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Storia dell’Autismo. Conversazioni con i pioneri: Evoluzione storica del disturbo e trattamenti

State of Mind, 19 maggio 2014

“Nulla è completamente originale. Tutto è influenzato da ciò che è stato prima.”

Con queste parole di Lorna Wing, psichiatra britannica e madre di un’autistica, si apre questo interessantissimo libro e le pagine a seguire danno prova di ciò, ricordandoci costantemente che non si può andare da nessuna parte se non si conosce la strada percorsa da chi ci ha preceduti.
I personaggi raccontati dall’autore sembrano infatti cedersi il testimone dopo aver dato il loro personale contributo nella scrittura della storia dell’autismo che ha inizio negli anni ‘30 e, fortunatamente, continua ad appassionare ancora oggi professionisti, parenti e le stesse persone autistiche.
Si tratta di personalità molto diverse tra loro, accomunate dal desiderio di conoscere meglio e trattare con efficacia le persone con questo disturbo. Il fatto che le storie delle loro vite siano raccontate attraverso le parole di chi li ha conosciuti di persona e la cura nel descrivere il contesto storico di riferimento, rendono la lettura di questo libro avvincente e a tratti commovente.
C’è chi si distingue per ambizione, chi per umanità e chi per coraggio ma in ogni caso si tratta di vite che hanno lasciato il segno, che hanno contribuito a far sì che l’autismo sia riconosciuto oggi come una sindrome neurobiologica per la quale non esiste alcun trattamento efficace che pretenda una guarigione in termini di adesione totale alla cultura neurotipica e che non chiami quindi in causa anche l’ambiente sociale in cui il soggetto autistico è inserito.
Molti sono gli insegnamenti che si possono trarre dalla lettura di queste pagine, soprattutto per noi professionisti che desideriamo contribuire a scrivere le pagine a venire di questa storia.
Primo fra tutti ho avvertito un grosso richiamo alla responsabilità personale.
Le idee di molti professionisti del passato hanno infatti condizionato anche drasticamente le vite di molti pazienti. Basti pensare all’enorme influenza che il libro di Bruno Bettelheim, The Empty Fortress (1967), in cui riconosceva nei disturbi emotivi delle madri la causa dell’autismo dei figli, ebbe sulle vite di molti autistici e delle loro famiglie.
Ci sono voluti più di trent’anni prima che questa pericolosa teoria venisse ufficialmente respinta e scientificamente screditata.
E se pensiamo di essere troppo piccoli per fare la differenza, forse dovremmo ricordarci di persone come Sybil Elgar, la prima insegnante inglese ad occuparsi di autismo nei primi anni ‘60, che mossa dallo sconcerto a seguito di una visita a un ospedale di Londra per bambini con gravi disturbi mentali,  ideò un metodo strutturato di insegnamento rivolto ai bambini autistici assolutamente controcorrente rispetto ai metodi tradizionali dell’epoca ma che permise ai suoi allievi di fare numerosi progressi e gettò le basi di molti degli attuali approcci all’insegnamento rivolti ai bambini con disturbi dello spettro autistico, come per esempio l’impiego di supporti visivi.
Questo ci insegna che umanità, buon senso, ascolto e coraggio dovrebbero indurci a sperimentare cose nuove, piuttosto che aderire senza spirito critico a ciò che ci viene insegnato.
Un’altra cosa che noi professionisti non dovremmo dimenticare dalla lettura di questo libro, è l’enorme influenza che le associazioni di genitori hanno avuto nel promuovere la ricerca e nel diffondere metodi di intervento ritenuti efficaci.
Le famiglie non prendono soltanto parte al trattamento rivolto ai loro membri autistici ma con loro hanno contribuito e contribuiranno sempre di più a scrivere l’autismo.Questo significa anche trattare con enorme considerazione e rispetto il loro punto di vista circa l’autismo e non smettere mai di confrontarlo con il nostro, nell’interesse dei loro figli e di tutta la popolazione autistica.
Insomma, se davvero tutto è influenzato da quel che viene prima e siete interessati all’argomento, abbandonatevi a questo libro, non potrà che avere una buona influenza su di voi.

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