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“La bambina dimenticata dal tempo” di Siobhan Dowd, Uovonero

Libri e marmellata, venerdì 18 gennaio 2013

Lo aspettavo da tempo. Esattamente da quando, dopo aver letto e molto apprezzato “Il mistero del London Eye”, le ragazze della casa editrice Uovonero mi avevano dato la gustosa anticipazione: a fine anno sarebbe stato pubblicato, sempre sotto il loro marchio, un altro romanzo di Siobhan Dowd.
E non uno qualsiasi. Bensì il libro che nel 2009 ha vinto la prestigiosa Carnegie Medal  – premio inglese di letteratura per ragazzi  – ed è stato l’unico caso, finora, di attribuzione postuma del riconoscimento. Sì, perché purtroppo l’autrice, talentuosissima scrittrice inglese, impegnata attivamente contro la censura letteraria, contro le discriminazioni e a favore della promozione della lettura tra i giovani, è deceduta nel 2007 per malattia.
Diverso per temi ad atmosfere dal precedente suo pubblicato in Italia, “La bambina dimenticata dal tempo” è un romanzo intenso ed emozionante, che chiama il lettore ad una profonda partecipazione ai fatti narrati.
È un libro per tutti, capace di comunicare a ragazzi ed adulti.
Allo stesso tempo, è un libro dalla forza e la delicatezza disarmanti, duro ma non crudo, sincero, attento e rispettoso senza rinunciare alla denuncia, aperta e decisa, della violenza.
Pagine dalle quali non si esce illesi nello spirito, ma certi, in fondo, di poter essere ricomposti.
Perché la speranza, anche là dove pare non ce ne sia, o non ci sia stata mai, nasce dall’amore e dall’intelligenza, nasce dall’empatia e dall’amicizia, nasce, sempre, dallo spirito critico, che non si fa abbindolare dalle parti e dai pregiudizi, dalle fazioni e dalle ragioni, e sa discernere, sa esaminare. E sa crescere.
L’estate è quella del 1981 e i paesaggi quelli collinari di una regione meridionale dell’Irlanda del Nord, sul confine, indefinito, con l’EIRE.
Disordini e bombe sono quasi all’ordine del giorno e tra la popolazione, anche quella non attiva, pare peccato non essere dalla parte dell’IRA.
Fergus ha diciotto anni, una famiglia che lo ama, gli esami di maturità da affrontare per ottenere voti alti e poter andare a studiare medicina in Inghilterra.
Ma Fergus ha anche un fratello in carcere, Joe, arrestato perché membro dell’organizzazione terrorista, nei giorni nei quali i membri dell’IRA imprigionati stanno via via tutti aderendo ad un estremo sciopero della fame per ottenere, dal governo Thatcher, lo status speciale di detenuti politici.
Durante una spedizione notturna sui monti del confine, condotta insieme allo zio per raccogliere illegalmente sacchi di torba da uno scavo da rivendere poi, il ragazzo diventa l’eroico ritrovatore di quello che, in un primo momento sembra il cadavere di una bambina.
Ma così non è: il misterioso corpo femminile sepolto nella terra bituminosa, si rivela, subito dopo l’analisi tempestiva del medico legale, una mummia di duemila anni prima, risalente all’età del ferro ed eccezionalmente conservata per via delle caratteristiche battericide del terreno.
La grande scoperta archeologica ed antropologica richiede studi e quindi richiama, sul luogo, diversi accademici, tra i quali anche Felicity, studiosa di Dublino, e la figlia Cora, enigmatica ed affascinante adolescente.
Fergus, profondamente colpito dal ritrovamento di colei che lui stesso battezza Mel, si trova a vivere giorni intensi, difficili, ma anche belli e ricchi di emozioni contrastanti, rese ancora più vive dalla personalità sensibile ed acuta del ragazzo.
Da un lato c’è la novità portata dalla scoperta, negli sviluppi della quale viene lui stesso calorosamente coinvolto, c’è l’attrazione, ricambiata, per la bella Cora, c’è la passione per la corsa che lo porta libero sulle colline a domandarsi perché la sua terra sia così dilaniata, ci sono i sogni per un domani che forse sarà.
Dall’altro c’è l’incubo del fratello in carcere, stretto nella morsa disperata dello sciopero della fame, c’è il dolore e l’ansia della famiglia – con una madre pronta e tutto per salvare il figlio ed un padre che difende la causa per la quale lotta -, c’è la paura per gli esami, difficili da affrontare ma insieme necessari, ci sono le bombe che continuano a scoppiare e a colpire innocenti.
E c’è un vecchio amico che con le minacce lo costringe a misteriose staffette oltre il confine per consegnare pacchetti sospetti.
E ce n’è uno nuovo, di amico, che dovrebbe in realtà essere un nemico perché è una guardia inglese al posto di blocco e Fergus sa che con loro non si dovrebbe familiarizzare.
Ma Fergus sa anche che Owen, questo il nome del giovane militare, è un ragazzo come lui – sfuggito al lavoro in miniera nella sua terra gallese e ritrovatosi in Irlanda contro la sua volontà e il suo interesse – e tra i due non può che nascere un sentimento di vicinanza e di simpatia.
Ancora, come motivo d’accompagno c’è un’altra storia che si intreccia con le vicende del protagonista. E’ la storia di Mel, vecchia di venti secoli, che Fergus sogna tutte le notti e che racconta che all’origine della morte e del dolore c’è sovente il pregiudizio e l’ignoranza, l’incapacità di rispettare il diverso.
Oggi come duemila anni fa.
Lo stile di Siobhan Dowd rende piacevole e lieve la pagina, il suo talento, la profondità della sua capacità introspettiva e la sua acuta intelligenza la rendono densa e significativa.
Un romanzo importante, che può essere letto e apprezzato anche da chi, magari perché giovane o lontano, resta estraneo alle vicende e ai drammi irlandesi.
Perché è un libro i cui contenuti vanno oltre i temi trattati e parlano il linguaggio universale di chi nella vita è costretto a scegliere e a capire per crescere.
Il giovane Fergus, inoltre, è un personaggio indimenticabile.
Autentico nelle sue virtù, nelle sue paure, nelle sue debolezze, responsabile ma tormentato come ogni adolescente, di mente vivace e di sentimenti puliti, privo di arroganti certezze.
E, allo stesso tempo, non un eroe distante e letterario ma un ragazzo come tanti.
(età consigliata: dai 14 anni)

Federica Pizzi

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