accettare, conoscere sé stessa e poco alla volta, con un sorriso e un po’ di coraggio, può osare, può fantasticare, superare le sue paure e far venire alla luce i lati nascosti, rappresentati dall’amica ombra. L’illustra- tore, con l’utilizzo di matite per le tavole

più colorate e descrittive e l’acrilico per rappresentare il fondo luminoso e bianco sul quale l’ombra si esprime e poi sparisce, completa il racconto dando la possibilità ai piccoli lettori di immedesimarsi nella prota- gonista Anna, una bambina come tante che riuscirà a divertirsi con le altre, ognuna con la propria singolarità.

di G. Abbate

 

Autismo, un albo illustrato lo racconta con uno sguardo semplice e delicato

Il Redattore sociale - 31 marzo 2023

Che cos’è l’autismo e, soprattutto, dove è andato a finire il piccolo Giulio? È un genitore a porsi questa domanda, in ogni caso qualcuno che conosce bene quel ragazzino che non si lascia afferrare mai: “Sei proprio qui. Di fronte a me. In realtà non so dove sei davvero”, dice la voce fuori campo che accompagna le belle immagini dai toni pastello di “Dove sei piccolo Giulio?” (pagg. 60, euro 18, età +3), albo illustrato di Giovanni Colaneri, da poco pubblicato per Uovonero, casa editrice per l’infanzia nata a Crema nel 2010 per promuovere la lettura per tutti e la cultura della diversità. In una trentina di tavole l’albo descrive il complesso mondo dell’autismo con una serie di immagini delicate che forse più che raccontare la neurodivergenza del piccolo Giulio raccontano lo sguardo sgomento di chi con essa si relaziona ogni giorno: “Non riesco a capire. Dove ti sei perso. Dove ti nascondi”, dice la voce della mamma, che sembra non volersi rassegnare mai. Ed è forse proprio in questa ricerca fatta di attenzione e di rispetto, di pazienza e di elastiche distanze che si trova la chiave di lettura del volume. Perché Giulio è innanzitutto un bambino, che si muove in un mondo fatto di giochi e oggetti dell’infanzia, dove di volta in volta trova rifugio o si nasconde. 

L’autore Giovanni Colaneri è nato a Isernia nel 1991 e ha studiato prima a Firenze e dopo a Urbino. Ha esordito nel 2020 con il bell’albo illustrato “Che cos’è una sindrome?”, pubblicato sempre da Uovonero: un’indagine per immagini sul concetto di sindrome, termine che identifica ben 1.400 condizioni codificate e altre che un nome ancora non ce l’hanno. Anche in quel caso, infatti, sono proprio le illustrazioni a raccontarci le mille sfaccettature di una sindrome: un disordine, un gigante, un oggetto raro, un pregiudizio, un punto di vista sul mondo, per citarne alcune. Allo stesso modo sono le immagini a svelarci l’universo del piccolo Giuliodove gli articoli della vita quotidiana diventano elementi di un paesaggio fantastico e straniante. Per ritrovarsi, infine, nel calore di un abbraccio che avvolge e che consola.

di Antonella Patete

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Recensione di Dacca Toxic su Interzona News

Interzona news - 3 aprile 2022

Dacca Toxic
 è il secondo episodio del sequel che vede come protagonista Sacha Sourieau, preadolescente Asperger, alle prese con avventure mozzafiato nell’inferno di Dacca, la capitale del Bangladesh, dove i bambini sono strumenti di arricchimento della mafia politica, sindacale e industriale. 

Un romanzo, tradotto da Ilaria Piperno e Sante Bandirali, realista e di denuncia, violento in alcuni tratti eppure dall’amara dolcezza.

Sacha, al seguito della madre medico di una ONG, è in uno dei paese più poveri del mondo, in cui le sperequazioni, la corruzione e lo sfruttamento sono costitutivi della società.

Nel campo base dove opera la dottoressa Sourieau, giunge Sultana, una ragazza sfigurata e con gli arti corrosi, lavoratrice delle concerie, in cui i bambini sono sfruttati per 12 ore al giorno, in un ambiente “pestilenziale”; al campo base giunge pure Dilip, fratello di Sultana, operaio in un mattatoio, che ha rubato un registro compromettente per l’industriale ed è ricercato dalla polizia. Dilip convince Sacha a recuperare il registro, per denunciare le violenze e non far tornare Sultana nell’inferno della fabbrica.

Inizia così una corsa attraverso la megalopoli con più di 20 milione di abitanti, per recuperare il registro e portarlo al presidente del sindacato; un’avventura da giallo suspense, mentre nella corsa forsennata scorrono le immagini dello squallore della città, dell’inquinamento selvaggio, dello stato di degrado in cui vivono ragazzi e adulti, mentre una sparuta minoranza se la gode da nababbi, proprio come il sindacalista che avrebbe dovuto aiutarli.

La storia si conclude con l’interessamento della mamma di Sacha che grazie a giornalisti occidentali riesce almeno a denunciare i tanti diritti violati.

Un romanzo raccapricciante sia per la realtà nuda e cruda narrata (il fiume che attraversa la città è una fogna a cielo aperto), sia per la brutalità dei metodi di macellazione descritta (e forse troppo indugiata), sia per il livello di sfruttamento e per la condizione di vita nella fabbrica (tra acidi e sporcizia), sia per l’indignazione che solleva la sperequazione e la corruzione, in una megalopoli con più di 100.000 fabbriche, 400.000 risciò e 8.000 slums, dove vive quasi la metà della popolazione. 

Tutta questa bruttura è parzialmente attutita da Sacha. Nella finzione letteraria, il protagonista scrive un diario, in cui racconto le avventure effettuate, corroborate in modo ‘straniante’ dalle sue ‘bizzarrie’, tipiche di un soggetto affetto da sindrome autistica di livello 1.

È anche una storia di amicizia, il cui sentimento diventa il vero motore della storia: Sacha, pur con le sue fragilità, compie imprese che non avrebbe superato se non ci fosse stato l’obiettivo di aiutare Sultana a non tornare nella fabbrica della morte.

Un romanzo che non lascia indifferente; si legge per la scrittura efficace e per le abbondanti parti dialogiche ed è capace di ricreare atmosfere suggestive, coinvolgendo emotivamente il lettore.

  

di Cosimo Rodia

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Recensione di Dove sei, piccolo Giulio? su Area.To

Area.to - 31 marzo 2022

Giovanni Colaneri ha un tratto inconfondibile e una capacità rara. Il primo prende forma attraverso una grande ricchezza di colori e attraverso segni non rifiniti in cui piccoli dettagli – una posizione, una proporzione, una sfumatura – si caricano di senso. La seconda emerge nel confronto con tematiche complesse e consiste nel riuscire ad interrogarle moltiplicando gli spunti e i punti di vista su di esse. Ecco, Giovanni è forse meglio e più di tutto un moltiplicatore: guarda le cose come attraverso un prisma per restituirne, senza pretesa di esaustività, i molti e diversi volti. E questo appare tanto più apprezzabile quando a incontrare la sua tavolozza sono soggetti multisfaccettati e difficili da ingabbiare in un racconto granitico, come per esempio l’autismo.

Questo capacità di aprire suggestioni e domande, in luogo di veicolare risposte preconfezionate, la si apprezzava già in Che cos’è una sindrome?, denso albo illustrato edito da Uovonero, e la si ritrova ora in Dove sei, piccolo Giulio?, sempre pubblicato dalla casa editrice cremasca che nei confronti della neurodivergenza e della sua rappresentazione mostra da sempre un’attenzione particolare. In questo ultimo albo, di cui l’autore cura nuovamente sia i testi sia le illustrazioni, seguiamo il giovane protagonista – il piccolo Giulio, per l’appunto – e cerchiamo di entrare in contatto con lui. Lo facciamo seguendo la voce e lo sguardo della mamma di Giulio, che non nasconde la sua difficoltà e i suoi interrogativi. I comportamenti del piccolo Giulio, ascrivibili allo spettro autistico anche se il testo non vi riporta alcun riferimento esplicito, possono essere infatti sfuggenti e criptici, complessi da interpretare o talvolta anche da immaginare. Così, con pazienza si seguono le tracce, si cercano indizi, si fanno ipotesi, si osserva con attenzione. Per la sorella di Giulio la cosa sembrerebbe più semplice, forse perché la vicinanza di età, di statura e di sensibilità la porta a guardare il mondo dalla stessa altezza e a guardare il fratello da pari e non dall’alto in basso. E in effetti, quando insieme alla mamma di Giulio anche il lettore prova a operare un cambio di posizione, qualcosa si muove, una possibilità di incontro si schiude.

Intorno a questa difficoltà di guardare e di vedere realmente le persone autistiche e il mondo che abitano, Giovanni Colaneri costruisce il suo viaggio per parole e figure che bisbiglia ai piccoli ed echeggia nei grandi. Non è una storia a tutti gli effetti, ma neanche una semplice fotografia, Dove sei, piccolo Giulio?. È piuttosto un interessante e ben riuscito lavoro ibrido, che tiene insieme osservazione e narrazione, facendo della qualità precipua dell’albo illustrato la chiave per scavare a fondo nelle cose. Le frasi brevissime e asciutte, scelte dall’autore per guidare il lettore alla ricerca del piccolo Giulio, predispongono un terreno insaturo e pertanto fertilissimo affinché le illustrazioni possano dilatare la riflessione, attraverso l’esplorazione e la moltiplicazione delle metafore. Ben oltre la superata e usurata immagine della bolla, troviamo boschi fitti e mostri buffi, castelli labirintici e rifugi, universi ed elefanti in bicicletta: luoghi del possibile tra cui muoversi senza fretta, lasciandosi guidare con spirito di suggestione più che di comprensione.

Delicato, profondo, vero e aperto, Dove sei, piccolo Giulio? è un albo di valore, per non smettere di interrogarsi e interrogare la realtà, soprattutto quando ci appare sfuggente e complessa.

di Elena Corniglia

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Chi fa i nostri abiti? Impariamo a leggere le etichette

L'Osservatore Romano - 28 marzo 2023

Leggo il Daily Inqilab (...) con mia grande sorpresa, non trovo niente che riguardi Hazaribagh, le concerie, il fetore pestilenziale, l’inquinamento, i malati e i morti. Come se questa bidonville con i suoi lavoratori e i suoi abitanti non esistesse».

Arriva nelle librerie italiane la seconda puntata delle Cronache lunari di un ragazzo bizzarro, alias le avventure di Sacha Sorieau, adolescente Asperger parigino che, dopo aver subito a scuola un grave atto di bullismo che l’ha quasi ucciso, vive in giro per il mondo al seguito della madre, medico umanitario per una ong. E così se nel precedente Una piccola cosa senza importanza (Uovonero, 2021) eravamo in quella terra difficile e complicata che è la Repubblica Democratica del Congo, ora invece troviamo Sacha in Bangladesh. E qui, nel campo base dell’associazione “Il Rifugio”, fa amicizia con Sultana, una delle tante bambine lavoratrici-schiave costrette a turni massacranti nelle aziende della città, e con suo fratello Dilip.

In Dacca toxic (Crema, Uovonero, 2023, pagine 170, euro 15, traduzione di Ilaria Piperno e Sante Bandirali) di Catherine Fradier, Sacha e il suo sguardo bizzarro e sincero entrano dunque in contat- to con la vita degli sfruttati degli slum, con gli ultimissimi della scala sociale, di fatto schiavizzati per as- sicurare benessere e vita comoda al nostro Occidente.

Sultana è un’orfana che, a causa delle sostanze chimiche utilizzate nella conceria dove lavora, ha perso un occhio ed è rimasta sfigurata. La sola persona che si occupi di lei è il fratello di poco più grande, con cui è fuggita dal villaggio d’origine dopo una devastazione naturale che ha letteralmente spazzato via ogni cosa. Ed è proprio da Dilip che Sacha viene trascinato in un’avventura pericolosissima: trafugare un taccuino che documenta nero su bianco la terribile quotidianità dei bambini sfruttati. Dilip non ne fa una questione di principio, vuole semplicemente salvare sua sorella: ha ben chiaro che quel taccuino può essere una merce di scambio preziosa per assicurare a sua sorella la possibilità di studiare, salvandosi per sempre dalla sua condizione di sfruttata.

Seguendo Dilip nella caccia del taccuino, Sacha attraverserà letteralmente l’orrore: la violenza, il pericolo e la sporcizia in cui sono immersi i lavoratori-schiavi di ogni età; le sostante tossiche maneggiate, respirate e ingerite; il trattamento inumano e crudele a cui sono regolarmente sottoposti bambini, adulti e animali; la corruzione endemica di ogni apparato pubblico; una capitale stremata dal traffico e dalla totale mancanza di infrastrutture e regole sanitarie.

C’è la disabilità, nel romanzo di Fradier («Non prendo in giro Nirod, a differenza degli altri ospiti, nemmeno quando guarda un libro nel senso sbagliato o lecca la fotografia di un frutto sulla carta patinata di una rivista. E il motivo per cui non rido è che io stesso sono disabile. So cosa si prova quando gli altri ridono di te perché non si è data la risposta giusta o non ci si è comportati nel modo adeguato»). Ancora una volta, però, la disabilità non viene sbattuta sotto i riflettori, ma si rivela con estrema naturalezza pagina dopo pagina nel racconto quotidiano di questo ragazzo Asperger («Imparare a decodificare le emozioni degli altri è molto più complicato che ricordare i decimali di pi greco»).

È un romanzo che alterna la poesia dell’amicizia tra questi due ragazzini fragili con temi molto forti e importanti. Il bullismo, lo sfruttamento, la violenza fisica e morale, i diritti degli ultimi (bambini in primis) sistematicamente violati, il ricatto elevato a regola, un sistema economico il cui solo imperativo è produrre il più possibile a costi irrisori, la difficoltà di essere accettati e compresi nelle proprie difficili storie, il dramma dei rifugiati climatici.

Abbiamo letto Dacca toxic un attimo prima de La moda giusta (Torino, Einaudi, 2023, pagine 112, euro 12, traduzione di Andrea De Benedetti) in cui la giornalista spagno- la Marta D. Riezu invita a vestire in modo etico. Non rifiutando la moda, ma vivendola con consapevolezza, il che significa proteggendo la saggezza dell’artigianato, sostenendo la produzione locale, capendo dove e da chi sono prodotti gli abiti che troviamo sugli scaffali: non è solo questione di comprare meno e di usare gli stessi indumenti nel tempo, ma piuttosto e soprattutto di scegliere meglio.

Ecco, anche Dacca toxic può aiutarci sin da piccoli a leggere dietro le etichette degli abiti che indossiamo, può svelarci e farci riflette

re su cosa implichi il Made in Bangladesh. Perché, come la sindrome di Sacha viene raccontata dall’interno, così la vita negli slum è presentata mettendosi nei panni degli abitanti che non sono numeri o schiavi, ma persone umane. Il perché lo racconta ai giovani lettori Fradier e agli adulti, con semplicità e chiarezza, Reizu: «L’industria tessile — scrive quest’ultima — è un modello basato sullo sfruttamento della povertà». E la responsabilità è anche la nostra: «Acquistare qualcosa ci rende complici involontari del suo processo di creazione». Nel mondo ci sono 75 milioni di lavoratori che confezionano vestiti: meno del due per cento percepisce un salario sufficiente a sopravvivere. Il che significa che il restante 98 per cento è costituito da persone prive di qualunque forma di protezione. Proviamo a conoscerli, ad ascoltare la loro voce, e la moda non potrà più essere la stessa.

di SILVIA GUSMANO

 

 

Recensione di Dove sei, piccolo Giulio? su Teste Fiorite

Teste fiorite, 29 marzo 2023

Eccolo, il libro per fortuna lo abbiamo tra le mani, è un bell’albo illustrato e scritto da Giovanni Colaneri ed edito da Uovonero, Giulio invece per tutto il libro lo andremo cercando, pagina per pagina, tavola per tavola ed adesso proviamo a vedere insieme dove e perché.

Dove sei piccolo Giulio? potremmo forse farlo rientrare in qualche modo tra gli albi di divulgazione per la sua volontà di mette in scena il complesso mondo in cui vivono i bambini e le bambine con disturbi dello spettro autistico, un mondo, o più mondi, in cui spesso fatichiamo a ri-trovarli.

Ma Giovanni è autore in senso pieno, non solo perché gestisce sia il testo che le immagini di questo libro, ma anche perché riesce a mettere in piedi una costruzione narrativa particolare che tra metafore ed esplicitazioni ci permette di avere tra le mani un libro complesso che non credo starebbe bene solo nell’ambito di divulgazione e nemmeno solo in quello della narrazione pura.

Forse la cosa che mi colpisce di più di questo lavoro in particolare di Giovanni Colaneri, che per altro è una modalità che secondo me era emersa anche in altri suoi lavori e che qui mi è sembrato trovare una sintesi: è la capacità di rendere estremamente semplice, giocando tra parole e immagini, un contenuto decisamente complesso (immaginate il lavoro di pulizia e limatura dei linguaggi che questo deve aver richiesto! Ma lo chiederemo all’autore domenica 2 durante la diretta Instagram!).

Ma entriamo un attimo insieme dentro le parole e le immagini di questo albo…

… e partiamo dal testo. Un testo decisamente paratattico al limite della versificazione, in cui ogni frase, talvolta anche una sola parola, trova interpretazione nell’illustrazione che si fa metafora, talvolta più esplicita talaltra più criptica. Vi riporto una parte del testo perché secondo me è interessante valutare esso riesca a stare in questo libro in piedi da solo ma anche come prenda poi davvero sostanza insieme alle illustrazioni.

Eccoti.

Sei proprio qui.

Di fronte a me.

In realtà non so dove sei davvero.

O dove potresti essere.

O come sei arrivato lì.

Ti sei perso.

Ti nascondi.

Sei al centro di un universo.

Che non si sa dov’è.

Come raggiungere.

Come andare via.

Dove sei, piccolo Giulio?

Sei dentro un bosco.

Di un mostro buffo che ti vuole tutto per sé.

[…]

Mi sembra di avere di fronte un po’ di quel processo che mette si in moto quando si illustra la poesia ed in cui le illustrazioni più che creare una narrazione continuativa concentrano tutta la loro potenza sulle parole di una sola poesia. Qui una narrazione continuativa che ha un suo ritmo e una sua uscita finale ce l’abbiamo, ma al tempo stesso abbiamo anche la rielaborazione di una condizione specifica tavola per tavola, frase per frase.

Il processo creativo e poi la sua riuscita nel libro stampato mi sembra che un po’ segua quella frammentarietà, frammentarietà che si tiene naturalmente, che spesso si incontra quando ci si prova ad avvicinare al mondo dell’autismo. Penso a Macchia di Morello, edito da Salani, quel bellissimo libro scritto da un autistico severo, come si definisce lui, ovvero di un autistico che non usa la parola verbale, in cui il dato essenziale dal punto di vista della scrittura è proprio la frammentarietà, mentre dal punto di vista della ricostruzione di uno stare al mondo l’elemento centrale è la perdita dei propri confini corporei e mentali specifici, la difficoltà di ritrovarsi e farsi ri-trovare.

Chiudo notando un ultimo elemento che mi ha colpito e mi è piaciuto: quel punto di domanda che c’è nel titolo e che poi rappresenta la domanda sottesa a cui il libro sembra cercare risposta, non si troverà più nel testo. Tutte le frasi che si susseguono pagina per pagina, anzi doppia pagina per doppia pagina, si chiudono con un punto fermo che forse serve simbolicamente a non mettere mai in dubbio che Giulio sia qui, con noi, davanti a noi, e sta a noi trovarlo.

Voi che ne dite?

Che questione complessa si è posta Giovanni Colaneri e come ne è uscito bene, e mica è facile. E ne sarò felicissima di parlarne con lui domenica 2 aprile, Giornata della consapevolezza sull’autismo, nella diretta Instagram su teste fiorite alle 18.00. La diretta resterà poi registrata e a disposizione sulle pagine sia di teste fiorite che di Giovanni. Ci vediamo domenica in diretta!

di Roberta Favia

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Il mondo è rosso: l’albo di Britta Teckentrup per imparare a usare la rabbia

Libri e bambini - 29 marzo 2023

La rabbia è un sentimento che ci accomuna. Adulti e bambini la provano. C’è chi riesce a gestirla, chi la ingoia e chi la fa esplodere. Ma anche le esplosioni possono essere differenti: non c’è una sola rabbia, così come non esiste una sola modalità per imparare a gestirla. Certo è che la rabbia è un’emozione. Un’emozione forte e dirompente. Quindi perché non provare a usarla?

“Usa la tua rabbia per trasformare il mondo intorno a te” (Anni Lanz)

Il mondo è rosso

L’albo illustrato Il mondo è rosso di Britta Teckentrup (traduzione di Sante Bandirali, Uovonero edizioni, finalista Premio Andersen categoria miglior albo illustrato), è un volume di forte impatto.

Il suo colore rosso e le parole scelte con cura ne fanno un laboratorio cartaceo ambulante capace di analizzare, studiare, affrontare anche le emozioni più sconvolgenti, o la rabbia più furiosa.

Attenzione, alla bambina protagonista del racconto, e a chi si presta a sfogliare avidamente queste pagine non viene chiesto di “gestire la rabbia”. Decisamente no.

Quella rabbia che ti avvolge da dentro, dirompente, forte, capace di scatenare tempeste, furiosa, invadente e distruggente, quella rabbia lì non la puoi gestire, nemmeno controllare. Figuriamoci ingoiare o ignorare: rischi un mal di pancia assoluto. No. Quella rabbia lì la puoi solo imparare a usare, tanto è forte, audace, istintiva.

Non la puoi fermare.

La forza mi attraversa,
la volontà mi spinge.
Conquisto il mondo intero
e niente mi costringe.

È una rabbia forzuta, inarrestabile, che travolge ogni cosa. E la protagonista dell’albo ce lo spiega con una fierezza sacra. Come a volerci sfidare di dimostrarle il contrario. Quasi a chiederci se abbiamo il coraggio di fermarla. Una rabbia sana perché può cambiare. Sostenere. Incoraggiare.

Un albo di formazione, una voce controcorrente che ho particolarmente apprezzato. Dopo innumerevoli libri attenti a spiegare come insegnare a gestire la rabbia ai bambini, ecco una nuova strada, altrettanto valida, per imparare a usarla, accoglierla. Non bloccarla, ma incanalarla.

Per accogliere il cambiamento come il sereno dopo la tempesta.

La rabbia aiuta a crescere, fa parte della vita. Ignorarla, trattenerla, evitarla, non ci rende persone migliori. Non ci aiuta a gestirla.

Parole e immagini si susseguono, il ritmo aumenta, la bambina diventa protagonista di un tutto in continua evoluzione, e i lettori si sentono conquistati da questa forza per poi accogliere la clama serenamente, accogliere il cambiamento normalmente.

di Anna Fogarolo

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Storia della mano di Paul

La Lettura del Corriere - 26 marzo 2023

A Paul «ero rimasta soltanto io» e «con me imparò a lavarsi. A radersi. A mangiare». La narratrice di fantasia di questa storia vera è una mano, quella sinistra per la precisione, in Per mano (Uovonero, pp. 40, 16,50, da 8 anni) di Sante Bandirali, illustrato da Gloria Tundo. Paul Wittgenstein (1887-1961), fratello del filosofo Ludwig, era un pianista prima di perdere un arto in guerra e, grazie alla sua determinazione, lo fu anche dopo.

di Severino Colombo

Recensione di Una Specie di scintilla su Coffee and Books

Coffee & Books - 24 marzo 2023
 
È (ancora) difficile essere soddisfatti della recensione di un libro che ha come tema centrale ciò che viene chiamato disabilità: le intenzioni di qualunque autore vi si avvicini sono sempre buone e qualsiasi storia che sia costruita su una solida documentazione o sull’esperienza può introdurre i lettori a questa dimensione, mentre chi di questa condizione è protagonista si può vedere rappresentato. D’altronde, se nella saggistica (quella Oliver Sacks, per fare un esempio) ci si può limitare a un racconto dei fatti scevro di sfumature emotive, i romanzi e i racconti seguono schemi narrativi e perseguono il coinvolgimento del lettore, devono appassionarlo, la trama deve avere una progressione e reggere i meccanismi di riconoscimento del reale, deve essere coerente. Gestire tutta questa struttura senza cadere nella retorica e nel patetismo è davvero complicato.
 
L’autismo è tra queste condizioni una delle più utilizzate in letteratura e nel cinema, ha sempre esercitato grande fascino, ha goduto - si fa per dire - di un’aura di mistero e negli anni è stato rappresentato sempre più spesso. Già Isaac Asimov nel 1973 lo introdusse in un suo racconto (Stranger in Paradise), seguendo alcune linee di pensiero del tempo (il concetto di cura, perché si pensava si trattasse di una malattia) che oggi risultano obsolete; nel 2005 Jonathan Safran Foer ha infuso nel piccolo Oskar Schell di Molto forte, incredibilmente vicino alcune caratteristiche tipiche dello Spettro Autistico, mentre non si contano i libri di testimonianza scritti da genitori (anche in Italia sono molti) e da autistici in prima persona, Temple Grandin resta la più famosa tra le autrici del secondo gruppo, con la sua testimonianza ha aperto ai neurotipici la comprensione di questo mondo.
 
Tornando alla narrativa, romanzi e racconti con protagonisti nello Spettro scritti da autistici sembrano ancora pochi, specialmente nell’ambito della letteratura per ragazzi, e per questo Una specie di scintilla è un libro abbastanza unico che può aiutare i giovanissimi ad approcciarsi alla neurodivergenza e comprendere la propria condizione o quella di compagni e amici, uscendo dal silenzio che ancora troppo spesso incombe sui ragazzi e sulle famiglie.
 
Adeline, detta Addie, è una ragazzina di 11 anni. E’ autistica come una delle sue sorelle maggiori, Kiddie, che frequenta l’università. Nina, gemella di Kiddie ma non autistica, sembra completamente diversa da loro e ha una carriera da Youtuber. Addie e la sua famiglia abitano a Juniper, un piccolo villaggio scozzese in cui tutti sono a conoscenza della condizione della bambina e la utilizzano come scusa per screditarla e bullizzarla (letteralmente), sia a scuola che fuori, quando cerca di far valere le proprie ragioni. Solo alcuni adulti illuminati, come il bibliotecario della scuola, la comprendono.
 
Durante una lezione Addie viene a conoscenza della caccia alle streghe che si è consumata secoli prima a Juniper e inizia una campagna per la creazione di un memoriale in ricordo delle donne ingiustamente accusate di stregoneria e uccise.
La vita di Addie è dura, tutti i giorni deve affrontare un mondo che ha codici comunicativi per lei incomprensibili e per essere accettata compie un continuo sforzo di adattamento pur rimanendo fedele a sé stessa, e nonostante questo lavoro incredibile è continuamente vessata non solo dai coetanei, ma quel che è peggio, da molti adulti.
 
La trama, abbastanza semplice, è solida, un filo sottile ma tenace su cui l’autrice costruisce il racconto di sé; si avverte l’urgenza di comunicare la propria esperienza attraverso quella di Addie e della sua famiglia, la descrizione delle sue sensazioni amplificate, di come vede e percepisce il mondo e di come i genitori e le sorelle hanno imparato a conoscere e rispettare le sue necessità. Elle McNicoll fa parlare i suoi personaggi con le parole giuste*, cercando di non dimenticarne nessuna e facendo emergere dai dialoghi sia i pregiudizi del mondo che li circonda sia le affermazioni che la comunità autistica ripete per creare consapevolezza. Chi conosce anche solo dall’esterno l’autismo può trovare questo a volte un po’ forzato, quasi didattico, ma col progredire della storia gli elementi diventano meno rigidi e s’inseriscono nella narrazione più armonicamente. Conoscendo Addie ci si avvicina anche a personaggi pubblici conosciuti, come Greta Thumberg, la loro tenacia e la sofferenza profonda che provoca loro l’ingiustizia. Io stessa ho rivisto nella giovane protagonista i tratti di una ragazzina conosciuta anni fa.
 
Venendo alla dimensione puramente letteraria, Una specie di scintilla qualche difetto, pur perdonabile, ce l’ha, ad esempio l’estrema polarizzazione di alcuni personaggi, prima tra tutti l’orribile Miss Murphy, maestra di Addie, crudele e monodimensionale, talmente infame da farsi sfuggire con la bambina parole veramente spaventose, difficili da immaginare in bocca a un insegnante (anche se sappiamo che non c’è limite al peggio), anche se ammetto di aver sentito nel suo monologo finale l'eco di frasi ascoltate in diverse sale professori.
 
L’utilizzo di tanto lessico specifico può rallentare la lettura e non essere chiaro per molti ragazzi, forse avrebbe giovato una serie di note leggere e funzionali per chiarire i concetti, tutt'altro che scontati.
 
Qua e là nel testo si trovano riferimenti a scintille che sembrano venire fuori dal nulla, forse frutto della traduzione letterale o di un’immagine che non viene spiegata; infine il nonno, a cui è attribuita la frase in quarta di copertina, viene appunto citato solo in funzione di questa citazione, senza costruire un immaginario nella storia. Il finale è forse un po’ troppo ottimista, ma trattandosi di un libro per ragazzi è quasi una necessità.
 
Detto questo ho apprezzato molto la concretezza e la sincerità dei personaggi principali (Addie e le sorelle, soprattutto), l’abilità con cui Elle McNicoll non cade nel melenso e nel patetico; considerato che l’autismo ha ricadute sulla comunicazione e sul modo di pensare, è possibile che la mia mente neuro tipica individui come difetti elementi che sono invece caratteristici della mente neuro atipica, e penso che sarebbe interessante osservare in una futura produzione letteraria se si delinea una forma di sensibilità narrativa autistica.
 
Segnalo infine il font ad alta leggibilità adottato da Uovonero per questa pubblicazione, un'iniziativa sempre utile.
 
*Nella comunità autistica è in atto un dibattito sui termini per definire la condizione. In questa recensione ho cercato di attenermi alle scelte della comunità, mi scuso per eventuali errori.
 
di Ms Rosewater
 

Lilo che annusa il mondo e i sentimenti.

Storiegirandole.it - 15 marzo 2023

Lilo, il protagonista che dà il titolo al romanzo di Inés Garland tradotto da Francesco Ferrucci illustrato da Maite Mutuberria e editato da uovonero, è un cane. Sì perché Lilo è un romanzo che parla anche di cani e attraverso di essi di amicizia, diversità, capacità di capire l’altro e di entrare in empatia, piacersi e di cyberbullismo.

Ma andiamo con ordine.

Lilo è un cane con la testa da pastore tedesco e le gambe corte che gli arrivano da chissà quanti incroci. Lilo non si piace e quando passa la sua amata Adele, nasconde le sue zampe corte dietro qualche cespuglio e fa spuntare solo la testa.

<<…sono simpatico ma non salto molto in alto, sono buono ma nanerottolo…>>

Da qualche giorno, nella casa dove Lilo vice con Ava e Hector, è venuta a vivere Emi, la nipote dell’anziana coppia. I genitori di Emi sono in viaggio e lei starà un po’ di tempo con i nonni. Lilo conosce Emi da quando era cucciolo e con lei ha giocato e corso in giardino. Poi Emi è cresciuta e ora non gioca più con Lilo. Emi gioca al cellulare e al computer e non si interessa più al cane.

E così mentre passano i giorni e Lilo ci racconta dei suoi primi anni e dei suoi giochi con Emi, del parco, degli altri cani e della sua amata Adele, questo buffo e tenero cane ci narra anche di Emi, dei suoi pianti di nascosto, dei suoi silenzi che sanno di limone stantio e dell’odore lievito che a volte emana la ragazzina.

<<La paura odora di lievito. Noi cani lo sappiamo >>.

Di che cosa ha paura Emi e perché piange spesso? Ava, la nonna, donna testarda e intuitiva, cerca di capire. Nonno Hector, tranquillo ed empatico, prende per mano Emi e la esorta a confidarsi. Ma Emi è chiusa nel suo silenzio.

Sarà Lilo, con l’aiuto di Lio un pastore tedesco conosciuto al parco e del cane randagio Olivertwist, a trovare la soluzione, coinvolgendo anche la gatta Berenice.

Lilo e i suoi amici a quattro zampe scopriranno che a far piangere Emi è una ragazzina, di nome  Kai, (anche lei odora di lievito e limone stantio; c’è paura e solitudine in Kai). Lilo si introduce nella casa della ragazzina, che sembra mandi messaggi offensivi a Emi, per cercare di capire. Scoprirà solitudine, incomprensioni e paura.

Sarà la presenza di Lilo a far incontrare le due ragazzine e a consentire loro di dialogare e capirsi.

Avventuroso, ironico e incastonato di filosofia, Lilo racconta la difficoltà e la paura di crescere e la difficoltà dei rapporti umani (e anche di quelli canini!) e lo fa con profonda leggerezza. 

Viviamo questa storia attraverso gli occhi e il naso di un Lilo; riflettiamo attraverso suo modo di pensare di cane. Logico e essenziale.  Veniamo trascinati dalla sua saggezza semplice. Dal suo amore per gli umani e dal suo sguardo stupito e serio sul mondo. Lilo guarda il mondo degli umani e dei cani, pensa e fa le sue considerazioni.

Belle e centratissime le illustrazioni di Mutuberria che con il suo tratto leggero rende tutta la simpatia buffa e la saggezza di Lilo e la tristezza chiusa di Emi.

Con Lilo Garland ha vinto il premio Ala Delta per la letteratura per l’infanzia ed è entrata nella selezione White Ravens nel 2020.

 

di Carla Colussi

 

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So di non sapere, diceva il sapiente Socrate

Pepeverde - gennaio/marzo 2023

Arianna Papini è un’artista visiva di grande valore, che sorprende e spiazza con inquadrature ravvicinate, sfondi inconsueti, prospettive inaspettate. E con le sue riflessioni, che spiccano a caratteri bianchi al centro di pagine di vari colori, intonati a quelli prevalenti nei disegni dei vari animali. È di essi, ma anche di noi che parla. “Tutti sanno della pelliccia del puma” si legge aprendo il libro a calendario: nella parte superiore sembra di toccarla, la pelliccia del puma che avanza sul ramo, contro delicati arabeschi che evocano stoffe preziose più che giungle selvagge.

Aprendo le successive due pagine si resta ammaliati: il primo piano degli occhi della bestia sembrano rimproverarci: “Nessuno sa dei suoi pensieri”. Se tutti sanno dei denti dello squalo, nessuno riflette che la sua voracità è funzionale all’equilibrio della fauna marina, se tutti sanno dei tentacoli del polpo, pochi sanno che ha un cervello complesso, se tutti sanno che la chiocciola è lenta, nessuno sa che è ermafrodita. Nessuno sa che alla lucertola piace dormire nelle rose e che gli elefanti sono gentili. L’invito a volgere sguardo e cuore alla natura si chiude con due doppie pagine: su sfondo grigio e nero una selva di grattacieli accompagna “Molti pensano di sapere tutto”; sulle due pagine finali prevale invece il verde, alcuni animali con sguardi profondi e la scritta “Pochi sanno di non sapere niente”. Complimenti Arianna!

 

di Franca de Sio

Recensione di Dove sei, piccolo Giulio? su Interzona news

interzona news - 17 marzo 2023

Dov’è andato Giulio? Si nasconde, si smarrisce in un bosco o tra tante colorate macchinine, si fa piccolo piccolo, anche più piccolo di un pesce rosso, e poi diventa il centro di un universo lontano.
Dovunque sia finito, il piccolo Giulio verrà poi ritrovato, perché sua sorella sa dove cercarlo e la mamma, dai capelli del suo stesso colore, si farà piccola come lui, fino a riuscire a guardarlo negli occhi e a stringerlo in un abbraccio.
Giovanni Colaneri scrive e illustra un albo che racconta l’autismo da un punto di vista profondamente umano ed emotivo, attraverso quello che, a volte, può sembrare un abisso imperscrutabile.
Le difficoltà relazionali di Giulio vengono mostrate attraverso illustrazioni simboliche ed evocative di grande effetto.
Nelle tavole dai toni pastello molto spazio è riservato al bianco, luogo delle possibilità ed elemento grafico che favorisce la riflessione: nel bianco spiccano le automobiline, i pianeti che diventano caramelle, il gelato in cui Giulio si immerge fino a scomparire, tanti oggetti della quotidianità tipici dell’infanzia che assumono qui dimensioni gigantesche e fungono da rifugio o nascondiglio.

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Frangenti di comunicazione

Liber - marzo 2023

La diffcoltà di comunicazione emerge pure, in forma diversa, nel ben costruito giallo Gabbie di Guido Quarzo e Anna Vivarelli (uovonero, dai 12 anni, in caratteri ad alta leggibilità). Protagonista risolutivo è difatti un acuto quindicenne autistico nella Torino del 1879 (Quando l'autismo non era ancora noto nella sua specificità), che ospite dello zio presso il Museo di scienze naturali si ritrova ingiustamente sospettato di aver ucciso uno studioso. Una storia che affronta tematiche rilevanti, come il contrasto tra scienza e fede in merito all'evoluzione, la dannosità delle vecchie strutture manicomiali, la deprivazione affettiva, l'amore, l'amicizia, le scelte etiche.

di Selene Ballerini

Recensione di Nessuno sa su Più in cielo che in terra

Più in cielo che in terra - 7 Marzo 2023

“So di non sapere“. Proprio il paradosso socratico, oggi più che mai, dovrebbe essere il nostro punto di partenza. Uno starter pack utile a prevenire l’inquietante e invasiva tuttologia che popola, non solo il mondo reale, ma anche e soprattutto quello dei social.

Partire dalla consapevolezza di non sapere sarebbe un primo passo verso il sapere stesso, evitando così di soffermarci solo sull’apparenza e sulla superficialità. Quella apparenza che Arianna Papini cerca di rivedere attraverso la dicotomia dialettica tra il concetto di tutti e nessuno: tutti sanno dei denti dello squalo, ma nessuno sa che è necessario al mare; tutti sanno della lentezza della chiocciola, ma nessuno sa che è maschio o femmina insieme.

Costruito attraverso questo tipo di alternanza, a tratti interrotta dal concetto sostitutivo di “pochi sanno” Uovonero da alle stampe un albo cartonato elegante (da leggere in orizzontale), in cui le illustrazioni sognanti e curatissime ci accompagnano in un viaggio conoscitivo, che sembra volerci invitare all’apprendimento. Un sapere che esula dalla genericità, ma che deve essere ricercato attraverso la curiosità, motore reale del nostro esistere.

di Loris Gualdi

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Recensione di La nostra terra su Librimanent

Librimanent - 5 marzo 2023 

"Le parole […] non restano sempre uguali" spesso viaggiano, si trasformano, si consumano, tornano, si perdono e talvolta si ritrovano; attorno ad esse, però, rimane attenta e osservativa l'etimologia, vale a dire lo studio della storia dell'origine e delle influenze della parola stessa. Quelle parole che si vestono da protagonista in questo meraviglioso albo edito da Uovonero.

La nuova uscita dell'editore di Crema offre un viaggio onirico e poetico attorno al mondo, attraverso una narrazione inusuale costruita mediante il significato etimologico dei diversi paesi. Sarà così che la giovane protagonista inizierà un lungo e magico viaggio tra i recinti di pietra (Zimbabwe), acque profonde (Honduras) e terre di guerrieri (Danimarca), ritrovandosi nel tema dei viandanti (Kirghizistan) e nel regno di mezzo (Cina), sino a giungere dove la terra finisce (Cile).

L'opera, oltre ad una incantata narrazione, costruita attraverso un collage etimologico e poetico, offre un'appendice esplicativa curata da Letizia Anelli e Simone Perazzone, abili nel fornire una funzionale parentesi atta a ritrovare il significato di un viaggio davvero meritevole.

Pertanto non tentennate, salite su quel treno in partenza e lasciatevi trasportare attraverso la poetica pittura di Ariadna von Eckartberg, illustratrice delicata, elegiaca e sognante, ma… non dimenticate di usare il QR Code proposto per ricercare preziosi contenuti extra, utili a rendere questo viaggio davvero unico.

di Loris Gualdi

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Recensione di Dove sei, piccolo Giulio? su La Svolta

La Svolta - 11 marzo 2023

Dopo il successo di Che cos’è una sindrome?, libro d’esordio pubblicato nel 2020, Giovanni Colaneri torna a scrivere e illustrare un albo che racconta l’autismo con un registro profondamente umano ed emotivo.

 Dov’è andato Giulio? Si nasconde, si smarrisce, si fa piccolo piccolo e poi diventa il centro di un universo lontano.

 Dovunque sia finito, il piccolo Giulio verrà poi ritrovato, perché sua sorella sa dove cercarlo e la mamma, dai capelli del suo stesso colore, si farà piccola come lui, fino a riuscire a guardarlo negli occhi e a stringerlo in un abbraccio.

Le difficoltà relazionali di Giulio vengono mostrate attraverso illustrazioni simboliche ed evocative di grande effetto.

 Giulio è piccolo, indifeso, spaesato, tormentato, si perde tra le macchine giocattolo, si nasconde in una bottiglia. Fino a quando sua sorella prima, e sua madre poi, riescono a entrare nel suo mondo, come corpi celesti che intersecano, anche solo per un attimo, la sua orbita.

 Alle illustrazioni che raffigurano il mondo enigmatico e impenetrabile di Giulio si coniugano frasi brevissime, che danno voce al punto di vista di chi cerca uno spiraglio per avvicinarsi e entrare in contatto con lui.

 Nelle tavole dai toni pastello si lascia molto spazio al bianco, luogo delle possibilità ed elemento grafico che favorisce la riflessione: nel bianco spiccano le automobiline, i pianeti che diventano caramelle, il gelato in cui Giulio si immerge fino a scomparire, tanti oggetti della quotidianità tipici dell’infanzia che assumono qui dimensioni gigantesche e diventano innanzitutto rifugio o nascondiglio.

L’autore, con estrema sensibilità e delicatezza, cerca di raccontare e valorizzare la diversità.

di Caterina Tarquini

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Recensione di Gabbie su Il Rosicchialibri

Il Rosicchialibri - 10 marzo 2023

Torino 1879.

L’Accademia delle Scienze è in fermento: l’eminentissimo naturalista Michele Lessona (rettore dell’università) vuole consegnare un premio al naturalista inglese Charles Darwin, conosciuto in Europa per la sua teoria dell’evoluzione.

Il premio vuole sottolineare l’importanza delle ricerche botaniche dell’illustre inglese ma, per i più accaniti oppositori della famosa teoria darwiniana, un qualsiasi premio consegnato allo studioso servirebbe solo a legittimare il suo punto di vista scientifico: l’uomo discende dalla scimmia.

E se l’uomo vive sulla Terra per discendenza animale, non può essere l’immagine di Dio!

L’Accademia delle Scienze di Torino è quindi in fermento e gli illustri professori si dividono in sostenitori e detrattori del naturalista inglese.

In fermento sono anche coloro che lavorano nell’Accademia e la vita di uno di loro sta per essere scombussolata. Si tratta di Stefano, il nipote autistico (“matto”) del direttore dell’Accademia, che lo ospita e lo lascia lavorare all’interno della struttura, il capro espiatorio ideale per un omicidio!

L’omicidio è quello del professor Matteis, caloroso sostenitore del naturalista inglese, che viene trovato accoltellato e (cosa alquanto strana) abbracciato a una scimmia morta, nel corridoio dei passeracei dell’Accademia delle Scienze!

Un omicidio dimostrativo? Un incidente? Il gesto estremo di qualche pazzo…?

Sappiamo subito che la scimmia arriva da un circo, ma chi poteva volere la morte del professor Matteis (esperto di formiche)?

Così fra esimi professori, poliziotti ottusi, improbabili santoni, circensi e analfabeti, il romanzo procede in un crescendo di suspense man mano che si escludono i possibili sospettati.

GABBIE è un giallo accademico ambientato in una Torino della seconda metà dell’Ottocento costruito alla perfezione, senza sbavature o incongruenze, con personaggi reali e immaginari.

Inoltre grazie all’abilità dei due autori torinesi, il lettore riesce a entrare a capofitto in un periodo storico che non è ancora pronto ad accogliere persone “diverse” e si limita a etichettarle come “matte”.

La vicenda di Stefano, anche se inventata, ripercorre un po’ le orme di tutti quei personaggi che (per vari motivi) non riuscivano a omologarsi naturalmente in una società nella quale erano destinati ai manicomi o nascosti alla vista delle persone “per bene”.

Anche la città è protagonista di questo libro: una Torino che osserva immobile e accoglie nella “gabbia” delle sue vie (riprodotta sulla copertina e nella cartina interna) un brulicare di personaggi variopinti e… sospettabili!

Ma, alla fine, quali sono le gabbie? La metropoli? Il carrozzone con le scimmie del circo? Il manicomio? O tutte quelle menti umane che non vogliono aprirsi a quello che non comprendono?

Questo libro può anche essere ascoltato: l’audiolibro di GABBIE, realizzato in collaborazione con Emons Edizioni, è scaricabile sulle principali piattaforme o dall’app tramite un QRcode inserito nell’ultima pagina.

di Haider Bucar

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Recensione di lei ci sarà sempre su Accaparlante

Occhio sullo scaffale, Accaparlante - 31 ottobre 22

Una nuova uscita per Camilla, la collana di uovonero nata per rispondere alla richiesta, in costante crescita, di libri con un testo in simboli. L’obiettivo è quello di pubblicare albi illustrati di qualità scelti nel panorama dei titoli dei principali editori italiani per l’infanzia. Questa volta ci viene proposto un piccolo racconto fatto di grandi immagini e poche parole. È una voce bambina che ripercorre alcuni momenti importanti in cui la presenza della madre l’ha rassicurato, consolato e protetto e che, adesso, anche se non c’è più, è sempre al suo fianco.

di Annalisa Brunelli

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Rossa rabbia

Andersen n.399 - gennaio/febbraio 2023

di Guido Affini

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Recensione di La nostra terra su G Baby

G Baby - febbraio 2023

La nostra terra è un’avventura che corre sui binari dell’immaginazione attraverso splendide illustrazioni panoramiche, guidata dal ritmo di un testo evocativo e dalla curiosità di una ragazzina che è la protagonista della storia. È un albo che si può attraversare in tanti mio, come un mappamondo o un dizionario, perdendosi nelle parole e nelle immagini per scoprire a ogni lettura un percorso nuovo.

Recensione di la più bella nuotata della mia vita su Ombre e luci

Ombreeluci.it - febbraio 2023

«Per tutto il tragitto verso casa siamo rimasti in silenzio. (…) Abbiamo pedalato e basta, uno accanto all’altra. “A presto” mi ha salutato Flo arrivati davanti a casa. E io: “A domani”. Tutto qui. Eppure, non so perché, mi ha fatto stare benissimo». È tutta qui, la potenza dell’amicizia. Quella che ti fa sentire accettato, che rompe il muro della solitudine, che ti scalda nella quotidianità gelida e ventosa, trasformando un tornado devastante in una brezza leggera, le giornate a scuola da incubo in avventura. È la costruzione dell’amicizia tra Jan, campione di nuoto ma segretamente dislessico, e la compagna di classe Flo, maga della matematica con una madre lontana, il fulcro di questo romanzo. Sono diversi i temi affrontati da Anne Becker: il cambio di città, il bullismo, la complessità dei rapporti familiari, la difficoltà di chiedere aiuto, quella di dare un nome ai sentimenti. E la sorprendente capacità dei grafici di svolgere funzioni inimmaginabili.

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Recensione di La più bella nuotata della mia vita sul sito di Alir

Jan ha tredici anni, si trova ad affrontare un trasloco in piena estate, dovrà ricominciare tutto da capo, amici, scuola e il nuoto. Nuotare è la sua passione, è la sua carta vincente, l’unica cosa in cui si sente veramente capace, mentre a scuola deve combattere e cercare quotidianamente di difendere il suo segreto: la dislessia.

La nuova abitazione, nei pressi del lago, si rivela più interessante del previsto, si imbatte nella giovane Flo, che poi ritroverà anche come compagna di classe. Jan e Flo si attraggono, la ragazza è piuttosto stravagante, tiene in giardino due galline, è un mago della matematica, suona il violino e scrive un diario veramente singolare, l’importante però è capire se il nuovo vicino di casa si prende gioco di lei o è solo un po’ impacciato.
La vita scolastica diventa sempre più difficile per Jan, per non parlare della presenza ingombrante di Linus, il bulletto della classe, che ritrova anche come rivale agli allenamenti di nuoto, l’approccio con Flo risulta complicato, come farà ad esprimere i
suoi sentimenti senza sentirsi un imbranato?

“La più bella nuotata della mia vita” è un romanzo che si legge tutto d’un fiato, con una scrittura semplice e fluida, capitoli brevi con caratteri ad alta leggibilità; Jan si racconta in prima persona, invece Flo, alla fine di ogni capitolo, attraverso una pagina del suo diario, scritto in infografica, ci comunica i i suoi stati d’animo, esprime le sue emozioni.

I temi che vi si affrontano sono molti e complessi: l’amicizia, i primi innamoramenti, la difficoltà scolastica dovuta alla dislessia, il bullismo, il rapporto con gli adulti, sia genitori che educatori. L’elemento interessante è la capacità dell’autrice di creare una sorta di ragnatela, in cui tutti i fili sono collegati tra di loro e convergono nel punto centrale in cui Jan “vince”, la sua vittoria è la consapevolezza che mostrare al mondo le proprie debolezze rende liberi e capaci di affrontare ogni ostacolo.
Jan vince sì la classificazione ai campionati nazionali di nuoto, ma la sua vittoria più grande è quella di riuscire a trovare il suo posto nel mondo, in quel momento. Gioca un ruolo rilevante la rete degli adulti che gravita intorno ai giovani protagonisti: i genitori di Jan, la terapeuta, i professori, l’allenatore; l’ascolto dell’altro diventa il leitmotiv che donerà coraggio per reagire, significativa è la funzione dell’adulto quale soggetto mediatore e non giudicante.

“Nuotare risolve sempre tutto. Sempre.”

Anne Becker si è specializzata in Pedagogia Speciale all’università di Heidelberg, si occupa da anni di didattica per allievi speciali e con difficoltà di apprendimento.

di Fortuna Nappi- Ambarabà libreria Legnano

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Cinque libri per dare voce alla rabbia

Andersen - 6 febbraio 2023

Tra gli oltre trentacinque titoli recensiti su Andersen n.399, nei consueti spazi “Vetrina” e “Scaffale” dedicati alle ultime novità editoriali, Guido Affini presenta Il mondo è rosso di Britta Teckentrup (trad. Sante Bandirali, Uovonero), albo illustrato nel quale “l’artista raggiunge una potenza finora non esplicitata” e che ci porta a viaggiare nei territori della rabbia senza provare a cancellarla, ma dandole voce.

“Gli scaffali delle librerie” scrive Guido Affini, “traboccano di libri sulla consapevolezza della rabbia e sul contenimento di questa. Educhiamo i bambini affinché imparino a non arrabbiarsi. Il messaggio della Teckentrup non si allinea. (…) Il suo libro è un inno alla disobbedienza civile.”

Per accompagnare questa lettura, abbiamo selezionato altri cinque titoli che danno voce alla rabbia senza cercare di reprimerla: storie di protesta e ribellione, poesie arrabbiate, racconti che pongono domande inaspettate e anche qualche risata.

a cura di Mara Pace

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Recensione di Gabbie su Tre libretti sul comò

Tre libretti sul comò - 6 febbraio 2023


Con “Gabbie” di Guido Quarzo e Anna Vivarelli, la casa editrice Uovonero torna con un nuovo avvincente romanzo giallo e con un nuovo adolescente dotato di caratteristiche speciali grazie alle quali svelerà il mistero.

Torino 1879 nell’Accademia delle Scienze si sta pensando di conferire un premio a Charles Darwin per i suoi studi di botanica. Questo crea un conflitto insanabile all’interno dell’Accademia: da una parte i darwinisti, che appoggiano e sono entusiasti delle nuove teorie del naturalista; dall’altra gli oppositori, più conservatori, non possono accettare che un premio così prestigioso possa andare a chi afferma che l’uomo discenda dalle scimmie, affermazione condannata anche dagli estremisti religiosi.

«I darwinisti accusano gli altri di negare il progresso e di voler restare nell’oscurità del pregiudizio, I loro oppositori danno ai darwinisti dei creduloni e dei blasfemi».

Sullo sfondo di questa disputa si dipana un giallo: una mattina i corpi morti per un’arma da taglio di una scimmia e di uno scienziato darwinista (che stava convincendo molti studiosi a conferire il premio a Darwin) vengono trovati abbracciati nel corridoio dell’Accademia.

Subito si pensa che il responsabile sia un antidarwinista ma ben presto la colpa ricade su Stefano, nipote del direttore dell’Accademia. Un ragazzo autistico, dotato di una memoria formidabile, attento ad ogni piccolo particolare e in grado di ricordare tutto ciò che legge e ascolta, ma che, per quei tempi, viene considerato matto.

Purtroppo il caso viene affidato nelle mani di un ispettore di polizia corrotto

«L’ispettore di pubblica sicurezza Filippo Curlini aveva fatto di tutto per essere trasferito a Firenze e allontanarsi da certi ambienti torinesi, con i quali s’era fortemente compromesso […] qualcuno avrebbe rivangato vecchie voci di certi accordi con piccoli delinquenti, mirati ad organizzare vistose operazioni di polizia di pura facciata, che erano servite unicamente ad acquisire meriti. Una carriera di facciata.»

per il quale il caso è facile e non vuole sentire obiezioni: il colpevole è sicuramente Stefano, il nipote del direttore. D’altronde se in Accademia è presente un matto che ha vissuto per anni in manicomio il colpevole non può che essere lui.

A difendere il quindicenne saranno lo zio del ragazzo, Ida una scienziata (una rarità per quel periodo storico) nipote dello scienziato assassinato e Lisa, cameriera nella locanda di famiglia e amica di Stefano.

A fare da sfondo a tutto il mistero ci sono numerose tematiche: il dibattito sulle teorie evoluzionistiche, il forte potere della Chiesa, l’incapacità di confrontarsi e comprendere chi è diverso e considerarlo come “matto”, la parità di genere.

Un romanzo tra il giallo e lo storico complesso per struttura narrativa e sistema dei personaggi che terrà col fiato sospeso i lettori esperti.

di Sara Pompili

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Recensione di Lilo su Giornale POP

Giornale Pop - febbraio 2023

Stavolta parlerò di Lilo, un libro della scrittrice argentina Inés Garland.

Premetto che non ho mai avuto un cane per via della mia allergia, ma nella mia famiglia c’è stato un cagnolino, Scooby, pur essendo di mia cugina. Non so che cosa significhi vivere con un cane in casa e amarlo a dismisura, ma so per certo cosa significa considerarlo parte della famiglia.

Quando ho iniziato la lettura di Lilo, nel piccolo e goffo cagnolino protagonista ho rivisto Scooby e non ho potuto fare a meno di sorridere a dismisura, cullato da una storia dolce ma anche spigolosa allo stesso tempo, per le tematiche importanti che tratta.

Lilo è un pastore tedesco un po’ diverso dai tanti altri pastori tedeschi: ha le zampine corte ed è decisamente più piccolo rispetto agli altri cani appartenenti a questa razza. Questo lo rende spesso imbarazzato e lo fa sentire diverso, al punto tale da doversi nascondere quando vede passare l’amata cagnolina Adele.

Lilo non si piace un po’ come gli adolescenti, però possiede tanti bei pregi, come la sua smisurata empatia e il suo intrepido coraggio, a cui fa spesso ricorso per correre in aiuto dell’amata padroncina Emi e sua nonna Ava.

Emi è anche lei protagonista di questo romanzo, anche se viviamo il suo personaggio soltanto attraverso gli occhi e la voce di Lilo. Una ragazzina timida e a volte anche un po’ testarda, che vive una situazione non molto piacevole a causa del cellulare, nel quale si rintana e di un bullo che sembra tormentarla. Per questo è sempre triste e scontrosa. Soprattutto con il povero Lilo, che cerca in tutti i modi di aiutarla.

Sarà proprio per aiutare la padroncina che Lilo finirà in una folle e divertente avventura, che lo porterà alla fine ad acquisire consapevolezza e a capire che non è soltanto l’aspetto che conta e che i legami sono importanti, soprattutto per affrontare le avversità.

Focalizziamoci un po’ sugli aspetti caratterizzanti del romanzo: in primo luogo mi preme parlare dell’imbarazzo di Lilo per le sue gambe corte. Nelle prime pagine il cagnolino esprime tutto il dispiacere per il proprio aspetto, dal collo in giù. Questo suo essere differente dagli altri lo porta a nascondersi davanti alla cagnolina di cui è innamorato e a farlo sentire non adeguato, rispetto ai tanti altri cani del parco (l’amico Lio per esempio).

La scelta di raccontare il cagnolino in questo modo da parte della Garland l’ho trovata interessante e attuale, perché alla fine si viene a creare un parallelismo tra quello che prova il cagnolino e i preadolescenti di oggi che vivono costantemente questo senso di inadeguatezza. Attraverso un così sapiente modo di raccontare fondato sulle similitudini, possiamo percepire Lilo più come un bambino che un cagnolino… se non fosse per la sua ossessione per la carne!

Come dicevo, questa è anche la storia di Emi e della sua difficile lotta contro un misterioso cyber-bullo che rende le sue giornate piene di tristezza. È proprio il cellulare, che ai più giovani sembra offrire un riparo dalle difficoltà quotidiane, a generare malcontento e nervosismo. Eppure, nonostante questo, la ragazzina continua a rintanarvisi e a scacciare tutti quelli che corrono da lei, Lilo in primis.

E ho trovato anche molto toccante la parentesi legata alla malattia di nonna Ava e a quello che le succede, perché ho rivisto quanto è accaduto anni orsono a mia nonna. Per questo quei capitoli dedicati a questo spiacevole avvenimento li ho trovati ancora più intensi.

Consiglio la lettura di Lilo a prescindere dall’età, perché pur essendo un libro per i più giovani trovo che possa essere una piacevole e veloce (l’ho divorato in un solo giorno) lettura anche per i più grandi.

La storia

I genitori di Emi sono partiti per un viaggio e lei rimane per qualche giorno con i nonni e il loro cane Lilo. L’animale si rende presto conto che Emi, un tempo affettuosa e giocosa, è ora una preadolescente testarda, attaccata al suo cellulare, che spesso si chiude nella sua stanza per piangere. Lilo, che ha una capacità speciale di percepire la tristezza e la paura attraverso gli odori, cercherà di scoprire, con l’aiuto di Olivertwist, un astuto cane randagio, e della misteriosa gatta Berenice, chi sta rovinando la vita alla nipote dei suoi padroni. Nella sua avventura, Lilo affronterà anche una paura che lo paralizza: Adele, la cagnolina che gli piace, non deve vedere che ha le gambe così corte.
Inés Garland racconta una storia di gestione della rabbia e del dolore, in cui il mondo degli animali e quello degli esseri umani si compenetrano in modo insolito. Premio di letteratura per l’infanzia Ala Delta 2019. Età di lettura: da 10 anni.

di Everpop

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Recensione di Il mondo è rosso su Parolario&co. di CiaoComo

CiaoComo - 5 febbraio 2023

E come di consuetudine, arriva il mio spazio preferito, quello dedicato alle nostre ospiti e ai loro puntuali e intriganti consigli di lettura. La prima è Jessica della Libreria del Ragionier Bianchi, che ci racconta Il mondo è rosso, di Britta Teckentrup, edito da Uovonero.

Ascolta il podcast

Recensione audio di Il libro bugiardo su Tutt'orecchi

Tutt'orecchi - febbraio 2023

Contenuti della puntata di febbraio 2023:

INTERVISTA A:
- Anna Becchi, traduttrice di Le ragazze, di Annet Schaap, La Nuova Frontiera Junior

RECENSIONI DI:
- Donatella Bisutti, Parole per la testa. Da dove arrivano i modi di dire?, Feltrinelli Kids
- Fabrizio Silei, Il libro bugiardo, uovonero

LETTURA DI:
- La signorina Dolcepunto, fiaba tradizionale cinese, nella versione di Luigi Dal Cin, Favolosi intrecci di seta. Fiabe dall’estremo Oriente, Franco Panini Ragazzi.

Ascolta il podcast su Spreaker

 

Ascolta "TUTT'ORECCHI febbraio 2023 - Podcast di letteratura per l'infanzia" su Spreaker.

Recensione di Il mistero del Guggenheim

I Libri di Leo - febbraio 2023

“Il mistero del Guggenheim” è un romanzo giallo opera di Robin Stevens, sequel del libro di Siobhan Dowd dal titolo “Il mistero del London Eye”, e basato su un’idea della scrittrice inglese prematuramente scomparsa nel 2007.
Il protagonista è Ted Sparks, un ragazzo di dodici anni: è un formidabile detective che riesce a scovare indizi che nessuno scoverebbe, forse grazie alle caratteristiche speciali che gli derivano dall’autismo.
La storia prende l’avvio dal furto di un quadro, rubato dal famoso museo Guggenheim di New York City (Stati Uniti). Del furto viene incolpata la zia di Ted.
Insieme a sua sorella e a suo cugino, Ted deve trovare il colpevole. La strada verso la risoluzione del caso è tortuosa: viene ostacolato in ogni modo.
Finale sconvolgente che non rivelerò.

Secondo me è un libro scritto molto bene, avvincente e con colpi di scena continui; leggerlo è stato davvero un piacere perché è scorrevole. L’autrice ha saputo caratterizzare molto bene il personaggio di Ted: il suo modo di affrontare i problemi è accattivante, credo che molte persone ci si possano rispecchiare.

Consiglio questo libro agli appassionati del genere giallo.

di ALESSANDRO, 2023

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Oggi in cartella "Nessuno sa"

Teste Fiorite - 2 febbraio 2023

Un libro fresco di stampa, uscito lo scorso dicembre in libreria.
Fin da subito mi ha colpito l’illustrazione in copertina e il titolo posto al centro, come fosse il nocciolo della questione.
Copertina cartonata, fronte con sfondo bianco e affaccio di vari animali, retro verde salvia con foglie fitte opache, tono su tono.

Casa editrice Uovonero

Ho deciso di regalarmi questo libro a Natale quando sono andata in Libreria-Bistrot Sullaluna di Venezia a prendere i regali per i miei amici.
Se prima o poi riuscirò a realizzare il mio sogno di pubblicare un “mio” albo illustrato, mi piacerebbe fosse edito da Uovonero. I contenuti che propone e la modalità sono sempre affini al mio pensiero.

Il libro

Questo testo, di medie dimensioni, ha una particolarità: anziché leggersi “in verticale” come quasi sempre avviene, ossia aprendolo e sfogliandolo da destra verso sinistra e trovando il testo da leggere dall’alto verso il basso, si sviluppa in orizzontale. Si apre dal basso verso l’alto e si legge poi il testo scritto in un’unica riga da sinistra verso destra.

Mi era già capitato, qualche anno fa, di leggere ai miei alunni un libro della stessa autrice con queste caratteristiche: “Il sogno delle stagioni”. All’epoca insegnavo scienze e matematica, in un’altra scuola.
Nessuno sa” mi è piaciuto per la grafica, la scelta dei colori e il loro accostamento, i testi brevi, puliti, efficaci, in generale per il senso estetico e la capacità di innescare pensieri e connessioni.

Un libro per ogni età

Malgrado possa sembrare un libro più “da piccoli” ho ugualmente deciso di proporlo ai miei alunni di classe quinta, scuola primaria, e ora vi spiegherò il perché.
Innanzitutto un buon albo viene apprezzato indipendentemente dall’età. In base all’età, i bambini possono cogliere alcuni aspetti piuttosto che altri. In ogni testo ci sono vari livelli di lettura.
In secondo luogo un albo apparentemente semplice e “da piccoli” può fungere da spunto, incipit, ispirazione per un’attività di scrittura.

Che tipo di scrittura? Un tema?

I bambini d’oggi sanno scrivere?

In linea di massima, insegnando italiano, in classe cerco di applicare il metodo del WRW (writing and reading workshop), ma talvolta mi trovo a fare i conti con la realtà e a chiedermi: “Sarà sufficiente?”.
I miei alunni, pur essendo in quinta, compiono ancora molti errori di ortografia. La morfosintassi nei testi risulta ancora poco fluida pur avendo sempre letto molto (ad alta voce, a bassa voce…) e avendo scritto sistematicamente. Forse non abbastanza. Il tempo è il mio acerrimo dichiarato nemico.

Quindi mi chiedo…

…rispettando i tempi di tutti e di ciascuno, quando il prossimo anno i miei alunni si troveranno a svolgere il classico tema d’italiano entro le due ore scarse, che succederà?

Mi piacerebbe che uscissero dalla scuola primaria non sapendo fare tutto ma avendo gli strumenti per riuscire a farlo.
L’ approccio olistico utilizzato sinora può giovare allo sviluppo armonioso della personalità, ma risulta a tratti forse poco efficace ai fini del successo formativo, all’interno dell’istituzione scolastica attuale.

Tema corrisponde a foglio bianco.

Foglio bianco corrisponde a panico.

Magari non per tutti, ma per più di qualcuno è sicuramente così.
Ecco perché a volte propongo il duro confronto con la realtà, da non confondere con il “compito di realtà” suggerito dalle indicazioni nazionali.

“Chiara, cosa facciamo oggi? Non è un “grammardì” vero?!?”
Li rassicuro… è giovedì e non “grammardì”.
I bambini d’oggi pur avendo un programma di massima, hanno un costante bisogno di essere rassicurati sul “cosa si farà”, nell’immediato e a seguire.

Il “grammardì”

Il “grammardì” in origine era un semplice mercoledì che per necessità è diventato il giorno interamente dedicato alla grammatica e da qui il nome. Risultano allergici al “Grammardì” tanto quanto al “Today is an English Day”, eppure son due giornate indispensabili. “Di soli laboratori non si può vivere”. Sono favorevole alla didattica attiva, a una didattica del “fare” come suggeriva il buon Dewey, al protagonismo dei bambini accompagnato però da un equo tempo di riflessione, rielaborazione, studio.

E il resto della settimana

Il lunedì solitamente è dedicato alla lettura.
La lettura, ovvio, è quotidiana: sia quella ad alta voce da parte dell’insegnante (il momento estemporaneo più bello della giornata in cui regnano silenzio e attenzione), sia la lettura individuale (il secondo momento più bello e silenzioso in cui contemporaneamente tutti leggono il proprio libro, insegnante compresa).
Di fatto, però, il lunedì è specificatamente dedicato ad un tempo più ampio per leggere e condividere racconti e pensieri inerenti alla lettura (book talk, one pager).
Il mercoledì, alias “grammardì”, è già stato descritto.
Il giovedì è dedicato alla scrittura scaturita dalla lettura di un albo illustrato o da un libro di narrativa.
Il venerdì si recupera quanto rimasto in sospeso.

E veniamo alla lettura vera e propria del libro in cartella di oggi.

Prendo il libro. Cala il silenzio. Inizio a leggere.

“Nessuno sa, di Arianna Papini. Edito da Uovonero”.

Tutti sanno della pelliccia del puma.
Nessuno sa dei suoi pensieri.
Tutti sanno della bellezza del colibrì.
Pochi sanno che è molto aggressivo

Pagina dopo pagina si alternano le immagini di diversi animali e delle loro caratteristiche.

Commenti a caldo

“Bello”
“Chiara ma che libro è??? Non ha un inizio, non ha una fine… ti lascia così”
[I libri devono a servire a qualcosa? Penso tra me e me]
“A me invece la fine è piaciuta proprio perché cambia, il “tutti” diventa “molti” e ti fa riflettere”
“Chiara, si apre come “L’onda” di Suzy Lee”

“A me è sembrato un po’ da piccoli”
“A me no, è piaciuto”
“Sì, anche a me è piaciuto, ma tante informazioni già le conoscevo”
“Io non ho capito quello dei pensieri del puma… cioè come si fa a sapere?!? L’ho trovato poco scientifico”
“Io l’ho trovato poetico con queste parole che tornavano all’inizio di ogni frase… tutti, nessuno, pochi”
“Anche a me ha colpito la struttura”
“Sì, è vero usa sempre le stesse parole”

“Vero” commento io “Poi andremo a vederle”

“A me sono piaciute molto le illustrazioni e gli sfondi”
“Anche a me, alcuni assomigliavano alla carta da parati”
“Chiara, hai notato che una volta l’animale è in alto e il testo in basso e la pagina successiva il contrario, testo in alto e animale in basso?”
“La cosa che io non mi aspettavo è che la lucertola ama dormire nelle rose”
“Io ero convinta amasse dormire nel basilico, d’estate quando vado a prendere il basilico ogni volta dalle foglie ne spunta una”
“Io pensavo dormisse dietro il divano, mia mamma spesso ne trova una lì”
“A casa mia c’è un geco che ogni tanto si fa vedere”

E ancora…

“Ma se la chiocciola è maschio e femmina assieme vuol dire che non ha la riproduzione sessuata e come si riproduce?” [Hanno appena concluso in scienze l’argomento dell’apparato riproduttore che ha destato non poco interesse].
“Chiara, sai cosa so? Che io sono uno tra i pochi che sanno di non sapere niente” [commento dello “spiritoso”, infatti tutti ridono]
“Secondo me non è vero che è nessuno o tutti… cioè non è proprio nessuno e non è mai proprio tutti”
“Forse rende meglio l’idea usando queste parole”
“Sì, questo è vero…”
“Chiara, hai visto che l’ultima immagine è la stessa della copertina solo con lo sfondo diverso?”

Si sono rilevati osservatori attenti e puntuali.

È stato bello verificare assieme la struttura del testo e delle illustrazioni e riflettere sul ritmo della narrazione e la svolta con il doppio “tutti sanno” “pochi sanno” a metà indice del giro di boa.

“Chiara ho capito, l’autrice cambia perché si sta avviando verso la fine!”

Bello l’apprendimento per scoperta!

Infine hanno provato a dire quale poteva essere il titolo del tema partendo da questo libro.

 

A seguire una scaletta co-costruita.

Per l’introduzione l’utilizzo dell’incipit, poi lo svolgimento in cui raccontare di sé e infine la conclusione in cui rivelare qualcosa che si vorrebbe far sapere di sé agli altri. Un qualcosa di personale per cui a volte non si viene capiti.

Qualche nozione base di ripasso sull’uso del foglio protocollo, sulla “brutta copia” e “bella copia” e sull’indispensabilità di una buona “scaletta”. Qualche suggerimento sulla gestione del tempo. E qualche raccomandazione sulla rilettura e l’autocorrezione.

Infine la fase operativa.

Non è stato facile, soprattutto per alcuni. Qualcuno, invece, è riuscito senza problemi. Qualcun altro dopo il blocco iniziale è riuscito a concludere il lavoro. Qualcun altro ha portato a termine la brutta copia ma non è riuscito a trascriverlo in bella copia, neanche il giorno seguente. Un problema comune è stata la lunghezza “quanto devo scrivere?”. Pur avendo affrontato l’argomento durante le indicazioni, sembra la lunghezza sia indipendente dal contenuto. Quindi qualcuno ha scritto vincolato dal “quanto” scrivere anziché preoccuparsi del “cosa” scrivere. Qualcuno ha fatto molta fatica a concludere.

Al di là del risultato credo sia formativo scontrarsi con la prova e con i tempi, non per lasciarsi sopraffare, ma anzi, per riuscire ad attivare strategie per superarla. Solo l’allenamento può insegnare ad agire correttamente e a gestire la tensione.

Sono rimasta sorpresa

Malgrado lo scetticismo iniziale, tutti hanno concluso il compito e hanno svolto dei gran bei temi!
Devono solo avere un po’più di fiducia in se stessi.

“Chiara, questa volte non condividiamo?”
“Ma dobbiamo leggere a voce alta”
 [Chiede allarmata la compagna]
“Assolutamente no, questa volta non condivideremo…”

A volte si ha bisogno di parlare di sé in maniera libera, ma riservata. E io rispetterò questo bisogno.
Però vi dirò qualcosa di me…

Tutti sanno che Chiara è sempre in ritardo.
Nessuno sa la vera ragione.
Tutti sanno che Chiara non ama esser chiamata Maria Chiara.
Pochi sanno perché non le piace essere chiamata così.
Tutti sanno che si vede cosa pensa.
Pochi sanno che i pensieri a volte la fanno impazzire.
Molti sanno che Chiara è una maestra.
Pochi sanno che vorrebbe scrivere un albo illustrato.

 

di Chiara Cosentini

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Recensione di Nessuno sa su Estetica-mente

Estetica-mente - 6 febbraio 2023

Nessuno sa
 di Arianna Papini propone il gioco del “tutti sanno” e “pochi sanno” per animali che vengono scoperti di caratteristiche che molti ignorano, ma su cui è bene invitare a riflettere sia da adulti, sia da bambini e, in particolar modo, fin da piccoli.

Inizio dalla fine, che è poesia.

Molti pensano di sapere tutto. Pochi sanno di non sapere niente.

Si conclude così l’albo di Arianna Papini, dal titolo Nessuno sa, edito da Uovo Nero Edizioni nel 2022. Molti pensano di sapere ogni cosa sugli animali, preconcetti e pregiudizi nati da cartoni animati o da storie antiche tramandate per spaventare e spaventarci, la verità però è che pochi sanno di non sapere niente.

Già Fabian Negrin, con il suo In bocca al lupo ci mostra un lupo diverso, che per maldestria si pappa Cappuccetto Rosso di cui era invece profondamente innamorato. Arianna Papini ci mostra vari e diversi animali, dai più comuni ai meno comuni, di cui tutti sanno qualcosa, ma di cui pochi sanno qualcos’altro.

Tutti sanno della pelliccia del puma.

Nessuno sa dei suoi pensieri.

E ancora…

Tutti sanno che della bellezza del colibrì.

Pochi sanno che è anche molto aggressivo.

Dai, dì la verità, non avresti mai detto che un innocente colibrì dalle piume azzurre come il cielo potesse essere aggressivo.

Il gioco del “tutti sanno” e “pochi sanno” continua per altri animali che vengono scoperti di caratteristiche che molti ignorano, ma su cui è bene invitare a riflettere sia da adulti, sia da bambini e, in particolar modo, fin da piccoli, per far sì che non si cresca avendo pregiudizi e anzi si rispetti l’altro, il diverso da sé, sia che questo sia un umano, sia che sia un animale, ricordando sempre che la diversità è e deve essere un valore.

Condividiamo così il messaggio che recita la poesia di Nigro:

“È insieme e distinti che si compie un grande viaggio”.

Un libro che ci insegna a guardare oltre.

Spunti didattici:

Nessuno sa è un albo illustrato che può essere proposto a partire dalla scuola dell’infanzia e che io proporrei sino alla scuola secondaria, per riflettere insieme su pregiudizi e stereotipi e per introdurre il mondo animale secondo diversi punti di vista e non seguendo le solite e scontate proposte fornite dai sussidiari.

Lo consigliamo a… tutti coloro che pensano di sapere tutto, ma non sanno proprio niente. Ma anche a chi ha l’umiltà di continuare a imparare e un orecchio acerbo per continuare ad ascoltare.

di Ilaria Dui

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Recensione di L'aquilone di Noah su Libricino

LIBRICINO - 26 GENNAIO 2023


“Coltivare la Memoria è ancora oggi un vaccino prezioso contro l’indifferenza e ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze, a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza e la può usare.”

(Liliana Segre)

Questo libro edito da Uovonero, una casa editrice da sempre attenta all’inclusione, nella collana “I Geodi” è consigliato per la fascia di età dai 14 anni in su. L’ immagine di un ufficiale delle SS e un piccolo bambino con la stella di David appuntata sul cappotto e in mano un grande aquilone rosso, ci catapultano immediatamente in un doloroso recente passato, che purtroppo tendiamo a dimenticare.

Noah è un bambino particolare che vive nel suo mondo fatto di silenzi nella Cracovia del 1939. Ma non è solo Polacco, Noah e la sua famiglia, i Bauman sono ebrei. Gli ebrei non sono ben visti dai Polacchi ma sono odiati ancora di più dai tedeschi. Siamo all’inizio della seconda guerra mondiale e nel settembre del 1939 la Germania invade la Polonia e la vita di tutti gli ebrei cambia drasticamente sotto regole sempre più stringenti e crudeli. Seguiremo la storia della famiglia Bauman e del piccolo Noah insieme ai suoi vicini e agli amici incontrati lunga la crudele strada del destino fino alla fine della guerra e alla liberazione dai campi di concentramento, per i pochi sopravvissuti, nel 1945.

Sulla Shoah, sullo sterminio degli ebrei, sulle bruttezze dell’animo umano espresse in quegli anni ci sono molti libri, film e testimonianze sia visive (fotografiche) che verbali. Sappiamo anche quanto poteva essere difficile essere ebreo, bambino e con caratteristiche particolari in quel periodo…quasi sempre voleva dire morte certa.

Noah vive nel silenzio, per lui conta solo una cosa: il suo aquilone. Se non può far volare l’aquilone lui non esiste. Ma del resto non esiste per la madre, per la sorella e per il padre dal momento in cui è nato e non ha pianto…solo Joel, suo fratello maggiore, il suo gigante buono, sembra vederlo, conoscerlo, proteggerlo da tutto il male e tutti i pericoli che lo circondano.

Salmerón attraverso il racconto della vita della famiglia Bauman e di chi la circonda (amici e vicini) segue le tappe della ghettizzazione e della deportazione degli ebrei da Cracovia.

Nel libro incontreremo personaggi secondari come il signor Rosemfeld che nel finale si riveleranno di vitale importanza per la storia e permetteranno al giovane lettore di capire la vera essenza delle parole Speranza e Tenerezza. In alcuni passi del libro ci si potrà trovare a pensare al film di Benigni “La vita è bella” con cui ci sono piccole similitudini.

Inoltre spesso vengono nominate le fabbriche di Schindler e Madritsch che hanno permesso di salvare moltissimi ebrei dallo sterminio utilizzandoli come impiegati nelle loro aziende e che sono stati nominati Giusti tra le Nazioni, il loro ricordo da parte di Salmerón è molto bello.

Questo è un libro intenso, dove si parla di emarginazione, autismo, morte ma anche di amore, speranza, tenerezza e dolcezza. Può risultare a tratti forte e anche crudo nel racconto reale di quello che accadde in quegli anni agli ebrei e a tutte quelle etnie che non venivano giudicate abbastanza “ariane” dai tedeschi e dai loro alleati, come i fascisti italiani, che decisero di intraprendere lo stesso orribile, crudele e insensato percorso di sterminio.

Le scene descritte rimangono impresse nella mente e le domande: “Perché è successo?” “Cosa ha portato tutto questo odio nell’umanità?” Risuonano nella testa senza una risposta ragionevole perché in tutto quello che è accaduto in quegli anni, nella deportazione, nella violenza, nei campi di sterminio, nella morte non c’è ragione.

Un libro da proporre ai ragazzi per farli entrare nel mondo già difficile del piccolo Noah e della sua famiglia e per far comprendere loro l’immane crudeltà perpetrata durante la seconda guerra mondiale nei confronti degli Ebrei. Questo piccolo capolavoro è da proporre alla fascia di età dai 13-14 anni in su, quando un genitore o un educatore può dare risposte vere e ragionevoli su quello che è accaduto e può spiegare l’importanza del coltivare la Memoria e non perdere il ricordo se anche così doloroso di un momento buio della storia che non dovrà ritornare mai più.

di Marienza Montemurro

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SPECIALE GIORNATA DELLA MEMORIA

BookAvenue Kids - 27 gennaio 2023

Noah è il figlio più giovane dell'orologiaio Leopold e di sua moglie Dora. Vive con i suoi fratelli Joel e Hannah a Cracovia. Noah è un bambino diverso dagli altri: vive nel suo mondo, non parla e non sembra ascoltare. È il 1939 e i tedeschi hanno appena invaso la Polonia. Molti credono che l'odio dei nazisti verso gli ebrei sia vero e temono per la loro vita, ma altri come il fratello di Dora, Abbie, sono convinti che staranno meglio con i tedeschi. Ma in pochi giorni i piani dei nazisti diventano chiari...

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Recensione di Gabbie su Teste Fiorite

Teste Fiorite - 30 gennaio 2023

 

Vi piacciono i gialli?

E i romanzi storici?

E i libri intriganti?

Se avete risposto “sì” ad almeno una delle prime domande vi assicuro che Gabbie di Guido Quarzo e Anna Vivarelli edito da Uovonero e interpretato dalle bellissime illustrazioni di Peppo Bianchessi non vi deluderà ma anzi vi sorprenderà!

Siamo nell’autunno del 1879, a Torino, al museo di Storia Naturale, tra scienziati che studiano ogni aspetto della vita sul pianeta, e siamo anche negli anni in cui Darwin sta sconvolgendo ogni certezza e ogni accordo tra scienza e fede con la teoria dell’evoluzione. Al museo si discute di dare un premio a Darwin e anche se il premio non riguarda L’evoluzione delle specie, la cosa porta non poco scompiglio e non poche divisioni tra gli scienziati dell’accademia.

E’ in questo contesto che si muovono due personaggi essenziali: il direttore dell’Accademia delle Scienze Vittorio Bonaccorsi e suo nipote Stefano Sturzi di quindici anni liquidato come matto e rinchiuso in manicomio. Stefano tuttavia non solo non è matto ma ha delle doti eccezionali, ad esempio, di memorizzazione, oggi forse potremmo pensare che Stefano abbia un disturbo dello spettro autistico ma come sia e come non sia lo zio Vittorio decide di portalo con sé all’Accademia e di metterlo a sistemare e catalogare la biblioteca dell’Accademia.

Allo scompiglio per il premio a Darwin si somma quello per l’arrivo del nipote “scemo” del direttore e poi…. e poi si accalcano personaggi e pezzi di intreccio sempre più complessi e articolari e che creeranno una situazione talmente imbrogliata da portare ad un duplice omicidio: quello di una scimmia (rapita da un circo !) e, nella stessa sala del museo di Storia Naturale, di uno degli scienziati.

Ed ecco che arriva la polizia e il caso si complica sempre di più. Più il direttore vuole defilarsi più si trova in mezzo al mare in tempesta e nel caos non riesce a tenere al sicuro il nipote che necessariamente, gli stereotipi non si smentiscono mai, diventa il primo sospettato dei crimini (e di crimini i più grandi sono gli omicidi ma vi dico che ce ne sono anche altri).

Non poteva mancare, tra i tanti personaggi, il commissario, un personaggio viscido e arrivista ma non stupido né incapace, anzi…

Insomma il giallo è proprio giallo, i fili della matassa faranno piuttosto fatica ad essere districati dalla polizia, i personaggi compariranno e scompariranno sul palcoscenico della narrazione con ruoli e caratteristiche necessari allo stesso tempo a sviluppare e avviluppare l’intreccio.

Ovviamente non vi svelo come andrà a finire questo giallo, ma vi invito a leggerlo e a ritrovarci dentro tutti i fili narrativi che dietro il genere giallo emergono: quello del dibattito sulle teorie evoluzioniste, ma anche quelle delle difficoltà di “fare gli italiani” una volta che si è “fattà l’Italia”, quella del ruolo femminile nella scienza, del potere ecclesiastico nel controllo della popolazione e, last but not least, la questione della disabilità e della sofferenza di queste creature liquidate come “pazze” ed eliminate dalla società in luoghi disumani.

Per districarvi tra i tantissimi personaggi all’inizio del libro troverete una utilissima presentazione degli stessi; per districarvi nella logistica della storia nei risguardi troverete una piantina di Torino che ci agevolerà l’immaginazione spaziale; e, se vi fa piacere, potrete anche ascoltare questo libro invece che leggerlo: grazie all’accordo con Emons Gabbie è anche audiolibro con un qr code interno che ci porta direttamente all’ascolto.

Insomma un libro complesso e più che piacevole da leggere, un giallo da godersi a tanti livelli, buona lettura!

di Roberta Favia

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Recensione di La nostra terra su stefaniaciocca.it

stefaniaciocca.it - 16 gennaio 2023

La nostra terra, albo illustrato edito da Uovonero, inizia così.

Con una bambina che guarda passare il vagone di un treno (o di una metropolitana?).
Poi nei risguardi abbiamo tanti biglietti di viaggio stile vintage e la prima pagina si apre un disegno in bianco e nero di un treno che sbuffa, di quelli che sappiamo dare inizio a grandi storie.

SULLA CRESTA DELLA MONTAGNA,
LA MONTAGNA CHE È BIANCA
LA MONTAGNA CHE NERA
ECCO LA FORTEZZA, IL VILLAGGIO, LA CITTÀ.

Assaporiamo le parole e sappiamo già che sarà un testo fatto di intarsi.

La nostra terra prosegue seguendo la bambina che guarda dai vetri del finestrino e si affaccia su paesaggi nuovi,  e di volta in volta entra a far parte di quei paesaggi.

Un roccia a picco sul mare, un ponte sospeso su una giungla.
E poi danza, con costumi e movenze diverse.

Ogni illustrazione alterna tavole in bianco e nero a tavole colorate, paesaggi e cieli naturali e dimostrazioni umane di culture lontane.

Alla fine, dopo tutto questo vagare, rivediamo la bambina dietro al vetro del finestrino.

Il viaggi è finito e lei sa che questa è

LA NOSTRA TERRA,
SEMPRE

La nostra terra è un albo illustrato, edito da Uovonero e riunisce tre autori, Letizia Anelli, Simone Perazzone e Ariadna von Eckartsberg che si è occupata delle illustrazioni (l’alb è stato realizzato in collaborazione con Ars in fabula).

In questo piccolo capolavoro si uniscono la profondità di senso alla Bellezza.

Bellezza delle illustrazioni, la bellezza che ci circonda per davvero, e la profondità insita nelle parole.

MA COSA SUCCEDE LEGGENDO LA NOSTRA TERRA DI UOVONERO?

Racconto cosa è successo a me.

Quando l’ho sfogliato la prima volta sono rimasta affascinata prima di tutto dalle immagini, solo quella di copertina è in grado di portarvi ad aprire il libro.

Poi si leggono i primi versi e ci si rende conto che la parola qui ha lo stesso peso delle immagini, non sono le une serve delle altre.

Poi però ho avvertito un senso di fuggevolezza.
Le parole avevano qualcosa di famigliare ma di sfuggente, che non riuscivo ad afferrare.

Le parole creano immagini metaforiche, avvertiamo dei rimandi, la loro combinazione ha qualcosa allo stesso di tempo di conosciuto e sconosciuto.

Così mi sono affidata alle immagini, pensando che alle parole sarei tornata dopo,

Immagini lussurreggianti, esotiche, stimolano i sensi: guardandole sembra di sentire il profumo del gelo di inverno, lo stridio dei binari, lo sciacquio di una barca sul fiume, i tamburi di una danza tribale…

Poi è solo alla fine che afferriamo il vero senso di tutto.

Quando scopriamo che il testo di  La nostra terra di Uovonero è composto dal significato, dalle etimologie, dei nomi dei paesi del mondo.

Rileggendo le prime righe, diventano così:

SULLA CRESTA DELLA MONTAGNA > CROAZIA
LA MONTAGNA CHE È BIANCA > KENYA
LA MONTAGNA CHE NERA > MONTENEGRO
ECCO LA FORTEZZA, IL VILLAGGIO, LA CITTÀ > KUWAIT, CANADA, CAMBOGIA

C’è un’appendice alla fine del libro che spiega proprio questa meccanismo che si gioca sull’etimologia.

Ogni paese del mondo ha un significato, e con quel significato è stato costruito questo canto d’amore per La nostra terra.

Gli albi illustrati rimangono un modo per andare in profondità, per cogliere la complessità con semplicità, per imparare a guardare, pensare e dare valore alle parole.

Il modo in cui attraversano la complessità si inserisce in un meccanismo di svelamento che a volte è graduale, a volte passa per le parole, a volte per le immagini, altre volte per la combinazione di entrambe.

Il modo in cui arriviamo ad afferrare il significato ultimo degli albi illustrati è favorito dalla struttura dell’albo,

Ma arrivati ad afferrare quel significato, parte il nostro viaggio.

Un albo illustrato come La nostra terra di Uovonero ci affida un messaggio.

 

di Stefania Ciocca

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Dove lo portiamo? Cosa ne faremo?

Concludo riportando le ultime parole dell’appendice:

LE PAROLE, COME LE PERSONE, NON STANNO MAI IMMOBILI; SONO IL BIGLIETTO CHE CI PERMETTE DI VIAGGIARE PER ABBRACCIARE L’IMMENSA VARIETÀ DELLA NOSTRA TERRA

Recensione di Gabbie su Interzona news

Interzona news - 18 gennaio 2023

Riconoscerei la narrazione della Vivarelli tra tante; questa volta, la scrittrice torinese, con un pari collaboratore, ha licenziato “Gabbie”, un romanzo plurigenere, com’è nelle corde di entrambi gli autori: un giallo, per la parte maggiorente, ma anche romanzo storico, sociale e di costume.

Una storia avvincente, che, negli ultimi due terzi del libro, affattura il lettore. 

Il plot. Siamo a Torino, nel 1879, la comunità scientifica dell’Accademia delle Scienze decide di premiare Charles Darwin, così si scatena una lotta tra darwinisti e antidarwinisti.
In questa discussione senza esclusioni di colpi, viene ucciso uno dei professori sostenitore dello scienziato evoluzionista, trovato morto proprio nell’Accademia, abbracciato ad una scimmia.
Contestualmente scompaiono dei libri rari dagli scaffali, per essere venduti al mercato nero.
Dalla disputa accademica esce una pista per il movente del delitto. Il caso è affidato ad un Ispettore tanto bravo quanto odiato, perché burbero e con non pochi pregiudizi.
Ma è Stefano, un ragazzo autistico, a sussurrare a modo suo la soluzione del caso, avvenuto per ragioni ben più prosaiche.

Nella narrazione, troviamo un nugolo di personaggi e tant’altri temi che arricchiscono la storia. In primis, Stefano, figlio dell’alta borghesia cittadina, rinchiuso nella struttura ospedaliera della Certosa di Collegno (chiusa nel 1978, probabilmente dopo la legge Basaglia, che poneva fine alla segregazione delle persone con problemi di salute mentale), perché affetto da disturbi dello spettro autistico, quando ancora la malattia doveva essere diagnosticata; sicchè, per mera ignoranza l’ispettore si permette di maltrattare il ragazzo, oppure la famiglia di nascondere il figlio alla vista della società, o di procedere a facili generalizzazioni: di ‘pazzo’ da emarginare. Gli Autori, al contrario, offrono una strada da seguire di fronte a soggetti con tale fragilità: l’amorevolezza e l’ascolto, atteggiamenti sintetizzati nel comportamento della cameriere Lisa, dello zio e della scienziata Ida.

Gabbie è pure un romanzo storico e di costume, allorquando vengono sciorinati nella narrazione ambienti, modi di pensare, preconcetti, il contrasto tra scienza e religione.

Non manca, lo spazio concesso ai nobili sentimenti umani, ovvero l’amore e l’amicizia. Il sentimento che sboccia tra l’austero direttore Bonaccorsi e Ida Stoppani, gli approcci ora velati ora manifesti, diventano paradigmatici di un sentimento senza il quale la vita sarebbe senza colore. E l’amicizia tra Stefano e Lisa: pura, senza interessi, motivante, costituisce uno slancio umano che permette di sperare che ci sia ancora posto per l’humanitas.

Naturalmente la dimensione poliziesca, con indagini, ricerca di indizi, deduzioni, costituisce una parte avvincente del romanzo, capace di scatenare l’effetto diegetico nel lettore. E per rimanere nella tradizione del giallo ad enigma, i vari indizi che il lettore si trova di fronte vengono scompigliati dal colpo di scena.
In alcuni momenti sembra che prevalga un giallo psicologico, allorché si dà conto del carattere e delle relazioni dei personaggi. Si pensi, ad esempio, all’ispettore Curlini che pur capace nel condurre le indagini, risulta essere un eroe negativo, per i traumi pregressi che condizionano le sue relazioni.

Infine, un altro aspetto qualificante del romanzo è la commistione tra personaggi inventati e quelli veramente esistiti, il cui miscuglio attribuisce alla narrazione un brio di autenticità, da ammaliare non poco il lettore.

Lo stile degli autori è veramente apprezzabile. La narrazione è fatta di descrizioni rapide (mai si indugia su una scena), di capitoli brevi, di essenzialità, di dialoghi serrati, tanto da rendere il libro uno strumento piacevolissimo di lettura e un formidabile elemento di riflessione sulla realtà sociale, spesso mascherata o ingabbiata in stereotipi che non possono non originare verità fallaci.

di Cosimo Rodia

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Letture e avventure tra le pagine illustrate

Il Quotidiano Trentino - 18 gennaio 2023

Cosa rende magico, in una libreria, il settore dedicato ai bambini e ai ragazzi? L’incontro con tante illustrazioni, in una sinfonia di colori, fantasia e creatività che risveglia, anche negli adulti, quel bambino che, per fortuna, alberga sempre in chi è disposto a farsi stupire, a camminare fianco a fianco con la curiosità, a lasciarsi avvolgere dalle storie. Oggi i due libri che salgono sulla nostra «giostra» sono proprio il trionfo delle illustrazioni di qualità affiancati da testi sorprendenti.
È così per La nostra terra di Letizia Anelli e Simone Perazzone, illustrazioni di Ariadna von Eckartsberg (Uovonero editore, 40 pagine, copertina cartonata rettangolare, 16 euro, adatto a partire da 6 anni). Un’avventura che corre sui binari dell’immaginazione, la conferma del potere della lettura, capace di farci viaggiare in tutto il mondo attraverso le pagine di un albo illustrato. Un gioco per scoprire il significato nascosto delle parole e imparare a guardare la realtà oltre le apparenze. Seduta nello scompartimento silenzioso di un lungo treno a vapore, una bambina è assorta nella lettura. Gli altri viaggiatori guardano lo schermo di un cellulare o riposano. Non si accorgono del mondo che passa oltre il finestrino, non vedono la montagna bianca, il recinto di pietra che brilla, il fiume argenteo. Lei sì, osserva la vastità dei paesaggi e non può fare a meno di correre fuori, verso quella luce abbagliante, verso quei colori inebrianti. Ed è allora che il suo viaggio comincia davvero, un viaggio fatto di incontri, di esperienze nuove, di ascolto e di conoscenza. Un poetico viaggio tra le culture del mondo che è anche un’avventura alla ricerca del significato nascosto delle parole. Sì, perché le frasi di questo libro sono composte dal significato dei nomi dei Paesi del mondo, ricostruito attraverso la loro etimologia. Un testo che gli autori hanno montato e cucito con sapienza, in un esperimento linguistico che viene svelato al lettore solo nell’appendice finale. Un finale a sorpresa, un gioiello.

di Carlo Martinelli

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Gabbie, un romanzo che parla di alterità

Firmino - 18 gennaio 2023

Quando ho appreso del lancio di questa nuova collana da parte della casa editrice Uovonero, ho pensato sin da subito che fosse importante parlarne in un blog, quale Firmino, che si occupa tra le altre cose di inclusione e disabilità.

Gabbie infatti è anche un audiolibro che inaugura la collana i Geodi sonori, in collaborazione con Emons. Una iniziativa importante che unisce due grandi case editrici nell’intento di rendere la letteratura accessibile a tutti. Sottolineo inoltre che il libro, come tutta la produzione di Uovonero, è scritto con font ad alta leggibilità, allineamento a badiera, interlinea maggiorata e colore della pagina bianco-crema. Insomma, siamo in presenza di un libro “universale” proprio perchè pensato e progettato per arrivare a tutti.

Gabbie

di Guido Quarzo e Anna Vivarelli, Illustrazioni di Peppo Bianchessi, Uovonero 2022

Siamo nel 1879. L’ Accademia delle Scienze di Torino propone l’assegnazione di un premio a Charles Darwin per i suoi studi di botanica e il fermento tra i soci cresce; molti dissentono. Per quale motivo? Il punto non sono certo gli studi botanici, il problema è la teoria evoluzionista che divide l’intera popolazione scientifica in ferventi sostenitori e altrettanti detrattori. Vittorio Bonaccorsi, direttore dell’Accademia, percepisce di avere una grande responsabilità.

Si erano formati ormai due partiti che coinvolgevano tutti i osci, non soltanto i pochi rappresentanti della commissione. E tutti gli uomini di scienza. o con Darwin o contro Darwin. Una lotta intestina che poteva mettere a repentaglio intere carriere, compresa la sua.

Gabbie, pag. 46

I fatti principali della storia si svolgono all’interno del Museo di Scienze Naturali dove vive anche Stefano Sturzi, il nipote quindicenne del direttore Bonaccorsi; un ragazzo molto intelligente ma, per la conoscenze scientifiche dell’epoca, considerato un ritardato, un alienato e quindi richiuso dalla famiglia nel manicomio della Certosa di Collegno. Ma Stefano qui ha la fortuna di incontrare il prof. Gandiglio il quale si accorge del grande potenziale del ragazzo e propone al Direttore Bonaccorsi, nonchè zio di Stefano, di portarlo con sè al Museo e di affidargli alcune incombenze:

…il ragazzo ha delle doti. Doti straordinarie, accompagnate da deficit e carenze altrettanto straordinari. Non credo sia curabili. Però qui, dove pratichiamo l’ergoterapia, cioè la cura e il reinserimento dei pazienti attraverso il lavoro, più che zappettare e trafficare nella serra non possiamo offrirgli.

Gabbie, pag. 11

Tra le mura del Museo Stefano riesce ad instaurare ottimi rapporti con Ausonio, fattorino dell’Accademia e con Lisa, figlia del proprietario della trattoria I Tre Re, dove il ragazzo si recava ogni giorno per mangiare. Più problematico e ostile si rivela, invece, il rapporto con Pietro Magnaboschi, inserveniente dell’Accademia, uomo analfabeta e rancoroso verso la vita che conduceva tra i libri polverosi e le bestie impagliate del Museo. Il suo unico obiettivo era quello di accumulare denaro per fuggire verso una vita a suo dire migliore. Ed effettivamente un’alternativa anche reddittizia l’aveva trovata: rubare su commissione volumi rari dall’Accademia.

Nuovi profeti

Ma proprio a causa di Stefano e del suo ordine maniacale, che spesso lo aveva messo in difficoltà di fronte al Direttore, l’odio e il rancore prendono il sopravvento tanto da spingerlo a diventare seguace di un predicatore dell’epoca, il quale aizzava uomini e donne contro il darwinismo e contro l’idea che l’uomo potesse discendere dalla scimmia:

Oggi vi chiedo appunto di farvi carico di un pesantissimo masso, fatto della pietra più nera e più dura: la pietra della cosiddetta sceinza, la pietra del dubbio, la pietra della falsità! È il demonio a metterla sulla nostra strada! Purtroppo questa idea ridicola e blasfema, che noi uomini siamo figli delle scimmie, trova consensi, e li trova proprio là dove si annida la serpe della miscredenza, nei salotti buoni dei professori, dei medici, degli studiosi, dei presunti filosofi…E che cosa fa la Chiesa? Scaglia fulmini e abominio su questi complidi di Satana? No! Tiepidamente protesta e amminisce! Ma parlare non basta, occorre agire!

Gabbie, pag. 61

Queste parole come serpi striscianti si insinuano nella mente di Pietro il quale, assieme ad un complice, decide appunto di “agire”. L’idea era quella di rapire una scimmia di un circo, per abbandonarla all’interno del Museo. Una provocazione. Purtroppo, il piano, seppur studiato nei minimi dettagli, avrà un esito imprevisto; la scimmia muore e viene ritrovata, pochi giorni dopo, riversa sul corpo senza vita di uno degli Accademici, il prof. Matteis.

Da questo momento in poi, la narrazione viene assorbita dalle indagini che saranno condotte dall’ispettore Curlini, uomo gretto e dai modi violenti che rivolgerà i suoi sospetti verso Stefano, tanto da volerlo interrogare personalmente. Le dinamiche di quel colloquio non saranno senze conseguenze per il ragazzo che sarà costretto a rientrare in manicomio.

Un matto libero di circolare per un museo! Quelli come lui doveva tenerli chiusi in gabbia, come faceva quel Dovich con le sue bestie!

Gabbie, pag. 146

Non proseguo oltre, rischierei di togliervi il piacere della lettura; ma alcune ulteriori considerazioni desidero farle.

Gabbie fisiche e mentali

Gli autori delineano con grande chiarezza e semplicità i contorni di una Torino di fine Ottocento schiacciata tra due polarità, l’innovazione scientifica da una parte e il bigotto conservatorismo di estrazione cattolica dall’altra per il quale le teorie evoluzionistiche di Darwin erano inaccettabili.

Il lettore viene invitato ad immergersi e respirare il clima culturale dell’epoca caratterizzato dall’analfabetismo imperante, dal sessismo e dalla lotta verso l’ emancipazione femminile, dalle convezioni e stuperstizioni, ma soprattutto dalla segregazione delle persone considerate ritardate, matte e alienate. Gabbie fisiche (le mura del manicomio, ma anche quella in cui è riunchiusa la scimmia Chocolat) e mentali che paralizzano la società e la rendono del tutto inadatta ad accogliere il nuovo, l’ignoto.

Ed infatti ciò che ho trovato davvero interessante nel romanzo è la narrazione che viene fatta dell’alterità in tutte le sue sfaccettature. Facevano paura le nuove teorie scientifiche, ma faceva paura anche una donna colta:

“Allora, signorina Stoppani, cosa ne pensa della teoria di Darwin?” […] Ida Stoppani reagì con molta disinvoltura. “Le idee di Darwin non mi turbano affatto, anzi, vorrei che si dicesse chiaramente che se l’uomo discende dalla scimmia, questo vale anche per la donna, giusto? disse fissandolo. Bonaccorsi annuì imbarazzato. “Be’, questo allora ci pone su un piano di assoluta parità, non crede?” domandò con un sorrisetto ironico che provocò al direttore un leggero brivido lungo la schiena.

Gabbie, pag. 111

Ma forse ciò che più di tutto spaventava, tanto da necessitare di una vera e propria segregazione, era la diversità umana.

Dentro i margini

Stefano Sturzi era un ragazzo molto intelligente, dotato di grande memoria e capacità di catalogazione, ma proprio per questo maniacale e abitudinario tanto da andare letteralmente in crisi quando qualcosa sconvolgeva il suo ordine prestabilito. Stefano probabilmente era un ragazzo autistico, ma di questo nel 1800 ancora non si aveva alcuna conoscenza. Per i genitori era solo un ragazzo disgraziato che infangava il buon nome della famiglia:

Era da più di un decennio che cercavano di cancellarlo dalla loro vita. Un errore della natura, una vergogna sociale, un corpo estraneo che non si poteva portare in visita nè in vacanza, che a differenza del fratello Federico non sarebbe mai stato utili alla schiatta degli Sturzi, notai da generazioni. Uno che metteva in imbarazzo perfino la servitù.

Gabbie, pag. 177

Per questo motivo, il padre decise di portarlo alla Certosa di Collegno, il Regio Manicomio. Ma la vita che Stefano conduceva in quel posto certo non lo aiutava. Ne fu da subito consapevole il prof. Gandiglio, lo psichiatra che lo aveva in cura. E ne era consapevole lo stesso Stefano, il quale era atterrito dalla sola idea di rientrare tra quelle quattro mura:

Furioso. Furioso. Non ci voglio andare nel reparto dei furiosi. Si buttò a terra scalciando. Perchè nessuno mi aiuta?

Gabbie, pag. 145

E l’unica persona che riesce a comprenderlo e aiutarlo è Lisa, una ragazza di dodici anni priva di sovrastrutture mentali e pregiudizi. Lisa è l’unica a capire come avvicinarsi a Stefano, come entrare nel suo mondo senza toccarlo e senza distoglierlo dalle sue certezze e abitudini. Ho trovato commovente il passaggio in cui Lisa prova a spiegare a Stefano il senso di una similutidine, si era infatti accorta della sua difficoltà nel comprendere il linguaggio non letterale, ironico, umoristico o metaforico:

Uh, questo spazzolone pesa come un lampione! Faccio di nuovo per dire, non ho mai sollevato un lampione!

Gabbie, pag. 69

E certo non si poteva immaginare una scelta diversa. Solo i bambini sono in possesso di quello sguardo che riesce a vedere oltre, a scorgere possibilità in un mondo adulto che da sempre cerca solo di schiacchiarli e cancellare la loro “luccicanza”.

Oltre i margini

E ancora una volta il grande merito di Uovonero è quello di saper intrecciare nelle sue narrazioni diversità e normalità, abilità e debolezza, riuscendo a mettere in evidenza le potenzialità intrinseche che attedono di essere evocate in ogni bambino, superando quei margini che non devono essere visti come confini invalicabili.

E le buone storie (come quella di cui vi ho parlato oggi) sono certo un incoraggiamento a superare i muri (le gabbie) che separano le persone, offrendo nuove visioni di conoscenza di sè e del mondo. Oltre i margini. Oltre le differenze.

 

di Mariapia Basile 

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Recensione di Lilo su Milioni di particelle

Milioni di particelle - 18 gennaio 2023

La storia ha inizio un giorno come tanti altri per Lilo. E’ al parco ma non vuole farsi vedere dalla cagnolina che gli piace per non mostrare le sue zampette basse e tozze delle quali non va assolutamente fiero nonostante sia bello anche così. E’ lì che nota anche che la nipotina dei suoi padroni, Emi, odora di lievito e un cane lo sa che la paura odora di lievito. E’ in quel momento che si rende conto che la sua padroncina è triste ma non si capacita del motivo per il quale il contesto in cui si trova e l’utilizzo del telefono cellulare complichi le cose e la renda ancor più triste. Così, il piccolo Lilo decide di armarsi di pazienza e di arruolare i suoi amici per aiutare a capire quale sia il problema di Emi e come aiutare per risolverlo e una nuova avventura per lui avrà inizio.

Cosa succederà al piccolo Lilo? Riuscirà a scovare il motivo per cui Emi è sempre triste e mogia? Chi l’aiuterà nell’impresa e cosa combineranno tutti? Riuscirà a liberarsi dei pregiudizi verso il suo aspetto e finalmente lasciarsi vedere dalla cagnolina che tanto gli piace?

La paura odora di lievito. Noi cani lo sappiamo. La paura ti fa credere che ciò che ti spaventa è enorme e tu sei piccolo, e il modo per non sentirti piccolo  è arrabbiarti tanto, perché quando sei arrabbiato sembri più grande.

La trama è piuttosto semplicistica e, seppur il volume sia molto piccolo, essa risulta lunga e articolata. La trama non è nientemeno di ciò che andremo a leggere all’interno del volume e ci illustra in maniera generale chi è il nostro piccolo protagonista temerario di nome Lilo e quali paure lo mettono in allerta e che pensa richiedano il suo intervento. E’ un animale dolcissimo e ci permetterà di scoprire – per chi non lo conosce – anche il mondo canino.

La copertina è piuttosto dolce e assolutamente rappresentativa della storia che andremo a leggere. Ho visto che, in ogni caso, non è stata modificata dall’originale ed è stato mantenuto tutto com’era, il che rende ancor meglio anche tutte le illustrazioni che sono all’interno visto che sarà lo stesso illustratore a curare anche l’interno. Possiamo vedere la piccola Emi con una scia blu sul retro che somiglia alla coda di un drago e rappresenta la scia o la coda di tristezza o lievito, se così vogliamo chiamarlo – dal punto di vista di Lilo – che la contraddistingue, assieme al piccolo cagnolino che vive assieme ai suoi nonni. Emi sta con i nonni visto che i genitori sono partiti per un viaggio e quindi il tutto si svolgerà lungo questi periodi e oltre ma la trovo assolutamente rappresentativa e dai colori e i disegni che catturano al punto giusto. Il titolo, di controparte, è piuttosto semplice e non ha nulla di particolare visto che porta il nome del protagonista indiscusso di questa storia: il piccolo cagnolino della famiglia. Anche qui, nulla è variato dall’originale e non posso dire che questo connubio non sia soddisfacente visto che i requisiti ci sono tutti e finisce per essere interessante e ben composto.

L’epoca è sicuramente moderna visto Emi, che ha a che fare spesso con il suo telefonino.

Mi è venuta voglia di dargli un morso a un orecchio, ma non l’ho fatto. Gli ho detto che se erano amici miei dovevano aiutarmi anche se non capivano perché mi interessava quella ragazza. Gli ho detto che dovevano aiutarmi a investigare anche se non mi capivano, che gli amici servivano anche a questo.

personaggi di questa storia non sono poi tantissimi, non essendo neanche troppo esteso il volume. Quindi è normale che si riduce a un numero esiguo ma non per questo meno importante di altri. Emi è la nipote di Héctor ed Ava e sono loro ad essere i padroni di Lilo e avranno una componente non indifferente all’interno del volume sia di influenza sul loro dolce cagnolone, sia sulla storia in generale visto che alla fine anche Lilo si adatta alle loro difficoltà e li comprende. Emi vive il cagnolone semplicemente perché i suoi genitori sono partiti per un viaggio e lei finisce con i nonni ed è per questo che poi Lilo si trova a voler aiutare la padroncina più piccola che è in difficoltà. Non avremo solo Lilo in questa strana avventura ma i suoi amici cani che sono strani ma divertenti e ognuno con la propria peculiarità che consente loro di essere altrettanto fedeli al loro amico e di aiutarlo nel momento di difficoltà.

C’è Olivertwist, un astuto cane randagio che finisce anche lui all’interno della famiglia per un periodo e finirà per essere apprezzato per il suo cuore grande e l’immenso aiuto che darà al nostro protagonista; e la misteriosa gatta Berenice della casa della persona con cui Emi sembra essere in difficoltà. Anche lei avrà una componente sullo sviluppo della storia e sulla visione dei gatti – quindi non solo dei cani – all’interno di questa struttura narrativa.

Lilo è un personaggio del tutto inaspettato con cui non ci si aspetta realmente di averci a che fare. E’ un cane molto dolce, temerario e casinista nonostante poi alla fine sia tenero e non combini poi tutti questi disastri. Tutto ciò che fa è a fin di bene seppur non riesca a resistere a determinate tentazioni che finiscono per metterlo anche in difficoltà. E’ un personaggio canino molto semplice e determinato in ciò che fa, specialmente nella felicità e nel benessere della sua famiglia. E’ un cagnolone che non vi lascerà delusi e che vi piacerebbe avere per voi.

 

Da quel giorno hanno imparato tutti ad avere pazienza. Ogni giorno dovevano salire sulla montagna della pazienza, e doveva scalarla persino Héctor, che aveva più pazienza di tutti gli altri messi insieme. Anch’io, in quel periodo ho imparato ad avere molta pazienza. Ava voleva riempirmi la ciotola e ci metteva un sacco di tempo perché faceva tutto con una mano sola. Io avevo fame  e le prime volte saltavo e mettevo le zampe sul ripiano della cucina. Poi mi sono reso conto che così la facevo soffrire perché non poteva fare più in fretta, e allora restavo fermo  e aspettavo, aspettavo, aspettavo.

Il perno centrale si concentra quasi esclusivamente sul benessere della piccola Emi e di comprendere ciò che la turba in maniera non indifferente. Nonostante il cane non abbia le capacità per leggere un cellulare o per fare cose che solo gli umani possono fare, riesce a percepire la difficoltà in cui versa la bambina e riesce a sentire l’odore di lievito, quello di pericolo o di difficoltà. E’ un cane intelligente e perspicace seppur a volte si lasci trasportare dagli eventi e perda il punto di vista primario ma si butta a capofitto per cercare di risolvere al meglio che può, ciò che rende la vita triste alla piccola padroncina.

Lo stile utilizzato dall’autore è relativamente molto semplice e di scorrevole lettura visto anche l’età per la quale il libro è stato concepito essendo un libro per bambini/giovani ragazzi. Il libro è scritto in prima persona dal punto di vista del cane ed è stata questa la cosa più bella sotto la quale scoprire questo piccolo volume: poter conoscere anche per poco le sensazioni che muovono il piccolo animale, quali impulsi lo spingono a fare delle piccole marachelle e quali invece lo spingono a preoccuparsi per il proprio umano.

L’aspetto visivo lascia davvero estasiati. Ho apprezzato la composizione del volume e la frase sul retro che è una meraviglia – la mia preferita in assoluto del volume che rappresenta molto anche i cani in generale così come l’uomo – e le illustrazioni all’interno che rendono tutto particolare, originale e magico, colorato e unico nel proprio genere. Le pagine al tocco sono lisce e di un qualcosa di differente dal solito e la leggibilità del volume ovviamente è adatta ai più piccoli vista la tipologia di scrittura utilizzata all’interno, per loro adatta. Sotto questo punto ho apprezzato davvero tanto la storia visivamente rappresentata: non potrete non amare Lilo, Emi e i suoi nonni, nonché padroni del nostro protagonista.

L’aspetto che non mi ha spinto a dare il massimo a questo volume è la trama che un po’ finisce per perdersi dentro sé stessa. Ero piuttosto curiosa di capire cosa succedesse ad Emi ma non pensavo ne che la soluzione avvenisse in questo modo ne che il cane si ritrovasse altrove pur di risolverla e che nessuno se ne preoccupi abbastanza. E’ stato un finale tutto sommato giusto ma non è stato ben coinvolgente e costruito come avrebbe dovuto essere, a mio parere. La soluzione poteva essere benché più semplice o quella posta poteva essere resa in maniera molto più semplice: resta il fatto che ciò che viene posto in questo modo risulta – per una piccola parte del volume – difficile per un giovane lettore. E questo mi ha lasciato perplessa e poco incline a dare un risultato maggiore nonostante abbia adorato tutto di questa storia, in primis Lilo e il suo entusiasmo, il suo modo di coinvolgerti e di cambiare prospettiva di tutte le cose che ci circondano. E’ un buon personaggio e, assieme ad Emi, è stato reso molto bene, coinvolgente e ricco di azioni che, seppur semplici, hanno reso l’idea del cane e dell’uomo.

Ciò che rende più felici noi cani – non tutti, ma quasi tutti – è far felici i nostri padroni. Kai non era la mia padrona, ma vedere la sua felicità quando si è svegliata e mi ha visto ai piedi del letto era un regalo per qualsiasi cane.

E’ un libro dolce e piacevole che i bambini troveranno altrettanto interessante, posso scommetterci. Consiglio la lettura ai più piccoli ovviamente ma anche ad un pubblico adulto e a chi ama i cani. Io ho perso da poco il mio cane e ci ho rivisto tanto di lui qui dentro, quindi non lasciatevi sfuggire questa opportunità ed imparare ad amare anche voi Lilo e la sua splendida e bellissima famiglia. E’ una storia da apprezzare e conoscere.

Inés Garland ci coinvolge in una piccola avventura di un cane che cerca di aiutare a rendere felice la sua padrona e a scoprire il motivo che la rende infelice, triste e insoddisfatta. Lilo vuole rendere felici chi ha attorno e come non amarlo seppur non basti che la sua presenza a rendere quella famiglia felice, seppur lui non lo sappia? A volte noi uomini non ci rendiamo conto di quanto amore ci donano gli animali finché non li perdiamo e Lilo ha tantissimo da dare. Lo amerete.

 

di Sara Fabian

 

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Recensione di La più bella nuotata della mia vita su Il club dei piccoli e giovani lettori

𝗜𝗟 𝗖𝗟𝗨𝗕 𝗗𝗘𝗜 𝗣𝗜𝗖𝗖𝗢𝗟𝗜 𝗘 𝗚𝗜𝗢𝗩𝗔𝗡𝗜 𝗟𝗘𝗧𝗧𝗢𝗥𝗜 dall' "Officina" dei Ragazzi del Servizio Civile, Biblioteca Renato Nicolini - 10/16 gennaio 2023

𝗟𝗮 𝗽𝗶𝘂̀ 𝗯𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗻𝘂𝗼𝘁𝗮𝘁𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗺𝗶𝗮 𝘃𝗶𝘁𝗮 di Anne Becker ed. Uovonero 2022
E’ la storia di Jan e Flo, due ragazzi di 13 anni che, oltre a ritrovarsi vicini di casa e compagni di scuola, si innamorano l’uno dell’altra. Una storia che potrebbe sembrare scontata (cosa c’è di più vecchio dell’amore?) ma che si caratterizza per il modo in cui è raccontata. La forma di diario, scritto per la gran parte in prima persona da Jan, si rivela un romanzo corale perché, ad ogni capitolo scritto da Jan, segue una pagina del diario di Flo, che si racconta usando dei grafici. Man mano che il racconto va avanti scopriamo che Jan fatica a leggere e scrivere perché dislessico e che quindi per lui gli schemi sono molto più comprensibili , tanto più che Flo è un genio in matematica e quindi è decisamente più a suo agio ad esprimersi con grafici matematici.
Jan si è appena trasferito con la sua famiglia in una nuova città dove deve rifarsi degli amici, andare in una nuova scuola e riprendere i suoi allenamenti di nuoto in cui è un’eccellenza, ma il suo problema più grande è dover dichiarare la sua dislessia, che gli ha procurato in passato molto disagio e vergogna.
Nel romanzo troviamo altri personaggi amici, oltre alle 2 famiglie vivaci e stravaganti, che sono i coetanei Fabi, Patti e il “fastidioso” Linus.
Il romanzo è scritto con caratteri ad alta leggibilità e si legge bene anche grazie ai capitoli brevi e alternati alle infografiche di Flo.
Fa parte dell’interessante collana dei Geodi di Uovonero
L’autrice Anne Becker dopo anni di insegnamento a ragazzi con bisogni speciali ha deciso di scriverne un romanzo.
𝗗𝗮𝗶 𝟭𝟮 𝗮𝗻𝗻𝗶
Il libro è disponibile nelle biblioteche a questo link
 

Recensione di GIOCANDO SI IMPARA / #intantofaccioqualcosa su Il Rosicchialibri

il Rosicchialibri - 11 gennaio 2023

L’ultimo nato nella collana #intantofaccioqualcosa di Uovonero è dedicato ai giochi che aiutano a sviluppare la motricità fine.

Una serie di attività mostrate punto per punto con grande semplicità: COSA SERVE (l’elenco del materiale da utilizzare), COME SI GIOCA (il fine del gioco), COME SI FA (la realizzazione passo passo).

Tanti giochi da costruire con materiali semplicissimi e poi una sezione DA RITAGLIARE, dove troverete i pezzi che vi servono per realizzare i personaggi, gli oggetti e i percorsi (da ritagliare o da fotocopiare) e due basi per due puzzle da sei e da nove pezzi. E ci sono anche i simboli CAA da incollare sulle plance e sulle vaschette che userete durante le attività, per “mettere tutto a posto”.

Non occorre materiale difficile da reperire, si può utilizzare quello che avete in casa (o a scuola). Solo con carta, elastici, bottoni, pennelli, colla, pennarelli e nastro adesivo potete realizzare dieci progetti per sviluppare la motricità fine e la coordinazione occhio-mano. Divertitevi quindi ad abbinare i colori, riconoscere i numeri e le quantità, a costruire un puzzle, a infilare i lacci nelle asole e ad “abbottonare” un vestito.

Tanti piccoli gesti quotidiani che in un contesto diverso diventano divertenti!

Infine, nell’ultima pagina troverete il QR Code per accedere a dei contenuti speciali esclusivi: le lezioni di Yoga del personal trainer Checco e le letture ad alta voce degli albi di Uovonero!

I quaderni #intantofaccioqualcosa sono sette (per ora) activity book semplici ed economici pensati per sviluppare le competenze di ognuno, soprattutto di coloro che dispongono di un apprendimento visivo.

I titoli di #intantofaccioqualcosa di Uovonero:

Ricette

Giochi

Cruciverba

Attività con la CAA

Piccoli scienziati

Attività con la CAA 2.

 

di Haider Bucar

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Recensione di Gabbie su Zebuk

Zebuk - 16 gennaio 2023

Stefano memorizzò la collezione in tre giorni. Ci mise così tanto tempo perché farfalle e insetti erano chiusi in certi cassetti grandi e sottili che bisognava far scorrere piano.

L’accademia delle Scienze di Torino vuole assegnare un premio a Charles Darwin per gli studi botanici. Gli scienziati che compongono la commissione però non sono tutti favorevoli. Molti infatti osteggiano lo scienziato britannico a causa delle sue teorie evolutive sull’uomo e sul fatto che ipotizzi che discenda dalle scimmie.

Proprio nei giorni in cui bisogna decidere l’assegnazione del premio uno degli studiosi viene ritrovato morto nell’Accademia e per di più abbracciato a un gorilla pugnalato. Nessuno sembra aver visto nulla ma la polizia dopo i primi colloqui decide che c’è un solo colpevole: Stefano Sturzi, quindici anni e già rinchiuso in manicomio per comportamento violento. Stefano è il nipote del direttore dell’Accademia ma questo non basta a garantirgli benevolenza dalla polizia. Sarà davvero questo giovane il colpevole del brutale assassinio?

La mia opinione su Gabbie di Guido Quarzo, Anna Vivarelli

Gabbie, scritto a quattro mani da Guido Quarzo e Anna Vivarelli di cui abbiamo già letto e recensito Solo se mi credi. Storia d’amore e di anarchia , è un giallo ben costruito ambientato nella Torino del 1879.
Uno dei personaggi più importanti è Stefano Sturzi. Agli occhi dei lettori moderni appare subito evidente che Stefano è autistico ma a quei tempi è considerato matto e rinchiuso in manicomio dalla famiglia che lo considera pericoloso e socialmente inaccettabile. Solo suo zio gli dà un’opportunità rendendosi conto che Stefano ha moltissime doti e capacità e accettando le sue particolarità e diversità.

Il titolo del romanzo rappresenta esattamente l’atmosfera dei tempi raccontatiLe gabbie sono quelle in cui vivono le persone, anche studiosi, che non accettano le nuove teorie e le verità della scienza ma cercano nella Chiesa e nella religione le risposte. Gabbie sono anche i muri del manicomio in cui vengono costretti a vivere quelli come Stefano, considerati pericolosi solo perché diversi dagli altri. Infine ci sono le gabbie sociali per cui se non si è ricchi non si può continuare a studiare, come Lisa che deve lavorare invece di andare a scuola.

Anna Vivarelli e Guido Quarzo ci raccontano una storia bellissima e importante, emozionante e ricca di colpi di scena dove Torino emerge magnifica dalle pagine e dove sembra quasi di sentire odore di legno, polvere e nebbia.
Un romanzo consigliatissimo che darà molto su cui riflettere e che inaugura la collana Geodi sonori. Infatti Gabbie è un libro speciale perché si può anche ascoltare.
Buona lettura.

di SIBY

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Parole e colori per dire la rabbia

Vita Trentina - 14 gennaio 2023

libri e gli albi illustrati sul tema della rabbia sono sempre molto cercati. La rabbia è una forte emozione che vivono tutti, grandi e bambini. Ad ogni età è fondamentale imparare a conoscerla, ad accettarla e a gestirla. Si sa che la lettura è “palestra di emozioni” e, quindi, è sempre una ricchezza trovare dei buoni testi che le presentano con onestà, senza forzature didascaliche. Il mondo è rosso (Uovonero; età 5+) è a pieno titolo uno di questi. Quella che Britta Teckentrup ci presenta, non è una storia in sé, ma una descrizione per immagini, colori e parole di ciò che si prova quando si viene presi da un colpo di forte rabbia.

In questo libro, tra le pagine dominate dai colori rosso e nero con sfumature grige e ruggine, si muove la sagoma di una ragazzina che vive questa emozione dal momento in cui ne viene assalita, fino a quando l’abbandona. La potenza di queste pagine sta nell’abilità dell’autrice di rappresentare la rabbia e le sue sfumature con precisione nella sua evoluzione, sia con le immagini sia con le parole. Il testo in rima rende la forza di questa emozione grazie alle perfette e incisive scelte lessicali, abilmente tradotte da Sante Bandirali. La rabbia “arriva”, “scatena una tempesta” e dopo “uguale a prima non ci sarà più niente”. La rabbia rende la bambina un drago, un tornado che niente può fermare; le dà coraggio e potenzia le sue energie, e lei non ci può fare nulla, se non correre con lei. La rabbia la spinge, la incoraggia, la sostiene e, alla fine, la fa stare bene. Perché solo quando è uscita tutta, si respira aria nuova e si può iniziare, rafforzati, un nuovo viaggio.

Nelle illustrazioni più scure si intravede la forma animalesca di questa rabbia che è pantera, è drago, è mostro che pian piano si doma mentre, contemporaneamente, si alleggeriscono e si schiariscono i colori. Questo libro illustrato rende perfettamente le mille sfumature di questa emozione che nasce, si scatena e si sfoga in una sorta di corsa forsennata percorrendo tutte le pagine, dalla prima all’ultima. Non si parla di accettare la rabbia, non si parla di comprimerla, di ignorarla o di nasconderla, si parla di lasciarle il giusto sfogo perché è parte delle persone e può diventare forza nuova per cambiare se stessi e il mondo. Quella di Britta Teckentrup è una visione diversa della rabbia rispetto a quella che solitamente si trova nei libri per i bambini, una visione meno statica e meno categorica che ne sa rendere le varie sfumature e che, soprattutto, la vede come potenza che rafforza e prepara a nuove sfide. Un libro pieno di energia da leggere ad alta voce, anzi da urlare proprio per permettere a tutto il suo potenziale di trovare espressione. Potenziale ben presente nel titolo originale “Wütend”, unica parola precisa, efficace, lapidaria.

di Elisabetta Vanzetta

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La nostra terra: treni e viaggi intorno al mondo in splendide immagini a tutta pagina

FamilyGO - 30 dicembre 2022

Una bambina di spalle pronta a salire su un treno vestita di giallo, una storia che comincia e sembra non concludersi. Vi presentiamo questo albo sorprendente di Letizia Anelli e Simone Perazzone con le illustrazioni Adriadna von Eckarsberg per Uovonero edizioni.

“Sulla riva di mondi sconfinati s’incontrano i bambini” (Rabindranath Tagore).
“Chiudete gli occhi e ricominciate” (Alejandro Jodorowsky).

Ecco un treno passare veloce su un ponte, illuminato dai raggi del sole mattutino, ed ecco l’interno dello scompartimento di legno con qualche passeggero difronte a suo cellulare. E tra i passeggeri la nostra protagonista: una bambina con i capelli a caschetto che ci accompagnerà lungo il viaggio.

La ragazzina attraverserà ponti, mari, fiumi, continenti, incontrerà tribù, merli, ninfee e muraglie, foglie ingiallite e paesaggi innevati accompagnata da parole che sembrano quasi una poesia:

“Terra di uomini del campo,
il campo dei merli,
il posto dove stiamo,
discesa verso il mare:
porto tiepido rifugio.”
“Regno delle montagne,
paese puro
di picchi bianchi,
terra della neve,
terra delle aquile”.

Un viaggio che sembra non finire ma che solo alla fine scopriamo essere in realtà un percorso intorno al mondo tramite le parole che etimologicamente indicano i paesi che attraversiamo.

Così “La cresta della montagna” è la Croazia, il “recinto di pietra” è lo Zimbabwe, “la terra della buona fortuna” è l’Arabia Saudita. Le parole non sono immobili ed è grazie a loro che riusciamo a conoscere il mondo e ad abbracciarlo consapevoli che facciamo parte di un’unica grande Terra, La Nostra Terra.

Le immagini a tutto campo, oniriche e leggere di Ariadna von Eckartsberg, accompagnano un testo poetico e denso di significati.

Il libro nasce dalla collaborazione con il Master d’Illustrazione per l’editoria Ars in Fabula per la Casa editrice Uovonero di Crema. Uovonero è nata per supportare le persone che hanno uno svantaggio nella lettura ed è diventata ben presto punto di riferimento per chi si occupa di lettura e disabilità. Negli ultimi mesi sono nati anche i “Nidi dell’uovonero” cioè una rete di librerie che hanno a cuore i temi dell’ accessibilità e inclusività.

di Giulia Caputi

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Recensione di Il mondo è rosso su Cultura al femminile

Il mondo è rosso è un libro illustrato di Britta Teckentrup e edito da Uovonero nel 2022.

Un libro solo per bambini? Seguitemi, vi chiedo poco tempo.

Vi chiedo tempo, lo stop nella nostra corsa: pretendo troppo, lo so.

 

Di cosa tratta Il mondo è rosso?

Rosso come il sangue che scorre più rapido o esplode in fiotti.

Rosso come la rabbia, quel bellum intestinum, quel conflitto interiore, che ci travolge.

Rosso tutto diventa, le sfumature si annullano nella furia del toro inflizato. E allora siamo il toro, il lupo famelico, l’orsa che protegge i cuccioli, il drago che sputa fuoco. Il mostro. Il mostro che ci vive dentro, che non ha mai voce o che, in alcuni casi, ha preso potere.

E il rosso si fa nero. Siamo negli abissi da cui non si ritorna, dove il sole è inghiottito da fauci ferine, e ci indicano come folli, perchè non abbiamo taciuto, obbedito, abbassato il capo. Scateniamo tempeste e maremoti con i boati del nostro urlo, perchè il mondo come prima non lo sarà più. Non per noi.

La rabbia non è male: è un sentimento viscerale, istintivo che, se canalizzato in forma giusta, è il motore del cambiamento e consente di non implodere nel logorarsi nè di esplodere dopo anni senza controllo, ma di dire: basta.

Basta perchè ho ragione.

I miei genitori mi trascurano.

I maestri mi accusano.

I compagni mi emarginano.

 

Sul lavoro subisco vessazioni.

Mio marito mi picchia.

Mia moglie è morta su un gommone verso l’Italia.

Mio figlio è malato e non ci sono cure.

Devo affrontare un trattamento terapeutico invasivo e incerto.

 

Basta eppure non ho ragione.

Devo fare i compiti ma voglio giocare con lo smartphone.

I maestri non permettono le parolacce: non si comunica la rabbia così, mi dicono.

Per non essere emarginato, non ho difeso il mio miglior amico dal resto del gruppo.

 

Sono stato licenziato per un errore. E non ho il coraggio di riferirlo a nessuno.

Mia moglie vuole divorziare, non mi ama più.

Ho voluto pensare che i fatti dei vicini di casa non fossero miei. Il silenzio dopo il pianto straziante di ogni notte è oggi morte: aveva solo due anni.

Un colpo di sonno durante la guida: troppo stress. Ho causato un incidente molto grave e io sono l’unica persona illesa.

Mio figlio mi odia. Non gli ho dato e insegnato amore. Ci siamo chiusi nella rabbia per anni. E ora al mio capezzale nessuno non mi stringe la mano verso l’ultimo viaggio.

 

Perché leggere Il mondo è rosso?

Il mondo è rosso offre una riflessione sulla rabbia e sul suo svilupparsi attraverso parole,  rime e grandezze e modi in cui vengono scritte, e illustrazioni a collage, soprattutto in colori basici, nero e rosso, che sono compendiarie e intense.

Ho notato che la protagonista è una bambina: la rabbia che il patriarcato riteneva idonea e insita nell’indole dei maschi, in loro simbolo di potenza e coraggio, nelle femmine era mutilata in sottomissione, controllo, obbedienza, dolcezza, accoglienza, propensione al compresso. La ribellione era ritenuta non desiderio e bisogno di giustizia, ma isteria.

Saremo noi e saranno le generazioni dopo la nostra, con la sana rabbia della difesa dei diritti, donne e uomini insieme, a cambiare il mondo.

Un mondo rosso di passione e amore.

 

 

Sinossi

Un viaggio nei continenti della rabbia, tra vulcani, tornadi e animali feroci, per imparare a nominare le mille sfumature dell’emozione più incontenibile.

I raffinati collage di Britta Teckentrup si intrecciano al testo in rima tradotto da Sante Bandirali dando origine a un albo dall’energia travolgente, perfetto da leggere – anzi urlare – ad alta voce.

Una corsa mozzafiato tra i sentieri scoscesi della rabbia, un’emozione che può far paura, ma che è un carburante indispensabile per trasformare il mondo intono a noi.

 

di Emma Fenu

 

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Intervista ad Arianna Papini su Radio In Blu

7 gennaio 2022 - InBlu200

Un puma, un colibrì, uno squalo, una lucertola, una cicala, un polpo, una volpe, una chiocciola, un elefante. Nove animali, nove pregiudizi da scardinare, nove meravigliosi ritratti di esseri viventi che ci restituiscono tutta l’energia e la drammatica intensità della pittura di Arianna Papini. Tutto questo è “Nessuno sa” (Uovonero).

Ascolta l'intervista su Radio InBlu

La penna di Britta Teckentrup per volare come la Befana

Penna e calamaro - 26 dicembre 2022

Britta Teckentrup e il suo libro illustrato sulle…penne, apre la serie di suggerimenti per la calza della befana 2022. L’albo è pensato per bambini dai 6 ai 10 anni ed è un’opera a metà tra un’enciclopedia e un libro d’arte su uccelli e penne. Ora vi racconto cosa ne penso.

Dopo l’uovo, la penna

Britta Teckentrup è già conosciuta per il suo bestseller L’uovo, nel quale l’autrice guarda con il suo occhio di artista un oggetto semplice eppure molto complesso. La penna è uscito nel 2022 e ricalca lo stesso stile: è sempre un libro illustrato divulgativo e, insieme, un viaggio nella varietà e nello splendore del regno animale. L’autrice si muove, quindi, sulla falsariga del suo lavoro precedente, rendendo più accesi i colori delle illustrazioni, pur rispettando la delicatezza del tratto.

Per bimbi curiosi

La penna di Britta Teckentrup è un libro adatto a bimbi curiosi, che vogliono esplorare il mondo naturale partendo dall’osservazione di piccoli elementi. Lo immagino come un punto di partenza per un’esplorazione sul campo. Dopo aver letto quanti e quali voli esistano in natura, perché non affacciarsi all’aperto per osservare che tipo di volo amano i passeri? O i piccioni? O i gabbiani? O qualsiasi uccello passi sopra le nostre teste? E l’aereo, come vola?

Una penna per scrivere o per andare sulla Luna

Questo è solo uno spunto per utilizzare questa mini enciclopedia sulle penne di Britta Teckentrup. L’autrice ci parla anche di come gli esseri umani, che da sempre vorrebbero avere le ali, utilizzano le penne dei volatili, come già ci avevano mostrato i disegni di Leonardo sulle macchine volanti (richiamati nel libro). Perché non costruire una bella penna per scrivere? O per verificare la teoria di Galileo sulla velocità senza resistenza dell’aria sulla Luna per aspiranti astronauti?

Come fa la Befana a volare?

Insomma, un testo da cui partire per sviluppare la fantasia. E’ sempre possibile limitarsi ai bei disegni illustrativi e ai testi didascalici che li accompagnano, ma temo che in quel caso rischi di non piacere ai piccoli esploratori. I quali potrebbero sempre chiedervi: come fa la Befana a volare senza penne? Preparate una risposta convincente! 

di Lisa M. Jones

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Lilo. Una storia raccontata dal naso di un cane

Lettura candita - 21 dicembre 2022
 
Inés Garland  si conferma autrice di grande talento, qualunque sia il pubblico cui decide di rivolgersi. Uovonero, editore sempre accorto, propone in questo finale di anno una vera perla: ‘Lilo’, con la traduzione di Francesco Ferrucci e le illustrazioni di Maite Mutuberria.
Lilo è un meticcio, dal muso di lupo e le zampe troppo corte, ma forse ha nobili ascendenze svedesi.
Viviamo questa storia con i suoi occhi, con il suo naso e con il suo modo di pensare semplice, ma essenziale. Potremmo dire che i cani pensano semplice, ma pensano forte, come gli squali.
Lilo vive con nonna Ava e nonno Héctor, che ospitano spesso la nipotina Emi, che Lilo ama moltissimo. Lilo ama anche giocare con i suoi amici Armando, un boxer bavoso, e Lio, un meraviglioso e invidiabile pastore tedesco; ama soprattutto Adele, meravigliosa cagnolina da cui si nasconde per la vergogna della sua presunta bruttezza.
Il mondo di questo cane intelligente e coraggioso viene raccontato attraverso le sensazioni che traducono le emozioni umane: è attraverso un odore di limone stantio che Lilo comprende che la piccola Emi ha un problema, spesso piange di nascosto, è irritabile e scontrosa e, soprattutto, resta attaccata al cellulare o al computer, sempre più cupa. A quanto pare è colpa di un’altra ragazzina, Kai, anche lei è circondata da un odore di lievito e limone stantio. Per capire le ragioni di questo mistero, Lilo si deve introdurre nella casa in cui abita Kai, una magione malmessa e inquietante, piena di pipistrelli; lo fa con l’aiuto di Olivertwist, il cane del bibliotecario, divenuto poi un cane randagio; e di Berenice, la superba gatta nera di Kai.
 
Anche lì si percepiscono lacrime e assenze, che si traducono in rabbia. Poi, però, è la presenza di Lilo a mettere in moto un cambiamento.
Una storia di sentimenti, di emozioni represse, di solitudine raccontata con leggerezza, ironia, poesia. Lilo esprime uno sguardo ingenuo, che coglie però l’essenziale dei rapporti umani, scova la paura, suscita entusiasmo e allegria.
Inés Garland, scrittrice, giornalista e traduttrice argentina si conferma come un’autrice efficace, capace di attraversare diversi generi letterari. Con questo libro ha vinto il premio Ala Delta per la letteratura per l’infanzia ed è entrata nella selezione White Ravens nel 2020.
 
Mi sembra una perfetta chiusura di questa stagione affollata di tante proposte editoriali, sulle quali ‘Lilo’ spicca per sensibilità ed intelligenza.
Sottolineo un ultimo dettaglio: la descrizione delle battaglie immaginarie vissuta da Emi e Lilo, sopra una tavola di legno, fingendo di essere su un praho, pronto ad abbordare una nave nemica: mi è sembrato di vedere Sandokan, eroe tristemente dimenticato nelle letture dei ragazzi di oggi, attraversare ardimentoso l’Oceano per entrare nel mondo fantastico di ragazzine e ragazzini lontani solo geograficamente.
Consiglio caldamente la lettura a grandi e piccoli, a partire dai nove, dieci anni.
 
di Eleonora
 

Recensione di Nessuno sa su Sololibri

Sololibri.net - 20 dicembre 2022

L’illustratrice Arianna Papini è molto brava ed efficace, perché le sue tavole magistralmente illustrate sono capaci di suggerire emozioni nascoste in ciascuno di noi che le guardiamo con interesse e attenzione.
Nel caso dell’albo di forma rettangolare, si sfoglia come un calendario, pubblicato da uovonero e presentato a Più Libri Più Liberi 2022, il titolo, Nessuno sa, pone degli interrogativi ai piccoli lettori.

“Molti pensano di sapere tutto. Pochi sanno di non sapere niente”

Con questa affermazione che chiude le pagine del libro, Arianna Papini ne condensa il contenuto. L’anafora “Tutti sanno che” con cui il testo è composto, allude alla consapevolezza che tutti noi crediamo di conoscere molto della natura, degli animali, delle loro abitudini, della loro presenza fra gli umani, della utilità nell’ambito del creato. E invece, nel retro di ogni bella tavola colorata, si scopre che forse crediamo di sapere, conoscere, capire invece no, non tutto quel che appare è chiaro.

Sappiamo che la volpe è furba, ma ignoriamo che usa la coda come un cuscino su cui riposare. Del polpo conosciamo i tentacoli, ma non il grande cervello di cui è dotato. Lo squalo ci spaventa con i suoi denti affilati ma ignoriamo quanto sia necessario alla vita del mare. La forza dell’elefante è nota a tutti, ma forse ignoriamo la sua grande gentilezza. Ecco una parte degli esempi che l’autrice, servendosi dei suoi pennelli accurati, del suo tratto raffinato, di una fantasia leggera ma appuntita, ci consegna nell’albo Nessuno sa.

Particolarmente curati i colori delle pagine, che alternano le tinte unite, in tante diverse sfumature di verde, arancio, rosa, violetto, azzurro, grigio, mattone, giallo, a quelle che ritraggono gli animali a tutta pagina: il puma con la sua pelliccia, il colibrì, la chiocciola che racchiude ambo i sessi, la cicala, la lucertola, ognuno con le sue particolarità nascoste, tutte da conoscere.

 
di Elisabetta Bolondi
 
 

Tra cielo e mare, c'è un sogno tutto blu (chi l'ha detto che il Natale è rosso)?

Tutto Libri - La Stampa, 17 dicembre 2022

Il punto di vista è decisamente insolito anche nel romanzo ad alta leggibilità, con QR code per contenuti speciali, in cui l’io narrante è un cane di nome Kilo, che è anche il titolo del libro di Inés Garland. Il buffo quadrupede dalle zampe cortissime e il muso di irresistibile simpatia non si spiega il perché di certi comportamenti della sua padroncina Eli, undici anni tutti, improvvisamente, dedicati allo… smartphone, che sembra rimandarle solo tristezza. Ma lui, nel cuore di Emi, dove è finito? Ma, soprattutto, che cosa è successo al cuore di Emi? Qui il blu dei disegni - mentre Kilo guarda l’immensità del cielo ed Eli si perde nello schermo - rimanda alla tristezza dei sentimenti di quei momenti bui della vita (in questo caso minacciata dal cyberbullismo), e per fortuna ci sono gli amici e certi libri che aiutano per tornare a vedere il mondo con lenti arcobaleno.

di Valentina de Poli

Recensione di Lilo su Interzona news

Interzona news - 8 dicembre

Lilo ha un muso simpatico color miele, adora rosicchiare i manici di legno e a prima vista sembrerebbe un pastore tedesco. Ma il condizionale è d’obbligo, perché le sue zampe, invece, sono cortissime. A raccontarcelo è proprio la sua voce di quadrupede buffo, timido e sensibile, che traduce in odori le emozioni, è dotato di una istintiva empatia e condivide col lettore i suoi pensieri.

Lilo vive con una fantastica coppia di anziani, Héctor e Ava, e ha stretto una profonda amicizia anche con la loro nipotina undicenne, Emi. Negli ultimi tempi però la bambina non è più la stessa: si incolla allo smartphone, si chiude in camera, piange e sprofonda nella tristezza. Lilo è preoccupato e per scoprire cosa le è capitato chiama in soccorso gli altri quattrozampe del parco: un boxer sguaiato di nome Armando, un pastore tedesco puro e bellissimo di nome Lio e, soprattutto, Olivertwist, un vecchio cane appassionato di letteratura che sotto l’aspetto pulcioso nasconde un animo da scaltro detective. Anche la (quasi) amicizia con una gatta, sorniona e dispettosa, di nome Berenice, si rivelerà preziosa per capire il motivo che spinge Emi a comportarsi in modo così strano.

Lilo, illustrato da Maite Mutuberria e tradotto da Francesco Ferrucci, propone con una storia originale e un finale positivo con i temi cari alla casa editrice, come l’inclusione e la diversità. 

Il romanzo si sofferma su argomenti attuali come il cyberbullismo e l’uso eccessivo delle tecnologie da parte di ragazzi e ragazze, e su questioni universali come le insicurezze e le paure legate alla crescita, mantenendo sempre un registro lieve e frizzante.

Le illustrazioni sono essenziali ed ispirate.

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Recensione di Lei ci sarà sempre su il Messaggero

Il Messaggero di Sant'Antonio - dicembre 2022

«Per accogliermi e tenermi al caldo, lei c’era. / Per nutrirmi e cullare il mio cuore, lei c’era. / Per tenermi la mano e guidare i miei passi, lei c’era». Inizia così la poesia di Thierry Lenain, qui riproposta in una versione ad alta leggibilità, arricchita con i simboli WLS della CAA (Comunicazione Aumentativa Alternativa). Un inno alla maternità da leggere e rileggere madri e figli insieme, aspettando la nascita di Gesù Bambino.

di Luisa Santinello

Recensione di Il mondo è rosso su Il Mignolo

Il Mignolo - dicembre 2022

Uno degli albi per bambini più venduti e conosciuti è Che rabbia!, un libro di Mireille D’Allancé tradotto nel 2000 da Anna Morpurgo per Babalibri: un classico che a modo suo ha aperto un filone per parlare di emozioni, per ragionare intorno ai sentimenti. Oltre vent’anni dopo una grande narratrice e illustratrice di oggi propone un modo del tutto diverso per attraversare la rabbia, molto convincente sia come immagini (vorticanti, danzanti, rugginose, tra grigio, nero e rosso) che come parole (tradotte in un italiano potente da Sante Bandirali). Ne Il mondo è rosso non c’è storia, ma passione, un unico presente che esclude altri sentimenti e riflessioni fino a quando non si è usciti dalla rabbia: e per questo è ancora più prezioso, perché non giudica, non pretende di insegnare o addomesticare le emozioni. C’è una bambina, quasi una sagoma danzante, che attraversa le scene, parlando e gridando. Bastano le prime e ultime righe per sentire su di sé la potenza della messa in scena di Teckentrup: “Adesso il mondo è rosso, la rabbia è arrivata. Ruggendo mi circonda, tempesta scatenata. La furia è accecante, ma vedo chiaramente che ora uguale a prima non ci sarà più niente. E tuoni, ed esplosioni, e fulmini, e saette, e fuochi, e turbinii, e raffiche, e vendette! Ruggisco, strillo, ringhio, scateno ogni mio istinto. Un drago inferocito che non sarà mai vinto!” E infine: “La rabbia mi dà forza, la rabbia mi fa bene, la rabbia m’incoraggia, la rabbia mi sostiene. (...) Non temo più nessuno, son forte e ho coraggio. La porta adesso è aperta: comincia un nuovo viaggio.” Rabbia quindi non come sentimento da reprimere o domare, ma come risposta, come risorsa: il libro si chiude con una citazione che sembra un’indicazione di lettura per l’adulto spaventato: “Usa la tua rabbia per trasformare il mondo intorno a te.” (Anni Lanz, attivista per i diritti umani). E si rilegge il libro, a partire dalla centralità del viaggio.

Da 5 anni

di Beniamino Sidoti

Intervista ad Arianna Papini su Rai Cultura

Rai cultura - 13 dicembre 2022

Un albo illustrato rivolto a bambini dai quattro anni in su: è Nessuno sa di Arianna Papini pubblicato da Uovonero. Al puma, al colibrì, allo squalo, alla lucertola, alla cicala, al polpo, alla volpe, alla chiocciola, all’elefante attribuiamo delle caratteristiche stereotipate, ma non li conosciamo veramente. Papini disegna e restituisce qualità a questi nove animali e insieme fa piazza pulita dei pregiudizi che nutriamo nei loro confronti, invitandoci a guardare la natura come la saggia maestra che è.

La Natura è una saggia maestra per chi sa osservare con mente limpida e occhio attento.

Arianna Papini è un’artista e arteterapeuta, autrice di oltre 70 libri per numerosi editori, fra cui Lapis, Kalandraka, La Nuova Italia, Fatatrac (di cui è stata direttrice editoriale). Ha vinto numerosi premi sia all’estero che in Italia, tra cui il Premio Andersen come miglior illustratrice. Con uovonero ha pubblicato Liberi tutti!Amiche d’ombraAd abbracciar nessuno e illustrato la fiaba del Brutto anatroccolo.
 

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Recensione di Una specie di scintilla su La svolta

La svolta - 3 dicembre 2022

Addie ha undici anni, è una studentessa intelligente e curiosa, un’accanita lettrice e un’amica fedele, una persona dalle mille passioni e interessi che non manca di approfondire leggendo libri su libri, ed è una bambina con autismo. La sua neurodiversità crea problemi non tanto a lei, quanto alle persone che la circondano, che non sapendo come comportarsi, preferiscono allontanarla o addirittura schernirla.

Addie però può contare sulla sua amica Audrey, sui suoi genitori, e sulla sorella Keedie che più di tutti può capirla e supportarla, perché è autistica come lei. Quando scopre che nel piccolo paesino in cui vive, secoli prima, sono state torturate e uccise perché accusate di stregoneria tante donne che, esattamente come lei, faticavano a venire comprese dalla società, Addie sente l’esigenza di battersi anche per loro. 

Ostacolata dai cittadini, che non comprendono le sue motivazioni, Addie porta avanti con determinazione la sua battaglia, anche di fronte all’iniziale indifferenza del Consiglio del villaggio, consapevole che al posto di quelle donne ci sarebbe potuta essere lei, e che dimenticare è il modo più facile per permettere che determinate discriminazioni continuino a essere perpetrate.

Il libro, scritto da Elle McNicoll ed edito in Italia da Uovonero racconta una storia commovente e lo fa con le giuste parole: tra queste, le più importanti sono “disabilità”, “autismo”, ma anche l’“abilismo”, ossia l’atteggiamento discriminatorio, spesso pietistico e giudicante, nei confronti di chiunque si discosti dalla cosiddetta “norma” abile e neurotipica.

di Caterina Tarquini

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"Nessuno sa". Un albo che racconta la profondità e l'amore per gli animali e la natura

Arezzo notizie - 1 dicembre 2022

«Lo considero un libro fondamentale, in cui ho messo tutto quello in cui credo, tutto il mio amore e l’esperienza di una vita con gli animali e la natura. È un libro contro il pregiudizio, contro il pensiero unico. Molti pensano di sapere tutto. Pochi sanno di non sapere niente. Mi rende felice il fatto che venga pubblicato da uovonero, un editore che si batte da sempre contro gli stereotipi e a favore delle diversità. Le peggiori vittime del pregiudizio sono spesso i bambini disabili e questo albo illustrato può diventare uno strumento incredibile per aprirci gli occhi anche su questo tema, per mettere in discussione tanti nostri atteggiamenti e “convinzioni”».
Con queste parole Arianna Papini presenta il suo ultimo lavoro, un albo illustrato che restituisce meravigliosamente al lettore tutta la profondità della poetica di un'autrice da sempre impegnata nella costruzione di una visione del mondo e delle relazioni umane. Spesso negli albi di Arianna sono gli animali a parlare, ad insegnarci che per fare del mondo un posto migliore c'è bisogno di rispetto, ascolto e tanto amore.
Un puma, un colibrì, uno squalo, una lucertola, una cicala, un polpo, una volpe, una chiocciola, un elefante. Nove animali, nove pregiudizi da scardinare, nove esplorazioni visive nell'universo di un'artista e di una donna di spessore straordinario. Ci riempie di gioia che Arianna presenti in anteprima il libro martedì prossimo 6 dicembre, alle ore 17, proprio nella nostra libreria. Un'occasione preziosa per tutti coloro che amano il nostro pianeta e vogliono salvarlo dall’arroganza e dalla superficialità dell’uomo.

di Elena Giacomin

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Recensione di La nostra terra su pinoboero.com

pinoboero.com - novembre 2022

Albo dalle belle e coinvolgenti illustrazioni ma soprattutto originale nell’impostazione perché, all’insegna di un viaggio in treno, i brevi testi (quasi frammenti poetici)  rimandano, nella etimologia delle parole, ai nomi dei paesi del mondo: di capitolo in capitolo ci muoviamo fra città e continenti, fra uomini e donne dalla pelle e dai costumi diversi… un viaggio affascinante che davvero ci permette di “abbracciare l’immensa varietà della nostra Terra”.

di Pino Boero

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Recensione di La nostra terra su Interzona news

Interzona news - 1 dicembre 2022

Seduta nello scompartimento silenzioso di un lungo treno a vapore, la bambina col caschetto è assorta nella lettura. Gli altri viaggiatori hanno lo sguardo rivolto allo schermo di un cellulare o riposano. Non si accorgono del mondo che passa oltre il finestrino, non vedono la montagna bianca, il recinto di pietra che brilla, il fiume argenteo. Lei sì, osserva la vastità dei paesaggi che la circondano e non può fare a meno di correre fuori, verso quella luce abbagliante, verso quei colori inebrianti. Ed è allora che il suo viaggio comincia davvero, un viaggio fatto di incontri, di esperienze nuove e totalizzanti, di ascolto e di conoscenza.
Un poetico viaggio tra le culture del mondo che è anche un’avventura alla ricerca del significato nascosto delle parole.
Un’avventura che corre sui binari dell’immaginazione, una metafora del potere della lettura, in grado di farci viaggiare in tutto il mondo attraverso le pagine.
Un albo ricco e stratificato illustrato da Ariadna von Eckartsberg che si può attraversare in tanti modi, come un mappamondo o un dizionario, perdendosi nelle parole e nelle suggestive illustrazioni, tutte ispirate a paesaggi e panorami realmente esistenti ma in grado di catapultarci in una dimensione magica.

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Recensione di Giocando si impara su Area ONLUS

Area ONLUS - 29 novembre 2022

Giocando s’impara è uno dei quaderni di #intantofaccioqualcosa più elaborati. Più complesse e sfidanti, rispetto ai precedenti, sono infatti le proposte di gioco e di conseguenza le istruzioni che ne descrivono il funzionamento.

Si tratta, in generale, di giochi che prevedono una fase preparatoria che ha già di per sé una dimensione ludica e coinvolgente e una parte di gioco vera e propria che mira a facilitare l’acquisizione o il consolidamento di alcune abilità. Così, per esempio, il lettore è chiamato a riprodurre dei disegni con degli stecchini, a stendere un bucato di carta su uno stendino fai da te mignon, a far scorrere un filo in un labirinto di pasta o a ricomporre dei puzzle di carta ispirati ad illustrazioni tratte da diversi albi targati Uovonero.

Le proposte sono sfiziose e coinvolgenti e richiedono una certa pazienza non solo nella fase di svolgimento vero e proprio ma anche e soprattutto in quella preparatoria. In quest’ultima può rendersi necessaria la collaborazione di un compagno o di un adulto poiché la spiegazione dei giochi e del loro allestimento non è supportata dai simboli e prevede spiegazioni necessariamente articolate, nonostante lo stile espositivo sia sempre ispirato alla maggiore linearità e semplicità possibile.

di Elena Corniglia

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Recensione di Attività con la CAA 2 su Area ONLUS

Area ONLUS - 29 novembre 2022

Attività con la CAA 2 presenta diversi giochi volti a stimolare le abilità cognitive del bambino che viene invitato, per esempio, a mettere in relazione oggetti e animali con i rispettivi colori, funzioni, categorie, ad associare simboli e parole e a compilare cruciverba.

Ciò che contraddistingue questo volume è una particolare attenzione a valorizzare la lettura visiva. Non solo, infatti, le attività proposte mettono al centro i simboli PCS, anche in giochi normalmente più incentrati sulla parola come i cruciverba, ma gli stessi simboli sono altresì impiegati per supportare visivamente le poche e semplici istruzioni scritte in stampatello maiuscolo che vengono offerte al lettore. In questo modo la comprensione viene fortemente sostenuta, al pari dell’uso autonomo del quaderno.

Ogni attività presenta una pagina di istruzioni, alcune pagine su cui possono essere incollati i simboli che rispondono alla consegna e altre, contraddistinte da un colore differente, con i simboli da ritagliare e incollare sulle pagine precedenti. Le attività sono di complessità crescente ma tutte di semplice realizzazione. Attività con la CAA 2 si configura così come una proposta snella e molto fruibile, il cui impiego può rivelarsi funzionale e utile in molteplici contesti (casa, scuola, viaggio…).

di Elena Corniglia

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Recensione di Lei ci sarà sempre su Area ONLUS

Area ONLUS - 29 novembre 2022

Lei ci sarà sempre nasce come un albo illustrato di stampo classico che mescola un testo malinconico a firma di Thierry Lenain e illustrazioni evocative per mano di Manon Gauthier. Qui il protagonista ripercorre diversi momenti speciali della sua infanzia che hanno contribuito a tessere un legame speciale tra lui e la sua mamma: un legame forte e presente anche nel momento in cui i due non sono più insieme.

Originariamente edito in forma tradizionale da Il leone Verde piccoli, Lei ci sarà sempre viene ora proposto al pubblico in una versione in simboli WLS curata da Uovonero. Inserito all’interno della collana I libri di Camilla, ideata per rendere accessibili tramite la simbolizzazione alcuni albi editi da diverse case editrici indipendenti, il libro si propone di offrire una lettura lirica e riflessiva anche ai giovani lettori con difficoltà comunicative: una sfida non banale, se si considerano in particolar modo le caratteristiche del testo e delle figure

Se la storia è di per sé ben scandita da una struttura iterata e contraddistinta da una semplice sequenza di momenti di felice condivisione tra madre e figlio, il testo presenta alcuni elementi di difficoltà legati a una costruzione sintattica particolare e a un discreto uso delle espressioni figurate. Il ricorrente “Lei c’era” segue sempre, infatti, il relativo complemento di fine (“Per proteggermi e condurmi lontano”, per esempio) ed espressioni come “colorare i miei sogni” o “cullare il mio cuore” hanno un ruolo non marginale nell’economia del racconto.

Le illustrazioni, dal canto loro, si caratterizzano per uno stile espressivo, sottolineato dall’uso del collage, dalle inquadrature non scontate e dal tratto (volutamente) impreciso a matita. Proprio alle illustrazioni, peraltro, è affidato il compito di accompagnare il lettore nel passaggio dal prima al poi e soprattutto dalla presenza all’assenza fisica della figura della mamma. Quel lei c’era che diventa lei ci sarà solo nell’ultima pagina trova senso, infatti, attraverso una doppia pagina totalmente senza parole in cui dominano il silenzio, il freddo e l’immobilità di un paesaggio invernale e attraverso indizi cromatici come le sfumature di giallo che sempre accompagnano la mamma e che sul finale marcano invece i contorni del cuore del bambino-narratore.

Per cogliere a pieno il significato dell’albo e la ricchezza delle sue sfumature, viene dunque richiesta al lettore una serie di inferenze, sul testo e sulle immagini: inferenze che esigono una certa padronanza dei codici ma che offrono in cambio un’appagante soddisfazione di lettura. Interessante e apprezzabile è, in questo senso, la scelta fatta da Uovonero, in tandem con il Leone Verde, di dare spazio a una narrazione nutrita di emozioni più che di fatti, per alimentare quella bibliodiversità che spesso l’attenzione all’accessibilità tende a mettere nell’angolo.

di Elena Corniglia

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Recensione di La più bella nuotata della mia vita su Area ONLUS

Area ONLUS - 29 novembre 2022

A tredici anni, dislessia, trasloco e impaccio non sono esattamente tre parole entusiasmanti. Tutte implicano la difficoltà di superare indugi, di sentirsi giudicati, di riuscire a farsi conoscere per come si è davvero. E tutte, purtroppo, affollano il presente di Jan, ragazzino timido e dislessico, da poco trasferitosi in una nuova cittadina. La sua testa è piena di preoccupazioni e interrogativi su come farsi benvolere dai nuovi compagni, su come tenere nascosta la sua difficoltà di apprendimento e su come trovare un posto nella nuova squadra di nuoto. Già, il nuoto. Per fortuna che c’è il nuoto.

Vero asso del dorso, in acqua Jan si trasforma e tira fuori una spavalderia che all’asciutto gli è pressoché sconosciuta e se questo, da un lato, gli crea un’immediata rivalità con l’arrogante Linus, dall’altro sarà per lui motivo di orgoglio e riscatto, anche nella goffa impresa di avvicinarsi all’affascinante Flo. Originale, schietta e appassionata di matematica, Flo è la nuova vicina di casa di Jan, conosciuta grazie a una galeotta gallina fuggitiva. Con lei il ragazzo instaura in maniera turbolenta un legame forte e intenso, in cui diventa via via più evidente come nella differenza più abissale possa nascondersi una possibilità felice e del tutto inaspettata di intesa e riconoscimento .

Costellato di tante questioni che stanno a cuore del potenziale lettore preadolescente – l’amicizia, i primi amori, le rivalità, le passioni, la scuola, le difficoltà, il rapporto con i genitori, solo per dirne alcune – il romanzo di Anne Becker fila piuttosto liscio e aiuta a mettere a fuoco alcuni aspetti importanti per chiunque, a vario titolo, si confronti con la dislessia. Oltre a Jan, che più e più volte mette in luce ostacoli e preoccupazioni legati alla sua difficoltà di apprendimento, ne La più bella nuotata della mia vita non mancano, infatti, genitori, insegnanti, terapeuti, oltre che pari, i cui diversi approcci al disturbo dell’apprendimento non sono privi di effetti sullo sviluppo della vicenda. Ne vien fuori un ritratto realistico e credibile della situazione vissuta da un ragazzino dislessico, il cui percorso diventa più luminoso e piano quando consapevolezza e ascolto si fanno parole chiave.

di Elena Corniglia

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Recensione di Mostraci chi sei su Area ONLUS

Area ONLUS - dicembre 2022

Elle Mc Nicoll è una giovane autrice di grande talento. La sua penna ha, in particolare, due assi nella manica: uno stile affilato come un bisturi e una netta visione rispetto ai temi trattati. Entrambi i romanzi finora da lei scritti, pubblicati in Italia da Uovonero, scelgono come fulcro narrativo la neurodivergenza, argomento che non solo le sta molto a cuore ma che soprattutto conosce in prima persona, essendo lei stessa una persona autistica.

Se Una specie di scintilla mette in luce la difficoltà di convivere con i pregiudizi e le discriminazioni che una diversità tanto marcata è solita generare, Mostraci chi sei si spinge forse un po’ più in là, andando a indagare attraverso lo strumento narrativo il pericolo di considerare qualunque tipo di divergenza un qualcosa da aggiustare.

L’autismo è una forma di errore? Le persone autistiche sono in qualche modo rotte e vanno riparate per poter avere una vita realmente piena e degna? Per gridare con forza il suo NO a questi interrogativi tutt’altro che inauditi, l’autrice costruisce un personaggio dalla grandissima forza, Cora, e una cornice fantascientifica in cui una avanguardistica azienda mette a punto degli avatar che consentano alle persone di continuare a incontrare i loro cari defunti. Direttore di tale azienda, Il melograno, è il signor Magnus Hawkins. Cora, adolescente neurodivergente che ha da poco perso la mamma, vi entra in contatto perché qui lavora suo fratello. Il signor Hawkins e il suo braccio destro, l’affascinante ingegner Gold, mostrano un sospetto e insistente interesse nei confronti di Cora: la sua diversità sarebbe loro utile – dicono – per migliorare gli avatar di chi pensa e sente in modo differente come lei. Dapprima resistente, anche a causa del ferreo divieto da parte del padre di avere contatti con Il melograno, Cora finisce per lasciarsi convincere a collaborare, sottoponendosi a una serie di test e rispondendo a infinite sessioni di domande da parte dell’ingegner Gold. Questa le viene infatti prospettata come l’unica possibilità di continuare a tenere in vita il suo amico Adrien, il figlio del signor Hawkins, con cui Cora ha stretto un’intensa amicizia e rimasto malauguratamente vittima di un grave incidente stradale. Divertente, empatico e perseverante, anche Adrien, con una diagnosi di ADHD, ha un cervello che funziona diversamente e ha conosciuto sulla sua pelle la difficoltà di interagire con un mondo che non è fatto su misura per lui e forse anche per questo capisce davvero Cora e i suoi tormentati sentimenti. Sarà proprio il forte legame che la lega ad Adrien a portare Cora ad andare fino in fondo nel comprendere cosa si celi realmente dietro la facciata del Melograno, impedendo all’azienda di portare a compimento un piano tanto avveniristico quanto raccapricciante.

Avvincente e intenso, Mostraci chi sei non ha paura di mettere sul tavolo questioni scottanti e complesse che pertengono all’etica e diventano sempre più impellenti man mano che la tecnologia consente di fare cose prima inimmaginabili. Al pari del precedente, il romanzo di Elle Mc Nicoll dice a gran voce l’importanza di ascoltare il punto di vista di chi una forma di diversità la vive in prima persona e di considerare il fatto che le categorie del giusto e dello sbagliato poco hanno a che vedere con quelle della tipicità e della divergenza.

di Elena Corniglia

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Scelti per voi: Il mondo è rosso

BookAvenue - 21 novembre 2022

“Adesso il mondo è rosso, la rabbia è arrivata. Ruggendo mi circonda, tempesta scatenata”.

Britta Teckentrup, pluripremiata artista tedesca, ha scritto e illustrato questo albo che risulta essere tra i libri più potenti che trattano le emozioni. Attraverso il colore della rabbia, l’emozione che più scuote, selvaggia e assoluta, l'autrice racconta come una bambina attraversa le correnti indomabili di questo sentire furioso,  che deve assolutamente poter uscire fuori.  

La rabbia arriva. Da quel momento diventa tutto rosso e confuso, il testo in rima cavalca un flusso al galoppo, asseconda la tempesta che ha portato la piccola protagonista a liberarsi, tra tinte piroclastiche e parole graffianti, non importa la causa che ha scatenato questo stato, ma solo il bisogno di esprimerlo. 

Il font cresce e ribolle, la parola scritta diventa un grido. 

La protagonista a volte è piccola davanti alla furia, è un concetto quasi romantico, ma su toni molto più vicini all’espressionismo. Lo zoom su di lei si allontana e si avvicina all’improvviso, portando il contatto visivo ad essere ancora più empatico, tanto che il suo grido acquisisce magicamente suono. L’emozione prende il sopravvento, scatena una tale tempesta che pare possa spazzare via tutto, che possa strappare inesorabilmente il prima dal dopo. L’urlo ha bisogno di non trovare ostacoli e così la bambina riesce a cavalcare l’onda, fino a trasformarsi in drago inferocito. 

La rabbia le conferisce forza e coraggio: è pura energia. I toni dei colori passano dal rosso al grigio e indigo, la bambina attraversa le pagine tra tornado e fortunali,  

”Di calma e di silenzio il mio passato è pieno: guardate la mia rabbia, non posso farne a meno”, 

e invece di placarsi, si carica di forza. 

“La forza mi attraversa, la volontà mi spinge. Conquisto il mondo intero e niente mi costringe”. 

È una lettura che non lascia indifferenti, che coinvolge per l’accostamento di un font espressivo, che fa quasi rumore, e di un’iconografia e un cromatismo d’impatto: il lettore riesce a percepire i brividi che scuotono la protagonista, i fremiti passano sulla pelle insieme alla carica energetica che si liberano con potenza dalla carta. 

La bambina sperimenta una ribellione necessaria, che pare assoluta ed è semplicemente naturale, come il sentimento che l’ha fatta sgorgare. La preziosa traduzione di Sante Bandirali, editore di Uovonero, è altrettanto potente nella scelta delle parole, pur mantenendo ben salda la briglia della rima. 

La rabbia aiuta ad andare oltre, ma va liberata e cavalcata, come una pantera. Dopo aver compreso e sperimentato tutto ciò, la protagonista può finalmente predisporsi ad accettare il nuovo, e i toni delle illustrazioni mutano e toccano colori caldi come il seppia e l’ocra. 

Solo dopo l’indomabile e straripante flusso rabbioso può tornare il sereno, ecco che diventa possibile godere il piacevole sollievo, ma con più consapevolezza e tranquillità.  La rabbia crea scompiglio, eppure è necessaria, per conoscersi e affermarsi, per darsi coraggio e prendere coscienza, per accettare il nuovo, che spesso spaventa e destabilizza. Serve, è energia vitale. 

Il mondo è rosso è un albo immediato, che trascina nel sentire della protagonista, racconta un sentimento talmente forte che spesso non trova parole, ma solo grida e, attraversandolo, riporta la quiete, l’apertura verso una nuova avventura, un nuovo ascolto. Non è una storia con finale a sorpresa, non c’è il rischio di svelare qualcosa per rovinare la sorpresa, perché è tutta la lettura, fin dalla prima pagina, che sorprende e smuove emotivamente. 

Lascia sicuramente un segno e dà un senso di profondo benessere.
Buona Lettura!  

di Francesca Mariucci

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"Nessuno sa", in libreria la nuova opera di Arianna Papini

Yahoo! style - 2 dicembre 2022

"Nessuno sa", col suo ritmo cadenzato di illustrazioni potenti e di brevi, raffinate, didascalie, ci porta a dubitare delle nostre certezze, a mantenere uno sguardo aperto sulle cose, senza fermarci all’apparenza. Ci dimostra che la conoscenza e la curiosità verso ciò che ci circonda è il prerequisito fondamentale per rapportarci al mondo con spirito critico e scientifico.

Un libro della vita

"Lo considero un libro fondamentale, in cui ho messo tutto quello in cui credo, tutto il mio amore e l’esperienza di una vita con gli animali e la natura. È un libro contro il pregiudizio, contro il pensiero unico. Molti pensano di sapere tutto. Pochi sanno di non sapere niente. Mi rende felice il fatto che venga pubblicato da uovonero, un editore che si batte da sempre contro gli stereotipi e a favore delle diversità. Le peggiori vittime del pregiudizio sono spesso i bambini disabili e questo albo illustrato può diventare uno strumento incredibile per aprirci gli occhi anche su questo tema, per mettere in discussione tanti nostri atteggiamenti e “convinzioni”"
Arianna Papini.

Un volume progettato come un prezioso taccuino da sfogliare dal basso verso l’alto, in cui ogni giro di pagina è una scoperta, un segreto da svelare, un’immagine e un pensiero in cui sostare, con stupore e curiosità. Un grido di amore verso la natura e verso il nostro pianeta, gravemente minacciato dall’arroganza e dalla superficialità dell’uomo.

Un albo illustrato emblematico e provocatorio che porta a superare le rigide categorizzazioni e le facili conclusioni, dimostrando le tante sfaccettature della realtà.

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I nidi dell'uovonero hanno sempre la lettura giusta

cittàmagazine.it - 2 dicembre 2022

Al via la prima rete di librerie autism friendly

Secondo i dati ufficiali del Ministero della Salute, in Italia un bambino su 77 ha un disturbo dello spettro autistico. L’età di questa statistica è quella compresa tra i 7 e i 99 e i maschi sono ben 4,4 volte in più rispetto alle femmine.

Dal 1 ottobre, è nato un germoglio per contrastare il fenomeno della disuguaglianza offrendo ai piccoli gli strumenti per crescere insieme agli altri. 

L’iniziativa è della Casa editrice uovonero da sempre impegnata nello scopo di rendere la lettura un diritto di tutti. Dal 2010 pubblica da pioniera, libri in simboli e volumi che incoraggiano la curiosità verso l’altro, forte della sua esperienza nell’approfondimento delle tematiche connesse ai disturbi del neuro-sviluppo, come l’autismo e la dislessia. 

“Per primi in Italia abbiamo creduto nel bisogno di pubblicare albi illustrati con testo in simboli e altre tipologie di libri accessibili, per estendere il piacere e il diritto di leggere anche a bambine e bambini che hanno qualche difficoltà a farlo. In questo ‘anche’ risiede tutta la nostra filosofia, perché significa progettare libri destinati a ogni bambino. Crediamo che sia venuto il momento di collaborare più da vicino con le libraie e i librai, che sono coloro che hanno il compito di far arrivare i libri ai lettori, fornendo loro una conoscenza approfondita di questi libri, che non sono né strumenti di terapia né ‘libri speciali per bambini speciali’, ma semplicemente libri per tutti i bambini”. Sante Bandirali, editore uovonero

Sono già 90 i negozi che compongono la rete di librerie inclusive dove trovare il titolo e il suggerimento adatto, grazie alla presenza di libraie e librai specificamente formati. Uovonero mette a disposizione di chi sceglie di aderire al progetto, la formazione gratuita sui libri accessibili, sulle caratteristiche sensoriali e di funzionamento delle persone autistiche, sulle modalità di accoglienza e relazione con loro. Non solo, uovonero dialoga anche con le scuole e propone incontri con gli autori, laboratori didattici per gli studenti e incontri di formazione per insegnanti, educatori, professionisti e genitori.

Grazie a questa iniziativa, si rafforza l’idea che la letteratura per bambini sia davvero per tutti: le librerie del circuito diventano un luogo di incontro per crescere e diffondere una cultura della diversità come ricchezza, che sappia stimolare curiosità e conoscenza anziché paura e diffidenza, per mezzo di albi illustrati, narrativa, giochi e saggi.

di Cristina Mignini

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Recensione di La più bella nuotata della mia vita su Zebuk

 Zebuk - 5 dicembre 2022

L’acqua è gelida e cristallina. La luna mi rischiara i piedi e illumina i pesciolini minuscoli che mi saettano tra le gambe.

Jan è un ragazzino di tredici anni con la passione (e la bravura) per il nuoto.
Durante le vacanze estive è costretto a traslocare con la sua famiglia.
Questo significa per Jan ricominciare da zero, con amici nuovi, scuola nuova e gruppo di allenamento nuovo.
Sicuramente l’ultimo è quello che lo preoccupa di meno: se la cava molto meglio in acqua che a scuola perchè è dislessico e spesso è in difficoltà.

Nella nuova casa conosce Flo, la sua nuova vicina, che si veste in modo stravagante, alleva galline e rappresenta tutti gli eventi importanti con delle infografiche.

Jan se la dovrà vedere ben presto con Linus, il bullo della scuola, e con la paura che i suoi compagni scoprano la dislessia.
Per fortuna per lui c’è sempre il nuoto…

La più bella nuotata della mia vita è il romanzo d’esordio di Anne Becker.

Dopo anni di insegnamento a ragazzi con bisogni speciali, Anne Becker ha deciso di scriverne un romanzo.
Un romanzo fresco, che arriva diretto, e racconta senza fronzoli il mondo degli adolescenti, con le loro preoccupazioni, le loro insicurezze e i loro sentimenti.

Il romanzo è scritto ad alta leggibilità, che si legge bene grazie ai capitoli brevi e alternati alle infografiche di Flo.

Buona lettura!

di Nicoletta

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Recensione di Una per i Murphy su Hermione Podcast

Hermione Podcast - 26 novembre 2022

Progetto "Per il libro e la lettura, Leggere per la Fiducia "- Sistema Bibliotecario Comunale Pavese con il contributo di Fondazione Cariplo. L'iniziativa "Hermione" è rivolta a ragazze e ragazzi per la produzione, con la conduzione di esperti, di recensioni di libri in formato podcast. Partendo dalla lettura di un libro, attraverso un percorso creativo, i lettori e le lettrici sono stati guidati nelle varie fasi di realizzazione di un podcast. Sesta puntata del podcast "Hermione - Leggere per la Fiducia" conMartina e Alice che ci parleranno di "Una per i murphy", romanzo ad alta leggibilità della pluripremiata scrittrice Lynda Mullaly Hunt, edito da Uovonero. Intelligente e ironico, tratta temi delicati e importanti come l'affido, la famiglia e la ricerca della propria identità.

 

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Recensione di Il mondo è rosso su Bookblister Radio 105

Bookblister Radio 105 - 26 novembre 2022

“Adesso il mondo è rosso, la rabbia è arrivata. Ruggendo mi circonda, tempesta scatenata.” Ma quale tempesta ci potrà mai essere, se la rabbia viene negata, contenuta o dominata? Metti le mani sulla rabbia delle persone, convincile che sia un’emozione pericolosa e dannosa per sé e per gli altri e non farai altro che renderle delle infelici, perché toglierai loro uno strumento preziosissimo per raggiungere ciò di cui hanno bisogno.

Se avessi la bacchetta magica e un minimo di potere, senza alcun dubbio istituirei l’ora di educazione sentimentale a scuola. Il programma partirebbe con l’educazione emotiva raccontando ai bambini e ai ragazzi che cosa sono, ma per davvero, le emozioni. Credo che ci siano poche cose più fraintese delle forze che ci attraversano e delle forze che regolano la nostra relazione con il contesto e con le altre persone.

E tra tutte le emozioni una di quelle più maltrattate (altre sono anche poco considerate) è proprio l’emozione della rabbia. Stai calmo, non ti agitare, non sta bene perdere le staffe… soprattutto se sei una donna. Ah, sì, in quel caso te ne devi proprio stare tranquilla!

È così la rabbia viene considerata un’emozione primaria, primordiale, negativa, distruttiva per sé e per gli altri. E viene confusa drammaticamente con l’aggressività. Viene confusa un’energia che se ben incanalata, è creativa e costruttiva con una serie di manifestazioni e di comportamenti che nascono in realtà da una mancata gestione di questa energia. E così una persona arrabbiata è sì abitata da un tornado – tutte le emozioni sono un tornado perché implicano un cambiamento, uno spaesamento – ma non spacca niente, non distrugge niente, se non lo status quo.

Una persona che prova rabbia sa riconoscere dentro di sé un bisogno, un desiderio, e sa intercettare là fuori qualcosa che le permetterebbe di realizzarlo. La rabbia è una benzina che ci aiuta a risolvere il dilemma: come faccio a farlo? Come faccio a raggiungerlo? Quindi è ciò che in definitiva ci consente di fare un piano e raggiungere i nostri obiettivi, mantenendo la grinta necessaria anche per un periodo piuttosto prolungato.

E a guardarla così questa tempesta scatenata che ci ruggisce dentro non è mica tanto male! Non è affatto facile, però, trovare un libro che parli della rabbia come qualcosa che ci permette di costruire e in questo albo – che è una chicca e ha delle illustrazioni meravigliose – la rabbia è una forza che ti attraversa, è una volontà che ti spinge, che ti permette di conquistare il mondo intero, è una condizione nella quale nulla ti costringe.

La rabbia, se ben interpretata e ben adoperata, è lo strumento più prezioso per esercitare la tua libertà di diventare la persona a cui davvero vorresti somigliare.

Questo albo si intitola “Il mondo è rosso” e no, i libri per i bambini non sono affatto solo per i bambini perché – se sono ben fatti e ben ragionati – hanno una dote suprema: la semplicità (alla latina, piegato una volta sola) cioè ti permettono di mettere a fuoco in modo cristallino una questione senza mai farla facile, senza mai abbassare il tiro o togliere complessità.

Te la lasciano intuire semmai, permettendoti di capire, e quindi sono una porta che ti aiuta a iniziare un percorso di conoscenza. Quindi regalatelo, leggilo a qualcuno a cui vuoi bene (leggere per qualcuno è una manifestazione di amore immensa!) e regalalo a tutte le persone che pensi non facciano un buon uso della propria preziosissima rabbia.

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La libreria dei ragazzi "Gabbie"

Radio InBlu 2000 - 24 novembre 2022

“Gabbie” (Uovonero) di Anna Vivarelli e Guido Quarzo è un giallo per ragazzi ambientato alla fine dell’Ottocento a Torino, che racconta le contraddizioni di una società in fermento e le gabbie, materiali e mentali, che condizionano le scelte individuali e collettive.

 

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Clip audio La nostra terra su Rai Radio Kids

Rai Radio Kids - 22 novembre 2022

La nostra Terra, di L. Anelli, S. Perazzone, ill. A. von Eckartsberg, Uovonero edizioni Un viaggio poetico in treno tra i paesaggi e le culture del mondo, alla scoperta del significato magico e nascosto delle parole. I Libri di Radio Kids sono a cura di Isabella Carbone.

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I nidi dell’uovonero: una rete di librerie accessibili e inclusive

Abilinrete.it - 18 novembre 2022

Da ottobre è ufficialmente partito il progetto “I nidi dell’uovonero”: più di 80 librerie speciali dislocate in tutta Italia che mettono a disposizione una grande scelta di testi ad alta leggibilità, in simboli, con rinforzi comunicativi o per chi ha difficoltà cognitive con la presenza di libraie e librai precisamente formati.

L’iniziativa è stata ideata dalla Casa editrice lombarda Uovonero con l’obiettivo di rendere la lettura un piacere e un diritto di tutti.

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Recensione di La nostra terra su La svolta

La svolta - 19 novembre 2022

Seduta nello scompartimento silenzioso di un lungo treno a vapore, una bambina col visino incorniciato dal caschetto è assorta nella lettura. Gli altri viaggiatori hanno lo sguardo rivolto allo schermo di un cellulare o sonnecchiano sul sedile: non sembrano accorgersi del mondo che scorre dal finestrino, non scorgono i picchi innevati, il recinto di pietra che brilla, il fiume cristallino.

La piccola protagonista invece sì, osserva la vastità dei paesaggi che la circondano e non può fare a meno di correre fuori, verso quella luce abbagliante, verso quei colori inebrianti.

Da quel momento comincia per lei un un viaggio fatto di incontri, di esperienze nuove, di ascolto e di scoperta.

Il viaggio descritto da Letizia Anelli e Simone Perrazzone, racchiude in sé un’enorme valenza poetica: si tratta di un viaggio immaginifico tra le culture e le lingue del mondo. Un libro tutto da scoprire, sospeso tra sogno e realtà, ricco di illustrazioni realizzate dalle sapienti mani di Ariadna von Eckartsberg, tutte ispirate a panorami esistenti e sparsi nel mondo, in cui viene svelato il significato etimologico dei Paesi del Mondo: un esperimento linguistico che ricorda quelli compiuti dalle avanguardie futuristiche e che viene svelato al piccolo lettore solo nell’appendice finale, ma anche un mappamondo in formato libro.

Tutti noi sentiamo il bisogno di dare un nome al nostro luogo di origine, ma queste diversità possono unirci e diventare parte di un’identità collettiva, universale: la nostra grande dimora, che ci ospita e di cui ci dobbiamo prendere cura.

di Caterina Tarquini

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Recensione di Gabbie su Milano Nera

Milano Nera - 20 novembre 2022

L’editrice Uovonero si distingue per un progetto con due caratteristiche precise. Utilizza strumenti di comunicazione aumentata e alternativa per bambini in età prescolare o con difficoltà e pubblica albi e libri di narrativa ad alta leggibilità che aiutano i lettori a capire e accettare chi è diverso in modo leggero e anche divertente. Proprio leggerezza e divertimento sono tra i pregi maggiori del libro, che su pochi dati reali costruisce un romanzo d’invenzione che dipinge anche un affresco storico del tempo, tra scienza e fanatismo religioso, ignoranza e valore della conoscenza. 

Siamo a Torino nel 1889 e nell’Accademia delle Scienze darwinisti e antidarwinisti si accapigliano con l’accorta mediazione del direttore, il quale ha accolto in una stanza del Museo il nipote quindicenne Stefano, ripudiato dalla famiglia alto-borghese che si vergogna di lui, togliendolo dal manicomio dove era ricoverato e facendolo lavorare accanto al vecchio commesso nella biblioteca. Il ragazzo ha una memoria prodigiosa, ricorda alla perfezione quanto ha visto, ascoltato e letto, compresi i ponderosi trattati scientifici, anche se non li capisce e preferisce Giannettino di Collodi, maniaco dell’ordine lavora bene con piacere, ma non sopporta di essere toccato. Considerato alienato, matto, oggi verrebbe diagnosticato autistico.

Quando una notte nel Museo viene trovato il corpo di un professore abbracciato a quello di una scimmia, entrambi accoltellati, “il matto” è il capro espiatorio ideale, che viene riportato in manicomio. Ma il bravo zio, una giovane e bella scienziata e la ragazzina che tiene pulita la stanza di Stefano e ha familiarizzato con lui (è sveglia e sa anche leggere), vogliono scagionarlo. Sarà proprio lui, grazie alle sue doti straordinarie, a fornire le indicazioni per scoprire l’assassino. Osserva la ragazzina: “è come se fosse dentro una gabbia…prova a uscire ma non ci riesce”. “Forse potremmo tentare di entraci noi” dice la scienziata. Dentro quella gabbia forse ci siamo tutti. Peppo Bianchessi ha disegnato una riassuntiva copertina livida e gialla a sbarre di gabbia con un uomo col coltello e una scimmia sullo sfondo della Mole.

di Fernando Rotondo

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LA TORINO OTTOCENTESCA DI GABBIE – INTERVISTA AL CO-AUTORE GUIDO QUARZO

 RBE - 17 novembre 2022


Esce per uovonero il nuovo romanzo Gabbie, un poliziesco ambientato nel 1879 a Torino tra progresso scientifico, Darwin, resistenza al cambiamento, mistero e pregiudizi.

Ne parliamo con uno degli autori, Guido Quarzi, che ci parla della collaborazione con Anna Vivarelli nella stesura del romanzo, della nascita dell’idea e di tutte le gabbie (fisiche e metaforiche) presenti nella trama.

 

 

di Alessio Lerda

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Penne & Voli

Storie girandole - 17 novembre 2022

Ormai mi conoscete e avete capito che la divulgazione poetica e artistica mi piace molto. Non potevo, quindi, non innamorarmi di questo libro bello e molto serio scientificamente. Un libro che è un po’ un albo divulgativo, un po’ un libro d’arte; pieno di notizie e curiosità sulle penne e su i pennuti e anche su noi umani. La penna scritto e illustrato da Britta Teckentrup, tradotto da Sante Bandirali è un magnifico affresco sul volo.

Già perché per volare non bastano le ali, fondamentali sono le penne. E di penne ce ne sono di tantissimi tipi e le loro funzioni sono le più diverse. Il colore per esempio, non è solo ornamentale o mimetico ma anche funzionale alla sopravvivenza ed è legato alla loro robustezza. La forma e la struttura delle penne è funzionale al tipo di volo. Alcuni uccelli necessitano di decollare velocemente e le loro penne sono corte e larghe per alzarsi in un istante; ci sono uccelli hanno bisogno di sostenersi in aria per lunghi tempi e le loro penne hanno forma e posizione per permetterglielo. Altri uccelli, come il colibrì (ma non solo), usano il volo stazionario e le loro penne sono fatte apposta. Le penne permettono di galleggiare, servono per ripulire lo stomaco e proteggerlo, per sentire meglio. Alcune penne servono per pulire il piumaggio. Altre per camminare sulla neve, come se fossero ciaspole.

Tante notizie sul volo e sulle penne che da sempre affascinano l’uomo che come ci racconta  Britta Teckentrup ha cercato di volare e di inventare macchine che riproducano il volo; oppure si è fregiato, in modi diversi, di piume e penne. Come già in L’uovo (http://www.uovonero.com/catalogo/i-geodi/1061-l-uovo) l’autrice tedesca traccia la storia e la mitologia della penna il cui valore simbolico ritroviamo nelle fiabe e nel mito. Simbolo di potenza ma anche di leggerezza e purezza.

Leggere La penna vuol dire immergersi nel modo della leggerezza ma anche della potenza e della tecnica. La penna, sinonimo di volo che è da sempre desiderio dell’uomo che vede in questa pratica la possibilità di varcare la soglia, cambiare ottica e straniarsi, è anche organo fondamentale per gli uccelli.

di Carla Colussi

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Recensione di Il mondo è rosso su Mare rosso

Mare Rosso Feltrinelli - 15 novembre 2022

Questa è la storia del viaggio di una bambina particolarmente arrabbiata, un viaggio in rima che esplora il sentimento forse più avvolgente e totalizzante, la rabbia. La storia comincia con la protagonista presa da una furia accecante: il cammino davanti a lei è costellato da fuochi, fulmini e raffiche. Lei ringhia, si sente prima un drago invincibile, poi un tornado avvolgente. Niente sarà più come prima.

 

Un viaggio nei continenti della rabbia, tra vulcani, tornadi e animali feroci, per imparare a nominare le mille sfumature dell'emozione più incontenibile. I raffinati collage di Britta Teckentrup si intrecciano al testo in rima tradotto da Sante Bandirali dando origine a un albo dall'energia travolgente, perfetto da leggere - anzi urlare - ad alta voce.

 

La protagonista prosegue il viaggio, attraversata dalla forza incontenibile che la rabbia le dona, che le rende possibile urlare e controllare le onde più alte e il vento più forte. Il suo passato è pieno di calma, ma adesso non riesce a fare a meno di questo suo stato iroso. Ed è proprio a questo punto che, attraverso le tavole dell’illustratrice, vediamo la rabbia trasformata in una pantera, che la bambina cavalca e doma. Con lei corre, si sente forte e sostenuta. Nel mentre, il paesaggio è mutato, non ci sono più colori scuri, ma sempre più chiari e illuminati da un grande sole. La protagonista lascia andare l’animale e la sua rabbia e respira l’aria fresca e pulita.

La rabbia fa parte di noi, ci dà coraggio e ci mostra cose nuove e quando se ne va ci sentiamo più forti e pronti per un altro viaggio.

Negli ultimi anni sono usciti molti libri sulle emozioni, alcuni validi, altri un po’ meno. Il mondo è rosso, della nota illustratrice tedesca Britta Teckentrup e tradotto magistralmente da Sante Bandirali, ha un qualcosa in più, è un libro che accende tutti i cinque sensi.

La rabbia non è una semplice emozione statica, può mutare, ha tante gradazioni, ed ecco perché questo albo parte dal rosso, colore simbolo di questa emozione, e si trasforma in tanti colori quanti le sfumature di questo sentimento. Le tavole del libro, grazie alla tecnica di Britta Teckentrup, riescono a smuoverti qualcosa dentro, oltre a essere davvero belle da vedere.

 
Adesso il mondo è rosso, la rabbia è arrivata. Ruggendo mi circonda, tempesta scatenata

Non è un libro sonoro, ma le parole scandite nel testo ti rimbombano nelle orecchie. Le rime incalzanti battono un ritmo serrato e leggendolo viene quasi spontaneo usare una tonalità di voce alta. Anche le parole scelte - e qui grandi complimenti al traduttore - rievocano suoni e sensazioni.

 
Ruggisco, ringhio, strillo, scateno ogni mio istinto

Grazie alla giusta combinazione di parole e disegni, percepiamo la rabbia sulla pelle: il calore caldo e rosso del fuoco, il vortice impazzito del tornado, gli schizzi e le onde, il vento in faccia durante la corsa, e tuoni ed esplosioni, e fulmini, e saette, e fuochi, e turbinii, e raffiche, e vendette!

Siete pronti a intraprendere questo viaggio? I colori e le immagini aiutano il piccolo lettore o la piccola lettrice a immedesimarsi nelle sensazioni, le parole in rima hanno presa su chi ascolta, grazie alla musicalità e al ritmo coinvolgente, aiutando anche la lettura ad alta voce.

Questo meraviglioso albo ci aiuta a capire che la rabbia, la collera e la furia sono emozioni naturali, che ci travolgono inaspettatamente, ma possiamo provare a domarle e a utilizzare la loro forza per essere più sicuri di noi stessi e pronti ad affrontare nuove avventure e sfide. Buona lettura!

di Cristina Troiani

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Incontriamo Sante Bandirali editore di uovonero

Global press.it - 14 novembre 2022

Ispirati dalla fiaba di Capuana L’uovo Nero sull’importanza della diversità come valore, tre amici decidono di unire le loro diversità professionali e aprono una casa editrice che mira a proporre e progettare libri destinati a ogni bambino, inclusivi e ad alta leggibilità.

Nasce così nel 2010 la Uovo Nero che da Crema diventa un unicum nel panorama editoriale nazionale e ha il primato di aver pubblicato i libri in simboli con rinforzi comunicativi. L’editore Sante Bandirali mi racconta quanto sia stato forte e urgente il bisogno di pubblicare albi illustrati e altre tipologie di testi accessibili per estendere il piacere di leggere anche a bambini che hanno qualche difficoltà a farlo. Leggere è e deve essere un diritto di tutti e con questo motto la Uovo Nero ha ideato un nuovo progetto che ingloba una rete di oltre ottanta librerie che offre una vasta scelta di libri e mette al servizio di piccoli lettori con difficoltà nell’approccio alla lettura, la competenza di librai formati e preparati per favorire lo scambio tra le diversità.editrice uovo nero

Il progetto che accoglie e coccola i bambini si chiama I nidi di UovoNero ed è partito dal primo ottobre con l’obiettivo di aumentare la consapevolezza e la competenza dei librai su temi quali l’autismo e la dislessia e sostenerli nel rapporto con i lettori.

Sante, a chi si rivolge e cosa offre il progetto “I nidi di UovoNero”?

Il progetto coinvolge attualmente un centinaio di librerie distribuite su tutto il territorio nazionale, che hanno deciso di diventare nidi dell’uovonero per poter accogliere con competenza bambine e bambini neurodivergenti. La casa editrice ha offerto alle libraie e ai librai un kit di materiali di comunicazione e di gadget, oltre a un ciclo di corsi di formazione dedicati all’editoria accessibile e al funzionamento comunicativo e sensoriale delle persone neurodivergenti.

In queste librerie è disponibile un buon assortimento dei libri di uovonero, che i librai conoscono bene e sanno consigliare. La mappa sempre aggiornata dei nidi dell’uovonero si trova sul sito della casa editrice all’indirizzo http://www.uovonero.com/i-nidi-dell-uovonero.

La casa editrice Uovonero ha il primato di aver portato in Italia i libri accessibili a ogni bambino. Quando nasce il progetto I nidi?

Il progetto è stato presentato alle librerie nel mese di giugno di quest’anno. Tramite la nostra rete promozionale abbiamo poi raccolto le adesioni fino alla fine di agosto e nel mese di settembre abbiamo tenuto i corsi di formazione per i librai. Il giorno di lancio ufficiale del progetto per il pubblico è stato il 1° ottobre.

“I nidi” è un progetto che accoglie ma rende anche liberi i tanti piccoli lettori che prima avevano difficoltà a farlo?

Libertà è poter scegliere, e coi nidi anche i lettori in difficoltà potranno trovare nei nidi un grande assortimento di libri progettati anche per loro, proposti da librai competenti, che aiuteranno i bambini nella scelta. Quindi direi proprio di sì.

Autori italiani e stranieri, quali sono i titoli più gettonati?

Per le diverse fasce d’età dei lettori, direi che il più richiesto fino ai 6 anni è “Che rabbia!” di Mireille D’Allancé, pubblicato in collaborazione con Babalibri. La serie preferita a partire dagli 8 anni è quella di “Hank Zipzer il Superdisastro”, le avventure di un simpatico bambino dislessico narrate da un celebre dislessico come Henry Winkler (l’attore noto per il ruolo di Fonzie nella serie Happy Days) insieme a Lin Oliver.

editrice uovo nero Per i lettori delle medie la scelta è più difficile perché sono molti i titoli che si contendono il primo posto; direi “Una specie di scintilla” di Elle McNicoll, attualmente nella terna finalista del Premio Strega Ragazze e Ragazzi, storia di una ragazza autistica che inizia la propria battaglia per un memoriale a ricordo delle donne uccise secoli prima nel suo villaggio con l’accusa di stregoneria, donne che con ogni probabilità erano semplicemente neurodivergenti come lei.

Leggere è un diritto di tutti, quanto è fondamentale un libro per superare momenti di difficoltà nella crescita?

I libri hanno una formidabile capacità di metamorfosi, a seconda di chi li utilizza. Per alcuni sono dei soprammobili, per alcuni dei fermaporta, per alcuni dei salvagente, per altri delle scale, per altri dei telescopi, e molto altro ancora. A un bambino che sta imparando a leggere, il libro giusto al momento giusto può risparmiare pesanti e inutili frustrazioni, agevolando enormemente il suo percorso di crescita.

Un libro è spesso considerato un amico, ma grazie a un libro si fanno anche nuove amicizie?

“Leggere unisce il mondo”, come recita lo slogan dell’ultima edizione di Lettura Day, non solo perché permette di viaggiare ovunque con l’immaginazione pur restando fermi, ma anche perché leggere un libro a qualcuno, o raccontarglielo, è un enorme regalo, una condivisione spirituale che avvicina in modo profondo le persone, come con quel celebre libro che fu galeotto.

Se poi un libro è progettato in modo da poter essere letto sia da chi ha difficoltà di lettura sia da chi non ne ha, è in grado di creare un senso di appartenenza, una comunità di lettori, dove non c’è il migliore o il peggiore ma semplicemente tanti percorsi personali di lettura, in cui ciascuno a modo proprio incontra la storia e gli altri lettori.

I libri Uovonero rispettano la diversità ma anche l’ambiente?

Da anni tutti i libri uovonero sono stampati su carta certificata FSC. Non potrebbe essere diversamente.

di Cristina Marra

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Recensione di La nostra terra su Napoli Magazine

Napoli Magazine - 12 novembre 2022

Seduta nello scompartimento silenzioso di un lungo treno a vapore, la bambina col caschetto è assorta nella lettura. Gli altri viaggiatori hanno lo sguardo rivolto allo schermo di un cellulare o riposano. Non si accorgono del mondo che passa oltre il finestrino, non vedono la montagna bianca, il recinto di pietra che brilla, il fiume argenteo. Lei sì, osserva la vastità dei paesaggi che la circondano e non può fare a meno di correre fuori, verso quella luce abbagliante, verso quei colori inebrianti. 

Ed è allora che il suo viaggio comincia davvero, un viaggio fatto di incontri, di esperienze nuove e totalizzanti, di ascolto e di conoscenza. Un poetico viaggio tra le culture del mondo che è anche un’avventura alla ricerca del significato nascosto delle parole

Le frasi di questo libro sono infatti composte dal significato dei nomi dei Paesi del Mondo, ricostruito attraverso la loro etimologia. Un testo che gli autori hanno montato e cucito con sapienza, in un esperimento linguistico che ricorda quelli compiuti dalle avanguardie futuristiche e che viene svelato al lettore solo nell’appendice finale. 

Le parole, come le persone, non stanno mai immobili. Tutti noi sentiamo il bisogno di dare un nome al nostro luogo di origine, ma queste diversità possono unirsi e diventare identità collettiva, universale, la nostra casa, che ci ospita e di cui ci dobbiamo prendere cura, LA NOSTRA TERRA.  

Un albo ricco e stratificato che si può attraversare in tanti modi, come un mappamondo o un dizionario, perdendosi nelle parole e nelle suggestive illustrazioni di Ariadna von Eckartsberg, tutte ispirate a paesaggi e panorami realmente esistenti ma in grado di catapultarci in una dimensione magica.

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Arriva nelle librerie "La nostra terra", un libro che conquista adulti e bambini

Yahoo! notizie - 11 novembre 2022

Imparare grazie a un libro i nomi dei Paesi del mondo, scoprendo anche il loro significato. Lasciarsi trasportare dalle immagini di un viaggio in treno tra i paesaggi e le culture del mondo. Scoprire il significato magico e nascosto delle parole. C'è tutto questo, e molto di più, nelle 40 pagine dell'albo illustrato La nostra terra (Uovonero ed., 40 pag., 16 euro), appena arrivato nelle librerie. Un volume che promette di conquistare allo stesso modo adulti e bambini.

Scritto da Letizia Anelli e Simone Perazzone, e con le illustrazioni di Ariadna von Eckartsberg, il libro La nostra terra è un’avventura che corre sui binari dell’immaginazione attraverso splendide illustrazioni panoramiche, guidata dal ritmo di un testo evocativo e dalla curiosità di una ragazzina che ama perdersi nei libri.

Nato dalla collaborazione con il Master d'Illustrazione per l'editoria Ars in Fabula, ed edito dalla casa editrice Uovonero, il volume è già nelle librerie.

L’appendice conclusiva svela un gioco coinvolgente: tutte le frasi del libro sono composte dal significato dei nomi dei Paesi del Mondo, ricostruito attraverso la loro etimologia. Infatti, come le persone anche le parole hanno una storia e non stanno mai ferme: viaggiano per abbracciare l’immensa varietà della nostra Terra.

Un albo che si può attraversare in tanti modi, come un mappamondo o un dizionario, perdendosi nelle parole e nelle immagini per scoprire a ogni lettura un percorso nuovo.

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Veri “nidi di lettura” per bambini e bambine neurotipici e neurodivergenti

superando.it - 8 novembre 2022

Al termine di un percorso formativo ad hoc, organizzato dalla casa editrice uovonero, è attiva la rete I Nidi dell’uovonero, fatta di librerie accessibili e inclusive, dove libraie e librai sanno accogliere e consigliare tutti i bambini e le bambine neurotipici e neurodivergenti. A tal proposito, sono già oltre novanta le librerie Autism Friendly [amiche delle persone con autismo] in tutta Italia che fanno parte della rete: luoghi in cui ciascuno può trovare il libro alla sua portata, sentirsi sicuro, ascoltato e capito. Punti di riferimento per tutti quei bambini/e e ragazzi/e (ma anche per genitori, educatori e terapisti) quotidianamente alle prese con ostacoli di vario tipo alla lettura.
Al progetto hanno aderito librerie di tutti i tipi: da quelle specializzate in editoria per ragazzi a quelle generaliste, librerie di città e di piccoli Comuni; librerie indipendenti e appartenenti a grandi catene, librerie giovanissime e storiche. Una comunità trasversale e rappresentativa di tante realtà territoriali diverse, che d’ora in avanti assicureranno un’attenzione specifica anche ai lettori e alle lettrici con modalità di funzionamento atipico, suggerendo libri belli e adatti alle loro esigenze, veri e propri “nidi” in cui ognuno potrà sentirsi al sicuro, ascoltato e capito.

Come detto, I Nidi è un progetto della casa editrice uovonero, che ha sede a Crema e che dal 2010 pubblica libri accessibili, con l’obiettivo di rendere la lettura un piacere e un diritto di tutti. Pioniera di questi temi, essa è stata la prima realtà editoriale a introdurre nel mercato italiano i libri in simboli e si dedica costantemente alla pubblicazione di volumi che stimolano l’incontro e la curiosità verso l’altro.
Forte dunque della sua decennale esperienza nello sviscerare argomenti connessi ai disturbi del neurosviluppo, uovonero ha reso possibile la creazione dei Nidi, offrendo gratuitamente alle librerie interessate corsi di approfondimento sui libri accessibili, una formazione ad hoc sulle caratteristiche sensoriali e di funzionamento delle persone autistiche, sulle modalità di comunicazione con loro, e una serie di strumenti che impiegano i simboli della CAA, la Comunicazione Aumentativa Alternativa (come specifiche tabelle di comunicazione), permettendo di rendere davvero la libreria un ambiente inclusivo e aperto a tutti.
L’obiettivo principale è quello di aumentare la consapevolezza e la conoscenza dei librai su questi temi e di sostenerli nel rapporto con i potenziali lettori, che sono numerosi e di tante tipologie differenti. «Per primi in Italia – spiega Sante Bandirali di uovonero – abbiamo creduto nel bisogno di pubblicare albi illustrati con testo in simboli e altre tipologie di libri accessibili, per estendere il piacere e il diritto di leggere anche a bambine e bambini che hanno qualche difficoltà a farlo. In questo “anche” risiede tutta la nostra filosofia, perché significa progettare libri destinati a ogni bambino. Crediamo infatti sia venuto il momento di collaborare più da vicino con le libraie e i librai, che sono coloro che hanno il compito di fare arrivare i libri ai lettori, fornendo loro una conoscenza approfondita di questi libri, che non sono né strumenti di terapia né “libri speciali per bambini speciali”, ma semplicemente libri per tutti i bambini».

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Recensione di Il mondo è rosso su Liberweb

Liberweb - 1 novembre 2022

In una stagione che chiede di controllare la rabbia, di contenere un’emozione distruttiva e caotica, stupisce la potenza con la quale Britta Teckentrup la racconta: lasciandosi trasportare, creando un inno alla sua forza, sia con le parole che con le immagini. Tavole che incantano, ci trascinano dentro al sentire della protagonista. Il tratto materico e delicato, che abbiamo conosciuto nell’albo dedicato all’uovo, diventa violento nell’impatto cromatico. “Il mondo è rosso” è un canto, è una danza, è un viaggio che attraversa stati d’animo, che si trasformano in luoghi. Non bisogna temere e circoscrivere la rabbia, ma sapere che può diventare la spinta per trasformare il mondo che ci circonda.

Librai ragazzi e libri a cura di coordinamento librerie per ragazzi

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Un giovane “strambo” nella Torino di fine ‘800

Mondo Padano - 4 novembre 2022

Un giallo (ambientato a Torino alla fine dell’Ottocento) dalla trama assai godibile, capace oltretutto d’approfondire un elemento d’estrema attualità com’è il disagio mentale, circa il quale ‐ oggi proprio come in passato, ahinoi ‐ ancora tanto pregiudizio esiste. Ne sono autori Anna Vivarelli e Guido Quarzo, entrambi al lavoro su un’opera (“Gabbie”, proposta nel catalogo della casa editrice cremasca “Uovonero” e contenuta nell’esordiente collana “I Geodi sonori”) arricchita dai disegni di Peppo Bianchessi, formidabile ‐ come d’abitudine ‐ a sottolineare i passaggi maggiormente ricchi di pathos di un testo studiato ad hoc per la piena soddisfazione dei lettori dell’età più differenti. «Anna e Guido, ormai da anni, sono conosciuti e apprezzati per la loro facilità di scrittura, nonché per la loro proficua esperienza nell’ambito della letteratura per ragazzi ‐ spiega Bianchessi ‐. Mi ha entusiasmato lavorare sulla loro produzione per vari motivi, in primis perché il plot di “Gabbie” è lineare e complesso nel contempo, giacché esso allude a un certo tipo di chiusura mentale che contraddistingueva la società: chiunque fosse stato “altro” rispetto ai cosiddetti “normali” era segnato a dito, essendo egli considerato diverso, “alieno”, se non addirittura pericoloso per l’altrui incolumità». Protagonista dell’opera ‐ in commercio da oggi (venerdì 4 novembre) e disponibile anche nel formato audio in collaborazione con “Emons Edizioni” ‐ è Stefano, il nipote adolescente del Direttore del Museo delle Scienze di Torino: un ragazzo senz’altro diligente e abitudinario, affetto da una serie di “stramberie” che la gente giudica ‐ con supericialità e con ignoranza ‐ affini alla pazzia. 

«La figura di questo giovanotto è assai affascinante, e ben delineata dalla coppia di pluripremiati autori: attraverso di essa, io credo che si possa affrontare il libro mediante varie chiavi di lettura, intuendo persino quali fossero i tanti limiti (d’interazione, oltreché di pensiero) della società di allora ‐ prosegue Bianchessi ‐. Occuparmene, in termini grafici, mi ha concesso di svolgere un ampio lavoro di ricerca e di documentazione, necessario per ricostruire con verosimiglianza la città torinese di oltre un secolo fa».

Convenzioni ed etichette imposte dalla cultura del tempo, impreparata ad accogliere le scoperte della scienza quanto le lotte per l’emancipazione civile e femminile: eccoli, i temi basilari di un volume che ‐ per dirla ancora con Bianchessi ‐ «s’impegna, con intelligenza, a porsi in contraddizione con la teoria secondo la quale chi devia rispetto a una certa “traiettoria” dev’essere per forza malvisto, senza alcun solido motivo». Ammirato, mesi addietro, sulle pagine de “Il libro segreto di Long John Silver” (realizzato in coppia con Luca Crovi per “Solferino”), Bianchessi preannuncia intanto una nuova opera (la terza) offerta in coppia con lo scrittore/redattore milanese: «Si tratta di volume che intreccerà la figura di Alexandre Dumas con i Mille di Giuseppe Garibaldi: mi auguro si possa riuscire a ottenere l’ottimo successo dei due testi precedenti, sarebbe per me e per Luca una soddisfazione enorme».

di Fabio Canesi

 

 
 

Recensione di Gabbie su Lettura Candita

Lettura candita - 4 novembre 2022

Il tema del progresso scientifico, del conflitto fra fede e ragione, già posto dai due autori, Guido Quarzo ed Anna Vivarelli, è riproposto nel nuovo romanzo che i due scrittori firmano insieme: ‘Gabbie’, pubblicato da Uovonero. Come ne ‘La danza delle rane’ lo sfondo storico era quello del Secolo dei Lumi , qui l’intreccio narrativo si sviluppa a partire dal violento scontro culturale provocato dal darwinismo nell’ambiente accademico e non solo, che ha mobilitato passioni contrapposte nel nome della scienza o della fede: nulla di più scandaloso che sottrarre la creazione dell’uomo all’intervento divino, sostituendogli l’azione dell’evoluzione e della selezione naturale.
Nel romanzo di Quarzo e Vivarelli, ambientato a Torino nel 1879, nella prestigiosa Accademia delle Scienze, un gruppo di accademici discute se assegnare un premio, per le sue ricerche di botanica, proprio a Charles Darwin. Fra i preziosi volumi della Biblioteca e i reperti del Museo si aggirano vari personaggi, ciascuno delineato con accuratezza: il direttore Bonaccorsi, maestro della diplomazia, un fattorino, Ausonio, e un inserviente, Pietro che in realtà, nottetempo, ruba su commissione diversi volumi rari. A turbare le attività illecite di Pietro interviene l’arrivo nel Museo di Stefano, nipote del direttore ed ex degente dell’Ospedale Psichiatrico di Collegno. In realtà il ragazzo, che immaginiamo essere autistico, alle sue difficoltà sociali, affianca doti intellettuali significative: impara a leggere da solo ed ha una memoria prodigiosa.
Nel frattempo, Pietro viene in contatto, grazie ad un cugino, con un predicatore che aizza i suoi seguaci proprio contro il darwinismo, contro l’idea che uomo e scimmie possano avere un antenato comune. Così nasce, fra pochi congiurati, l’idea di rapire la scimmia di un circo, per lasciarla provocatoriamente all’interno del Museo. L’incursione ha un esito imprevisto, la scimmia muore e viene ritrovata, pochi giorni dopo, riversa sul corpo senza vita di uno degli Accademici.
Le indagini sono condotte da un poliziotto dalla dubbia moralità e, non a caso, i suoi sospetti ricadono su Stefano, difeso solamente dallo zio, da Lisa, della trattoria in cui mangia tutti i giorni il ragazzo, e dalla giovane scienziata Ida Stoppani.
Di più non posso svelare dell’intreccio, vorrei però sottolineare alcuni punti di forza di questo romanzo: innanzitutto la perfetta integrazione fra le diverse tematiche che lo attraversano, la ricostruzione del clima culturale, la diffusa ignoranza, i pregiudizi nei confronti delle donne ‘colte’ e, ancor di più, le segregazione dei cosiddetti ‘alienati’, spesso considerati un peso per le famiglie, che ben volentieri li facevano rinchiudere nei manicomi.
In secondo luogo, è rilevante l’accuratezza della descrizione del clima culturale, la singolare avversione che i settori più retrivi della società nutrivano nei confronti dell’evoluzionismo, avversione che, come ho detto più volte, non si è mai del tutto sopita. Ma anche la precisione con cui viene descritto l’ambiente accademico, con le sue diatribe e le rivalità personali.
Infine, l’umanità dei personaggi, spesso coinvolti loro malgrado in una storia di cui non comprendono la portata.
Il titolo, ‘Gabbie’, fa un evidente riferimento alle gabbie fisiche, quella che rinchiude lo sfortunato scimpanzé Chocolat, quella che delimita i percorsi di vita dei ‘matti’, e mentali, fatte di pregiudizi e superstizioni che inevitabilmente si contrappongono alle nuove visioni del mondo che la scienza di volta in volta suggerisce.
Il testo vien proposto anche in formato audio, in collaborazione con l’editore Emons, dando vita ad una nuova collana, i Geodi sonori, pensata proprio per supportare chi ha difficoltà di lettura.
Consiglio caldamente la lettura, così ricca di spunti di approfondimento, a ragazze e ragazzi di almeno dodici anni.
 
di Eleonora Rizzoni
 

Recensione di Il Mondo è rosso su Il Pepe Verde

Il Pepe Verde - ottobre/dicembre 2022

Tra i tanti libri sulle emozioni che affollano gli scaffali delle librerie, il nuovo albo dell’autrice tedesca Britta Teckentrup si distingue per l’efficacia e la forza con cui viene raccontata quella che è forse l’emozione più avvolgente e incontenibile: la rabbia. Qui viene presentata in tante situazioni e sfumature diverse. Rosso è il colore che comunemente viene associato alla rabbia e qui le pagine di questo colore riportano parole onomatopeiche, suggestioni e richiami che immediatamente fanno entrare nell’emozione. Le tavole dell’autrice sembrano a volte graffiti, a volte collage e sono magistralmente intrecciati al testo che Sante Bandirali ha sapientemente reso in rima. Così «Adesso il mondo è rosso, la rabbia è arrivata. Ruggendo mi circonda, tempesta scatenata» diventa l’inizio di un viaggio tra le varie declinazioni della rabbia, una corsa travolgente tra draghi, vulcani, tornadi e maremoti. Poi, però, si trasforma. Il rosso passa ad azzurro e il marrone cupo e intenso sfuma fino a diventare celeste, perché «di calma e di silenzio il mio passato è pieno e quando esce tutta che gran liberazione! Sospiro di sollievo, sì è spento il mio monsone. Si sente aria pulita».

La rabbia è un’emozione che può fare paura, ma che può avere anche una funzione positiva per crescere.

Un testo perfetto da leggere ad alta voce, perfino da urlare, magari proprio nel momento in cui la rabbia prende il sopravvento.

di Clelia Tollot

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"Gabbie" di Anna Vivarelli e Guido Quarzo, un appassionante giallo nella Torino di fine '800

Napolimagazine.it - 26 ottobre 2022

Un omicidio. Una comunità scientifica divisa tra darwinisti e antidarwinisti. Un ragazzo che oggi definiremmo autistico ma che all’epoca era considerato semplicemente pazzo.
Un giallo ambientato alla fine del XIX secolo a Torino, che racconta le contraddizioni di una società in fermento e le gabbie, materiali e mentali, che condizionano le scelte individuali e collettive.
Firmato da due autori italiani pluripremiati, Gabbie è anche un audiolibro che inaugura la collana i Geodi sonori, in collaborazione con Emons.

Siamo a Torino, nel 1879. L'Accademia delle Scienze decide di attribuire un premio a Darwin per i suoi studi sulla botanica ma l'ambiente scientifico è fortemente diviso tra sostenitori e detrattori della sua teoria evoluzionista. Nel Museo di Scienze Naturali, che fa parte della struttura, vive e lavora Stefano, nipote quindicenne del direttore. Un ragazzo diligente, intelligente, ma anche maniacale e abitudinario. Il matto, lo chiamano. In fondo ha trascorso molti anni nella Certosa di Collegno, il Regio Manicomio, una delle più grandi strutture psichiatriche d'Italia. Quando nel museo vengono trovati i cadaveri di uno scienziato e di un gorilla dello zoo sarà proprio lui che, grazie alle sue doti percettive peculiari, riuscirà a dare una svolta alle indagini. 
Guido Quarzo e Anna Vivarelli accompagnano il lettore nella Torino del XIX secolo, ne tracciano la complessità, le spinte innovative e quelle conservatrici. Raccontano le gabbie in cui è chiusa. Gabbie materiali come i confini di un manicomio, ma anche subdole, impercettibili: convenzioni ed etichette imposte dalla cultura del tempo, impreparata ad accogliere le scoperte della scienza quanto le lotte per l'emancipazione civile e femminile. 
Sottolineano con dialoghi serrati e scontri diretti il complicato rapporto tra Chiesa, Scienza e il concetto di morale. Inseriscono personaggi realmente esistiti e immaginano le altre figure creando un coro di voci e personalità forti, capaci di bucare la pagina, di andare oltre, di evolvere, come quella del protagonista, Stefano, o della sensibile Lisa, dell'irruente e battagliera Isa, del direttore Bonaccorsi.
Emblematica la scelta del titolo e la soluzione grafica adottata in copertina, che ricorda una griglia, il tradizionale schema urbanistico ortogonale ripreso anche nella mappa che apre il romanzo. E gabbie di varie fogge sono presenti nelle illustrazioni interne, nei disegni che accompagnano l'inizio dei capitoli, tutti firmati dal tratto sottile ed elegante di Peppo Bianchessi. E ancora, non sono forse gabbie, impalpabili e devastanti, le convinzioni e le rigide regole che si perpetuano nella società civile di quegli anni? 
Un romanzo sulla capacità di andare oltre gli stereotipi e i giudizi frettolosi. Una vicenda che unisce verità storica e fiction con grazia e sapienza.

«In una Torino di fine Ottocento, vediamo agire figure di emarginati che sopravvivono grazie a furti e sogni di riscatto, funzionari che, nella sicurezza dei propri ruoli, disprezzano chi si arrabatta, scienziati che guardano al progresso e accademici che custodiscono gelosamente il passato, predicatori senza morale, moralisti disposti a tutto, e donne che con coraggio e determinazione tentano di disegnarsi un futuro diverso da quello che la società ha già scritto per loro» Guido Quarzo e Anna Vivarelli 
Con Gabbie il catalogo di uovonero si tinge ancora di giallo, dopo il grande successo del Mistero del London Eye, bestseller di Siobhan Dowd, Premio Andersen nel 2012, e Il mistero del Guggenheim, di Robin Stevens (da un'idea di Siobhan Dowd). Il libro, come tutta la narrativa pubblicata dalla casa editrice, è in alta leggibilità e fa un ulteriore passo in avanti in termini di accessibilità. A partire da questo romanzo nasce infatti una collaborazione con Emons per realizzare audiolibri ascoltabili dall’app tramite un QRcode inserito nel libro cartaceo.

Gli autori
Anna Vivarelli e Guido Quarzo sono due tra i più affermati e apprezzati autori per ragazzi italiani, noti sia per la loro produzione individuale sia per i libri (tredici) scritti a quattro mani. Insieme hanno vinto il Premio Cento nel 1996 con Amico di un altro pianeta e il Premio Battello a Vapore nel 1997 con La coda degli autosauri (Piemme). Nel 2019 La danza delle Rane (Editoriale Scienza) è stato finalista al premio Strega Ragazze e Ragazzi e al Premio Cento e nel 2021 La scatola dei sogni (Editoriale Scienza) finalista al Premio Campiello Junior e al Premio Cento. Sono entrambi vincitori del Premio Andersen come migliori autori: Quarzo nel 1995 e Vivarelli nel 2010.

«Il primo lavoro che abbiamo scritto a quattro mani è stato un testo teatrale piuttosto impegnato (e impegnativo), intitolato Uomo nero verde blu, nel 1994. Non è un caso che sia stato un lavoro di teatro, perché in effetti Anna e io ci siamo conosciuti e abbiamo cominciato a lavorare insieme proprio nell'ambito teatrale […]
Scriviamo tutto insieme, sempre, dalla prima riga all'ultima, perfino i ringraziamenti. Più precisamente, riscriviamo correggendo e modificando l'uno le pagine dell'altra…» Guido Quarzo e Anna Vivarelli, intervista di Anselmo Roveda su Andersen n. 378, dicembre 2020

L'illustratore
Peppo Bianchessi, nato a Crema nel 1967, è autore e illustratore di libri per bambini. Ha pubblicato in Giappone e in Italia e come illustratore ha collaborato con Roberto Piumini, Anna Vivarelli, Ekuni Kaori, Tsuji Hitonari e altri grandi autori. Si occupa principalmente di arte e comunicazione e negli ultimi anni ha realizzato corsi di scrittura creativa per le scuole, diversi video musicali e spettacoli multimediali come sceneggiatore e regista. Il suo sito è www.peppo.net

La Casa Editrice
uovonero
Fondata nel 2010 a Crema da Enza Crivelli, Lorenza Pozzi e Sante Bandirali, uovonero è una casa editrice di libri inclusivi, ad alta leggibilità, che promuovono una cultura della diversità e si propongono di rendere la lettura un diritto di tutti, con la consapevolezza e la convinzione che i libri possano cambiare la vita in momenti come l’infanzia e l’adolescenza. 

L'articolazione delle collane descrive il progetto editoriale della casa editrice: libri con rinforzi comunicativi, che utilizzano strumenti di CAA (comunicazione aumentativa e alternativa), per bimbi in età prescolare o con difficoltà cognitive in simboli PCS (pesci parlanti) o versioni in simboli WLS di celebri albi illustrati (i libri di Camilla); saggi sull'autismo (i raggi); albi illustrati, libri di narrativa che aiutano gli altri a capire e ad accettare chi è diverso (i geodi); libri di narrativa ad alta leggibilità che affrontano il tema della dislessia in modo attento ma leggero e divertente (abbecedanze). E una collana di giochi per divertirsi e imparare, nel rispetto delle diversità e della collaborazione non competitiva (altrimenti).

La casa editrice ha scoperto – e tradotto – talenti come Siobhan Dowd, Lynda Mullaly Hunt, Henry Winkler, Pietro Albì, Pam Smy, Emma Shoard, Francesca Corso, Giovanni Colaneri. Fra i titoli di maggior successo, Il mistero del London Eye, di Siobhan Dowd, Premio Andersen 2012, Una per i Murphy, di Lynda Mullaly Hunt, Vincitore Premio Strega Ragazze e Ragazzi 2020, Il riscatto di Dond, di Siobhan Dowd, Finalista Premio Strega Ragazze e Ragazzi 2016, Un pesce sull’albero, di Lynda Mullaly Hunt, Finalista Premio Andersen 2016, Vincitore dello Schneider Family Book Award 2016, Vincitore del Premio Cento 2017. Nel 2018 uovonero ha contribuito alla nascita dell’Associazione degli Editori Indipendenti (ADEI), di cui è parte attiva, come membro del Consiglio Direttivo. 

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Billy che non esiste

storiegirandole.it -  27 ottobre 2022 

Pam Smy ha la capacità di narrare la vita usando la suspance e il thriller.

In Il nascondiglio, tradotto da Sante Bandirali e editato da uovonero, riesce a creare tensione e paura  intorno a una storia di violenze domestiche. E lo fa senza banalizzare. Come in Thornill (http://www.uovonero.com/catalogo/i-geodi/558-thornhill) il racconto è affidato alla parola e alle immagini. Se in Thornill la parte iconica narrava una storia e la parte della parola scritta ne narrava un’altra che pur con la prima si intrecciava, in Il nascondiglio il rapporto tra parte iconica e quella della parola è diverso.

Quando siamo con Billy le figure narrano i luoghi e i personaggi, quando siamo con la madre Grace, non ci sono figure; forse non a caso.

Billy è stanco di farsi piccolo, piccolo e di cercare di non esistere per non scatenare le violenze del compagno della madre. Vorrebbe tornare a prima, quando erano solo loro due, felici, sorridenti e con la casa sempre in disordine per il tanto giocare. Ora non più. Anche Grace vorrebbe, ma è immobilizzata dalla paura e dall’incapacità di reagire; a volte si chiede come sia potuto accadere tutto questo. Jeff il suo compagno, quello che l’ha salvata e ha accolto lei e il suo piccolo si è rivelato una persona ossessiva, violenta  e maniaca dell’ordine e del controllo.

Billy ha tredici anni e non ne può più. Decide di scappare e di nascondersi in un vecchio bunker la cui apertura è nascosta da fitte edere e dà sul cimitero.

È il 30 ottobre, presto sarà Halloween; forse il cimitero sarà, come sempre luogo di scorribande. A lui non importa. Ben nascosto nessuno lo noterà. Ma le cose non andranno come spera. Uno strano vecchio che si aggira tra le tombe con forbici per potare e stracci per pulire lo vede subito ma decide di aiutarlo e di lasciarlo nascosto per un paio di giorni; dice anche che, di lì a qualche giorno, ci sarà un evento e che lui sta preparando, ma Billy non capisce di cosa parli.

Una compagna di scuola curiosa, vede la luce delle candele nel bunker e vi si intrufola; la sua presenza, anche se inizialmente non gradita, e la sua vicinanza saranno fondamentali per Billy.

La  madre di fronte alla scomparsa del figlio prende coraggio e si rivolge ai vicini – che non si gireranno dall’altra parte e l’aiuteranno – e alla polizia.

Il nascondiglio è uno splendido  romanzo a lieto fine,  pieno di concetti importanti.

La durezza delle violenze sulle donne che l’autrice racconta senza censure è mitigata dalla tenerezza di quel mondo di trapassati cui il vecchio stava preparando uno spazio pulito e curato per facilitare l’incontro che avviene ogni due novembre. Quei trapassati che ci portiamo dietro in quanto umanità e che Smy racconta attraverso la narrazione illustrata e le lapidi sulle quali si sofferma Billy.

di Carla Colussi

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Un libro ad alta leggibilità per ragazzi: "La più bella nuotata della mia vita"

Il Terzo News - 1 novembre 2022

Un giorno, dopo anni di insegnamento ad allievi con bisogni speciali, Anne Becker ha deciso di scrivere un romanzo ad alta leggibilità il cui protagonista Jan è un ragazzo dislessico. La casa editrice Uovonero grazie alla traduzione dal tedesco di Claudia Valentini con il supporto del Goethe Institut ha deciso di pubblicarlo ed ora è disponibile in tutte le librerie e online
Jan ha la passione per il nuoto ed è anche il più bravo della squadra. Quando non si allena in piscina ama nuotare in un lago vicino a casa, da solo. Nuotare lo rende libero e gli fa dimenticare le difficoltà a scuola, sopratutto emotive, nel dover affrontare la lettura ad alta voce in classe. Ne è terrificato e ad accentuare questa paura c’è Florentine (Flo) la sua vicina di casa di cui si è innamorato…

Anne Becker è riuscita a creare un romanzo delicato, attento ai pensieri dei ragazzi e alle loro difficoltà, indicando loro la strada e le soluzioni per affrontarle e superarle. Un libro di facile lettura alternato a grafici e schemi che riproducono il diario di Flo. E, se gli adulti spesso nella letteratura per giovani sono distanti, qui diventano partecipi e dialogano, capiscono e aiutano. Sia che siano i genitori o la terapeuta o l’allenatore di nuoto.

In “La più bella nuotata della mia vita” Anne Becker lascia trapelare tutta la sua esperienza pedagogica, fortificata negli anni di insegnamento all’Università di Heidelberg in Germania.
Vincitrice di numerosi premi per i precedenti romanzi brevi Anne riesce con semplicità ad entrare nel mondo degli adolescenti in cui coesistono contrastanti sentimenti dei primi amori e le prime difficoltà relazionali, complicate talvolta il bullismo e dai i risultati scolastici.

Anne trova attraverso il suo romanzo le soluzioni ai problemi. Dà l’esempio e insegna ad uscire fuori dalle difficoltà anche attraverso l’aiuto degli adulti che diventano così complici dei futuri successi dei ragazzi.

di Sara Cacciarini

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“Nidi dell’uovonero”, una rete di librerie per la lettura accessibile a tutti

In Terris - 31 ottobre 2022

Leggere è un diritto di tutti, ma non tutti leggono allo stesso modo. La lettura può avvenire con modalità e supporti diversi in base all’età, per via di difficoltà cognitive o di disturbi dello spettro autistico. La diversità e la neurodiversità non sono un vero ostacolo, se pensiamo a come farle entrare in contatto e unirsi a quelle situazioni che consideriamo, comunemente, “normali”. Da più di dieci anni la casa editrice cremasca uovonero ha scelto di percorrere la strada dell’inclusione pubblicando testi ad alta leggibilità e volumi illustrati alla portata davvero di tutti i lettori. Per raggiungere e sensibilizzare un pubblico sempre maggiore e scardinare stereotipi sulle neurodiversità e sull’autismo, ha lanciato il progetto “Nidi dell’uovonero”: formare una rete di librerie autism-friendly che facessero sentire i giovani e giovanissimi con problemi di autismo a proprio agio. L’obiettivo dell’iniziativa era quello di avere una libreria in ogni regione, i numeri invece sono – per fortuna – ben altri.

L’intervista

Per conoscere meglio la storia di uovonero, il suo progetto editoriale, le sue collane di libri e come sta andando il progetto dei “nidi”, Interris.it ha intervistato uno dei co-fondatori, insieme a Enza Crivelli e Lorenza Pozzi, il musicologo Sante Bandirali.

Come e in quale contesto editoriale nasce uovonero?

“L’idea del progetto l’abbiamo avuta nel 2008, ci siamo presi del tempo per studiarlo e nel 2010 siamo partiti ufficialmente. In quel periodo c’erano già case editrici che pubblicavano libri ad alta leggibilità, ma alcune aree rimanevano scoperte e abbiamo pensato di inserirci lì con un progetto editoriale imperniato su libri accessibili, come i libri in simboli, e di buona qualità che fossero adatti e in grado di essere condivisi da tutti i bambini. Per noi era importante che anche in Italia si cominciasse a parlare di autismo e neurodiversità nel modo corretto, scardinando degli stereotipi e mettendo l’accento sull’importanza delle percezioni sensoriali nell’autismo. Enza Crivelli è una pedagogista clinica e lavora da tempo con i simboli della Comunicazione aumentativa alternativa come quelli Pcs (Picture Communication System), dei pittogrammi molto semplici, e Wls (Widgit Literacy Symbols), che contengono invece qualche elemento in più, e desiderava che i bambini che seguiva, come quelli che presentavano disturbi dello spettro autistico, potessero trovare dei libri adatti a loro. Per qualche anno la nostra produzione era in traduzione, fortunatamente poi abbiamo trovato anche della narrativa italiana in linea con il nostro progetto.  Pubblichiamo anche saggistica, tutto edito già all’estero ma non ancora in Italia, e il primo libro è stato un testo di riferimento sulla tematica dell’autismo, ‘Le percezioni sensoriali nell’autismo e nella sindrome di Asperger’ di Olga Bogdashina”.

Ci può illustrare in cosa consiste il vostro progetto editoriale?

“Per spiegare com’è articolato ricorro alla metafora dell’uovo. Il ‘tuorlo’, il nucleo di uovonero, sono i libri accessibili e ad alta leggibilità, cioè con alcuni criteri grafici, editoriali e tipografici che possono andare dalla carta avoriata, che anche se colpita dalla luce non fa trasparire il testo stampato nella pagina successiva, e alla scelta di inserire una mappa dei personaggi come riferimento a cui poter ricorrere durante la lettura. Queste sono le collane Pesci parlanti e i Libri di Camilla, questi ultimi titoli già pubblicati da altri editori a cui diamo una nuova versione in simboli. Nel 2013 abbiamo inaugurato la collana Abbecedanze con la serie sulla dislessia ‘Hank Zipzer il Superdisastro’, scritta da di Henry  Winkler, meglio noto come Fonzie di ‘Happy Days,’ e ispirata alla sua infanzia, in cui si trasmette il messaggio positivo che la persona dislessica non è pigra o altro ma è colpita da questo disturbo dell’apprendimento. E dal 2021 tutti i nostri libri escono ad alta leggibilità. Dopo il tuorlo c’è l’albume, una sorta di cintura protettiva del nucleo. In questo caso, i libri parlano di diversità, di neurodivergenze, di condizioni particolari in cui si trovano i personaggi, per illustrare la bellezza e la ricchezza della diversità. Ne fa parte la collana i Geodi, albi illustrati per le fasce età 0-6 e 6-8 anni, romanzi in cui ci sono parti di sole illustrazioni o di solo testo e un graphic novel. Infine c’è il guscio dell’uovo, la parte solida, che è la competenza scientifica, seguita da Crivelli, che è anche responsabile di alcuni centri per l’autismo in Lombardia. I primi tre titoli che abbiamo pubblicato sono stati ‘Riccio Lino e le gommolose’, un albo illustrato in cui si racconta la storia di questo riccio che prima viene emarginato poi si rivela essere un eroe e un amico, la classica  ‘Cappuccetto rosso’ rivisitata in simboli PCS e in formato ®sfogliafacile, cioè con una sagomatura delle pagine che facilita lo sfoglio, e ‘Un’aliena nel cortile’, il primo saggio sulla situazione scolastica delle persone con autismo scritto da una persona autistica, Clare Sainsbury. Un testo molto rigoroso e preciso nel parlare delle difficoltà che si incontrano nelle varie fasce scolastiche, per cui l’autrice si è avvalsa di testimonianze e supporti scientifici. Così nel 2008 abbiamo pensato il progetto e così è partito, poi abbiamo dato vita ad Altrimenti, nel 2011, ed a Abbecedanze, nel 2013”.

Su cosa si incentra la collana “Altrimenti”?

“Si tratta di giochi e attività ludiche progettati per consentire di giocare anche ai bambini neurodivergenti, che hanno delle loro peculiarità che vanno prese in considerazione. Il primo di questa collana è stato ‘Kikkerville’, un gioco da tavolo che mette in risalto lo spirito di collaborazione e i punti di forza di tutti invece della competizione. I giocatori lanciano i dadi per spostarsi e muovono i segnalini, dalla forma di una ranocchia, in base al numero uscito. Si gioca da due a quattro giocatori, su un tabellone rotante che gira a ogni turno, e al giocatore spetta di superare delle prove grazie alla collaborazione degli altri. Si vince quando tutti arrivano alla fine del percorso. In seguito abbiamo pubblicato ‘Domino i verbi’ coi simboli, un domino dove c’è anche un libretto che mostra delle frasi semplici per aiutare i bambini a familiarizzare con i verbi”.

Cosa sono e per cosa sono stati pensati i quaderni di “Intanto faccio qualcosa”?

“In questo caso si tratta di una serie, non di una collana, che è nata, durante il primo lockdown, nel 2020, da un progetto di solidarietà digitale. I bambini che dovevano frequentare i centri di terapia si sono trovati chiusi in casa senza poter fare nulla di adatto a loro, così da marzo a giugno abbiamo pubblicato quotidianamente quattro diverse attività pensate per bambini con problemi dello spettro autistico. Il progetto è stato molto seguito e molte persone ci hanno chiesto come potevano avere quei materiali, per cui abbiamo pensato di realizzare una serie di activity book. E’ stata quindi una serie stimolata dal pubblico e dopo la prima tiratura abbiamo dovuto fare una ristampa”.

Come si realizza un libro in simboli?

“I libri in simboli sono destinati a bambini che ancora non sanno leggere o stanno muovendo i primi passi verso la lettura, così come possono andare bene anche per i bambini di origine straniera che già sanno leggere nella loro lingua e stanno imparando a farlo in italiano. Pcs e Wls sono due raccolte di simboli differenti tra loro. I Pcs sono dedicati alla comunicazione interpersonale, sono formati da icone che rimandano in modo diretto al significato e servono per realizzare tabelle di comunicazione per i vari contesti di vita. Li usiamo nella collana Pesci parlanti, dove con grande libertà plasmiamo i testi delle fiabe tradizionali intorno ai simboli. I Wls invece sono più per il supporto alla lettura di un testo preesistente, in questo caso l’uso dei simboli permette una migliore comprensione del testo”.

Come cambiano i bisogni dei piccoli lettori a cui vi rivolgete?

“I bambini si aspettano di essere trattati da bambini, non di essere ‘adultizzati’ o di venire ingannati. I bambini vogliono sapere le cose, anche le più scomode, e vogliono conoscere il mondo che li circonda,  altrimenti finiscono per essere sprovvisti per degli strumenti per capire quello che succede. Libri che tempo fa sembravano improponibili oggi hanno sempre più successo, sono sempre più desiderati e richiesti dai bambini e dai ragazzi stessi, che si sentono responsabilizzati”.

A quante librerie siete arrivati nella rete dei “Nidi dell’uovonero”?

“A inizio 2022 ci siamo domandati, dopo 12 anni di lavoro, se nel mondo editoriale si pensasse ancora che i libri in simboli siano prodotti di nicchia, quando in realtà sono per tutti i bambini. Il rischio è che questi testi non siano presentati in modo corretto ai lettori, così abbiamo ci siamo rivolti ai librai che conoscono i nostri temi e che erano formati sul come accogliere e comunicare con piccoli lettore con problemi di autismo che sono in cerca di un libro adatto a loro. Abbiamo voluto dare consapevolezza ai librai e creare luoghi che li facessero sentire a proprio agio e dessero loro un senso di protezione. L’obiettivo di partenza era quello di avere almeno una libreria per ciascuna regione, siamo a 94 librerie in 17 regioni. C’è stata una grande accoglienza in termini numerici e di calore umano, tanti librai hanno aderito a questo progetto e hanno seguito i corsi di formazione dedicati alla conoscenza dei libri e al funzionamento sensoriale della comunicazione delle persone neuro divergenti”.

di Lorenzo Cipolla

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Recensione di Gabbie su La Svolta

La Svolta - 29 ottobre 2022

Un omicidio, una frattura in seno alla comunità scientifica tra darwinisti e antidarwinisti, un ragazzo che sembra pazzo. Un giallo inquietante nella suggestiva cornice della Torino del 1879.

L’Accademia delle Scienze intende conferire un premio a Charles Darwin per i suoi studi sulla botanica, ma l’ambiente scientifico è fortemente diviso tra sostenitori e detrattori delle sue teorie evoluzioniste.

Nel Museo di Scienze Naturali, che fa parte del complesso di edifici, vive e lavora il nipote del direttore. Un ragazzo di 15 anni, dotato di un’intelligenza non comune, ma estremamente maniacale e abitudinario: le voci ovviamente corrono rapide e basta poco, per esempio il fatto che abbia trascorso alcuni anni nella Certosa di Colegno, il Regio Manicomio, perché venga etichettato come “il matto”.

Quando all’interno del museo vengono ritrovati i corpi di uno scienziato e di un gorilla dello zoo sarà un’occasione per lui di dimostrare il suo valore e le sue capacità incredibili.

«In una Torino di fine Ottocento, vediamo agire figure di emarginati che sopravvivono grazie a furti e sogni di riscatto, funzionari che, nella sicurezza dei propri ruoli, disprezzano chi si arrabatta, scienziati che guardano al progresso e accademici che custodiscono gelosamente il passato, predicatori senza morale, moralisti disposti a tutto, e donne che con coraggio e determinazione tentano di disegnarsi un futuro diverso da quello che la società ha già scritto per loro» spiegano gli autori Guido Quarzo e Anna Vivarelli.

I due scrittori riescono a rievocare con efficacia un pezzo di Storia italiana, raccontandone i conflitti e le complessità, a partire dal delicato rapporto tra Chiesa e Scienza. D’altronde il titolo parla da sé: Gabbiele gabbie fisiche, come i cancelli del manicomio, ma anche quelle immateriali, frutto di convenzioni e pregiudizi che ostacolano le spinte innovative e le istante sociali del tempo. Il tutto al ritmo serrato e incalzante delle indagini condotte da Stefano, in un romanzo che ha le carte in regola per andare oltre la semplice soluzione del mistero.

di Caterina Tarquini

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Recensione di Mostraci chi sei su Liber

Liber 135

Mostraci chi sei è l’opera seconda di Elle McNicoll; anche il suo primo romanzo, Una specie di scintilla, era stato pubblicato da Uovonero. La giovane autrice scozzese, neurodivergente, prosegue nel suo intento di dare voce a personaggi che, come lei, hanno un funzionamento cognitivo non tipico, in modo che i lettori possano avvicinarsi a questa realtà, liberandola da stereotipi e false convinzioni. La protagonista di questa storia ha dodici anni, si chiama Cora e da un anno ha perso la madre a causa di una grave malattia. Suo fratello maggiore, Gregor, lavora al Melograno, un istituto che si occupa di Intelligenza Artificiale. Una sera, a una festa dell’azienda, Cora incontra Adrien, il figlio del titolare e tra i due ragazzi nasce un’amicizia spontanea quanto intensa. Cora e Adrien sanno trovare i legami che uniscono le loro due storie al di là delle differenze sociali e quotidiane. Se è vero che Adrien è molto ricco e Cora vive in un quartiere popolare, è altrettanto vero che entrambi hanno sperimentato su di sé che cosa significhi essere diversi. Il ragazzo ha la sindrome ADHD e ha lasciato la scuola per quegli episodi di violenza psicologica, da parte di compagni e adulti, contro i quali Cora continua invece a battersi ogni mattina. L’amicizia tra i due porterà Cora a conoscere il vero oggetto di interesse dell’azienda, ovvero la creazione di ologrammi a scopo ricreativo, per far vivere a tutti la possibilità di trascorrere alcuni momenti con le proprie star preferite o con i cari che non ci sono più. Al di là dell’aura da benefattori, però, gli ingegneri del Melograno nascondono intenti molto meno nobili e l’attenzione che mostrano verso la giovanissima Cora è tutt’altro che disinteressata: ci vorranno l’amicizia di Adrien e una buona dose di coraggio per sottrarsi al pericolo, attraverso una serie di colpi di scena. Perché Cora e Adrien l’hanno capito: sarà un momento oscuro quello in cui affideremo alla tecnologia il compito di decidere chi è giusto e chi è sbagliato.

di Matteo Biagi

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Via alla prima rete di librerie “autism-friendly” d’Italia

The Parallel Vision - 25 ottobre 2022

 

Il progetto di accessibilità alla lettura voluto dalla casa editrice uovonero è ufficialmente partito e già conta sulla partecipazione di oltre 90 librerie dislocate in tutta Italia

È terminato il ciclo di formazione che l’editore uovonero ha riservato ai librai e alle libraie desiderosi di diventare competenti sui temi dell’inclusione e dell’accessibilità alla lettura.

Incontri formativi che hanno consentito alle librerie di diventare nidi dell’uovonero, luoghi capaci di dedicare un’attenzione specifica anche a chi presenta modalità di funzionamento atipico.

Librerie speciali, “autism-fiendly”, in cui ognuno potrà trovare il libro alla sua portata e sentirsi al sicuro, ascoltato e capito.

Il progetto nidi dell’uovonero

Nidi sono un progetto della casa editrice uovonero, con sede a Crema, che dal 2010 pubblica libri accessibili con l’obiettivo di rendere la lettura un piacere e un diritto di tutti.

uovonero è la prima realtà editoriale a introdurre nel mercato italiano i libri in simboli, costantemente dedita alla pubblicazione di volumi che stimolano l’incontro e la curiosità verso l’altro.

L’obiettivo principale è quello di aumentare la consapevolezza e la conoscenza dei librai su questi temi e di sostenerli nel rapporto con i potenziali lettori, che sono numerosi e di tante tipologie differenti.

Più di 90 i nidi dell’uovonero in tutta Italia

Sono oltre 90 le librerie dislocate tra nord e sud Italia che possono definirsi nidi dell’uovonero.

Spazi intimi ma anche di condivisione per tutti quei bambini e ragazzi.

Ma anche per genitori, educatori e terapisti, quotidianamente alle prese con ostacoli di vario tipo alla lettura. 

Librerie specializzate in editoria per ragazzi e librerie generaliste, librerie di città e librerie di piccoli comuni di provincia.

Librerie indipendenti e librerie appartenenti a catene, giovanissime o storiche.

“Libreria un luogo di scambio e incontro”

Come Centostorie e come capofila del Circuito Cleio abbiamo aderito con grande entusiasmo all’iniziativa” ha detto Antonella De Simone, libraia di Centostorie a Roma.

Come libreria di periferia che lavora in un territorio complesso come Centocelle a Roma, l’idea che la letteratura per bambini sia per tutti ha fatto parte del nostro bagaglio fin da principio“.

Perciò la convinzione che questo nostro posto e le altre librerie del circuito possano essere un luogo di incontro, scambio e intersezione fra le diversità e che si possa davvero essere alla portata di tutti ci ha trovato completamente d’accordo“.

Librerie a Roma: I nidi dell’uovonero

  • Lotta Libreria – Via Francesco Bartolomeo Rastrelli 187
  • Libreria Nuova Europa c/o I Granai – Via Mario Rigamonti 100
  • Eco di Fata – Via Michelangelo Tamburini 10
  • La Maratonda – Via Fonteiana 1
  • A Tutto Libro – Via Trionfale 8245
  • Libreria Piantaparole – Via Giulio Frascheri 73
  • La Libreria Erickson – Viale Etiopia 20/a
  • L’Ora di Libertà – Via delle Acacie 13a
  • Centostorie Libreria per Bambini – Via delle Rose 24

Cosa troverete nei nidi dell’uovonero

  • Libraie e librai formati sui temi dell’accessibilità alla lettura, pronti a dialogare con i loro potenziali lettori adottando le opportune modalità di comunicazione
  • Ambienti inclusivi e confortevoli
  • Un vasto assortimento di libri con rinforzi comunicativi, in simboli e ad alta leggibilità, adatti a tutti i bambini, anche a quelli con varie difficoltà comunicative
  • Albi illustrati e libri di narrativa che aiutano ad aprirsi e a dialogare con la diversità
  • Libri di narrativa ad alta leggibilità che affrontano il tema della dislessia in modo attento ma leggero e divertente
  • Occasioni di scambio, laboratori e incontri con gli autori 
  • Momenti formativi sulle tematiche legate all’accessibilità della lettura

 

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“Nidi dell’uovonero”, la prima rete italiana di librerie autism-friendly

La difesa del popolo - 13 ottobre 2022

Libraie e librai formati sui temi dell’accessibilità alla lettura, pronti a dialogare con i loro potenziali lettori adottando le opportune modalità di comunicazione. Ambienti inclusivi e confortevoli. Un vasto assortimento di libri con rinforzi comunicativi, in simboli e ad alta leggibilità, adatti a tutti i bambini, anche a quelli con varie comunicative. Albi illustrati e libri di narrativa che aiutano ad aprirsi e a dialogare con la diversità. Libri di narrativa ad alta leggibilità che affrontano il tema della dislessia in modo attento ma leggero e divertente. Occasioni di formazione, laboratori e incontri con gli autori. È terminato il ciclo di formazione che l’editore Uovonero ha riservato ai librai e alle libraie desiderosi di diventare competenti sui temi dell’inclusione e dell’accessibilità alla lettura. Incontri formativi che hanno consentito alle librerie interessate di diventare “Nidi dell’uovonero”, ovvero luoghi capaci di dedicare un’attenzione specifica anche a chi presenta modalità di funzionamento atipico. Librerie speciali, “autism-fiendly”, in cui ognuno potrà trovare il libro alla sua portata e sentirsi al sicuro, ascoltato e capito.

I Nidi sono un progetto della casa editrice Uovonero, la prima realtà editoriale a introdurre nel mercato italiano i libri in simboli, nata a Crema nel 2010 con l’obiettivo di rendere la lettura un piacere e un diritto di tutti. Forte della sua decennale esperienza nello sviscerare argomenti connessi ai disturbi del neurosviluppo, Uovonero ha reso possibile la creazione dei Nidi offrendo gratuitamente alle librerie interessate corsi di approfondimento sui libri accessibili, una formazione ad hoc sulle caratteristiche sensoriali e di funzionamento delle persone autistiche, sulle modalità di comunicazione con loro, e una serie di strumenti che impiegano i simboli della CAA (Comunicazione aumentativa alternativa).

“Per primi in Italia abbiamo creduto nel bisogno di pubblicare albi illustrati con testo in simboli e altre tipologie di libri accessibili, per estendere il piacere e il diritto di leggere anche a bambine e bambini che hanno qualche difficoltà a farlo – spiega Sante Bandirali, editore di Uovonero –. In questo “anche” risiede tutta la nostra filosofia, perché significa progettare libri destinati a ogni bambino. Crediamo che sia venuto il momento di collaborare più da vicino con le libraie e i librai, che sono coloro che hanno il compito di far arrivare i libri ai lettori, fornendo loro una conoscenza approfondita di questi libri, che non sono né strumenti di terapia né “libri speciali per bambini speciali” ma semplicemente libri per tutti i bambini”.

A oggi sono già oltre 90 i Nidi dell’uovonero lungo tutto l’arco delle Penisola. Il panorama è variegato, si va dalle librerie specializzate in editoria per ragazzi a quelle generaliste, dalle librerie di città a quelle dei piccoli comuni di provincia, ci sono librerie indipendenti o appartenenti a catene, librerie giovanissime e librerie storiche. In altre parole, come fanno sapere i promotori del progetto, si tratta di “una comunità di librerie trasversale e rappresentativa di tante realtà territoriali diverse, che d’ora in avanti assicureranno un’attenzione specifica anche ai lettori con modalità di funzionamento atipico, suggerendo libri belli e adatti alle loro esigenze. Veri e propri nidi in cui ognuno potrà sentirsi al sicuro, ascoltato e capito”.

“Come Centostorie e come capofila del Circuito Cleio abbiamo aderito con grande entusiasmo all'iniziativa – racconta Antonella De Simone, libraia di Centostorie –. Ci abbiamo creduto proprio perché sentiamo che questo editore fa parte della nostra storia. Come libreria di periferia che lavora in un territorio complesso come Centocelle a Roma, l'idea che la letteratura per bambini sia per tutti ha fatto parte del nostro bagaglio fin da principio. Perciò la convinzione che questo nostro posto e le altre librerie del circuito possano essere un luogo di incontro, scambio e intersezione fra le diversità e che si possa davvero essere alla portata di tutti ci ha trovato completamente d'accordo. Inoltre, la possibilità di essere formati dall’editore, di poter raccontare al meglio ai clienti un progetto bello e articolato, come quello di Uovonero, ci ha dato una spinta ulteriore all'adesione”.

“Abbiamo aderito con entusiasmo ai Nidi dell'uovonero, crediamo sia una proposta che arricchisce la nostra libreria, la nostra professionalità e allarga e rafforza l'idea concreta di accessibilità ai libri per tutti, che da sempre ci sta a cuore – sottolinea Andrea Bertelli, libraio di La Gang del Pensiero, Torino –. Anche la creazione di una rete di librerie in tutta Italia, riconoscibili e impegnate su questo argomento, ci è piaciuta molto. Sono diversi anni che la nostra libreria collabora con l'editore Uovonero, soprattutto in occasione delle edizioni del Salone del Libro, e abbiamo conosciuto e apprezzato sempre di più il loro lavoro e il loro progetto basati su alcuni valori che secondo noi li rendono unici nel panorama editoriale italiano: innanzitutto la competenza, su temi non semplici e delicati come le neurodivergenze, l'autismo e in generale tutte quelle difficoltà che possono sorgere nell'avvicinarsi a un libro, a una storia; in secondo luogo l'attenzione dedicata alla qualità dei libri che pubblicano, sempre alla ricerca di storie, illustratori e materiali che esprimano un'opportunità per tutti di avvicinarsi a qualcosa di bello oltre che di fruibile; e infine ci piace molto il loro impegno nel cercare di allargare sempre di più la platea dei lettori dei loro libri, evitando il rischio di diventare editori troppo specializzati e di nicchia, e cercando di smontare luoghi comuni e pregiudizi con un grande lavoro di comunicazione. I libri di Uovonero sono belli, sono per tutti e far parte della rete dei Nidi dell’uovonero sarà sicuramente un'esperienza di crescita e arricchimento per la nostra libreria”. 

di Antonella Patete

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LEGGIAMO PER I PICCOLI: NASCONO I NIDI DELL’UOVONERO, PRIMA RETE DI LIBRERIE INCLUSIVE

Icrew Play - Libri - 20 ottobre 2022

Al via da ottobre l’iniziativa i nidi dell’Uovonero, casa editrice di Crema che, dal 2010 pubblica libri accessibili con l’obiettivo di rendere la lettura un piacere e un diritto di tutti. Una pioniera di questi temi, la prima realtà editoriale a introdurre nel mercato italiano i libri in simboli, costantemente dedita alla pubblicazione di volumi che stimolano l’incontro e la curiosità verso l’altro.

Ma in cosa consiste questa iniziativa e chi partecipa? Vediamolo insieme!

I nidi dell’Uovonero

Sante Bandirali, editore di Uovonero, afferma in questo commento la necessità nuova di espandere la cultura inclusiva e la lettura come un diritto di tutti, specialmente per chi soffre di disturbi del neuro-sviluppo, come per esempio l’autismo e la dislessia:

Per primi in Italia abbiamo creduto nel bisogno di pubblicare albi illustrati con testo in simboli e altre tipologie di libri accessibili, per estendere il piacere e il diritto di leggere anche a bambine e bambini che hanno qualche difficoltà a farlo. In questo “anche” risiede tutta la nostra filosofia, perché significa progettare libri destinati a ogni bambino.

Crediamo che sia venuto il momento di collaborare più da vicino con le libraie e i librai, che sono coloro che hanno il compito di far arrivare i libri ai lettori, fornendo loro una conoscenza approfondita di questi libri, che non sono né strumenti di terapia né “libri speciali per bambini speciali” ma semplicemente libri per tutti i bambini.

Già da ottobre, in quasi tutta Italia, saranno più di 90 le librerie autism-friendly, che metteranno a disposizione una vasta scelta di testi ad alta leggibilità, in cui ognuno potrà trovare il libro alla sua portata e sentirsi al sicuro, ascoltato e capito. Librerie specializzate in editoria per ragazzi e librerie generaliste, librerie di città e librerie di piccoli comuni di provincia; librerie indipendenti e librerie appartenenti a catene, librerie giovanissime e librerie storiche; e ancora librerie premiate, come la Baobab di Porcia e la Farollo e Falpalà di Firenze, vincitrici del prestigioso Gianna e Roberto Denti, assegnato ogni anno da Aie e dalla rivista Andersen alla migliore fra le librerie per bambini e ragazzi d’Italia.

Oltre ai testi, questi luoghi saranno dei veri nidi, posti in cui rifugiarsi e ricevere finalmente un’attenzione specifica con suggerimenti personalizzati sulle esigenze di ogni singolo bambino o bambina. Ma come è stato reso possibile questo progetto?

La formazione mirata su inclusione e accessibilità alla lettura

Al fine di rendere questi nidi dell’Uovonero speciali e competenti, la casa editrice, con una decennale esperienza nello sviscerare argomenti legati a questi disturbi, ha reso possibile la creazione del progetto.

Uovonero ha offerto gratuitamente alle librerie interessate corsi di approfondimento sui libri accessibili, una formazione ad hoc sulle caratteristiche sensoriali e di funzionamento delle persone autistiche, sulle modalità di comunicazione con loro, e una serie di strumenti che impiegano i simboli della CAA (come specifiche tabelle di comunicazione), che permettono di rendere davvero la libreria un ambiente inclusivo e aperto a tutti.

L’obiettivo principale è quello di aumentare la consapevolezza e la conoscenza dei librai su questi temi e di sostenerli nel rapporto con i potenziali lettori, che sono numerosi e di tante tipologie differenti. Dopo il percorso di formazione mirato, gli oltre 90 nidi potranno spiccare il volo e accogliere tutti i lettori, anche quelli che, per svariati motivi, faticano ad affrontare un testo scritto. L’elenco dei nidi dell’Uovonero è consultabile in una sezione apposita del sito della casa editrice. Il numero delle librerie aderenti è in costante crescita e aggiornamento.

Per vedere questa realtà più da vicino, ho conosciuto una delle librerie indipendenti che ha aderito con entusiasmo al progetto.

La libreria Axolotl: storie e giochi per educare

La libreria Axolotl, che prende il nome da un piccolo animale messicano a rischio d’estinzione, è una libreria indipendente della provincia di Torino specializzata nelle letteratura per l’infanzia. Si tratta di una realtà rara al giorno d’oggi, un piccolo gioiello accogliente ed entrando si respira aria di casa, di coccole, di ascolto e di sorrisi.

La libreria, gestita da Vanessa, Simona, Aldo e Silvio, punta a diventare luogo di riferimento e bottega di qualità e inclusione dove imparare e sperimentare attraverso l’occhio curioso dei nostri bambini. Oltre alle letture, ad Axolotl potrai trovare giochi e materiali educativi, uno spazio dedicato ai prodotti artigianali, un’area attrezzata con fasciatoio e poltrona per le mamme che devono allattare e cambiare i piccoli, oltre ad incontri e laboratori per tutta la famiglia. Ma Axolotl ha fatto molto di più: è una libreria entrata a far parte delle rete di Nidi dell’Uovonero, diventando speciale nell’attenzione specifica verso quei lettori con modalità di funzionamento atipico.

Axolotl Libreria sceglie di aderire al progetto dei nidi dell’Uovonero perché vogliamo poter rendere la lettura e il libro accessibile per tutti. Accogliamo in libreria bambini e bambine a cui va data un’attenzione maggiore e desideriamo che si sentano a loro agio quando varcano la soglia della nostra libreria. Desideriamo che possano trovare libri che li aiutino a sentirsi competenti; desideriamo anche aiutare e guidare educatori, genitori, insegnanti nella proposta di libri nuovi, pensati e studiati per abbattere le barriere e rendere la lettura accessibile in classe.

di Sonya Gatto

Librerie inclusive e accessibili: nascono i nidi dell’uovo nero

Corriere Nazionale - 21 ottobre 2022

Fanno la loro comparsa su e giù per l’Italia i nidi dell’uovonero: una rete di librerie accessibili e inclusive, vere e proprie oasi di accoglienza in cui tutti potranno trovare il titolo e il suggerimento adatto, grazie alla presenza di libraie e librai specificamente formati. Librerie speciali che offrono un vasto assortimento di testi ad alta leggibilità, in simboli, con rinforzi comunicativi o per chi ha difficoltà cognitive, e possiedono gli strumenti e le conoscenze utili per relazionarsi in modo adeguato con tutti coloro che faticano ad avvicinarsi ai libri, alle letture, alle storie.

I nidi dell’uovo nero sono un progetto della casa editrice uovonero, con sede a Crema, che dal 2010 pubblica libri accessibili con l’obiettivo di rendere la lettura un piacere e un diritto di tutti. Una pioniera di questi temi, la prima realtà editoriale a introdurre nel mercato italiano i libri in simboli, costantemente dedita alla pubblicazione di volumi che stimolano l’incontro e la curiosità verso l’altro.

Forte della sua esperienza ultra ventennale nello sviscerare argomenti connessi ai disturbi del neuro-sviluppo, quali l’autismo e la dislessia, uovonero ha reso possibile la creazione dei nidi offrendo gratuitamente alle librerie interessate corsi di approfondimento sui libri accessibili, una formazione mirata sulle caratteristiche sensoriali e di funzionamento delle persone autistiche, sulle modalità di accoglienza e di relazione con loro, e una serie di strumenti comunicativi che impiegano i simboli della CAA (come specifiche tabelle di comunicazione), che permettono di rendere davvero la libreria un ambiente inclusivo e aperto a chiunque.

L’obiettivo principale è quello di aumentare la consapevolezza e la competenza dei librai su questi temi e di sostenerli nel rapporto con i potenziali lettori, che sono numerosi e di tante tipologie differenti.

“Per primi in Italia abbiamo creduto nel bisogno di pubblicare albi illustrati con testo in simboli e altre tipologie di libri accessibili, per estendere il piacere e il diritto di leggere anche a bambine e bambini che hanno qualche difficoltà a farlo. In questo “anche” risiede tutta la nostra filosofia, perché significa progettare libri destinati a ogni bambino. Crediamo che sia venuto il momento di collaborare più da vicino con le libraie e i librai, che sono coloro che hanno il compito di far arrivare i libri ai lettori, fornendo loro una conoscenza approfondita di questi libri, che non sono né strumenti di terapia né “libri speciali per bambini speciali” ma semplicemente libri per tutti i bambini.” Sante Bandirali, editore uovonero

Più di 80 i nidi dell’uovo nero in tutta Italia

Sono già oltre 80 le librerie dislocate a nord e sud d’Italia che, in seguito alla formazione ricevuta, sono diventate nidi dell’uovo nero, ovvero punti di riferimento per tutti quei bambini e ragazzi, ma anche per genitori, educatori e terapisti, quotidianamente alle prese con ostacoli di vario tipo alla lettura.

Librerie specializzate in editoria per ragazzi e librerie generaliste, librerie di città e librerie di piccoli comuni di provincia; librerie indipendenti e librerie appartenenti a catene, librerie giovanissime e librerie storiche; e ancora librerie premiate, come la Baobab di Porcia e la Farollo e Falpalà di Firenze, vincitrici del prestigioso Gianna e Roberto Denti, assegnato ogni anno da Aie e dalla rivista Andersen alla migliore fra le librerie per bambini e ragazzi d’Italia.Una comunità di librerie trasversale e rappresentativa di tante realtà territoriali diverse, che d’ora in avanti assicureranno un’attenzione specifica anche ai lettori con modalità di funzionamento atipico, suggerendo libri belli e adatti alle loro esigenzeVeri e propri nidi in cui ognuno potrà sentirsi al sicuro, ascoltato e capito.

di CORNAZ

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Recensione di Breve storia di un lungo cane su #mozzafiato

 

#mozzafiato - 20 ottobre 2022

Trama:
 Anni Duemila, New York.
Hank Zipzer frequenta la seconda elementare. Ha una mente brillante e tanta fantasia, ma non va molto bene a scuola.
Il suo sogno più grande è avere un cane, ma la famiglia non è d’accordo: la mamma si interroga su chi si occuperà di lui, la sorella boccia la mozione ancor prima che venga proposta perché la famiglia Zipzer ha già un animale domestico, la sua iguana!, e il padre non reputa il figlio grande abbastanza per prendersi cura di un cane. Però… però viene fatta una proposta al piccolo Hank: se riuscirà a migliorare i voti in tutte le materie (in special modo la corretta scrittura delle parole), allora se ne potrà riparlare.
Hank si butta nello studio come mai prima di allora e, con l’aiuto degli amici, si maschera da squalo, fa compiti di spelling (che difficili!) e si impegna in matematica.
Arriva infine il gran giorno della pagella.
I voti saranno migliorati? Hank potrà finalmente prendere un cane? E se sì, sarà in grado di occuparsene?
Tra piccoli grandi disastri ed un aiuto inaspettato, Hank impara che…

Commento: Torno dopo anni a sentire un libro letto ad alta voce per me da altri. E dopo i racconti a letto della mia mamma, ecco che questa volta è toccato al mio Emanuele, che trionfante me lo ha portato a casa da scuola dicendo che la maestra glielo aveva assegnato e che doveva essere letto in un mese.
Appena lo vedo rimango sbalordita nel vedere l’autore, anche perché non avevo mai sentito nominare questo romanzo.
Henry Winkler? Proprio quell'Henry Winkler???? La risposta è sì. Si tratta davvero di Fonzie di Happy Days.
Io adoro Henry Winkler (per me è anche l’incredibile protagonista del film di Natale Un ospite a sorpresa del 2008). Lo reputo una persona stupenda, solare, aperta verso il mondo e la vita ed ho accolto questa lettura con entusiasmo.

Henry Winkler e la dislessia
Nel romanzo Henry Winkler ha riversato i problemi della sua infanzia. Da sempre, infatti, ha avuto difficoltà di apprendimento e grande fatica nell’imparare come si scrivono le parole (aveva molta difficoltà anche a leggere i copioni!). Solo a 31 anni, però, ha dato un nome a queste caratteristiche: dislessia.
Hank è una sorta di alter ego, quindi. Ma forse qualcosa di più. Un bimbo come lui, in un mondo migliore, che capisce le sue connessioni diverse nel cervello e le aiuta anziché prenderle in giro.
Significativo che il libro sia scritto negli Usa con un carattere ideato proprio per i dislessici (creato da un papà olandese per il figlio dislessico), e anche in Italia è scritto con un carattere e una grafica ad alta leggibilità.
In un’intervista del 2019 al Corriere della Sera Winkler ha detto: “Oggi, da padre di due figli dislessici, so che la cosa giusta da dire è: ‘Provaci al massimo delle tue possibilità e va bene così’”.
L’identico messaggio che passa attraverso il personaggio di Hank e la sua famiglia. Un messaggio forte, che cattura i giovani lettori e li spinge ad impegnarsi e a tuffarsi e poi… accada quel che accada!

 
Henry Winkler legge il primo capitolo di Breve storia di un lungo cane

Le serie di Hank
Breve storia di un lungo cane è il secondo volume della serie Vi presento Hank al momento composta da 12 volumi (di cui 4 finora tradotti in italiano) e che presenta Hank Zipzer in seconda elementare (quando il bimbo ha problemi di apprendimento ma non gli è stata ancora diagnosticata la dislessia). Sebbene temporalmente venga prima, in realtà è stata pubblicata dopo della serie con cui Hank Zipzer è divenuto famoso: Hank Zipzer il Superdisastro, composta da 17 volumi (di cui 10 attualmente tradotti in italiano), che ripercorrono le avventure di Hank in quarta elementare (e dove la famiglia è già consapevole della sua dislessia).

Imparare la responsabilità
La cosa che mi ha colpito di più del libro è stato quando Cheerio, il cane, appena arrivato a casa Zipzer, combina vari guai e Hank spiega alla madre che la colpa era stata sua, perché era stato lui a non mettere Hank nelle condizioni di agire correttamente.
Nel leggerlo Emanuele mi domanda: “Ma si prende lui la colpa, anche se il guaio lo ha fatto Cheerio?”.
Ebbene sì, in quella domanda, e nella conseguente risposta, c’è il primo seme sulla responsabilità e tramite queste pagine divertenti e buffe è indubbio che i più piccoli lo faranno piano piano germogliare. 
Complessivamente cosa posso dire di altro oltre al fatto che una volta terminato Emanuele mi ha chiesto di prendergli come regalo di compleanno i primi 4 libri della serie Vi presento Hank, con la speranza di iniziare poi la seconda serie? (cosa che io ovviamente ho fatto…).
 
Voto: 9 a Henry Winkler per essere se stesso, 9 all’idea, 8 al libro, 8 all’uovonero per aver portato in Italia questo piccolo grande gioiello (ma quanto è meglio Hank di Geronimo Stilton????), 8 alle illustrazioni di Giulia Orecchia, divertenti, buffe e adattissime al romanzo.

Stelle mozzafiato: ****

di Diletta Nicasto

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La distanza dei pesci #bookspot

Biblioteca DeAmicis Genova - 16 ottobre 2021

 

Segnalazione di Mostraci chi sei su Tutt'orecchi

Tutt'orecchi - podcast di ISMR - agosto 2022

a cura di Letizia Bolzani

 

Recensione di Anna e Anna su Azione

Azione - 17 ottobre 2022

Il secondo Anna è scritto come se fosse l’ombra del primo, perché (anche) di ombra tratta questo libro. Quello dell’ombra è un tema ricorrente in letteratura, e nella letteratura per l’infanzia in particolare. Qui la scrittura non dice tutto, affida alle illustrazioni il compito di integrarla, così che tutto diventi più lieve e simbolico, pur affrontando temi profondi. Anna è una bambina, come tante, ha cose che le piacciono tanto e altre poco (e le immagini ce le mostrano), con l’immaginazione diventa tante cose (che sempre le immagini ci mostrano), ma c’è una cosa che per lei è difficilissima da fare, ed è qui che le illustrazioni si fanno maggiormente evocative, perché sono loro soprattutto a far trapelare cos’è questa cosa difficilissima: è l’uscire fuori, lo stare in mezzo agli altri «fuori è tutto così appariscibile, dice Anna, dove c’è troppa luce mi sento inutile e sparisco». Ma un aiuto le verrà da un’amica che esiste solo dove c’è luce: la sua ombra. Sarà lei, l’ombra, parte di lei stessa, a darle coraggio e fiducia, a starle vicina, ricordando ad Anna, e ai lettori, che le risorse per affrontare i problemi sono già parte di noi. Così Anna potrà uscire dalla sua comfort zone in autonomia, incarnando lei stessa la fiducia della sua ombra, e potrà aprirsi agli altri, dando loro, a sua volta, aiuto e sostegno. Via via che Anna prende il coraggio di aprirsi agli altri, i due ambiti, quello circoscritto della casa, dove Anna sta nella sua rassicurante solitudine, e quello del «là fuori», dove ci sono gli altri, dove non tutto è controllabile, si fondono serenamente, e nell’ultima immagine vediamo Anna e la sua ombra felici, al parco giochi, insieme ad altri bambini.

di Letizia Bolzani

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La classifica di Arcipelago Kidz dai sette ai dodici anni

Maremosso Feltrinelli - 14 ottobre 2022

Non è facile cambiare casa, scuola e farsi dei nuovi amici, o meglio, cercare di non avere troppi nemici e riuscire a mantenere ben nascosto il proprio segreto. Jan, il protagonista di questo emozionante romanzo per ragazzi che coinvolge e diverte, sa che una sola cosa non è ancora cambiata: il suo problema con le parole, ovvero la dislessia. Ma la sua vicina di casa Flo, una ragazzina con i capelli rossi che alleva galline, creerà subito scompiglio in lui. Inizialmente distanti, tra Jan e Flo nascerà qualcosa di speciale e delicato e ognuno farà breccia nelle debolezze dell’altro

di Gisella Baseggio

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leggere è un diritto di tutti

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Creare libri speciali per dare a tutti i bambini, compresi quelli che hanno difficoltà di lettura di vario genere, il piacere di leggere e di condividere gli stessi libri.

Diffondere una cultura della diversità come ricchezza, che sappia stimolare curiosità e conoscenza anziché paura e diffidenza, per mezzo di albi illustrati, narrativa, giochi e saggi.

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contatti

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26013 Crema
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Promozione e distribuzione

I libri di uovonero sono promossi su tutto il territorio nazionale da Emmepromozione e distribuiti da Messaggerie Libri.

 
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Scuole 

uovonero organizza incontri di formazione per gli insegnanti e incontri e laboratori di vario genere per gli studenti.Vuoi saperne di più?