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cartadocente

Recensione di Un'aliena nel cortile

Autismo e disturbi dello sviluppo Vol. 10, n. 1, gennaio 2012


Clare Sainsbury
Un’aliena nel cortile
Piacenza, Uovonero, 2010, pp. 167

«Me ne sto in un angolo del cortile come al solito, il più lontano possibile dalle persone che potrebbero urtarmi o gridare, mentre fisso il cielo e sono assorta nei miei pensieri [...] ho incominciato a capire che sono diversa». Con queste parole Clare Sainsbury, autrice del libro Un’aliena nel cortile, introduce il lettore all’interno del proprio mondo intrapsichico, attraverso l’immagine di un ricordo vivo e indelebile legato al periodo della scuola, dal quale emergono il senso d’estraneità dal mondo che la circonda e il conseguente sentimento di solitudine provato in un ambiente che non comprende e con il quale non riesce a relazionarsi.
A questo proposito, il titolo del libro non lascia dubbi circa la sensazione di profondo isolamento provata dalla scrittrice (Clare ha la sindrome di Asperger) vivendo quotidianamente in un ambiente sociale e affettivo che non risponde alle esigenze e ai bisogni delle persone con autismo e che, ancora troppo spesso, non possiede o non utilizza strumenti conoscitivi e educativi adeguati per relazionarsi positivamente con questi individui.
La scrittrice nel primo capitolo evidenzia alcuni aspetti che caratterizzano la sindrome di Asperger, focalizzando l’attenzione sia sulla triade delle compromissioni (le persone con tale sindrome hanno problemi di interazione sociale e di relazione, difficoltà nella sfera della comunicazione e dell’immaginazione), sia descrivendo la presenza di ossessioni (interessi specifici) e di forme di ipersensibilità sensoriale (ad esempio, i forti rumori e/o il contatto fisico possono creare grave disagio perché vissuti come opprimenti e intollerabili).
L’autrice chiude questa prima parte del testo evidenziando l’importanza di una diagnosi precoce per le persone con sindrome di Asperger, sia per se stesse (perché possano dare un significato alla loro diversità), sia per tutti gli individui che sono chiamati a costruire una rete educativa e relazionale efficace per gli specifici bisogni di questi soggetti.
Nella parte centrale del libro, l’autrice descrive e approfondisce il modo di pensare e di comportarsi della persona con sindrome di Asperger, utilizzando esemplificazioni e fatti realmente accaduti all’interno della scuola, esprimendo con spirito critico il proprio modo di vedere «il mondo dei normali», che spesso ha aspettative irrealistiche o tenta, ingenuamente, di «aggiustare» la persona autistica («non siamo rotti», sostiene giustamente Clare), senza considerare quali siano effettivamente le capacità e le risorse da rafforzare.
Spesso, all’interno delle istituzioni, gli adulti sembrano perdere di vista la problematica centrale della persona con autismo, che consiste nel non riuscire a comunicare con gli altri vivendo, in tal modo, l’ambiente scolastico solo ed esclusivamente come contesto educativo e non sociale. Se non si tiene conto di quest’aspetto, aumenta esponenzialmente il rischio di interpretare in modo erroneo i comportamenti manifestati dalle persone con sindrome di Asperger, complicando fortemente la relazione con loro e l’apprendimento nell’ambito della classe.
A tal proposito, Clare riporta nel libro alcuni pensieri espressi da altre persone con sindrome di Asperger: «Avevo sempre paura che l’insegnante nemico cercasse di farmi partecipare al gruppo. Allora me ne stavo completamente in silenzio, oppure mormoravo qualcosa di incomprensibile, così alla fine veniva chiamato qualcun altro» (Jack); «Sono incline a ridere per niente. Se immagino o ricordo qualcosa di divertente, posso scoppiare a ridere fragorosamente. A scuola gli altri si lamentavano con me per questo, durante le lezioni, accusandomi di ridere per niente, e allora l’insegnante doveva cercare di difendermi» (David).
Nella parte finale del libro l’autrice, dopo avere preso in considerazione le caratteristiche motorie e sensoriali dell’ambiente scolastico che possono creare forte disagio alle persone con sindrome di Asperger (per l’eccessiva attivazione sensoriale), come ad esempio l’illuminazione al neon, il rumore caotico presente nei corridoi o nell’atrio della scuola, affronta la tematica del comportamento antagonista, che spesso si esprime nel rifiuto scolastico per evitare i sentimenti di disagio emotivo divenuti insopportabili.
L’ultimo capitolo è una riflessione sul periodo post-scolastico, dell’adolescenza, che rappresenta un momento delicato e critico, soprattutto per gli obiettivi che riguardano la preparazione all’età adulta e l’autonomia, anche in funzione dello svolgimento di un’attività lavorativa e/o, in alcuni casi, della prosecuzione nello studio universitario.
Nell’appendice finale del testo, Tony Attwood sintetizza alcuni risultati della ricerca scientifica, legati alle tematiche prese in considerazione dall’autrice nei diversi capitoli del libro, ed esprime la necessità di superare la tendenza a etichettare le persone con sindrome di Asperger, utilizzando unicamente le categorie diagnostiche dei manuali, per giungere a una maggiore comprensione di ogni singolo individuo, con la propria specifica personalità. «Non pensare di sapere com’è un bambino se hai letto un manuale sull’autismo. Ci sono tante varianti quante sono le persone autistiche. Guarda e ascolta la persona specifica…» (pensiero di Darius, con sindrome di Asperger, riportato dall’autrice all’interno delle conclusioni).

Matteo Solari

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